Narrativa contemporanea nel segno del Bersagliere

PICCOLE STORIE - DIARI MINIMI 

 

IL CIALTRONE  VESTITO DA GENERALE INGLESE

By Leonida Fazi

 

     
PREMESSA  

IL GHIBLI

Prima di passare alla lettura di questo articolo comparso nell’agosto del ’50 (anno III) su “Asso di bastoni”, settimanale satirico “anticanagliesco” della destra, diretto da Pietro Caporilli (scrittore e giornalista e aiuto regista con Genina ne -L’ASSEDIO DELL’ALCAZAR” (1940)) è necessario fare alcune considerazioni sullo spirito e sulla forma del pezzo.
Il generale inglese di cui si sta parlando, Desmond Young, è autore di un famoso libro su Rommel, La volpe del Deserto, appena uscito che verrà l’anno dopo trasposto in Film (lo stesso Young, un oscuro brigadiere comandante la 10th brigata indiana, interpreterà se stesso). Young, testimone diretto della popolarità di Rommel presso il nemico, venne da lui fatto prigioniero ed ebbe modo di incontrarlo alla fine della battaglia detta del calderone (Cauldron, fine maggio 1942): Rommel in difficoltà fece 3.100 prigionieri e distrusse o rese inservibili qualcosa come 300 carri armati nemici contro 100 dei suoi. Nel dopoguerra Young visiterà la famiglia Rommel e raccoglierà il materiale necessario a scrivere il libro qui “contestato”. Asso di bastoni  arrivò a vendere quasi  100 mila copie.
L’autore,  Leonida Fazi , comandava un plotone della  72° compagnia cannoni del 6° Bersaglieri di Bologna (Ten Rustichelli) distaccata all’Ariete per necessità tattica (Il 6° non era ancora andato in Russia e nei Balcani dove prima opererà il reparto era ininfluente).
Il racconto “ansioso” dell’autore si inquadra in quella fase del dopoguerra in cui sul soldato italiano pesa la cappa di “inabile” al combattimento e di conseguenza di sconfitti (noi abbiamo perso 2 volte la guerra e la pace) e i pochi libri che si cominciano a scrivere all’estero non ci prendono neanche in considerazione. Alla fine Leonida Fazi si chiede anche perché non ci hanno ucciso ...
Già prigioniero invece di rispondere a chi mi interrogava, chiesi perché fossimo ancora vivi: mi fu risposto che gli inglesi avevano interesse a catturare prigionieri. Sulla mia parola d'onore…, derivandone il fatto che nemmeno in quello ci consideravano nemici. Poiché presumo che nessuno parlò o se quel che avevano da dire non interessava il comando inglese (essendo risaputo), l’unico bisogno che avevano di prigionieri era per farli lavorare, cosa che non avvenne coi “non cooperatori” ... Ce la fecero scontare col terrore di Latrum, con la fame del Westerland, con la malaria di Bhopal, con la disperata tristezza  di Yol. a.w.

 

come lo descrisse Leonida Fazi  sul “Corriere Padano” (che lo pubblica a giugno '41) quando lo stesso è già prigioniero

“Sveglia, ragazzi! Sveglia Lamarmora! Occhio alle penne! ”

Improvvisamente un soffio d’aria calda. E un altro, un altro. Poi un mormorio cupo, lontano, come di onde frangentesi su remoti lidi e i soffi d’aria intermittenti s’uniscono in una raffica che passa. Poi la marea di sabbia avanza e gli occhi ne sono pieni, le nari, la bocca. La luna che volgeva al tramonto scompare nel velo di sabbia. Le vedette mettono gli occhialini, si fasciano la bocca e il naso, si abbottonano sino al collo e cercano di guardare là dove la valanga dei centomila aghi si precipita; perché proprio là sta il nemico. Non vedono niente, assolutamente niente, neppure la propria mano dinanzi agli occhi, ma guardano ugualmente. Il giorno che nasce porta una importante modificazione; ci si vede a dieci metri verso il vento che va, a un metro verso il vento che viene. Il resto niente: giallo rossiccio.

 

Da “Asso di bastoni “ n. 33 Agosto 1950
I nostri lettori ricorderanno che nei numeri scorsi riproducemmo alcuni stralci di un libro di Rommel del Generale inglese Desmond Young nel quale l’autore non si lasciava sfuggire l'occasione di trattare con disprezzo i soldati italiani. Essi venivano definiti, tra l’altro, "come codardi e buoni a nulla, mentre Graziani era chiamato cuore di pollo. A quel cialtrone vestito da soldato rispondemmo pubblicando stralci del Diario di guerra di Rommel che lo Young riproduceva in fondo al suo libro a smentita di se stesso. Nell’ultimo numero di Asso di Bastoni (32-1950) si parla di una colonna Montemurro, di una divisione Ariete, di El Mechili e di un reparto preposto alla difesa del passo Halfaya nella giornata del 15 maggio 1941. E si pubblicano due messaggi di Rommel datati 6 e 25 maggio ed un ordine del giorno del colonnello Von Herff. Conoscevo il messaggio del 6. Lo conoscevo sino da quel maggio 194l. Mi fu letto infatti a Passo Halfaya dove fui dal l’8 al 15 maggio. Non conoscevo gli altri due, invece.

  Non è il ghibli pittoresco, oggi. Non è il ghibli che vedemmo un giorno: rosso sanguigno, ci portò alle 4 del pomeriggio in piena tenebra;questo no; è giallo, tutto giallo venato di rossiccio e di grigio, violento e monotono nelle piccole raffiche ritmiche. La tana è un forno e gli occhi bruciano e il palato sa di sabbia. Esco all’aperto, occhialuto e fasciato il volto. Le mani vengono subito trafitte dagli aghi, il ghibli mi prende il petto e mi spinge. Mi tocca lottare per camminare contro di lui. Gli uomini di guardia sono incappucciati e inerti. Il ghibli stanca, fiacca, stronca le gambe, da sonnolenza. Giusto: fa il vantaggio del nemico che potrebbe avan-zare nelle macchine ermeticamente chiuse, contro di noi, portato dal vento, portato dal mare furioso di sabbia. “Sveglia, ragazzi! Sveglia Lamarmora! Occhio alle penne! ” ....
     
Ebbene l’ordine del giorno dal Colonnello Von Herff mi ha fatto arrossire. Quell’ordine del giorno non risponde a verità pur essendo assolutamente veritiero. Mi spiego è inferiore alla verità. E per evitare che sciacalli nostrani e cialtroni d’Oltralpe possano sghignazzare, desidero in nome di chi cadde in quel tempo e particolarmente in quella mia ultima giornata e fu veramente l’ultima giornata della mia giovinezza, stabilire la verità vera quale io ben modestamente la praticai, quale io la vidi praticare da qualche eroe e da tutti i camerati che compirono, tutti, quel loro oscuro, beffardo, semplice dovere. - Dice l’ordine del giorno del Col. Von Herff pubblicato da questo giornale “Esprimo il mio alto elogio ai reparti Montemurro dell’8° Reggimento Bersaglieri ai miei ordini, per il valore dimostrato durante i gravi combattimenti del 15 maggio u.s.. Ufficiali e truppa hanno tenuto le posizioni impegnandosi fino all’ultimo Il reparto preposto alla difesa di Passo Halfaya ha resistito con leonino coraggio fino all’ultimo uomo contro preponderanti forze nemiche. La maggior parte di essi si è immolata fedele alla bandiera. Sia reso onore alla loro memoria “.
Ebbene nella parte riguardante il reparto preposto alla difesa di Passo Halfaya c’è una frase che non risponde a verità. Questa- la maggior parte ….fedele alla bandiera-. Poiché il Colonnello rende Onore poi alla loro memoria, la frase da me rilevata vuol significare che la maggior parte dei difensori, sia morta. Questo non é vero. Eppure tutti si sono immolati. Meglio perché é onorevole oggi, al tempo dei masochisti vantare il dovere compiuto “ci immolammo”. Mi si permetta di narrare perché sia compresa l’apparente contraddizione.
  Libri di Leonida Fazi
LA REPUBBLICA FASCISTA DELL'HIMALAYA
La generazione africana dei morti perduti
I guerriglieri del mal d’Africa
Bersaglieri e Panzerjager in Africa Settentrionale
UN POPOLO NELLA SABBIA  (e aavv)

Rapporto del Col. Montemurro

Da El Mechili ad Halfaya
La 72a Comp. autocarrata controcarro da 47/32 del 6° reggimento bersaglieri fu fatta partire in tutta fretta da Ferrara e mandata in Libia a raggiungere l’8 della divisione Ariete. Fece parte della colonna Montemurro, cosi detta dal nome del Colonnello Comandante il reggimento. La colonna Montemurro fu lanciata, sola, su El Mechili. La marcia sul deserto durò tre giorni. L'ultimo giorno fu dato l’ordine di spingere gli autocarri a tutta velocità senza curarsi di chi restasse indietro. Il risultato fu che ogni autocarro quasi fu autonomo e gareggiò con gli altri. Fu una corsa che ci inebriò. Ciascun autocarro sapeva di correre cosi per raggiungere un luogo detto Mechili dove avrebbe combattuto contro forze superiori. Alle prime ore del pomeriggio gli autocarri che man mano giungevano furono fatti attestare a circa 10 km da El Mechili. La colonna Montemurro tranne quella del 6° era montata su autocarri di fortuna perché la maggior parte dei mezzi era stata affondata. La Compagnia anticarro dette alcuni dei suoi autocarri nuovi per il trasporto delle munizioni, de1la nafta e dell’acqua. Un plotone di questa compagnia quindi, comandato dal Tenente Maestri trasferitosi su autocarri di fortuna, giunse con uno dei due che aveva al rimorchio. Per poter portarsi ugualmente sotto Mechili tutto il plotone si ammassò su un solo autocarro. smontando i due pezzi (del cannone) per cercare di farceli stare in qualche modo.
  O.d.g.:Esprimo ai miei dipendenti la mia più viva compiacenza per il comportamento di tutti in questa giornata. Elogio in modo particolare il comportamento del reparto avanzato della 7a compagnia comandato dal tenente Talpo, rinforzato dal plotone cannoni del 6° bersaglieri, comandato dal sottotenente Esposito e del reparto arditi comandato dal sottotenente Lanza.

15 maggio 1941: olocausto del reparto  -  Relazione sull'azione svolta dai plotoni cannoni dalla 72a compagnia cannoni del 6° bersaglieri nel fatto d'armi del 15 maggio 1941 nella zona Sollum-Capuzzo.
All'alba del giorno 15 maggio la dislocazione dei plotoni della 72a compagnia cannoni da 47/32 del 6° bersaglieri era la seguente:
plotone comando - l° plotone da 47/32 - di rinforzo alla 2a compagnia motociclisti (Cova) e al plotone comando di reggimento costituenti caposaldo nella zona di q. 186 (E. Capuzzo);
2° plotone da 47/32 - di rinforzo al caposaldo avanzato distaccato dalla 7a compagnia a 8 Km. S-E di Sollum bassa;
3° e 4° plotone da 47/32 - di rinforzo alla 6a compagnia costituente caposaldo a q. 181 (testata U. Abbas).
Il nemico iniziava l'attacco alle prime luci dell'alba contro il caposaldo avanzato dalla 7a compagnia e si spostava quindi contro quota 186 E. Capuzzo ove, assieme al comando di com¬pagnia, operava il I" plotone cannoni.
Sull'azione di fuoco svolta dai plotoni distaccati con i caposaldi avanzati, nulla è possibile ancora dire con precisione in quanto le notizie finora giunte sono alquanto frammentarie ed imprecise. Mi limiterò quindi ad illustrare l'azione svolta dal plotone rimasto a mia disposizione.
Alle ore 8,45 il nemico attaccava la linea di q. 186 con fanteria inglese autoportata preceduta da carri armati. L'azione era stata preparata da tiri di artiglieria. Da mettere in rilievo che la fanteria inglese era riuscita a portarsi fin sulla rotabile di Capuzzo 8000 m. circa dalle nostre posizioni, sfruttando la poca visibilità dovuta al ghibli, e ad una certa confusione che si era creata per il passaggio frequente, fino a pochi momenti prima, di mezzi blindati tedeschi. Avvistati alcuni mezzi blindati che precedevano una colonna di fanteria autoportata proveniente da S.-E. e, non avendo potuto subito per la scarsa visibilità individuarne la nazionalità, non venne tirato dapprima alcun colpo per non incorrere in qualche tragico equivoco. L'allarme fu dato alla linea con immediata apertura del fuoco nell'istante in cui, sbarcando dagli automezzi e assumendo formazione spiegata, gli inglesi rivelarono la loro identità. L'apertura del fuoco da parte dei due pezzi del plotone è stata fulminea, i primi

L'autocarro sembrava un carrozzone da zingari, ma arrivò. Tutti ridevano di lui. Si attese qualche tempo per aver notizie del plotone del tenente Rini andato avanti insieme al Comandante della Compagnia ten. Rustichelli in avanscoperta e per permettere alla lunga coda dei ritardatari di giungere in tempo. Ad un certo punto fu dato l'ordine di avanzare senza attendere oltre. Quella poca truppa italiana, tutta nuova al fuoco fu disposta sui suoi affannanti autocarri a scacchiera come per una rivista. E sfilò in parata dinanzi a Rommel. Poi, mentre l'ombra della sera scendeva sul deserto, gli autocarri si incolonnarono. Per un ordine mal trasmesso da un motociclista, due plotoni della Compagnia Anticarro persero il contatto, nel buio sopravvenuto, con la colonna. Si spersero. Poi uno dei due plotoni che aveva un autocarro marciante col motore scoperto e che non poteva spegnerlo sotto pena di non poterlo mettere più in moto, restò oltre tutto senza benzina. Allora i due ufficia1i comandanti, i due sottotenenti di 24 e 25 anni ordinarono ai Bersaglieri di porsi alle tirelle dei pezzi e camminarono, portandosi dietro tutto ciò che era necessario al combattimento. Essi vedevano nella oscurità. le scie luminose delle traccianti che bombardavano Mechili, udivano il rombo delle esplosioni e puntarono su tutto questo, affrettando il passo nel timore di non giungere in tempo a non prendere parte al combattimento. Per un puro caso non oltrepassarono la linea Italiana finendo così a ridosso del fortino. Giunsero. La mattina dopo, col primo chiarore videro la linea, di cui occupavano l’estremità. Era una linea estremamente esigua: 47 batterie da 20 mm, qualche 75, mitragliatrici Qualche carro dei tedeschi. Erano estremamente in pochi. Conquistato EI Mechili, fu fatto un ingentissimo bottino. Ogni soldato, ogni Bersagliere, ogni Ufficiale stupiva che tutto ciò fosse caduto in mano sua. Le camionette inglesi rigurgitavano di ogni ricchezza e anche di ogni lusso. Ammirati gli impermeabili, ammirate e gustate le molte bottiglie di liquore. Io, assetato da 12 ore asciutte, mi dissetai nel ghibli incombente con Gordon Gin e mi sentii allegramente male. Poi la colonna Montemurro proseguì verso il confine. Il Sabato Santo girò attorno a Tobruk, il 14 aprile giunse a Bardia poi si portò al reticolato Graziani, infine passo Halfaya. Tre Compagnie; una tedesca su cosiddetto altipiano fronte ad est. Una italiana fronte a sudest ed a sud sulla stessa quota dietro ad un muricciolo alto dai 30 ai 60 Cm. Autocarri in un Uadi. Una italiana più a nord accanto al mare. Questa restava invisibile alle prime due. Ero sull'altipiano. Comandava la Compagnia (fucilieri) il tenente Arivella.  

 La compagnia era armata con 2 mitragliatrici Fiat, 4 mitragliatori Breda, moschetti. Di rinforzo due plotoni della compagnia anticarro del 6°: quattro pezzi da 47 idem per la Compagnia a nord, comandata dal tenente Talpo. C’era anche un misterioso pezzo da 105 in qualche luogo che sparò, la mattina del 15, tre colpi e poi si inceppò. Non c’era altro. L’ordine era di resistere in posto ad oltranza. Sull’alba del 15 maggio cari armati sferrarono un attacco improvviso. La compagnia tedesca sorpresa fu travolta e catturata. L'ondata dei carri si abbatté sulla compagnia italiana difesa dietro al muricciolo. Erano carri molto grossi completamente corazzati anche nei cingoli e da corazze molto curve, armati in torretta da mitragliatrici e da cannoncino.
Durante tutto il combattimento non fu vista fanteria, soltanto carri che manovravano con molta cautela ma senza dar respiro. Essi sopraggiungendo da tutti i punti circondavano il muretto e l’oltrepassavano e in crociavano in tutte le direzioni. La compagnia si provò a sparare con le mitragliatrici e continuò anche, puntando la dove supponeva l'esistenza di fanteria. L’effettiva lotta fu sostenuta dai 4 pezzi anticarro. Le granate scivolano sulle corazze dei carri. Tuttavia ognuno dei quattro pezzi continuò il fuoco finché ne ebbe la possibilità. Il combattimento dei 4 pezzi durò tre ore su un terreno assolutamente piatto per mancanza di munizioni. La sosta per mancanza di munizioni durò mezz'ora. Ma non ci fu resa. I gruppi furono catturati dalla pressione dei carri. Fui preso di sorpresa alle spalle dopo aver ordinato ai miei superstiti di allontanarsi. Sarebbe stato possibile, all’inizio, rifiutare il combattimento. Ma questo era contrario agli ordini e rimanemmo. Eravamo perfettamente soli. Già prigioniero invece di rispondere a chi mi interrogava, chiesi perché fossimo ancora vivi: mi fu risposto che gli inglesi avevano interesse a catturare prigionieri. Sulla mia parola d'onore. La Compagnia più a nord resistette protetta da difese naturali sino alle 17 di quel giorno. Il nemico usò anche aerei. Poi la travolse caoticamente. Il sottotenente Esposito della Compagnia anticarro poté ad un certo punto portarsi indietro di qualche chilometro sino ad un posto tenuto da un capitano italiano.

  due colpi colpivano in pieno una blinda inglese, che precedeva la fanteria, incendiandola. Il fuoco si spostava successivamente sui carri armati che seguivano sostenendo la fanteria, colpendone un'altra.
L'attacco nemico si sviluppava intanto sul centro e, in prevalenza, sulla sinistra del nostro schieramento, dalla cui parte veniva tentato l'avvolgimento.
Accortosi che un carro si dirigeva velocemente contro un pezzo da 37 ormai inutilizzato da un colpo di cannoncino, un pezzo da 47 del plotone spostava immediatamente il tiro di 90° e riusciva a colpirlo ad un cingolo. Contro tale carro nemico che continuava a girare su se stesso, fu visto eseguire un lancio di bombe a mano da parte dei serventi del pezzo da 37 che venivano poi sopraffatti dalla fanteria nemica. Il plotone da 47, non avendo più alcun mezzo blindato davanti a sè, iniziava il tiro con granate ordinarie contro i nuclei nemici che, giunti ormai a 200 metri, lo minacciavano direttamente. L'avvolgimento tentato dai carri e dalla fanteria veniva stroncato dalla violenta reazione degli elementi nostri in quel settore, mentre nel settore centrale il nemico impossibilitato a procedere oltre, veniva inchiodato al terreno. L'azione continuava in tal modo per altre quattro ore circa con violentissimo fuoco da ambe le parti. Alle 13,10 all'apparire dei primi carri tedeschi, i pezzi avevano ormai esaurite le munizioni, ed i serventi si difendevano a colpi di moschetto e con le due mitragliatrici Fiat 35 recuperate.

Questi disse che ripiegava sul grosso e consigliò il Sottotenente a venire con lui. Il sottotenente ritornò invece con i suoi uomini. E combatté duramente. I tedeschi, già prigionieri, avevano assistito al combattimento sull’altopiano. Il più elevato in grado di essi, a nome di tutti, si congratulò e ci chiese l’onore di stringerci la mano. Il Colonnello Von Herff credette, come i nostri camerati, che fossimo tutti morti. Per questo usò quella espressione. Ma non mentì; ci eravamo comunque immolati. 

 

Ricompense concesse sul campo: Bronzi a Ten. Rustichelli Ferdinando, Melandri Luigi, croce di Guerra al S. Ten. Esposito Mario

     

... lettera del valoroso tenente Elio Maestri, diretta al ten. Giuseppe Scarani che dà la misura della irruenza dei combattimenti sostenuti dalla 72a compagnia cannoni del 6°.

lì 19 maggio 1941
« Caro Geppe, ti scrivo con la morte nel cuore ed è già miracolo se posso scriverti. Un giorno di lotta acerrima, tremenda, ha mietuto attorno a me frotte compatte e serrate di eroi che, fedeli alla Bandiera ed al nostro motto, si sono immolati senza cedere un palmo di terreno al nemico. Settantadue uomini mancano all'appello e sono quattro giorni che la lotta è finita. Esposito ha tenuto quattordici ore contro una marea di carri e di fanterie inglesi e solo a sera è stato sopraffatto. Di Fazi e di Rini si sa soltanto che hanno pugnato da leoni fino all'esaurimento delle munizioni ed oltre. Ormai non c'è speranza alcuna di poterli rivedere.
Bechicco, che era con me, si è buscato una pallottola esplosiva in una coscia, ma senza conseguenze, ed ora è completamente ristabilito, seppure alquanto incerottato.
Caro Geppe, ti confesso francamente che, per quanto anche io abbia fatto il mio dovere, a volte mi viene il pensiero che in quella giornata di gloria, io fossi imboscato. Eppure le pallottole fischiavano e i carri inglesi non scherzavano: due puntatori miei uno dopo l'altro, si sono buscati, uno una pallottola in fronte e l'altro, che ha preso il suo posto volontariamente, una pallottola esplosiva in bocca. Io miracolosamente sono ancora qui, sano e salvo non so come.
È stato un olocausto totale: due compagnie bersaglieri sono addirittura scomparse e noi, tutti compresi, siamo ridotti ad una quarantina. Ma, viva Dio, non sono passati, anzi non ci hanno strappato un sol pollice di terreno. Venivano avanti i carri e dietro seguiva la massa della fanteria inglese, che avanzava a catena, incurante delle perdite enormi che il nostro rabbioso fuoco produceva. I 47 cantavano con rombo rabbioso e tre dei carri inglesi, morsi dalle perforanti, sono ancora sul campo. Tutto il peso maggiore delle forze nemiche era sulla sinistra, e, in quel settore, le fanterie nemiche sono riuscite ad avanzare, a venire a contatto e far valere la loro enorme superiorità numerica. Eppure, nessun centro di fuoco ha ceduto! Ufficiali e bersaglieri si son fatti massacrare, non senza però aver venduta cara la pelle. I nostri feriti venivano pugnalati, i morti ancora colpiti. Contro la marea dei carri, le bombe a mano grandinavano. Ho ancora negli occhi e nel cuore la visione eroica ed indimenticabile di sei bersaglieri di un cannone da 47 che, avuto inutilizzato il pezzo, si sono slanciati senza esitare contro un carro scagliando le bombe, poi son caduti come giganti. Il ten. Cova è stato trovato morto con una bomba ancora in mano, la linguetta di una bomba già lanciata in bocca, davanti a lui giacevano tre inglesi freddati a colpi di pistola. Il piccolo cimitero italo-tedesco dei primi giorni si è di molto ingrandito, ma diventerà grandissimo quando potremo dare sepoltura ai caduti della nostra compagnia che si trovano ancora in terra egiziana, dove ancora si combatte. E ora, carissimo Geppe, siamo un po' indietro per curare le ferite, ma non tanto lontano da non udire il crepitìo delle mitragliatrici. Unico passatempo è la caccia agli arabi che, sobillati dagli inglesi, tentano di romperci le scatole. Ma quello è un divertimento, e quando c'è qualche spedizione, tutti corrono, ridendo, come per andare ad una festa. Saluta tutti e di a Battilani che Talpo è caduto da eroe (ma Talpo non morì) assieme a Esposito e sarà proposto per una ricompensa al valore militare che non può essere che una: «La medaglia d'oro », Un abbraccio fraterno ed un saluto dei miei camerati. Elio »
.

da Bersaglieri sul Don di Umberto Salvatores

 

Proposte per ricompense:

Ten. Maestri Elio - Argento (7/8 apr)
S. Ten. Fazi Leonida-Croce guerra
Ruggeri Vittorio - Bronzo
Ten. Maestri Elio - Croce guerra tedesca
S. Ten. Rini Vittorio - argento
Scaramelli Giuseppe - argento
Beltrame Gastone - Bronzo
Ciardo Vito - Bronzo
Valmori Paolo - Bronzo
Pasini Giacomo - Croce
Bastia Danio - Croce

     

Ancora menzogne
Da quel giorno cominciò la nostra miseria e il nostro orgoglio. Tutti gli Ufficiali di quelle due compagnie che seguirono la stessa via di prigionia, 6 se non erro, restarono sempre insieme, sino alla fine del 46, nel campo 25, “non cooperatori”. Il tenente Rustichel1i poi, nel novembre ‘41 morì e il tenente Maestri fu gravemente ferito (ma non fu catturato). Questa è l’oscura, semplice superbia della mia Compagnia da 47 anticarro del 6° Bersaglieri che fu parte di quella Colonna Montemurro che, traendo esempio dal suo magnifico Colonnello visse e lottò sulla Marmarica in modo tale che, se ogni uomo italiano ed ogni donna avessero vissuto e lottato con la metà dello spirito dell’ultimo dei suoi Bersaglieri molte cose sarebbero andate diversamente. E sono stato costretto a porla qui in rilievo perché se quei miei camerati non morirono non fu colpa loro. Churchill al parlamento inglese, disse dopo che i suoi prodi avevano catturato 500 tedeschi al Passo Halfaya, ma che non s'erano visti italiani. Questo lo riportò un giornale che ci venne tramano nel Campo di concentramento di Latrum in Palestina. Mi piace dirgli qui che egli ha mentito secondo una sua inveterata abitudine. I suoi prodi sudarono sangue quel giorno a Passo Halfaya e furono degli scassatissimi pezzetti da 47 che non potevano neppure bucare i suoi carri a farglielo sudare. Per ore e ore e ore senza speranza di vittoria. Ce la fecero scontare col terrore di Latrum, con la fame del Westerland, con la malaria di Bhopal, con la disperata tristezza di Yol. Ma gli ufficiali di quegli scassatissimi pezzetti non si sono arresi e hanno continuato a sbattergli in faccia l'anima non potendo le pallottole e con isterica rabbia dei suoi maltesi hanno detto no sino al Natale del ‘46 nel Campo 25. E continuano anche adesso, tranquillamente. E se ne vantano.
LEONIDA FAZI

 

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