STORIA
DI ROMA La
seconda guerra punica - IV° Parte
Lo
sbarco in Africa
-
Cartagine
chiede l'armistizio, Annibale ritorna in patria -
Il vittorioso Publio Scipione ritornò in patria da trionfatore. Nel 205 si candidò per la carica di Console e fu eletto all'unanimità. Inutile dire che il popolo era tutto dalla sua parte. L'altro console fu Publio Licinio Crasso, ovviamente oscurato, agli occhi della storia, dalla fama del giovane generale. A
questo punto Scipione propose al Senato l'idea
di sbarcare in Africa per sconfiggere il nemico sul suo stesso suolo
definitivamente. Il Senato, guidato dal prudente Fabio Massimo,
in un primo momento si oppose, infine decise di accontentare Scipione. Nel frattempo Magone sbarcò in Liguria dalle Baleari, nel tentativo di ricongiungersi al fratello. Conquistò Genua (Genova) e tentò di portare dalla sua parte la popolazione ligure, ma la lezione del Metauro aveva impaurito i galli. Senza l'aiuto dei liguri, Magone non potè far altro che ritirarsi (203). Egli stesso gravemente ferito, morì probabilmente durante il viaggio di ritorno in patria. Nella primavera del 204 Scipione partì da Lilibeo verso le coste africane. Portava con sé 50 navi e un esercito di 25.000 uomini. Lo sbarco avvenne presso Utica, senza incontrare alcuna resistenza. I romani allestirono il campo presso la città. Ora la minaccia per Cartagine era più che mai seria. La guerra aveva cambiato corso: fino ad allora assedianti, i punici erano ora diventati gli assediati.
Scipione
tentò subito di assediare Utica, ma dovette desistere. In Africa
i cartaginesi godevano dell'appoggio di Siface, re della Numidia occidentale,
il quale, assieme ad Adsdrubale di Giscone, tenne facilmente a bada,
in un primo momento, le mire di conquista di Scipione. Tuttavia quest'ultimo
potè contare sull'appoggio di Massinissa, re della Numidia orientale
e nemico di Siface. Quando
si sentì pronto, Scipione rifiutò l'armistizio, e mandò
a dire a Siface che, seppur personalmente contrario al conflitto, non
lo era il suo consiglio di guerra. Il
tranello disorientò gli eserciti nemici. Rinforzate
in tutta fretta con mercenari celtiberi, le forze di Siface e Asdrubale
si presentarono alla battaglia presso i Campi Magni. I romani ebbero
la meglio. Siface fuggì verso il suo regno, Asdrubale
di Giscone riparò a Cartagine. Massinissa seguì Siface
e lo fece prigioniero, diventando così l'unico re della Numidia. Lungi
dal sentirsi sconfitti, il ritorno in patria di
Magone e Annibale ridiede coraggio ai cartaginesi. Nel senato
della capitale punica prevalse il partito militare dei Barca e il sentimento
di riscatto. I cartaginesi iniziarono ad assalire le navi militari romane
e a disturbare i rifornimenti alle truppe di terra di Scipione. I
due eserciti si incontrarono a Zama, a sud di Cartagine,
verso l'interno. Potevano contare entrambi su una forza di 40.000 uomini.
Quello di Scipione era appoggiato da 4.000 cavalieri e 6.000 fanti numidi
di Massinissa, l'esercito di Annibale era composto da mercenari, dai
veterani della spedizione italica, da reparti della guardia cittadina
di Cartagine e da soli 2.000 cavalieri numidi ribelli, amici di Siface.
Davanti allo schieramento erano stati schierati 40 elefanti. Sebbene
qualcuno pensasse di continuare a combattere, Annibale capì che
era giunto il momento di arrendersi. Il
trionfo di Roma fu definitivo. A Scipione venne attribuito l'appellativo
di Africano. Con la fine della seconda guerra punica Roma divenne di
fatto lo stato più potente del Mediterraneo. La
guerra portò ai romani anche molti nuovi territori: la
Corsica, la Sardegna, la Sicilia, la penisola iberica meridionale, oltre
a un'influenza considerevole sulle coste africane cartaginesi e numidi.
Per la prima volta nella sua storia Roma si affacciava oltre le terre
italiche. Altri trionfi l'attendevano.
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