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Cenni
sul sistema aristotelico-tolemaico
Tolomeo
nacque nel II secolo d.C. ad Alessandria, in Egitto. La sua visione
del cosmo si intreccia con quella di Aristotele e costituirà
la versione cosmologica ufficiale durante tutto il medioevo.
Secondo il sistema aristotelico-tolemaico, la Terra era ferma al centro
di un universo sferico, i
cieli erano strati fisicamente solidi e tra uno e l'altro erano incastonati
i pianeti.
L'ultima sfera era detta delle stelle
fisse e costituiva il limite oltre al quale nulla esisteva se non
Dio (nella versione aristotelica del motore immobile che forniva il
movimento alle sfere). La
Terra, immobile, era costituita dai quattro elementi (aria, fuoco, terra
ed acqua) mentre le sfere erano costituite da un materiale perfetto
e incorruttibile.
Il
sistema Tolemaico era accettato dalla Chiesa in quanto permetteva di
salvaguardare l'importanza della dimora dell'uomo. La centralità
della Terra era quel principio fermissimo che, derivante dal senso comune
che vedeva gli astri e il sole girare attorno alla Terra e la superficie
rimanere ferma sotto i piedi dei suoi abitanti, rendeva la giusta centralità
a quella "Creazione Divina" che era la realtà
dell'uomo e della natura in cui era immerso.
NICOLA COPERNICO
(1473-1543)
Nicola
Copernico (nome latinizzato di Nikolaus Koppernigk) fu l'astronomo polacco
che con la sua nuova visione del cosmo (esposta nella De revolutionibus
orbium caelestium) cominciò a opporsi apertamente alla teoria
tolemaica sulla base di valutazioni relative al calcolo matematico.
Copernico notò che i calcoli necessari a prevedere con esattezza
la posizione degli astri erano molto complessi se riferiti al "geocentrismo"
tolemaico, mentre risultavano molto più semplificati se si accettava
invece una visione "eliocentrica".
Per Copernico non era la Terra ad essere immobile
al centro dell'universo (geocentrismo) ma era il Sole (eliocentrismo).
Il Sole era al centro dell'universo, immobile, attorno ad esso ruotavano
le sfere concentriche dei pianeti (attorno alla Terra ruotava la Luna).
Si noti che il suo modello non aveva abbandonato l'idea di un
universo sferico finito, limitato dall'ultimo cielo delle stelle fisse,
le orbite erano ancora rigidamente sferiche, ritenendo il moto circolare
la perfezione assoluta.
Si è detto giustamente che la teoria copernicana, pur non essendo
ai livelli delle teorie contemporanee e risentendo pur sempre di alcuni
pregiudizi legati all'ambiente scientifico del tempo, sia stata importante
come cambiamento radicale di mentalità: la
Terra perdeva la sua centralità fisica e metafisica allo stesso
tempo, iniziava allora un processo
di relativizzazione e ridimensionamento dell'aspirazione umana ad essere
unico centro dell'universo.
Da ricordare che Copernico,
per l'educazione religiosa ricevuta, non propose la sua teoria come
un qualcosa di corrispondente alla fisica e alla geometria reale dello
spazio, ma solo come ipotesi astratta atta a semplificare il calcolo
del movimento degli astri. Se questo può apparire strano nell'ottica
contemporanea, non lo era per il tempo. La sua stessa opera, il
De revolutionibus orbium caelestium,
pubblicata sul punto di morte, uscì con una prefazione del teologo
luterano Andrea Osiander, il quale ribadiva il carattere puramente strumentale
e matematico della teoria di Copernico, la quale non intendeva porre
la sua visione cosmologica come verità superiore a quella biblica.
La prefazione, in ogni modo, sembra non avesse avuto il benestare di
Copernico.
TYCHO
BRAHE
(1546-1601)
Nato in Danimarca, a Knudstrup, Tycho fu il promotore di una teoria
cosmologica che riportò al centro dell'universo la Terra in un
tentativo di conciliare la teoria tolemaica con quella copernicana.
Per Tycho la Terra era immobile al centro dell'universo,
il Sole e la Luna ruotavano attorno alla Terra e tutti i pianeti ruotavano
attorno al Sole con orbite circolari. Questa visione venne
esposta nella sua opera De mundi aetherei recentioribus phaenomenis,
pubblicato ne 1588.
Benché la sua teoria non rappresentasse una grande passo in avanti
per la definizione della geometria dell'universo, la sua importanza
nell'ambito della scienza astronomica è da ricondurre alla sua
opera instancabile di misurazione della posizione degli astri, capendo
l'importanza per la scienza moderna di effettuare un costante aggiornamento
e perfezionamento delle misurazioni osservate e non accontentarsi di
una considerazione puramente teorica dei sistemi.
Brahe fu in grande osservatore del cielo (cosa di grande rilevanza considerando
che fu un osservatore privo di telescopio, il quale venne inventato
più tardi). Il fatto che la sua fama non sia alla pari di quella
di Copernico è legato al giudizio che ne dà Galileo nel
suo Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo, il quale, pur
essendo un conoscitore dell'opera di Brahe, gli rimprovera di aver promosso
un sistema di comprensione dell'universo più complesso e laborioso
di quello Copernicano, nel tentativo fallito di conciliare la teoria
con l'antico sistema tolemaico.
Thyco,
facendo affidamento solo sull'osservazione empirica (ad occhio nudo)
del cielo, notò come le comete fossero oggetti che tagliavano
e attraversano le orbite dei pianeti, le quali, dunque, non potevano
essere materiali (ovvero non potevano corrispondere a delle sfere fisse
e concrete). Le orbite erano quindi traiettorie ideali seguite dai
pianeti in moto (considerazione più che mai rivoluzionaria
per l'astronomia del tempo).
Altra
importante considerazione di Thyco è quella legata alla qualità
ontologica dell'universo: notando che vi sono degli astri nel cielo
che appaiono e scompaiono, come fossero stelle che si accendono improvvisamente
e poi improvvisamente scompaiono (come le "supernove", ad
esempio), Thyco arriverà a concludere che
la sostanza dell'universo è identica a quella terrestre, poiché
le cose dell'universo sono soggette alla distruzione e alla generazione,
proprio come sulla Terra.
Infine,
Thyco arrivò a intuire che alcune orbite non sono circolari:
ad esempio, le orbite delle comete sono ovali, ovvero sono cerchi irregolari.
Pur non arrivando ad asserire l'ellitticità
delle orbite celesti, come fece Keplero, Thyco non poté quindi
affermare a livello assoluto la sfericità perfetta delle orbite
celesti.
GIOVANNI
KEPLERO
(1571-1630)
A
Giovanni Keplero si deve il definitivo abbandono dell'idea di sfericità
delle orbite. Keplero capì che le
orbite dei pianeti non sono dei cerchi perfetti bensì delle
ellissi, il sole, al centro dell'universo, ne costituisce uno
dei fuochi. Il moto della Terra e dei pianeti non era così
nemmeno più uniforme visto che rallentava ed accelerava rispettivamente
in prossimità dell'afelio (il punto più lontano dal
sole) e del perielio (il punto più vicino).
L'affermare che le orbite non fossero circolari (la perfezione assoluta
per gli antichi) equivaleva ancora una volta a smitizzare e
riportare ad una dimensione più reale ed empirica il cosmo
e le sue leggi.
Keplero,
nato a Stoccarda, fu aiutante di Thyco e poi suo successore nella
carica di astronomo imperiale. Nel Mysterium cosmographicum, pubblicato
nel 1597, egli afferma che vi è un codice matematico che sottende
ogni cosa, si avverte in quest'opera una forte influenza pitagorica,
una sorta di misticismo numerico che esprime l'armonia del cosmo attraverso
i rapporti aritmetici (si ricordi anche la sua opera Harmonices
mundi del 1619, ovvero "Le armonie del mondo).
Partendo
quindi dal presupposto che vi sia un'ordine nel cosmo, egli parte
da posizioni metafisiche, fino a giungere a vedere, nel rapporto che
sussiste tra il Sole, il cielo delle stelle fisse e lo spazio intermedio
a queste due dimensioni, una proiezione della Trinità divina.
Con
la pubblicazione dell'Astronomia nova (1609), Keplero fissa
i punti essenziali della sua visione del cosmo, la quale esprime un
rigore scientifico e matematico ben superiore rispetto ai due sistemi
precedenti, quello copernicano e quello di Thyco. Nell'Astronomia
nova vengono esposte le tre leggi di
Keplero:
1. Le orbite dei pianeti sono ellissi
e non cerchi perfetti: come si è detto, l'orbita degli
astri è per Keplero un'ellissi in cui il Sole costituisce uno
dei fuochi;
2.
La velocità orbitale di ciascun pianeta varia in relazione all'afelio
(il punto più lontano dal sole) e al perielio (il punto più
vicino):
questa regola è un'evidenza geometrica per chi volesse fare
un esperimento sull'ellissi. Quanto più il pianeta è
più vicino al sole più la velocità orbitale sarà
alta, più è lontano più sarà bassa;
3.
I quadrati dei periodi di rivoluzione dei pianeti sono nello stesso
rapporto dei cubi delle rispettive distanze dal Sole:
in altre parole, questa regola esprime la necessità geometrico
matematica della legge precedente.
Le
teorie di Keplero, pur non essendo precise quanto le incombenti teorie
di Newton,
esprimevano un primo tentativo di rendere certe e matematiche le leggi
dell'universo e di spiegare attraverso leggi di proporzione le forze
che permettevano agli astri contenuti nell'universo di mantenersi in
un certo equilibrio tra loro, in modo che tutto funzionasse similmente
a un grande orologio scandito da movimenti aritmetici e necessariamente
determinati.