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STORIA
DI ROMA
LA
REPUBBLICA
Il
movimento dei Gracchi:
Riforma agraria di Tiberio Gracco
(134 - 133 a.C.)
Situazione
socio-economica romana nel periodo delle grandi conquiste
-
La famiglia dei Gracchi
- La
riforma agraria
- L'assassinio
di Tiberio
Situazione
della società e dell'economia romana
nel periodo delle grandi conquiste
Il
secolo di grandi conquiste che aveva visto Roma dominare al di fuori
dei confini italici aveva portato grandi cambiamenti nella società
e nell'economia. Ogni vittoria portava un bottino,
sia monetario che umano: grandi quantità di schiavi affluivano
sui mercati facendone crollare il prezzo, nelle ricche provincie conquistate
esattori in appalto accumulavano grandissime ricchezze. L'economia
romana, che prima delle conquiste era prevalentemente rurale, cominciò
a dedicarsi maggiormente al commercio marittimo.
La classe dirigente senatoriale, l'oligarchia che di fatto governava
Roma fin dalla nascita della Repubblica e che in passato aveva fatto
della austerità il suo simbolo (in contrasto con l'abitudine
al lusso dei greci), cominciò a venire a contatto con la ricchezza
e si abituò piuttosto in fretta al nuovo clima di abbondanza.
I vertici del potere romano, ritenendosi giustamente i principali fautori
delle fortune della nazione, avevano ridotto le assemblee popolari a
mere spettatrici delle loro decisioni, i tribuni
e gli strumenti di potere del popolo avevano delegato completamente
il potere ai senatori (si ricordi che
due delle più cocenti sconfitte della seconda guerra punica,
quella del Trasimeno e soprattutto quella di Canne, furono colpa di
consoli plebei e che dopo tali onte l'oligarchia patrizia aveva preso
in mano la situazione, con il consenso della popolazione che non osava
più avanzare pretese).
Questo contrastava con il peggioramento delle condizioni della plebe:
l'allargamento dell'ager publicus, ovvero del terreno di proprietà
statale acquisito in occasione delle innumerevoli vittorie su suolo
italico, non comportò un conseguente miglioramento per i contadini
perché lo stato preferiva vendere o affittare
ai più ricchi, cosa che alla fine erose la piccola proprietà
a scapito dei latifondisti, i quali avevano gli schiavi come forza lavoro
a buon mercato.
Si
aggiunga a questo che all'epoca l'arruolamento nell'esercito era in
base al censo, e al crescente bisogno di soldati si contrapponeva l'impoverimento
della popolazione.
I contandini arruolati, lungi dal trovare una ricompensa al loro ritorno,
spesso si trovavano senza più terra e senza più una casa.
Inoltre si stima attorno ai 100.000 caduti il prezzo delle guerre nel
secolo delle conquiste, ovvero circa 100.000 famiglie già allo
stremo che perdevano il capo famiglia o la forza lavoro. In questa situazione
i ricchi latifondisti avevano gioco facile a confiscare il terreno in
forza dei debiti contratti dalle povere famiglie.
Questa
situazionie portò le campagne a spopolarsi, e grandi masse di
poveri affluire nelle vicinanze delle città per cercare lavori
di fortuna. Ovviamente questa grande massa di disperati costituiva una
potenziale fonte di instabilità, la
società romana avrebbe dovuto affrontare di lì a poco
le conseguenze di un forte squilibrio sociale tra la ricca classe dirigente
e la povertà di una plebe sempre più vasta.
Il
circolo degli Scipioni, la famiglia dei Gracchi
Nell'ambito
della politica romana di quel periodo, aveva acquisito sempre più
prestigio e potere il circolo degli Scipioni: questi erano un gruppo
di persone che discendevano politicamente, e spesso anche in via parentale,
da Scipione l'Africano e dal suo modo di intendere la politica.
Scipione, seppur militarista, fu da sempre attento
alle istanze della popolazione e all'idea che la forza di Roma poggiasse
soprattutto sul benessere della sua base sociale, ovvero i contadini,
che costituivano anche la prima fonte di approviggionamento per l'esercito.
Si poteva definire una forma democratica di gestione del potere, opposta
a quei circoli che invece predicavano il mero militarisimo brutale della
conquista e della distruzione. Per Scipione, anche in politica estera
era importante creare equilibrio che evitasse l'ostilità aperta
(si prenda come esempio il fatto che nella seconda guerra punica abbia
garantito l'esistenza di Cartagine invece di sottometterla definitivamente).
Fu all'interno di questa corrente politica che si formò una famiglia
molto importante per l'apporto che diede alle vicende immediatamente
seguenti le conquiste.
Tiberio Sempronio Gracco, già pretore in Spagna, dove si distinse
per la giustezza del suo operato (si veda il capitolo sulle rivolte
in Spagna),
aveva sposato Cornelia, la figlia di Scipione l'Africano. Di dodici
figli ne sopravvissero però solo tre: Tiberio, Caio e Sempronia,
poi sposatasi con Scipione Emiliano, vittorioso a Cartagine e a Numanzia.
Divenuta
presto vedova, Cornelia dedicò la propria vita ai figli, rifiutando
anche una proposta di matrimonio di Tolomeo IV d'Egitto. Questo episodio
evidenzia il prestigio e la popolarità che in quel periodo godeva
anche fuori dai confini di Roma la figlia di Scipione.
Ai suoi figli diede una esemplare educazione greca, come maestri ebbero
Diofane di Mitilene e il filosofo di scuola stoica Blossio di Cuma e
furono così sensibilizzati alle idee democratiche e "progressiste".
La
riforma agraria di Tiberio
Nel
134 a.C. Tiberio divenne tribuno della plebe. Il suo cavallo di battaglia
era stata la sua idea di riforma agraria.
I
punti della riforma agraria di Tiberio erano sostanzialmente tre:
1. Ampliamento
della precedente legge agraria Licinia-Sestia (tra l'altro, di fatto
caduta in disuso da molto tempo). Ai proprietari
terrieri statali (ager publicus) veniva garantito un limite non
più di 500 jugeri (125 ettari) ma di 1.000 (250 ettari).
La base era di 500 jugeri più 250 jugeri per ogni figlio, ma
comunque il limite restava sempre 1.000.
2. L'ager publicus
che non sarebbe stato assegnato perchè in avanzo, sarebbe stato
riassegnato allo stato, che si sarebbe incaricato a redistribuirlo in
piccoli appezzamenti di 30 jugeri ai più poveri, a titolo
di affitto ereditario e senza possibilità di venderlo a terzi
che non fossero i legittimi eredi. Questa norma andava nella direzione
di impedire che i latifondisti più abbienti si impadronissero
selvaggemente dei piccoli appezzamenti rovinando così la piccola
proprietà.
3.
La costituizione di una commissione di tre persone plenipotenziarie
incaricate di attuare la riforma, elette da una assemblea popolare e
rieleggibili annualmente.
Ovviamente
la riforma incontrò l'ostilità del senato che cercò
di mettergli contro anche un altro tribuno, Ottavio (lui stesso proprietario
terriero), che pose il suo veto alla legge. Dopo aver convinto il popolo
che un tribuno non poteva ostacolare decisioni in favore della plebe,
Tiberio fece in modo di destituire Ottavio ottenendo
così l'apprivazione della legge che passò con il nome
di lex Sempronia (133 a.C.). Con
l'approvazione Tiberio aveva forzato la prassi fin lì rispettata
che non aveva mai visto i comizi tribuni legiferare, malgrado fosse
previsto dalla legge.
Assassinio
di Tiberio Gracco
Come
attuatori della riforma Tiberio scelse due persone di fiducia oltre
a se stesso: il suocero Appio Claudio, e suo fratello Caio.
Minacciato di morte e dovutosi procurare una scorta armata (mentre già
larga parte della popolazione era già disposta a venire alle
mani con gli scherani foraggiati dai senatori più conservatori),
TIberio propose di confiscare le entrate tirbutarie della nuova provincia
d'Asia (l'ex regno di Pergamo annesso come provincia nello stesso anno)
per sovvenzionare l'acquisto degli strumenti di lavoro per i proprietari
meno abbienti (spesso i poveri indicati dalla legge erano in realtà
del tutto nullatenenti).
Il
limite di sopportazione del senato era sempre più esiguo. Il
protagonismo e l'attivismo esasperato di Tiberio, la sua determinazione,
rischiava di spostare gli equilibri politici a scapito dell'antica dirigenza.
Il
culmine si toccò quando Tiberio volle forzare ancora una volta
la prassi e presentarsi per la rielezione a tribuno dell'anno successivo.
Sebbene in passato alcuni tribuni fossero stati eletti per due anni
di fila, per contrastare il pericolo che costituiva Tiberio e la sua
legge, il senato prese a pretesto il fatto per accusare il tribuno di
tendenza alla tirannide.
L'aristocrazia
senatoriale decise di passare alle maniere forti. Riuniti un gran numero
di sostenitori sul luogo dove si tenevano le assemblee popolari e dove
Tiberio doveva presentare la sua rielezione, riuscirono a rinviare di
un giorno l'assemblea.
Il giorno dopo anche i partigiani di Tiberio si erano riuniti attorno
al loro rappresentante. Mentre l'assemblea popolare
era in corso di svolgimento, la folla che stava con gli aristocratici,
fomentata dal pontefice Scipione Nasica (sacerdote di un tempio lì
vicino dedicato alla dea Fides) si gettò su Tiberio e
la sua fazione. Lo stesso Tiberio e 300 dei suoi uomini morirono e vennero
gettati di notte nel Tevere (era il 133 a.C.).