STORIA
DI ROMA L'espansione
romana in Oriente:
Il
pericolo siriano
-
Annibale
alla corte di Antioco
- Malcontento
e divisioni in Grecia -
Mentre
Roma e Macedonia erano intente a farsi la guerra, la
Siria di Antioco non era rimasta a guardare. Aveva
conquistato, sfruttando la debolezza egiziana, la costa meridionale
dell'Asia minore, mentre già aveva varcato l'Ellesponto e occupato
alcune città della Tracia, precedentemete appartenute
ai macedoni. Era il 196 a.C. e la Siria per Roma
si faceva quanto mai minacciosa (la Tracia era praticamente adiacente
alle città greche sotto la protezione romana).
Nel
frattempo
Annibale era salito alla guida dello stato cartaginese e stava cercando
di risollevare il regno, soprattutto finanziariamente. Egli aveva
cercato di debellare la diffusa corruzione che albergava tra i membri
del consiglio della città, e questo, unito al timore che Annibale
potesse acquisire troppo potere ai loro danni, fece si che gli oligarchi
dello stato punico chiamassaro in aiuto proprio i nemici romani. In Siria Annibale fu accolto con grandi onori, e questo, ovviamente, fu motivo di nuova allarme per Roma. Se Antioco avesse abbandonato le coste europee, Roma era disposta a lasciarle mano libera in Asia, ma Antioco non ne voleva sapere di lasciare la Tracia, e, inevitabilmente, scoppiò la guerra.
Nel
193 a.C. l'entusiasmo che aveva suscitato il proclama di liberazione
romano aveva lasciato il posto a un diffuso malcontento tra i litigiosi
stati della Grecia.
Sebbene Roma avesse ritirato le sue guarnigioni sul territorio, manteneva
pur sempre la "mano pesante" nelle faccende politiche locali.
L'obiettivo romano, come si è detto, era quello di riorganizzare
la mappa geo-politica della Grecia, e per fare questo spesso favorì
uno stato a scapito dell'altro, sempre appoggiando gli elementi aristocratici
e meno i sentimenti della popolazione. Soprattutto
la lega Etolica spingeva nella direzione di fondare una coalizione antiromana
(agli Etoli non era piaciuta la divisione del "bottino" di
guerra macedone, dove avevano combattuto a fianco dei romani).
Annibale,
nella veste di consigliere militare, aveva proposto ad Antioco di portare
la battaglia direttamente sul suolo italico, ma il re siriano non accolse
i consigli del condottiero cartaginese in quanto non riteneva Roma obiettivo
principale della sua campagna. Ad Antioco interessava, come già
detto, l'Asia e, parzialmente, la Grecia, se non altro per la sua posizione
strategica sempre nell'ambito della scacchiera orientale. Caduta
la possibilità di una invasione siriana in Italia, la flotta
a guardia dei confini si diresse verso l'Egeo, al comando di Caio Livio
Salinatore. Al fianco della flotta romana si schierarono Rodi, Pergamo,
Chio e le più grandi isole greche. In Asia Minore Antioco aveva riunito un grande esercito, composto da soldati proveniente da ogni parte del regno. Malgrado ciò, dopo aver perso i primi scontri, tentò di intavolare trattative di pace coi romani, non sentendosi più sicuro della vittoria. I romani, al contrario, sentendosi forti, non accettarono la proposta di Antioco di abbandonare l'Europa, ma pretesero che abbandonasse invece tutta l'Asia Minore e pagasse le spese di guerra. Il re siriano non accettò e gli scontri proseguirono. Lo
scontro decisivo avvenne presso Magnesia nel 189 a.C.
I romani, guidati dell'ex console Gneo Domizio (Scipione era ammalato)
disponevano di 30.000 uomini, i siriani di 70.000 (16.000 fanti pesanti,
le falangi, 12.000 cavalieri, 20.000 fanti leggeri, 54 elefanti e carri
falcati, carri corrazzati con spuntoni alle ruote). Eumene, re di Pergamo, comandava il fianco destro romano. Egli sgominò il reparto di carri falcati e attaccò le falangi sul lato scoperto con la cavallieria, mentre i romani ebbero gioco facile contro elefanti (come al solito spaventati) e fanteria leggera siriana, contro la quale scagliarono una pioggia di giavellotti. Al termine della battaglia le perdite siriane furono circa 50.000, mentre quelle romane 300. Fu una delle più grandi vittorie di Roma.
Antioco
non potè che accettare la sconfitta. I termini della resa, stipulata
ad Apamea nel 188, furono così onerosi che da allora il regno
siriano non riuscì più a risollevarsi. La
diplomazia romana ebbe cura di evitare qualsiasi pericolosa alleanze
tra gli stati ancora ostili, isolandoli, in modo da circoscriverne la
forza, una tattica, quella di spezzettare i nemici in piccoli stati
deboli che aveva dato i suoi frutti ed era stata sperimentata
già in Italia attraverso la fitta rete di stati alleati, colonie
e vassalli. |