LE COLLABORAZIONI OCCASIONALI
La circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali n. 1/2004, nell'interpretazione dell'art. 61, comma 2, del d.lgs 276/2003, ha distinto due diverse tipologie di lavoro occasionale:
Cosa s’intende per "occasionalità"
Il collaboratore occasionale deve poter svolgere la sua attività in modo
autonomo e non essere vincolato, dal committente, ad orari rigidi e
predeterminati, fatte salve ovviamente specifiche esigenze dell’azienda.
In questo tipo di collaborazione, quindi, il lavoratore agisce in assenza di
rischio economico, non è tenuto a rispettare un orario di lavoro preciso e la
sua attività va intesa non come strutturale all’intero ciclo produttivo, ma solo
come di supporto al raggiungimento di obiettivi momentanei del committente.
Le collaborazioni occasionali sono molto diffuse, soprattutto nel mondo
formativo e nei servizi.
Questa modalità lavorativa non prevede né il versamento di contributi
previdenziali (a meno che il reddito annuo sia superiore a 5.000 euro), né un
contratto scritto, né l’obbligo di applicare le regole sulla prevenzione degli
infortuni o altre norme previste per gli altri lavoratori.
Aspetti fiscali
Il lavoratore occasionale presta la propria attività dietro pagamento di un
corrispettivo assoggettato a ritenuta d’acconto del 20%. Naturalmente la
ritenuta d’acconto non esaurisce gli obblighi fiscali del lavoratore relativi al
reddito complessivo annuo.
ATTENZIONE, Il decreto legge 269/2003, convertito nella legge 236/2003, all'art. 44, comma 2, prevede che dal 1 gennaio 2004 i collaboratori occasionali, che hanno un reddito annuo superiore a 5.000 euro sono obbligati a iscriversi e versare contributi previdenziali presso la Gestione separata Inps dei lavoratori parasubordinati.