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STORIA DI ROMA



LA REPUBBLICA

Il movimento dei Gracchi:
Tribunato di Caio Gracco
(124 - 121 a.C.)



La situazione dopo l'assassinio di Tiberio - Caio Gracco tribuno e sue riforme -
Legge sulle colonie e sull'estensione della cittadinanza
-
La morte di Caio Gracco e la fine delle riforme



Situazione dopo l'assassinio di Tiberio

Il periodo che seguì l'assassinio di Tiberio fu naturalmente travagliato. Sull'onda dell'accaduto il senato e le sue ale più estreme ordinarono violente epurazioni degli oppositori e dei sostenitori di Tiberio (lo stesso Diofane di Mitilene fu condannato, mentre il filosofo Blossio riuscì a fuggire).

Tuttavia l'iniziale foga reazionaria non impedì il proseguimento dell'attuazione della legge agraria, al posto di Tiberio, nei triumviri, fu eletto Publio Licinio Crasso, che di lì a poco morì, come il suo collega Appio Claudio. Al loro posto, oltre a Caio Gracco, furono eletti Marco Fulvio Flacco e Caio Papirio Carbone.

La legge agraria proseguiva con difficoltà: finita la distribuzione dei terreni dei quali era certa la proprietà, cominciarono lunghe dispute legali relative a quei terreni che non avevano ben chiara l'origine. A questo si aggiunga che spesso, questi terreni contestati, appartenevano in parte agli alleati di Roma, e un eventuale esproprio avrebbe anche potuto creare lo scioglimento delle alleanze.

Nel 129 a.C., Scipione Emiliano, marito della sorella di Caio Gracco, fece in modo di togliere i poteri al triunvirato per assegnarli al solo console Caio Sempronio Tuditano. Questo era stato fatto per agevolare gli interessi degli alleati italici e per impedire che le dispute sui loro terreni non creassero inconvenienti politici. In realtà pare, da alcune fonti, che la commissione dei triumviri avesse continuato fino al 125 a svolgere il proprio operato.
Scipione morì di li a poco in circostanze misteriore nel suo letto. Alcuni vollero vederci un assassinio, forse tramato dalla moglie e dalla madre Cornelia, sostenitrice della riforma ideata da suo figlio TIberio, ma probanilmente Scipione morì di cause naturali.

Ma l'eventualità di estendere la cittadinanza romana anche agli alleati italici (ovvero la possibilità di risolvere le questioni dei terreni disputati cancellando la differenza tra ager publicus e territorio italico) creò nuovi malumori tra i senatori e i possidenti più abbienti (l'enstensione della cittadinanza avrebbe aumentato ancora di più gli aventi diritto a un pezzo di terreno). Quando la proposta avanzata da Fulvio Flacco fu bocciata, tra gli alleati italici vi furono insurrezioni, soprattutto a Fregelle (nella valle del Liri). La questione fu risolta dal pretore Lucio Opimio che distrusse la città.


Caio Gracco tribuno e sue riforme

Nel dicembre del 124 a.C. il fratello di Tiberio, Caio, riuscì a farsi eleggere tribuno della plebe. La sua fama si appoggiava a quella del fratello, il suo favore tra il popolo era indiscusso (era membro storico della commissione agraria) e di lì a poco sarebbero venute alla luce le sue grandi doti politiche.

Furono tre le riforme più importanti di Caio:

La lex agraria. Caio riprese ed ampliò la legge agraria del fratello, restituendo ai triumviri i pieni poteri sottratigli da Scipione Emilio e, per incentivare il coinvolgimento di tutti gli strati meno abbienti, abbinò alla riforma un ampio progetto di opere pubblliche, soprattutto strade.

La lex frumentaria. Per assicurarsi l'appoggio della plebe in modo definitivo fece approvare una legge che consentiva ai magazzini pubblici della città di distribuire il grano alla metà del prezzo di mercato, cosa che fu molto gradita dal popolo, ma che alla lunga avrebbe provocato la caduta del prezzo del grano sull'intero mercato nazionale.

La lex judiciaria. Con la legge giudiziaria Caio sottrasse ai senatori il potere giudiziario. Fino ad allora i tribunali erano in mano ai senatori, che potevano sfruttare così la loro influenza politica per determinare il corso dei processi. Caio assegnò il potere giudiziario agli equites (cavalieri), ossia a quel ceto sociale patrizio che non esercitava la politica per scelta personale . Pur essendo ricchi e quindi vicini ai senatori per interessi, gli equites garantivano quel minimo di imparzialità lontana dalla politica richiesta dalla natura del loro compito.

Con queste leggi il potere di Caio Gracco si rafforzò a tal punto che il senato sembrava quasi tagliato fuori dai giochi, un potere fondato sul consenso popolare che gli permise, senza che nessuno osasse contraddirlo, di proporre la sua rielezione a tribuno per l'anno successivo.


Legge sulle colonie
e sull'estensione della cittadinanza agli italici

Il problema più assillante era comunque l'esaurimento delle terre da distribuire. Per ovviare a questa situazione Gracco propose, tra la fine del 123 a.C. e l'inizio del 122, due altre riforme: una legge che approvasse la costituzione di nuove colonie latine sul suolo italico e anche estero (cosa del tutto nuova) e un'altra riforma che consentisse di estendere la cittadinanza romana a tutti i popoli italici alleati.

Nel periodo di Gracco furono fondate quattro colonie: una nel Bruzio (Minerva), una vicina a Taranto (Neptunia) e una forse nei pressi di Capua. La quarta colonia fu deciso di fondarla su territorio cartaginese: malgrado il suolo fosse stato maledetto, Caio riuscì ad ottenere una rogatoria. La colonia venne chiamata Giunonia.

L'estensione della cittadinanza agli italici vide invece una sorta di gioco al rialzo istigato dagli oppositori stessi di Caio. Per contrastare la popolarità di Caio, un tribuno suo oppositore (fomentato dal senato), decise di presentare due proposte di legge eclatanti: fondare 12 nuove colonie sul suolo italico composte da 3.000 uomini ciascuna e abolire ogni possibilità di punizioni corporali che i capi spedizione potevano infliggere ai coloni. Questa legge fu accolta con gran favore dalla plebe che la votò e la approvò (lex Livia).

La plebe di cittadinanza romana non vide più di buon occhio il fatto che anche gli altri cittadini italici potessero usufruire degli stessi diritti e così si cominciarono ad esasperare i toni dello scontro, dividendo al suo stesso interno il fronte popolare.


Morte di Caio Gracco e fine delle riforme

Nel 122 a.C. Gracco partì alla volta della colonia di Giunonia assieme al collega Fulvio Flacco. La sua partenza permise all'opposizione di organizzare una diffusa rivolta contro il suo operato.

L'opposizione cominciò a mettere in giro le voci di una presunta recrudescenza degli eventi nefasti a Giunonia e diffuse il timore che la nuova colonia potesse diventare una concorrente dei romani nel Mediterraneo. Dall'altro lato si spingeva sempre più per contrapporre il sentimenti della plebe romana a quelli degli altri italici. Si diceva che gli italici, una volta presa la cittadinanza, avrebbero occupato i posti migliori dell'amministrazione e dell'economia romana.
Quando Caio ritornò non potè impedire a Fulvio Flacco, su proposta del senato, di allontanare tutti i non-cittadini dalla città. Era il segno della nuova debolezza di Caio, il quale non era più sicuro di poter essere rieletto e non controllava nemmeno più i componenti della sua fazione.

Finito il tribunato di Caio nel dicembre del 122, il senato decise di accellerare le sorti dello scontro. I nuovi consoli, per conto dei senatori, decisero di smantellare la colonia di Giunonia, giudicata ormai gravata dallo sfavore degli dei.

Come era già successo per Tiberio, le due fazioni si riunirono al Campidoglio. I popolari, armati, si erano riuniti per decidere sulla sorte della colonia, gli aristocratici, anch'essi armati e comandati dal tribuno filo-senatoriale Lucio Opimio (lo stesso che aveva distrutto Fregelle) occuparono il tempio di Giove.
Un partigiano di Gracco uccise una guardia di Opimio, colpevole di avere ingiuriato i popolari. Il cadavere fu portato al senato, che decise di conferire ad Opimio poteri speciali per ristabilire l'ordine.

Nel frattempo Gracco, Flacco e i suoi erano stati chiamati di fronte al senato per rendere conto dell'incidente, ma timorosi della sorte che sarebbe loro toccata, decisero di occupare l'Aventino. Malgrado i popolari avessero proposto di risolvere la questione senza spargimenti di sangue, Opimio decise di attaccare il colle: Flacco e suo figlio morirono, Caio si lussò una gamba e implorò il servo di ucciderlo per non cadere in mani nemiche. Le teste di Caio e Flacco furono gettate nel Tevere, mentre nei giorni successivi furono uccisi 3.000 partigiani popolari (era l'inizio del 121 a.C.).

Con l'uccisione di Gracco e l'epurazione nelle sue file finirono anche le riforme. La riforma agraria sarebbe finita nel 119, con lo scioglimento della commissione, nessuna terra sarebbe stata più redistribuita. Il senato aveva sconfitto i nemici popolari.

 

 

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