Il terzo Mistero doloroso Cristo Re

Or preferito a Barabba il ladrone

e alla colonna passato al flagello,

non ha un vanto Gesù, una ragione

che non la invochi quell'empio bordello.

 

Con una clamide e poi col bastone

lo siedon lì come un vero regnante

e il capo cinto di spine è l’alone

che chiede il giusto omaggio da ogni astante.

 

Ormai dimentica quella gran folla

coi suoi sputi feroce l'ingiuria

e le percosse sul volto gli ammolla.

 

Ave ripeton in fila quei rei

e con un fare che suona d'incuria

si genufletton al re dei Giudei.

È forse un re quell'uomo col mantello

che assiso con la canna fra le mani

si prende per suo trono uno sgabello

e accetta gli sberleffi ancor più strani?

 

È forse un re quell'uom senza un soldato

che stando muto prima con Erode

si lascia giudicare da Pilato

spostando al dopo Pasqua la sua ode?

 

È certo un re quel Cristo del Giordano

che ascolta un giorno il grido dell'Eterno

ridato poi su un Tabor più lontano.

 

È in quel suo dare all'uomo una risposta

che un Dio proclama in pubblico il governo

avuto fin da un’era mai composta.

Il quarto Mistero doloroso

Esposto ancor per burla sopra il seggio

con la corona e il suo ruvido scettro,

alla vergogna non men che a1 dileggio

soggiace un re non più uomo ma spettro.

 

Son convenuti gli estranei da fuori

per la gran festa che batte alle porte

e in parte son già riflessi i fulgori

in quell'andar con i ladri alla sorte.

 

Occorre dunque stornare gli sguardi

da una figura che in urto col sito

non finge neanche gli attesi riguardi.

 

Ma sulla strada che porta sul poggio

un uomo solo e per giunta sfinito

si accolla il legno per dargli un appoggio.

Lungo la via

Lungo la strada che fuor dalla porta

siccome un fiume vicino alla foce

raduna insiem con la folla la scorta,

già si apre un varco Gesù con la Croce.

 

Sospinti indietro dall'urlo impietoso

che spegne l'eco perfino al ricordo,

han perso il passo lo zoppo e il lebbroso

e invano il cieco si avvinghia col sordo.

 

La vedova che ancor sul suo piccino

riversa a Naim un piangere sincero

non sa cos'è per Dio un solo spino.

 

Ma sulla via che ormai si cambia in sabba

e ostile scorda il grazie di un pensiero

il passo suo ritrova infin Barabba.

Una caduta, un'altra e poi una terza

che al lento andare impongono una sosta

e al sole a picco slegano la sferza

e già la rampa al culmine si accosta.

 

Son già scomparse dietro ad un sospiro

le donne pie che insiem col Cireneo,

con la Veronica e i servi di Giaìro

gli ha dato arditi il loro piagnisteo.

 

Verrà fors'anche poi quella emorroissa

che più non tace il fremer di una veste,

né il ribollir intorno della rissa.

 

Verranno zitti i bimbi dell'osanna

quasi a lasciar le loro pure peste

dietro i soldati intenti con la canna.

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