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SOMMARIO
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Il tartaro ed i suoi effetti dannosi sulle gengive sono
conosciuti da secoli, ma ancora oggi è uno dei peggiori nemici della salute orale.
Ma cos'è il tartaro? Il tartaro può essere definito come un insieme di depositi
solidi e calcificati adesi in zone diverse del dente.
Si possono distinguere due tipi di depositi, quelli che si trovano sulla superficie
esterna dei denti e quelli che albergano all'interno della gengiva e delle tasche.
Il colore può variare dal giallo-biancastro delle concrezioni calcaree localizzate
lungo il margine gengivale, al marrone scuro dovuto alla colorazione secondaria ad
opera di tabacco e pigmenti derivati dal cibo, fino al nero del tartaro sottogengivale
che aderisce più tenacemente alla superficie del dente. Quest'ultimo colore dipende
dall'ossidazione del ferro di cui è ricca l'emoglobina del sangue che quotidianamente
asperge e si trattiene su tali depositi a causa della gengivite che li accompagna.
Il tartaro è composto per il 70-80% da sali inorganici, di cui il 40%circa è calcio, il
20% fosforo ed il resto è dato da sodio, manganese, carbonato e floruro.
Come si forma il tartaro? Quando i residui di cibo non vengono
completamente rimossi dall'igiene domiciliare, una grande quantità di batteri
vi si localizza intorno dando luogo così alla formazione della "placca";
la placca costituirà poi la matrice per la successiva
organizzazione del deposito, che avverrà per precipitazione di sali minerali contenuti
nella saliva.
In quanto tempo si forma? In alcuni individui sono sufficienti 15 giorni
per formare un tartaro ben calcificato, mentre per le prime concrezioni
immature bastano pochi giorni.
Quali effetti comporta? Gli effetti negativi del tartaro sui tessuti di sostegno sono indiretti e
consistono nella colonizzazione batterica della sua superficie ruvida, come
risulta da studi clinici che prevedevano l'inserimento di tartaro
sterilizzato nel tessuto connettivo.
Sarebbe quindi questo meccanismo di adesione della placca ai depositi
calcificati, oltre alla difficoltà di detersione nelle zone in cui è
presente il tartaro, a giustificare l'infiammazione locale che si
riscontra sempre in questi casi.
Come ci si difende dal tartaro? La difesa migliore consiste nell'evitare che il tartaro
si formi rimovendo i residui di cibo dopo ogni pasto e sottoponendosi
ad una seduta di detartrasi quando si è già formato. Le zone della bocca
in cui è più facile controllare la presenza del tartaro sono quelle
in corrispondenza dello sbocco delle ghiandole salivari e si trovano
sulla superficie vestibolare dei molari superiori (ghiandola parotide)
e sulla superficie linguale degli incisivi inferiori
(ghiandole sottolinguale e sottomandibolare), perciò attenzione alla pulizia di queste zone!