Urania Celeste
La  chioma di Berenice
traduzione di Costantino Nigra

 

 
 

Dalla premessa di Costantino Nigra alla traduzione della Chioma di Berenice

Il testo Greco dell'elegia di Callimaco sulla Chioma di Berenice più non esiste. Non ne rimangono che alcuni frammenti di poche parole. La traduzione Latina, fatta, come si suppone, in egual numero di distici, da Catullo, giunta fino a noi, ci resta come parziale compenso dell'originale perduto. Di questa elegia, da Greca diventata Latina, ho tentato anch'io la traduzione in versi Italiani, non scoraggiato dalla buona o mala riuscita delle prove anteriori. Chi intraprende una nuova versione di opera già  tradotta dimostra col fatto la pretesa di far meglio dei traduttori precedenti.

Quei che spiò tutti del cielo i lumi 
E degli astri scoprì l’orto e l’ occaso, 
Come al rapido sol s' adombri il raggio, 
E a lor stagion s'occultino le stelle, 
E come Trivia dall'aereo giro                              5
Sotto i balzi di Latmo confinata 
Furtivamente il dolce amor disvii, 
Quel Conon vide me, chioma del capo 
Di Berenice, chiara in ciel fulgente. 
A tutti i numi ella m'offrì, tendendo                10
Le liscie braccia, quando il re, diviso 
Dal recente imeneo, le terre Assire 
A devastar correa, portando impressi 
I dolci segni di notturna rissa 
Trionfatore di virginee spoglie.                        15
Venere forse aborrono le spose? 
O dei parenti frodano la gioja. 
Di menzognere lagrimucce il soglio 
Del talamo inondando? I Dei m'assistano, 
Com'esse gemon di non veri affanni.               20
Men fece esperta la regina mia 
Coi molti lai pel nuovo sposo accorso 
A torve pugne. O pianto hai tu, deserta, 
Non l’ orbo letto, ma il partir crudele 
Del cugin caro? Ahi come il duol ti rose          25
L'egre midolle, e a te tutta tremante 
In cuor lo spirto si smarrì coi sensi! 
Eppur fin da bambina io ti conobbi 
Magnanima. Obbliato hai tu l'impresa 
Ch' altri più forte non avrebbe osato,               30
E che ti valse le regali nozze ? 
Come accorata nell' addio parlasti ! 
E quante volte, o ciel, premesti gli occhi ! 
Qual gran Dio ti cangiò? Forse non sanno 
Dal caro corpo sciogliersi gli amanti?              35
Tu me pel dolce sposo a tutti i Dei, 
Se ritornasse, con taurino sangue 
Votasti. Ed egli in breve tempo avea 
Soggiogato la vinta Asia all' Egitto. 
Ond' io qui assunta nel celeste coro                  40
Sciolgo con nuovo ufficio i primi voti. 
Regina, a forza al fronte tuo fui tolta, 
A forza, per te il giuro e pel tuo capo ; 
E paghi il fio chi faccia invan tal giuro. 
Ma chi si vanta pari al ferro? Ei ruppe            45
Anche il monte, di cui maggiore al mondo 
Di Tia non varca la raggiante prole, 
Quando spinsero i Medi un nuovo mare, 
E solcò l'Ato il barbaro naviglio. 
E che può il crin, se tanto vince il ferro?          50
Pera,  Giove, dei Calibi la razza 
Tutta, e chi pria le sotterranee vene 
Cercò del ferro, e ne foggiò la tempra ! 
Pur or disgiunte le sorelle chiome 
Il mio destin piangean, quando il Locrese      55
D'Arsinoe apparve aligero seguace, 
Dell' Etiope Ménnone il fratello, 
Movendo l'aer colle battenti penne; 
E alzandomi pel bujo etere a volo 
Nel casto sen di Venere mi pose.                      60
Ospite grata dei Canopii lidi 
Zefiritide stessa il suo famiglio 
Mandato avea. Perché nel ciel stellato 
Non fosse inserto il cerchio d' or soltanto 
D'Arianna, ma splendessimo noi pure            65
Spoglie votive della testa bionda, 
Me procedente dei celesti ai templi, 
Umida ancor di lagrime, la Dea 
Collocò fra gli antichi astro novello. 
Quindi i rai della Vergine e del truce               70
Leon lambendo, ad occidente io volgo 
Presso Callisto Licaonia, e guida 
Son del pigro Boote che a rilento 
Dentro all'alto Ocean s'immerge appena. 
Pur, se la notte degli Dei mi calchi                  75
L' orma, e a Teti canuta il dì mi renda, 
Vergin Rannusia, con tua pace il dico 
(Che niun timor mi fa celare il vero 
Riposto in cuor, s' anco le infeste lingue 
Mi lacerin degli astri), io non m'allieto           80
Di ciò, quanto mi cruccia esser dal capo 
Della regina mia lungi, ognor lungi. 
Con lei, vergine ancor, di tutte sorta 
Bevvi a mille gli unguenti. O voi, cui giunse 
D'ambite nozze il dì, sciolta la veste,               85
Non date il corpo coll' ignudo seno 
Agli unanimi sposi, in pria che grati 
Doni mi libi il vostro onice, il vostro, 
Giuste del casto talamo custodi. 
Ma dell' impura adultera le inique                    90
Sterili offerte lieve polve bea, 
Che nessun premio dagl' indegni io chieggo. 
Sempre concordia, o spose, e sempre amore 
Alberghi assiduo nelle vostre sedi. 
E tu, regina, quando al ciel rivolta                    95
Plachi Venere Dea nei dì festivi, 
Deh ! non m' oblia nei sacrifici, ed anzi 
Colma me tua di larghi doni. Gli astri 
Perché stan fissi? Regal chioma io torni, 
E presso Acquario sfolgori Orione! 

 

 

Indice
Il testo di Catullo                     La traduzione di Ugo Foscolo

                                                                  La traduzione di Alessandro Natucci