Gottfried
Gottfried Leibniz nacque a Lipsia. Si formò come autodidatta sopra i testi della biblioteca del padre, professore universitario di diritto. Lo studio da autodidatta non gli impedì di laurearsi in giurisprudenza, interessandosi poi di matematica (in particolare di calcolo infinitesimale), filosofia, teologia e storiografia. L'idea di promuovere la fondazione di una scienza universale enciplopedica lo fece viaggiare molto da una capitale europea all'altra. Nel 1670 ottenne un posto di consigliere presso la cancelleria dell'elettore di Magonza, nel 1676 divenne bibliotecario del duca di Hannover. In Olanda conobbe Spinoza, mentre dai contatti con lo zar di Russia, Pietro il Grande, prese vita l'Accademia di Pietroburgo. Nel 1700 fonda l'Accademia scientifica di Berlino. Negli
ultimi anni abbandona il duca di Hannover (diventato nel 1714 re d'Inghilterra)
e avvia una disputa con Newton, che gli contendeva la paternità
degli studi sul calcolo infinitesimale. * Sommario 1. Contro i meccanicisti, la riscoperta del finalismo 2. La materia non spiega la vita 3. Le monadi: gli atomi spirituali 5. La monade dominante, ovvero l'anima come Entelechia 7. Il migliore dei mondi possibili 8. L'esistenza di Dio nel principio di ragione sufficiente
*
Leibniz polemizzò da subito con Cartesio e i meccanicisti, i quali, euforicamente, credevano che le sole cause funzionali bastassero a spiegare la natura dei fenomeni. In sostanza, il significato delle cose era da cercare nel modo in cui funzionavano. Il mondo, per i meccanicisti, era un grande meccanismo, scoprire il suo funzionamento ne avrebbe portato alla luce il significato ultimo. Anche la vita era il prodotto di effetti meccanici, tanto che gli animali erano considerati alla stregua di veri e propri oggetti, niente più che macchine, non essendo dotati di anima, diversamente dagli uomini. Leibniz
affermava invece che le cause funzionali delle cose mettono in evidenza
più che altro i come, ma non i perché.
Se il mondo fosse quello proposto dai meccanicisti, la natura sarebbe
un'entità funzionante in sé e che non necessita di un
Dio creatore. Lo stesso Cartesio aveva dimostrato l'esistenza di Dio,
ponendolo però irragionevolmente al di fuori delle leggi della
natura. Nel
Discorso di Metafisica, Leibniz riassume la polemica con una
celebre battuta: "[...] io consiglio di allontanarsi dalle frasi
di certi spiriti forti [i meccanicisti], secondo cui vediamo
perché abbiamo occhi, senza che gli occhi siano stati fatti per
vedere". Secondo i meccanicisti, vediamo perché abbiamo
occhi. Questo senz'altro è vero, ma altrettanto vero è
che gli occhi sono fatti per vedere.
Le ragioni del meccanicismo non forniscono poi nessuna spiegazione in merito alla vita e alle sue ragioni d'essere. Descrivendo il funzionamento del corpo umano, ad esempio, non riusciamo comunque a trovare risposte riguardo la provenienza del principio vitale. Questo impedisce, ad esempio, che la scintilla della vita "accenda" un automa meccanico costruito dall'uomo. Leibniz si domanda qual è quel principio vitale che da forza ed energia all'esistenza. Che la vita provenga dagli atomi non è plausibile, in quanto gli atomi sono soltanto estensione di materia nello spazio (nel senso cartesiano di res extensa). Com'è possibile allora che la vita si generi tragga forza, energia e consapevolezza solamente grazie all'apporto meccanico di principi materiali ? In sostanza la domanda posta da Leibniz invita a ricercare "il luogo di provenienza" della forza vitale, che è poi quella che permette alla materia di prendere vita e "funzionare" autonomamente e coscientemente. A
questo punto, per rispondere alla domanda, Leibniz introduce il concetto
di monade. Analogamente agli atomi, i quali
sono le frazioni indivisibili della materia, le monadi sono atomi spirituali,
ovvero le frazioni indivisibili dello spirito e della percezione.
Le monadi sono indivisibili, come gli atomi, ma al contrario di questi
sono inestese, sono ovvero composte di sostanza spirituale e non di
sostanza materiale. Tutta la realtà è composta da un numero
infinito di monadi, una monade per ciascuna manifestazione minima della
realtà. In
questo modo lo spiritualismo di Leibniz giunge al culmine: le
unità semplici dello spirito, entro il quale tutto si manifesta,
compresa la "sensazione" che permette di percepire la materia
come consistenza, sono monadi, in quanto contengono una vis repraesentativa
("forza rappresentativa") non riducibile ad altre unità
minime. Proprio perché unità
minime, le monadi non ricevono dall'asterno alcuna percezione, ogni
monade è chiusa in sé stessa e perfettamente compiuta
in sé, ogni monade costituisce la visione della realtà
limitatamente a ciò che percepisce (la monade che consiste nella
percezione della felicità, ad esempio, percepisce il mondo come
felicità, quella della tristezza concepisce il mondo come pura
e infinita tristezza). La realtà è un'insieme infinito di monadi, le quali non sono unità materiali, ma spirituali. Il mondo si configura così come "un fatto" composto da percezioni spirituali, e non da materia concreta. "Ma
il concetto di un corpo non divisibile è per Leibniz contraddittorio.
La divisione, allora, è infinita; ma il suo risultato non
è lo zero, il niente, solo si abbandona il presupposto materialistico
e si ammette che i "veri" atomi della realtà non sono
realtà materiali, ma quella realtà immateriale che è
costituita dalle "forze rappresentative", cioè dalle
monadi. La monade è quindi il "limite" (nel senso
che questo termine possiede all'interno del calcolo infinitesimale,
che ha appunto Leibniz, assieme a Newton, il suo scopritore) della divisione
infinita dell'esteso" (E. Severino, La filosofia moderna). L'ammettere che le monadi avessero coscienza di sé, una coscienza autonoma rispetto a quella degli uomini, comportava il fatto di negare l'unità del pensiero umano, cosa fino ad allora mai teorizzata. All'uomo dunque sfuggivano tutta una parte di pensieri che avevano vita propria (le monadi rappresentano aspetti del mondo indipendentemente dalla volontà umana), come ribattere allora a coloro che sostenevano fosse impossibile che nulla di ciò che accade può sfuggire alla coscienza degli uomini? Leibniz affermò che esistono percezioni talmente piccole da sfuggire alla piena consapevolezza dell'uomo: lo dimostra l'assuefazione a certi suoni, percepiti ma non considerati, il fatto che anche nel sonno un suono venga percepito e ci faccia svegliare indicherebbe che i sensi sono sempre attivi ma che non sempre sono attenti per accorgersi di ciò che accade. La
percezione consapevole è chiamata da Leibniz appercezione,
mentre sotto il nome di piccole percezioni rientrano tutti quelli stati
di coscienza inconsapevoli ma ugualmente presenti. Queste
piccoli percezioni inconsapevoli sarebbero più importanti di
quanto sembri (una prima teorizzazione dei condizionamenti subliminali).
Sono le piccole percezioni che permettono di creare
gli stati d'animo, chiari nel loro insieme, ma confusi nelle loro parti.
Sono le piccole percezioni prodotte dalle singole monadi che danno significato
all'insieme della percezione cosciente.
Se
Cartesio aveva ipotizzato che la vita fosse solamente la conseguenza
di fattori meccanici, che la meccanica stessa avrebbe potuto, con
le dovute conoscenze, riprodurre un corpo umano in tutta la sua integrità
vitale, Leibniz sostiene che la struttura degli esseri biologici è
di gran lunga più complessa di quella di una macchina.
Mentre
le singole parti di una macchina sono prive di vita, gli organismi biologici
hanno in sé altri mondi viventi, composti da strutture viventi
sempre più piccole ("in una goccia d'acqua vi è
un giardino di piante", affermazione suggerita dalle prime
osservazioni al microscopio). Tutto,
nel mondo biologico, è vivo, tutte le entità biologiche
hanno in sé dei microcosmi di vita che replicano in miniatura
altri mondi di vita. Ogni essere vivente
possiede però un principio vitale (una monade) dominante, questo
principio dominante è l'anima. L'anima,
costituendo la realizzazione del fine ultimo, può essere considerata
come un'entelechia
(dal greco entelecheia, composto da eichein, "avere",
en-, "in" telos, "compimento"; ovvero, la compiuta realizzazione
del proprio fine, tutto ciò che trae giustificazione in modo
autonomo e indipendente, senza alcun apporto esterno). Entelechie
sono anche le sostanze semplici, le quali traggono autonomamente la
forza di esistere, non abbisognano di altri fattori se non la loro propria
esistenza (l'entelechia implica così una forma di perfezione
autosufficiente). Una volta compreso che la realtà si configura come un insieme infinito di monadi, ci si domanda come può questo insieme infinito di forze rappresentative diverse avere un certo ordine. E' infatti innegabile che la realtà non è caos, ma è manifestazioni di accadimenti che hanno pur sempre un ordine (al giorno succede la notte, al ricordo del passato succede la comprensione del presente, e così via). Le
monadi sono quindi in rapporto tra di loro, solo così la monade
che percepisce il giorno può percepire la notte come "sua
conseguenza". Leibniz presenta tre ipotesi sul reale meccanismo
che permette alle monadi di percepirsi e rapportarsi tra loro: 2. Seconda ipotesi: Il compito di rendere necessari i rapporti tra le monadi spetta a Dio, il quale decide caso per caso la possibilità di far apparire una certa monade dopo un'altra. Tale ipotesi è da scartare perché equivale a dire che l'onnipotenza divina ha lasciato che le monadi fossero in balia della possibilità di non sincronizzarsi tra loro, qualora Dio decidesse di non intervenire; 3. Terza ipotesi: la corrispondenza reale tra tutte le monadi è determinata fin dall'inizio da Dio, il quale ha creato con la realtà anche ogni corrispondenza passata, presente e futura. Tale ipotesi è quella più giusta, in quanto rende giustizia all'onnipotenza divina.
Posto che Dio sia l'Assoluto e abbia creato volontariamente tutte le cose, Egli non può aver creato un mondo imperfetto. L'ammettere che Dio abbia creato volontariamente un mondo imperfetto contrasta con il buon senso e la bontà del Creatore: se Dio ha creato il mondo lo ha creato come il migliore dei mondi possibili, ovvero ha creato ogni cosa al massimo delle sue possibilità. Questa visione, detta dell'ottimismo metafisico, ha come conseguenza che anche ciò che di male accade ha comunque una sua necessità e giustificazione nel grande disegno dell'esistenza. Dunque il mondo creato da Dio è il migliore tra quelli possibili, il corpo e l'anima sono sincronizzati al meglio in un progetto tanto complesso quanto perfetto, e tutto ciò dimostra che la perfezione divina permea tutto il cosmo nella sua necessità. Questa visione ottimistica verrà poi criticata ironicamente da Voltaire nel Candido, dove la figura del professor Pangloss è la parodia di Leibniz stesso.
Se da un lato Leibniz avverte l'esistenza di Dio sulla base della prova "a-priori" di Anselmo (a priori perché prova l'esistenza di Dio indipendentemente dai dati dell'esperienza), dall'altro, Leibniz è in grado di fornire un'ulteriore prova "a-posteriori" della sua esistenza, ovvero basata sull'esperienza concreta. Leibniz formula il principio di ragione sufficiente: nessuna cosa può essere vera o esistente senza che vi sia una ragione sufficiente del perché sia così e non altrimenti. Tale principio si applica sia alle "verità di ragione" che alle "verità di fatto". Le prime sono le verità in cui l'opposto è impossibile, perché contravverebbe alle regole del principio di non contraddizione (verità di ragione sono, ad esempio, i teoremi della geometria euclidea). Le seconde sono le verità concrete e contingenti (ovvero i fatti concreti che si realizzano), il cui opposto è possibile (è possibile, infatti, che io, da seduto, mi alzi in piedi). Applicando il principio di ragione sufficiente, Leibniz arriva ad affermare che la ragione ultima perché le cose sono fatte in un modo e non altrimenti è Dio, ovvero quell'essere che garantisce che le cose accadono in un certo modo e non in un altro. Proprio perché a fondamento delle verità di fatto, la realtà non è quindi regolata da un principio immanente e necessario, ma è creata volontariamente e liberamente da Dio, il quale avrebbe potuto creare infiniti altri mondi oltre a questo ("infiniti universi sono possibili nelle idee di Dio"). Ecco come tutta la realtà, la quale sarebbe contraddittoriamente vuota seguendo una logica rigorosamente meccanicistica, acquista pienezza e significato in forza della ragione ultima per cui le cose sono vive e animate, ovvero, Dio. |
Scheda
di Synt - ultimo aggiornamento 20-10-2004
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