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Cile - Nord del Cile (pt 4/5)
Purtroppo alle sei i lampioni si spengono, lasciandomi al buio.
Poco dopo mi appare alle spalle Cristian Aliserte Espinoza Guitierrez, un ventiquattrenne antofagastino di rientro da una festa: un giovanotto un po' grassottello, ben vestito e curato, di carnagione scura e occhi marroni, con i lobi delle orecchie molto sviluppati, uno abbellito da un orecchino. Si stava fumando una sigaretta e, avvicinatosi, mi ha chiesto se ne volevo una.
Da lì il tutto è successo troppo rapidamente perché me ne potessi rendere pienamente conto, ma ho fatto colazione a casa sua, abbiamo visitato insieme Antofagasta, ho pranzato con due suoi fratelli e le loro famiglie, ho fatto merenda con la madre, sono stato partecipe di una bella serata con i suoi amici ed ho dormito a casa sua la notte. A tutti mi ha sempre presentato come il "suo amico italiano". È pazzesco, ma affascinante, quanta fiducia ha riposto in me in quelle poche ore (senza chiedere nulla in cambio), spinto da un animo generoso ed un cuore sicuramente più grande del normale.
Eravamo illuminati solo parzialmente dalle luci lontane della strada; se ne stava in piedi di fianco alla panchina, vestito con una camicia leggera scura, pantaloni bianchi e scarponi neri lucidissimi. "Qui gli alberghi sono molto cari... ti ospito a casa mia... è per me un vero piacere". Ma riuscite ad immaginarvi la scena.
I dubbi ed i sospetti erano già lì, pronti ad arruffarmi i capelli (i pochi che ho). Non ero (non sono... e nemmeno molti di voi, ci scommetto) pronto ad un simile altruismo disinteressato: timori, vecchie paure istillate in decenni di benessere forzato... quanto sono stato vicino da rifiutare l'invito... se non avesse insistito ora non sarei qui a parlarvi di lui e del vero piacere di questi due giorni meravigliosi. "Hai un po' paura di me, vero? Guarda... adesso torno a casa a far colazione... vieni con me, mangiamo qualcosa, e poi ti aiuto a cercare un albergo... ok?"
clicca qui per vedere questa immagine ingrandita Stava albeggiando quando abbiamo preso un taxi collectivos (un taxi che compie sempre lo stesso giro... il miglior modo di viaggiare ad Antofagasta, se si conosce dove porta) e ci siamo inerpicati sulle prime falde della cordigliera che sovrasta da presso la città.
Usciti dalla piccola zona centrale, in cui si trovano perlopiù case coloniali in legno e condomini di cemento armato, ai lati della strada hanno iniziato a susseguirsi baracche di mattoni di calcestruzzo e assi di legno, grezze, senza rifiniture:
le porte delle case erano scrostate e mangiate dai tarli, i tetti di lamiera, le strade solo parzialmente asfaltate, polverose; le case crescevano disordinatamente l'una sull'altra, accatastate come se fossero state lanciate a caso sulla terra.
Pensavo: "Questo ragazzo vive in una favelas (termine brasiliano... in Cile le chiamano poblacion)... avrò più soldi con me di quanti lui non veda in un anno... e mi vuole ospitare perché secondo lui la sua città è troppo caro (dubbi, timori, ossessioni!!!)... se è tutto vero, questo è un sogno." Mi sorprendo nuovamente nel trovare casa Espinoza bella, pulita, accogliente. Per terra ci sono piastrelle bianche chiazzate di rosa, alle finestre tende ricamate, il tetto di lamiera è nascosto da un soffitto bianco in compensato, le pareti sono color salmone. In tutto una cucina, due stanze da letto, un salotto ed una sala da pranzo concomitanti. Dalla cucina si gode un'ottima vista sulle baracche sottostanti e sul porto soleggiato di Antofagasta. Abbiamo fatto colazione a base di pane, formaggio e the, poi ci siamo buttati a dormire. Ho dormito completamente vestito e con tutti i miei averi a portata di mano (dubbi, timori, ossessioni!!!).
A mezzogiorno abbiamo iniziato insieme un giro turistico per la città.
Antofagasta non si è potuta accrescere nell'entroterra perché la cordigliera sovrasta la città alcuni chilometri dall'oceano; si è sviluppata, quindi, verso nord e sud assumendo un po' la forma del Cile. A parte il centro, la città è costituita da case basse, piccole, le une appressate alle altre a formare isolati perfettamente quadrati, affacciate su strade polverose e sconnesse.
Spesso le case di una zona sono tutte uguali, come fossero state costruite in una catena di montaggio; in altre zone regna un maggior disordine, come nel quartiere di Cristian; ogni tanto però appaiono anche belle costruzioni, tutte colorate. Nessuna casa è costruita tenendo conto di una possibile precipitazione (ad Antofagasta non piove praticamente mai): per loro una pioggia può essere, come nel 1991, un evento disastroso. L'acqua che permette ad Antofagasta di vivere arriva dalle Ande, duecento chilometri nell'interno, attraverso enormi tubazioni di cemento che corrono in superficie ai lati della strada per Calama (qui l'acqua è un bene preziosissimo, e bisogna usarla con estrema cura).
Le macchine che circolano per le strade sono perlopiù rottami rumorosi e sporchi.
Abbiamo vagato un po' per il porto, dove la puzza di pesce andato a male era davvero insopportabile, e poi ci siamo diretti verso un posto detto la playa. Ci siamo arrivati dopo una corsa di mezz'ora su un autobus sgangherato che si è girato mezza città, seguendo un percorso che a dire tortuoso è poco. Alla playa abbiamo fatto visita ai fratelli di Cristian, che se ne stavano lì con una tenda a passare il fine settimana. Loro avevano già mangiato, ma ci hanno offerto ugualmente uno stufato di manzo e del purè (cucinati con una cucina Rex... visto che mio padre ha lavorato in una fabbrica della Rex per quasi trent'anni, c'è una piccola possibilità che lui abbia contribuito a costruirla!!).
Le due mogli si sono dimostrate simpaticissime ed hanno scherzato con me su alcuni modi di dire in italiano: una delle due è scoppiata in una sonora risata quando l'ho baciato, per salutarla, due volte al posto del singolo bacio utilizzato da loro.
clicca qui per vedere questa immagine ingrandita La playa, affacciata sull'oceano, è un tratto di costa riparata dalle forti (e pericolose) correnti del Pacifico dove numerose famiglie si recano a passare i giorni di festa: dormono in tende, fanno il bagno in un'acqua molto sporca (marrone) e prendono il sole su sabbia color cenere. A pochi passi da dove si ammassa tutta la gente c'è però l'ingresso ad una piccola riserva naturale che, pur risentendo della sporcizia dell'area antropizzata adiacente, offre squarci di paesaggi davvero notevoli.
È costituita da rocce e guano modellati dall'oceano che ancora s'insinua all'interno di piccoli fiordi riparati e scoscesi. Si ode solo il fragore della risacca contro le rocce ed il sibilo furente del vento. Da lì si vede tutta Antofagasta, un'enorme coperta marron scuro che sembra stia scivolando dalle montagne più chiare.
Verso le cinque abbiamo deciso di tornare a casa per ristorarci un poco e poi la sera siamo andati a trovare Carlos, un parrucchiere di trentacinque anni amico di Cristian. Lì ho conosciuto anche il Pepe, venditore di uccelli a Santiago, Juan ed Ale. Il Pepe conosceva alcune parole d'italiano ed aveva amiche a Roma ed Andria. Io continuavo a parlare ed ascoltare con in mano l'inseparabile dizionario. È stata una bella serata.
Riflessioni sotto le stelle. Ho finalmente toccato con mano la vera vita cilena, a dire il vero più di quanto un turista possa immaginare di fare. Che figata!!! Qui la gente ha sempre il sorriso sulle labbra... sono allegri e spensierati... contagiosi. Ci sono cani randagi ovunque, tutti con le orecchie basse.
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