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Beconi Cronologia

dedicato all'amico e maestro Serafino

SERAFINO BECONI - La Vita

Serafino Beconi nasce a Torre del Lago il 20 giugno 1925. Nel 1945 si diploma maestro e da autodidatta, secondo la tradizione dei pittori viareggini, inizia a dipingere. Nel 1954 entra a far parte del Centro versiliese delle arti con Marcucci, Santini, Catarsini, Pardini e altri. Partecipa a varie collettive e tiene molte mostre personali. E' del 1964 la mostra in cui espone per la prima volta i quadri del ciclo di S'Anna con 140 opere e 75 disegni, a Viareggio. Nel 1969 e 1970 visita Parigi. Nel 1971 espone a Lucca i "Dodici ritratti di Stefania Sandrelli" e nello stesso anno con Franco Signorini vince il concorso per l'abbellimento artistico del nuovo palazzetto dello sport. Nel 1974 replica della personale dell'eccidio di Sant'Anna a Pietrasanta. Nel 1978 conosce Manlio Cancogni ed inizia con lui un fecondo rapporto. Nel 1980 fonda l'associazione Artisti Versiliesi. Nel 1985 visita Mosca e Leningrado e nell'86 torna a Parigi. Nel 1990 visita Madrid e fonda il periodico trimestrale "SINOPIA" il cui numero 0 esce a novembre. Nel 1993 mostra "Le ragazze della Costanza" e nel 1994 mostra di scultura a Villa Borbone di Viareggio e la mostra "Il mare" a Lucca. Si spegne nella sua casa di Viareggio, dopo una lunga malattia, la mattina del 27 febbraio del 1997.

Beconi nella redazione di Sinopia

SERAFINO di Manlio Cancogni

Nessuna delle arti figurative è difficile come l'arte del disegno. Ingres diceva che essa rivela la probità dell'artista. E' vero. Con la pittura e la scultura si riesce a barare (e quanti l'hanno fatto specie nel nostro secolo); col disegno no. Pittura e scultura alla meno peggio si arriva ad impararle. Il disegno è un dono: o hai l'occhio e la mano per cogliere l'essenza dell'oggetto, o non ce l'hai. Prendiamo il caso di Serafino. Nella scultura e soprattutto nella pittura lo vedi in preda a un dubbio perenne. La sua è una ricerca infinita che di rado si appaga. Il più delle volte dà l'impressione ch'egli abbia lasciato il lavoro incompiuto e con la voglia di riprenderlo. Mentre disegna invece, Serafino va a colpo sicuro. Specie nei ritratti. Dopo ché il suo occhio, in apparenza disattento, ha penetrato il carattere del soggetto, la mano non sembra abbia difficoltà a seguire il filo che l'occhio dipana via via dal gomitolo della mente. Spesso, estratta e fissata l'idea dalla mobilità dell'immagine, il segno procede pulito, senza correzioni o ripensamenti, come se la mano che impugna la matita o la penna, una volta mossa, non si sia concessa nemmeno un attimo di pausa arrivando con un unico tratto a compiere l'intero percorso. Vedi ad esempio il viso di Garboli. Serafino, intuito il carattere giovanilmente dispotico del personaggio ce lo mette di fronte per largo, in modo che lo spettatore (stavo per dire il suddito), veda subito con chi ha a che fare. Pochi tratti e la faccia è chiusa. Mamma mia che grinta!Con Vasco Giannini invece siamo davanti a un uomo di volontà incerta, un sognatore che non fa paura. E così la mano di Serafino indugia mollemente sul contorno, dandoci un viso dagli occhi che vagano in su. Non parlo del mio ritratto. Un vero gufo. Mentirei se dicessi che mi piaccio. Spero di essere meglio dal vero. Ma temo che abbia ragione Serafino.

 

Esposizioni

1947 Partecipa per concorso alla Mostra Internazionale di Forte dei Marmi

1951  La sua prima personale alla Galleria Fratini di Viareggio

1964 A cura del comitato di coordinamento provinciale per le celebrazioni del XX della Resistenza espone 100 opere sul tema Omaggio a Sant'Anna nel XX dell'eccidio. La stessa mostra è ospitata nell'ottobre e novembre alla Casa della Cultura di Livorno.

1968 Esposizione al Circolo della Stampa di Milano presentata da Arrigo Benedetti, fondatore del settimanale L' Estresso..

1971 Galleria d'Arte Il Fillungo, Lucca:Venti ritratti di Stefania Sandrelli.

1972 Esegue il bassorilievo in terracotta La donazione del sangue per il nuovo padiglione chirurgico dell'Ospedale di Viareggio.

1981 Mostra inaugurale della nuova Galleria d'Arte Bertuccelli a Viareggio/ Venti opere presentate da P. Carlo Santini.

1983 Parete esterna della chiesa parrocchiale di Torre del Lago: collocazione del bassorilievo in terracotta ceramicata (cm.420x270x35) dedicato all'olocausto di due giovani ostaggi, all'ultimo anno di guerra e alla liberazione del paese.

1984  Sculture, dipinti, installazioni nella mostra I presepi/ Metamorfosi di una allegoria  nello spazio tenda di Piazza Mazzini a Viareggio a cura dell'assessorato alla cultura.

1986 Università di Pisa/ Istituto di storia, in collaborazione colla concessionaria Fiat Errebi, 28 nov.-30 dic.: oli, carte, sculture. Due laboratori aperti al pubblico.

1988 Dies Natalis (Riflessioni sulla nascita e sulla morte) Palazzo Paolina a Viareggio: oli, Installazioni, sculture .

1989 Tutti i ritratti di Stefania Sandrelli. Galleria Il magazzino del sale, Viareggio, a cura della Fondazione del Carnevale. Palazzo Paolina, a cura dell'Ass. alla cultura e dell'ANPI della Versilia: Barbarie del XX secolo. L'eccidio di Sant'Anna e altro. Scritti di Tommaso Paloscia, Manlio Cancogni, Ernesto Balducci.

1992 Villa Pacchiani, Santa Croce sull'Arno, a cura del Comune e dell'ANPI: L'eccidio di Sant'Anna di Stazzema e altre storie. Presentazione di Luciano Della Mea.

1994  Villa Borbone- mese di agosto- Viareggio: Le sculture (terrecotte, cementi, legno, bronzi) .Chiesa di Santa Giulia, Lucca: Il mare. Piccola antologia di 20 opere 1947-1993. Catalogo a cura di A. Serafini con una lettera di Manlio Cancogni.

Inoltre l'artista ha partecipato a mostre collettive, ha esposte in varie città, ha conseguito premi e segnalazioni.

 

  TESTIMONIANZA di Pier Carlo Santini (1981)

.... Beconi vive e lavora a Viareggio, per usare la formula di rito. Il mare non è dunque per lui un sogno, un miraggio e un'evasione, ma un riferimento quotidiano, una compagnia confidente. Al tempo stesso, però, è vicenda viva di un personaggio emotivo, clamante, tormentato, che solo a tratti si rasserena e si quieta; In esso Beconi si identifica senza riserve e residui, deciso a specchiarsi in questa realtà che egli sente mai uguale a se stessa, incostante e ineguale: un magma corso e colpito da riflessi e da scoppi improvvisi di luce che si agita, ribolle e quasi esplode. Mai viste neppure ai tropici acque così turbate nei tramonti affocati prima delle tenebre cupe: come a dire che questo mare è, infine, l'invenzione di un habitat sentimentale costruito a misura d'uomo. Sul piano compositivo e cromatico il mare consente all'artista di librarsi in impeti ed espansioni che furono già propri dei fauves, senza vincoli a morfologie particolari. In questo teatro aperto, in questo scenario che le dimensioni cospicue contribuiscono a rendere spesso grandioso, Beconi colloca di norma le sue figure maschili e femminili, i suoi gabbiani disarticolati come nastri veleggianti, i piccoli ripari, il patino rosso fragile ma sicuro tra i vortici e le onde. Anche se nel corso dell'esecuzione gli interventi che si sommano elidono ciò che in precedenza poteva già configurare una certa immagine, resta però vivido il ductus della pennellata mobile che in parte anche si stratifica, si incrocia, si aggiunge, conservando straordinaria ricchezza a tutto il contesto pittorico.

 

  L'ARTE DI SERAFINO BECONI: OVVERO QUANDO L'IMPETO AFFOGA NELLA POESIA di Tommaso Paloscia

Quella immensità fatta a brandelli pareva ancor più esasperata della provocazione dei blu di cui inorgogliva il mare che, a sua volta, mostrava di arrovellarsi a far da intermediario fra il cielo stracciato di nuvole agostine e quella sabbia ferita da ciuffi di vegetazione bassa; anzi, bruciata dal sole e dal salmastro. L'immagine viene a mente forse per il ribollire dei colori, insofferenti dello spegnimento dei toni che nella riproposta Serafino imponeva alla maniera forte per dominare il tormentato tratto di spiaggia libera: fra la darsena viareggina e la marina di Torre del Lago, tante volte ritratta, interpretata, idealizzata com'è nel suo costume. E anche a scorrere rapidamente il vasto repertorio di Beconi, la memoria si riempie di questa immagine perché in una raccolta di opere che, antologicamente ma per capitoli distinti, ridescriva l'impegno profuso dal pittore nell'elevare progressivamente il livello della espressione, a quel dipinto dovrebbe essere affidato il ruolo esclusivo di "prefazione" all'interessantissimo e fra i più recenti capitoli che questa pittura ha costruito negli ultimi venticinque anni e forse più. Un punto fermo, dunque, a mezzo del cammino fin qui percorso nel quale si coagulano l'amore di sempre, quasi fanatico, di Serafino per il suo mare e la tenacia nello studio che gli ha consentito di viverne gli umori e le suggestioni, fino a immergere la coscienza e la fantasia nei segreti di certi mutamenti repentini: le mareggiate, spesso tragiche, e le bonacce che ne ingoiano - quasi un incantesimo - perfino il ricordo delle fasi turbolente; insieme con i risentimenti di quanti hanno subito la follia di quel mare; e i venti che ne variano ad ogni ora l'aspetto, e la luce mutevolissima di cui si animano i colori...

Ho la sensazione che tutto parta da qui, da questo brandello di spiaggia libera che strappa all'impeto disordinato una tavolozza già di per se irrequieta e incline alla ribellione; ne domina le impennate istintive e, dei colori aggressivi, coordina i toni per ottenerne una "musica" che raggiunga direttamente l'anima. Aiuta in tal modo, a mio avviso, la scrittura per immagini a farsi interprete assai fine dei sentimenti che in Beconi sono talvolta tumultuosi; a ritrasmetterli scandendo il ritmo di una poesia che é negli amori più intensi dell'umano.

Beconi ci ha abituati a indagare su queste pietre miliari nelle quali vanno identificati i grandi mutamenti sostanziali espressi per cicli dalla sua pittura. Come quella deflagrazione delle forme e dei colori che, dopo alcuni anni di prove a ritrovarsi nella forza espressionistica di un dipingere del quale aveva siglato la sua esistenza di pittore - ma che aveva smarrito nel susseguirsi di eventi che ne avevano indirizzato il cammino verso altri orizzonti - apparve improvvisa in un grande racconto svolto e completato in un lungo silenzio; e offerto al giudizio del pubblico solo nel 1964, in occasione del XX dell'evento rievocato. E fu chiaro che quella narrazione aveva travolto addirittura i canoni del raccontare e della utilizzazione degli strumenti capaci di tessere le trame delle affabulazioni di Beconi: il miracoloso volta pagina si compiva in un centinaio di tele dedicate all'eccidio di S.Anna di Stazzema, in una rievocazione superba per l'intensità della tensione che i colori esaltavano riproponendo il terrore e l'incultura della violenza, il pinato disperato del mondo civile dinanzi alla spietatezza di un programma esecutivo che la guerra, anche nelle sue più aberranti "necessità", non giustifica al cospetto della storia.

Sono passati oltre trent'anni dall'impresa beconiana che suona ancora oggi clamorosa svolta di questa pittura: non soltanto per l'inattesa riappropriazione di un mezzo espressivo che le era stato congeniale ma per il valore più profondo di quell'avventura nella quale Beconi aveva ritrovato se stesso. E poiché quest'ultima acquisizione andava rivelandosi a mano a mano che il pittore si avvicinava alla conclusione dell'opera - vale a dire che la sua mitezza di fondo e quel tanto di ingenuità poetica che ne avevano accompagnato la prima maturazione risorgevano in lui di pari passo con la sequenza del racconto - era giusto pensare che il ciclo di S.Anna avesse assolto onorevolmente il suo compito. E che Beconi era stato traghettato come per incanto nella contemporaneità: da uomo colto e saggio, e tuttavia sempre pronto a rispondere con entusiasmo a nuovi eventuali appelli che gli venissero da dentro. Dalla propria coscienza. Che, a questo proposito, non ha avuto mai modo di chetarsi.

Persino il reinserimento dell'immagini di Stefania Sandrelli nei solchi di una ritrattistica coltivata con affettuosa dedizione e nella quale quel volto aveva assunto ruoli selettivi nello scalo psicologico attraverso la identificazione fisiognomica del soggetto, parve scorrere senza problemi innervandosi nella ritrovata condizione. Col consenso del mare, forse, che spandeva attorno una luce magica riproposta con una tavolozza complessa, stampata a macchie sul viso e sul corpo dei personaggi ritratti, come immergendoli in una varietà di toni appositamente alterati in cui le forme affogavano i contorni e pur esprimevano, vivissime, certe personalità; come nei tanti autoritratti con i quali Serafino ha tenuto i rapporti con le varie fasi della sua pittura, filo di Arianna capace di guidarne i passi nel labirinto del tempo. Cosa che accade soprattutto nei frequenti ricorsi all'immagine di Ada che nelle situazioni marine si fa protagonista e strumento di rara efficacia nello studio dei rapporti cromatici e volumetrici fra sabbie incantate e scogli emergenti dai blu meravigliosi del mare. Ancora quel brandello di spiaggia libera: lo vedo collocarsi al principio di una nuova pagina di avventure coloristiche che segnano il cammino più moderno di questa pittura ormai lontanissima dagli schemi versiliesi assunti nell'osservazione delle grandi correnti europee: dall'espressionismo dei primissimi anni del secolo (se si vuol considerare nella pittura di Beconi la grande accentuazione dei colori stimolata dalle spinte emozionali ricevute nelle sue diverse analisi della realtà, allora, e solo allora, si può darle una approssimativa etichetta espressionista) al cubismo rivisitato nell'immediato dopoguerra anche in toscana; lontanissima ad ogni modo dai canoni segnati dai mostri sacri che qui, in Versilia e nella Toscana in genere, hanno impresso all'arte i ritmi della loro fantasia e le orme profonde di una elevata capacità creativa. A quanti, poi, sono solitamente invaghiti di citazioni clamorose, potrei offrire un campionario soddisfacente che dai macchiaioli a Viani, a Moses Levi, a Carrà, a Soffici, a Marcucci, a Santini, potrebbe appagare i loro sforzi di identificazione ad ogni costo dei sentieri marini con i quali avrebbe potuto incrociarsi questa pittura. Ma Beconi ha proceduto dritto per la sua strada di autodidatta, imbevuto di preparazione letteraria e tuttavia accorto e sapido nell'attingere a quei valori stimolanti di una vasta cultura che respirava a pieni polmoni; in una terra, cioè, naturalmente disposta agli incontri che incantano, alle suggestioni dei linguaggi che prepotentemente vi si affermano. Certo, ce ne é voluto di coraggio per sfuggire all'incantesimo di Viani o, in minore misura agli inviti sormioni di seducenti rappresentazioni marine di un Carrà toscano; ma tutto é andato per il verso giusto per cui i neri di Beconi non sono quelli di Viani e i blu di Carrà non hanno parentela con i blu egualmente ci teniamo a dirlo validi di Beconi. E' una strada autonoma dunque a snodarsi nell'ampio itinerario lungo il quale, dalla prima partecipazione a una mostra-concorso (Forte de' Marmi, 1948) si é sviluppata, e ancora va dipanandosi, l'impresa del pittore viareggino che é anche meraviglioso scultore: facitore-poeta, cioé, di immagini delicatamente tratte dal suo fertile immaginario e impresse soprattutto nella "terra madre" che in fase di cottura si riappropria del rosso custodito nel ventre collinare delle pre-Apuane. E i cicli rossi della pittura e quelli azzurri e i gialli, riferiti alle cromie dominanti attraverso cui Beconi ha espresso i motivi della sua rappresentazione di vita, tornano a incrociarsi per riaffermare la validità di certe scelte che alimentano il digesto delle opere di Serafino Beconi.

Dal tempo di quel brandello di spiaggia a oggi é trascorso un quarto di secolo che ha costretto il mare a mutare alcune imbellettature ma non a cambiare l'immagine che é rimasta viva come la striscia ribelle di allora; e si agita fra colori eccezionalmente belli nei "Pattino di salvataggio" del '76 o nel "Pescatore di retina" del '83 che sono capolavori indiscutibili di questo fare moderno ma senza inganni; e le figure umane- notevoli le "ragazze della Costanza" recentemente raccontate con colori forti ma ben coordinati nell'equilibrio compositivo - e gli scogli (si veda "Bagnante con autoritratto", del 1993) che riecheggiano i pacati accostamenti tonali di quella spiaggia; e i cieli, anche quando si fanno tessiture di giallo luminoso o campiture di un azzurro profondissimo per dare risalto al volo dei gabbiani, é sempre, pittoricamente parlando, discendente diretto di "quel" cielo. Rammento, in una mostra allestita alla fine degli anni Settanta, in un locale sul lungomare di Torre del Lago al confine con la spiaggia libera di Vecchiano, un dipinto grandissimo che dava sfogo al tema dilatato nell'immensità dell'infinito e i gabbiani che ne solcavano lo spazio con la gioiosa levità di quei bianchi, soffici come fiocchi di cotone; e faceva da cornice ad altri dipinti fra i quali "L'uomo delle conchiglie" che richiamava alla memoria il segno e il valore dei toni repressi del ricordo sempre vivo, indelebile penso, di quel brandello di spiaggia libera datato 1970: emblema di un equilibrio acquisito in una riga interamente impiegata nella ricerca e che quella tela recuperava magicamente nella più autentica espressione del carattere di Beconi: senza limitare "impeti ed espansioni.... senza vincoli a morfologie particolari". Come Pier Carlo Santini giustamente annotava dinanzi allo spettacolo sempre nuovo ma coerente di questa pittura: una pittura osservata con severo impegno critico nelle sue fasi alterne di gioie e di amarezze che l'accogliente studio estivo, la "baracca" di Torre del Lago, riusciva a stemperare in un'atmosfera di serenità irrecuperabile.

 

  SERAFINO BECONI E IL CARNEVALE di Tommaso Paloscia

Viareggio. Arriva il Carnevale, il Carnevale impazza, l'ultima domenica di Carnevale, arrivederci caro indimenticabile Carnevale....E il Burlamacco, ancor carico di coriandoli che celano la stanchezza ed esaltano la gioia di quella pazza corsa di maschere note o inventate, si avvia a rintanarsi in qualche angolo dei capannoni-officina dove le cartapeste già si affollano nei mucchi di corpi decapitati,di braccia divelte,di smorfie fermate dal sipario nel rigore della morte. Un cumulo di brandelli in cui si congelano i ricordi di una ventata di gloria che ha coinvolto uomini e maschere nella festa più folle dell'anno.

Serafino Beconi, viareggino torrelaghese, non é uno di quella folla che segue inebriata i carri ricolmi,gli addobbi,il chiasso assordante delle musiche e dei cori. Serafino Beconi è un artista che nella pittura e nella scultura riflette la sua sensibilità innata,la passione tenuta a fre no dall'esercizio professionale e non ama buttarsi allo sbaraglio negli inviti che queste espressioni più disordinate della tradizione rivolgo- no ai suoi continui entusiasmi,alla sua predisposizione al gioco. Il Car nevale é una cosa seria. Per questo esige raccoglimento e meditazione. E Serafino nella solitudine del suo studio, nella casa di Viareggio o nel la "baracca" di Torre del Lago,carta e matita,pennelli e colori,rimugina sul Carnevale appena passato e pregusta la ventata dell'anno venturo: come vorrebbe che fosse. Come desidererebbe che lo pubblicizzassero,il suo Carnevale, fuori dagli schemi ormai logori che ne deterioravano ogni volta l'immagine. Ed è come se un brandello dell'anima gli fosse strappato a tradimento. Gli torna a mente come in un rito quella recriminazione che qualche anno fa gli capitò di rendere immagine visiva in un bianco-nero di triste quanto pessimistico rilievo: la Morte del Carnevale. Spogliato dell'abito di Pierrot e della maschera, disteso sul letto di morte e circondato dagli amici di baldoria che ne piangono la sorte,l'evento si compie. E' un'immagine-stimolo.E' il rito che si ripropone e galvanizza Beconi; e lui disegna,"schizza" velocemente sulla carta i pensieri provocati da quella sofferta meditazione; pensieri che si fanno immagini rapide di segni,di forme,macchie di cromie vivaci dove l'emblematica figura del Carnevale viareggino è furiosamente vivacizzata e sospinta dalla foga creativa a compiere acrobazie impensate. La vedi mutarsi in acrobata del mare su un "surf" indiavolato che cavalca onde gigantesche e ha l'atteggiamento del vincitore. O rema sul patino sottratto ai quadri di lui per una fuga sentimentale con la sirena che affascina sempre lo stesso Beconi,capa ce di identificarsi nel rapitore romantico per un'offerta sacrificale al personaggio. Ed elabora scritte che prova e riprova in tantissimi modi e colori. Ricordo un Burlamacco marino lanciato su una serie di onde che dall'orizzonte vengono via via ingigantendo la scritta di cui è costituita la materia ; vi si legge "carnevale di Viareggio,carnevale di Viareggio, carnevale di Viareggio..." All'infinito. Non una litania ma un canto melodioso, inarrestabile,fino a rasentare l'occhio dell'osservatore, a colpirlo per penetrarne l'anima.

Quella tempesta di immagini e di scritte,di maschere e maschere che ripetono in una criptica visione i dettagli del mito carnevalesco é rimasta sepolta nelle carte segrete di Beconi arricchendosi di anno in anno di nuove invenzioni che nessuno ha mai potuto conoscere né ha avuto la possibilità di scorrere neanche in rapida lettura. Il Carnevale per Beconi è una cosa seria.

Oggi, rievocandone con le quattro mostre contemporanee l'esistenza di artista profondamente legato alla sua terra e ai suoi costumi,ci sia con sentito di violarne l'archivio segreto della memoria e mostrare soprattutto ai suoi e nostri amici queste cose che sono simboli testimoniali di un legame profondo: vincolo indistrutto di quell'amore viscerale che Beconi ha nutrito per la genialità di quella gente condannata nel suo pensiero a non aver cedimenti né soste. Scusaci,Serafino.