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Cile - Sud |
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Domenica 28 gennaio - verso Santiago
Alle 10 sono partito per quello che doveva essere il viaggio più lungo: 24 ore filate fino a Santiago.
In parte a me sedeva una tranquilla e gentile signora intenta a lavorare a maglia (l'ha fatto per tutto il viaggio). Ad Antofagasta, la prima delle numerose fermate, ho rincontrato le quattro ragazze cilene di San Pedro: mi hanno salutato con un calore inaspettato.
Il viaggio si è svolto lento e noioso verso sud.
Non me lo sono proprio goduto, causa anche una completa asincronia d'azioni con lo steward: a) volume della musica troppo alto (non riuscivo ad ascoltare il lettore cd); b) musica di merda, compresa della tecno; c) l'unica canzone degna di nota (Stairway to heaven dei Led Zeppelin) troncata a metà senza nessuna motivazione logica; d) luci accese anche di notte... chiuse solo quando mi sono deciso a leggere qualcosa.
Lunedì 29 gennaio - verso sud
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Arrivo a Santiago alle nove.
Sono riuscito finalmente a parlare con Paula: ci vedremo per pranzo, appuntamento all'entrata delle poste.
Durante la mattinata mi sono dedicato ad alcuni compiti basilari per il perfetto turista: riconferma del volo di ritorno, cambio dei travellers check e relazioni internet con l'Italia.
Alle due ho incontrato Paula. È venuta verso me sorridente e radiosa come i raggi del sole che la illuminavano, vestita di una canottiera nera ed una gonna rossa che lasciavano nude le |
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spalle e le gambe perfette, disegnate dal migliore degli artisti. La pelle abbronzata era cosparsa di piccole lentiggini brune ed il lungo collo flessuoso era libero dai capelli, portati a crocchia. Su tutto troneggiava uno sguardo dolce, sincero, quasi commovente.
"Paula è una delle ragazze di cui potrei innamorarmi". Parole pronunciate in Italia che trovavano un'immediata conferma in Cile.
È stato un saluto bello, allegro, atteso.
Ho cercato d'estrarre subito il miglior repertorio di frasi in spagnolo, un po' per divertirla ma, soprattutto, per sorprenderla. Credo di esserci riuscito. Mi ha proposto un pranzo al Mercado Central, in uno dei ristoranti chic che tanto avevo snobbato alla prima visita. Non potevo, ovviamente, rifiutare (non vi preoccupate, mi prendo in giro da solo). Abbiamo parlato molto, un po' in spagnolo ed un po' in italiano, e ci siamo sempre compresi; nessun silenzio imbarazzante da riempire con frasi stupide o di circostanza, nessuna difficoltà a trasmettere anche i pensieri più complessi. Mi sono sentito veramente a mio agio.
Uno dei camerieri del ristorante parlava un italiano (con cadenza napoletana) perfetto, tanto da farmi credere che mentisse sulle sue origini cilene (sono ancora dubbioso). Abbiamo pranzato a base di pesce e vino bianco (buono) e Paula si è imposta nel pagare il conto.
Il pomeriggio ci ha condotto in giro per Santiago senza una meta precisa, fino a che non si è fatta l'ora della mia partenza. Per il 7 e l'8 febbraio, gli ultimi della vacanza, si è offerta d'ospitarmi; se sarà fuori per impegni di lavoro, sua madre sarà lieta d'avermi tra i piedi.
Spero di rivederla.
Martedì 30 gennaio - Valdivia
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Alle sette ero a Valdivia e pioveva, una vera e sacrosanta precipitazione, non uno scherzo meteorologico come a San Pedro. Il sole, già sorto, era oscurato da nubi plumbee, basse. Un vento non molto forte, ma costante, soffiava da est.
Ho aspettato che spiovesse e poi mi sono diretto ad un vicino hotel segnalato dalla guida. Abituato ai prezzi esorbitanti di San Pedro, mi sono ritrovato felice di spendere meno della metà per un posto lievemente fatiscente, ma ordinato e pulito.
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Dopo una breve dormita rigenerante (il viaggio in bus era stato massacrante), ho iniziato a vagare per il lungofiume, diretto verso il centro. I miei occhi hanno potuto finalmente gustarsi le tonalità di verde delle rive lussureggianti ed ammirare le increspature del fiume mosso dalla brezza. In cielo, nubi bianche di varia forma giocavano a rincorrersi e mi accompagnavano alla scoperta della città. Per quanto il deserto mi avesse affascinato, mi accorgevo che era quello il mio posto (amo il verde... sono un forestale!).
Appena dopo il ponte che collega Valdivia all'Isla Teja, ho trovato un piccolo mercato di pesce e frutta. Alcune otarie nuotavano appena oltre il bordo del marciapiede, in serrata competizione con decine di gabbiani, pellicani e cormorani. Ho prenotato un posto per un tour lungo il fiume, che mi avrebbe occupato tutto il pomeriggio, e poi ho deciso di darmi una bella lavata.
Durante il giro turistico ho conosciuto un professore argentino di Buenos Aires, un certo Edoardo Mario Cabrera. Stava seduto fronte a me e per coincidenza avevamo ordinato lo stesso pranzo: pisco-sour per aperitivo e, a seguire, curanto. Grasso ed impacciato nei movimenti, i capelli corvini riportati per nascondere l'incipiente calvizie, un paio di baffoni ben curati, una parlata intelligente e simpatica, una presenza carismatica e affascinante... che sagoma di personaggio. Il padre era un marinaio che aveva più volte visitato l'Italia: capiva abbastanza la mia lingua. Abbiamo parlato a lungo e d'argomenti molto vari... la sua compagnia è stata squisita. Mi ha dato il suo indirizzo e si è dimostrato disponibile ad accogliermi qualora avessi voluto visitare il suo paese.
Per il resto, il viaggio si è dimostrato interessante. Abbiamo percorso alcuni rami del delta del fiume che, nelle vicinanze di Valdivia, si getta nell'oceano: le rive erano belle e verdeggianti (la visione di così tanta vegetazione era ancora una piacevole sorpresa). Per un tratto della navigazione siamo rimasti esposti alle forti ondate del Pacifico e la barca ha traballato un po' (abbastanza da impaurire la signora che sedeva al mio tavolo). La visita è proseguita con due forti spagnoli, di cui uno molto bello, ed una penosa rappresentazione della conquista del forte durante la guerra d'indipendenza (da dimenticare il prima possibile).
Mercoledì 31 gennaio - Valdivia
Mi sveglio e fuori c'è il sole. Poche ed isolate nuvole calcano il cielo, ma so già che le cose potrebbero cambiare da un momento all'altro. Il giorno prima si erano intervallati cieli senza una nuvola e scrosci impetuosi di pioggia; quando mi sono buttato a dormire, fuori pioveva a dirotto.
Obiettivo del giorno: visitare Isla Teja, l'isola che sorge dirimpetto al centro di Valdivia, sede dell'Universidad Austral.
Al mattino ho visitato il Museo Historico, una bellissima casa di legno dipinta di giallo, d'architettura coloniale tedesca (qui a sud la colonizzazione alemana è stata molto importante). Al piano inferiore del museo erano conservati il mobilio e le suppellettili appartenuti ai coloni proprietari della casa, mentre al piano superiore si trovavano varie testimonianze, reperti e fotografie della cultura mapuche, il popolo indio che viveva in queste zone prima dell'arrivo degli spagnoli (vi ricordate Salas).
Uscito dal museo ho camminato su e giù per l'isola alla ricerca del Parque Savaral, percorrendo quartieri residenziali che assomigliavano a sobborghi di Boston, ed introducendomi più volte nei viali dell'Università. Verso mezzogiorno (finalmente) ho trovato l'ingresso del parco e l'adiacente rivendita di latticini (il formaggio è ottimo... il pane compratelo prima, lì non lo vendono). Nel parco c'era una bella laguna ricoperta da ninfee in fiore, attorniata da numerose panche di legno; più in là un esteso prato verde cinto da vecchi alberi, alti più di trenta metri, ed un colle sul quale s'intrecciavano vari sentieri. Luogo riposante.
Tornato all'hotel, ho conosciuto tre inglesi, appassionati, oltreché studenti, di cinema. Avevano iniziato dal Cile il loro lungo viaggio che li avrebbe portati, nel giro di cinque mesi, a toccare il Perù, la Bolivia, l'Equador ed il Messico. Un bel viaggio alla scoperta del mondo prima d'iniziare l'Università. Abbiamo bevuto qualche birra in una taverna del centro e sono rimasto molto soddisfatto della loro compagnia.
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