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Lunedì 22 gennaio - Antofagasta
clicca qui per vedere questa immagine ingrandita Ho dormito in camera di Cristian, lui in quella degli ospiti: non ha voluto sentir ragioni. Ci siamo svegliati sul tardi ed abbiamo fatto colazione quando il sole era già alto. Una brezza leggera e rinfrescante soffiava dall'oceano, ed era un vero piacere starsene lì ad ammirare i giocosi riverberi delle onde ed il fluire lento del tempo sulla pelle. Appena usciti da casa ho voluto sbrigare alcune faccende da perfetto turista, come controllare la posta elettronica, scrivere cartoline agli amici e comprare il biglietto per Calama.
Poco dopo siamo partiti verso nord con meta La Portada, un magnifico faraglione a cui l'erosione ha fatto assumere la forma di un'arcata. Si trova qualche chilometro da Antofagasta ed il miglior modo per raggiungerla è prendere l'autobus che conduce all'aeroporto e scendere quando te lo dice Cristian (scusate l'infantile ironia); dalla fermata si deve camminare per tre chilometri su un rettilineo d'asfalto cocente, in pieno deserto, con un macellaio di sole che ti sembra di poterlo toccare da quanto è vicino (ho usato la protezione 30... e ho fatto bene).
La vista dell'oceano ripaga, comunque, tutte le difficoltà del viaggio (c'è sicuramente un modo più diretto per arrivarci, basta trovarlo): la costa è bellissima, una muraglia bianca che si eleva superba dalle onde burrascose e che ha il sapore dell'infinito, affascinante e maestosa. Non perdetela. Dopo cena siamo usciti per un giro sul lungo mare, con piccola deviazione per andare a salutare Carlos... e poi a letto.

Martedì 23 gennaio - San Pedro de Atacama

L'addio a Cristian è stato mesto. Ci siamo salutati attraverso il finestrino facendoci segno di mantenerci in contatto (mi chiamerà appena tornato in Italia).
La corriera è partita che il sole era appena sorto ed ha affrontato subito la cordigliera. La strada si è fatta scoscesa ai primi roccaforti ed ha continuato a salire tra canyon di pietra e sole, senza nemmeno la presenza di una piccola e misera piantina. In parte alla strada correvano parallele le lunghe tubature che consentono ad Antofagasta d'esistere, portandogli l'acqua dalle Ande. Il paesaggio che si svolgeva ai miei occhi era troppo arido e monotono per farmi dimenticare che avevo dormito poco: mi sono addormentato ed ho ripreso coscienza che eravamo già alla periferia di Calama.
Qui ci sono rimasto davvero poco, il tempo di cambiare stazione delle corriere e partire con destinazione San Pedro de Atacama, un piccolo pueblo di poco più di mille abitanti all'estremità nord del Salar de Atacama. Ai miei occhi è sembrato un perfetto villaggio messicano, con i raggi del sole che riverberano accecanti sulle case bianchissime e la polvere che s'insegue nell'aria lungo le strade, rigorosamente in terra battuta. Ci sono turisti ovunque, stranieri e cileni, ma tutti con il loro bello zaino sulle spalle e con gli scarponi consunti dal tanto viaggiare (gente che arriva e riparte dopo pochi giorni... un ricambio continuo): qui è il turista che si adegua al paese, non il contrario (almeno non completamente).
L'elettricità è garantita da un gruppo elettrogeno che è spento all'una di notte e fatto ripartire alle otto di mattina; senza elettricità, ci si sposta con le candele (parte integrante di qualsiasi arredamento) o con le torce elettriche. Ci sono posti da dormire ovunque (ma se arrivi nel pomeriggio avanzato rischi di non trovare posto... ed i prezzi sono più alti che in altre parti del Cile) ed una trentina di piccoli tour operator a conduzione famigliare che organizzano visite nei punti più caratteristici della zona: San Pedro si trova a quota 2500 metri ai piedi delle Ande.
Trovo da dormire al Residencial Rayco, un po' caro per i miei standard (ma d'altronde mi pago anche questa volta una doppia) ma con un bel cortile interno attrezzato di panche riparate da ombrelloni. Qui faccio la conoscenza con un inglese (Dan), uno statunitense ed un canadese. Gli ultimi due stanno partendo per il Perù e da lì a poco ci saluteremo; Dan rimane invece ancora per una notte, poi partirà per la Bolivia (il confine è a pochi chilometri). Rimaniamo a parlare per un buon paio d'ore cercando di comunicare in un "spagnolo-inglese-italiano" inventato per l'occasione. Scopro che si è laureato da poco e che, non sapendo bene ancora cosa fare a Sheffield, aveva deciso di cercare lavoro a Santiago come insegnate d'inglese (dicono che sia facile per un madrelingua). Doveva però prima imparare lo spagnolo.
Verso le nove siamo usciti a berci una birra in un pub a pochi passi dal Residencial. Abbiamo continuato a comunicare abbastanza bene (entrambi con l'inseparabile dizionario tascabile) scoprendoci molto simili. Non dimenticherò facilmente quel ragazzo alto e robusto, con i capelli biondi scompigliati... spero che un giorno ci si possa rivedere. Sul finire della serata, dopo tanta birra e allegria, abbiamo fatto conoscenza con una ragazza di Parigi. Introducendo nel nostro idioma anche il francese, l'abbiamo fatta partecipa della nostra complicità, almeno finché sono riuscito a rimanere lucido (un inglese mica lo batti a bere birra). Siamo arrancati a casa poco dopo la mezzanotte e quando mi sono coricato il mondo ha iniziato a girare violentemente (caspita che terremoto!!).

Mercoledì 24 gennaio - San Pedro de Atacama
clicca qui per vedere questa immagine ingrandita Mi ha svegliato Dan. Stava partendo per la Bolivia e teneva in mano la sveglia che gli avevo imprestato. Qualche scarna parola e poi un abbraccio fraterno, istintivo. Quel semplice gesto è stato come bere un bicchiere d'acqua fresca, rigenerante, curativo: nemmeno milioni di parole avrebbero potuto trasmettere tanto.
Rimasto solo, ho continuato a dormicchiare fino alle dieci e poi sono uscito per le strade di San Pedro. I negozi erano ancora tutti chiusi ed il paese aveva appena iniziato a stiracchiarsi dopo una profonda dormita.
I tour operator sono veramente tantissimi, uno ad ogni angolo di strada, e tutti propongono gli stessi giri: Valle della Luna, Geyser de el Tatio, Puna andina, Toconao, ecc... I prezzi sono praticamente gli stessi, solo qualche lieve differenza qua e là, e, visto l'alto numero di turisti, la concorrenza è praticamente inesistente; può succedere che se un operatore è già al completo per un tour, si interessi personalmente a trovarti un posto dall'operatore vicino.
Comunque durante la mattinata ho spedito un bel malloppo di cartoline, ho prenotato una visita alle Valle della Luna per il pomeriggio ed ho visitato il museo archeologico Gustavo La Paige, pieno zeppo di mummie di Indios del paleolitico. Per pranzo ho optato per un'empanada e mi sono goduto la sonnolenza del villaggio nelle ore più calde del giorno.
Alle 16.30 sono partito con il tour verso la Cordigliera del Sal: in mia compagnia, su un furgoncino tenuto discretamente bene, c'erano due ragazze tedesche (con spalle da lottatrici più grandi delle mie), una coppia di sloveni, un'australiana e il suo ragazzo cileno; la guida era un giovanotto tarchiato sui trent'anni, vivace e sorridente, con uno spagnolo sorprendentemente chiaro. Prima vera attrazione è stata la Valle della Muerte, una piccola valle a cui si poteva accedere solo attraverso due canyons, in cui regnava il silenzio più assoluto; il nome derivava dalla completa mancanza di esseri viventi (a parte il turista). Rimontati sul furgoncino ci siamo diretti alla Caverna, uno stretto camminamento creato dalle acque su rocce di solfato di calcio e salgemma; in alcuni tratti le pareti del canyon, larghe al massimo come una persona, si chiudevano su se stesse dando vita a tortuosi cunicoli bui (le tedesche hanno cominciato a maledire i loro sandali leggeri).
Terza tappa: le Tre Marie, una conformazione rocciosa che, con molta immaginazione (i cileni ne hanno parecchia), ritraeva tre donne intente a pregare; tutto intorno si estendevano colli di roccia e bianco salgemma che apparivano come lunghe praterie altimontane picchiettate di neve. La meta finale è stata la Valle della Luna, un'ampia piana cinta da rosse rocce aguzze e da una duna di sabbia alta cinquanta metri.
Ai lati della duna, abbarbicati su uno spuntone di roccia, ci siamo goduti un panorama che comprendeva il Salar de Atacama, la Cordillera de Domeyko e i primi roccaforti delle Ande; tra questi spiccava il vulcano Licancabur (splendido!!!!!). Erano le nove quando siamo ritornati al villaggio. Alcuni tour operator erano ancora aperti, ho colto quindi l'occasione per prenotare un giro ai geyser di El Tatio: pur al completo, un operatore ha accettato la mia richiesta, convinto in un modo o nell'altra di trovarmi un posto. Partenza ben prima dell'alba.
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