Niccolò
Opere: La dotta ignoranza (1440), sua opera principale, Le congetture (1445), L'Idiota (1450), Il gioco della palla (1463). * Sommario 1. La dotta ignoranza: i limiti dell'intelletto umano 2. Conoscere è mettere in proporzione 3. La coincidenza degli opposti 4. Il ruolo dell'uomo e della teologia *
Ne
La dotta ignoranza Cusano afferma, rispolverando una massima
socratica, che "quanto meglio uno saprà che non si
può sapere, tanto più sarà dotto." La conoscenza che l'uomo si propone attraverso la ragione è un tentativo reiterato di cercare di misurare l'incommensurabile, è un tentativo di instaurare una proporzione fra il noto e l'ignoto. Questo tentativo è sempre graduale, del resto non si può conoscere direttamente l'intero ignoto senza una serie di tentativi successivi di avvicinamento. La
conoscenza si configura così come una caccia infinita alla verità,
la "preda" che continuamente viene inseguita ma che resta
sempre un passo avanti al cacciatore (ovvero all'intelletto e alla ragione
umana).
Cusano afferma che il processo di conoscenza tende a instaurare una proporzione tra ciò che già è saputo e ciò che si deve ancora sapere, una proporzione tra il noto e l'ignoto. Proprio per questo la conoscenza procede gradualmente nel sondare il buio dell'ignoto, grandi e improvvisi balzi in avanti non sono possibili, poiché non avremmo comunque basi solide per rapportare ciò che conosciamo all'enorme baratro nel non conosciuto: se non conosciamo quanto ancora ci è ignoto, impossibile conoscere quanto realmente conosciamo in un determinato momento, non abbiamo termini di paragone. L'uomo può solo fare piccoli passi alla volta verso la verità, il suo modo di conoscere le cose è analogo al metodo della matematica: le cose vengono messe in proporzione tra loro, dalle basi certe derivano le conoscenze prime, via via che il cammino si allontana dalle basi, il percorso si fa più difficile e le formule più complesse. Questa tendenza della conoscenza di procedere dal semplice al più complesso comporta la gradualità del processo cognitivo. Questo processo di evoluzione della conoscenza è infinito, la mente dell'uomo è come un poligono iscritto in un cerchio: anche aumentando indefinitivamente il numero dei lati, non coinciderà mai con la circonferenza (la verità ultima di Dio, unica, non interessata dalle proporzioni in quanto approdo ultimo che coincide con la totalità della conoscenza, è qualcosa che sfugge ai limiti concreti della mente umana. La verità di Dio non può essere ridotta in termini di conoscenza umana).
La conoscenza umana, come si è visto, si fonda su un principio di proporzione: l'uomo riconosce una cosa se è in grado di rapportarla a qualcosa di certo e di già conosciuto. Da questo si deduce che la conoscenza certa di Dio in tutte le sue qualità è impossibile proprio perché non ne possiamo comprendere il concetto finito e determinato. Ma
se l'infinito non è considerabile
per mezzo della pura ragione, tuttavia è intuibile: l'infinito
è l'unità di tutte le qualità, anche quelle opposte,
in quanto la perfezione assoluta e completa implica la sintesi suprema
di tutte le determinazioni, comprese quelle che si oppongono e si escludono.
Questa coincidenza degli opposti fa si che in Dio siano presenti tutti
i principi contrapposti che sono all'apparenza inconciliabili (in Dio
il principio di non contraddizione trova la sua soluzione).
Di
fronte all'impossibilità di definire in modo certo la natura
infinita di Dio, l'uomo diventa uno spettatore della Creazione, ma
non uno spettatore passivo. L'uomo è
il fine ultimo della Creazione, creato per riconoscere il valore divino
della Creazione stessa
(quasi una sorta di processo
teofanico). |
Scheda
di Synt - ultimo aggiornamento 07-10-2004
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