Rothari, 204.

Fregio - Gustav Klimt


Nel diritto giustinianeo (528-534 d.C.), formalmente in vigore in Italia per il breve periodo dal 554 al 568, la donna aveva visto cadere molte delle limitazioni che l'antico diritto romano le imponeva: cessata la tutela su di lei, la donna poteva a sua volta essere tutrice e disporre dei suoi beni, ormai distinti da quelli del marito.
Questa normativa, che portava la donna verso una certa libertà, non era però gradita alla Chiesa, che ne ostacolò l'applicazione: la Chiesa di Roma parlava sì di uguaglianza tra i due sessi, ma più sul piano morale o spirituale che non su quello della vita effettiva, materiale ed economica. L'uomo doveva restare il caput mulieris, e la donna non poteva esercitare opera di magistero e neppure battezzare. Era stato per colpa di Eva che il peccato era entrato nel mondo e con esso la morte. Così scriveva Ugo di Chartres nel De Nuptis: «essa è causa del male, inizio della colpa, incitamento al peccato... è lei che sconvolge il giusto, inganna il sapiente, abbatte il forte».
La debolezza del sesso femminile imponeva quindi una custodia che già si applicava alle infantulae, mentre l'ideale di vita per la vedova sarebbe stato quello del ritiro monacale, onde sottrarla ad ogni tentazione del mondo. Anche nelle scuole le ragazze - che erano però ben poche - non dovevano mai essere accolte dove vi fossero allievi maschi (Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, vol XVIII, Constitutio Riculfi Suessionum episcopi).La libertà di cui la donna aveva goduto nell'ultimo periodo dell'impero romano veniva spesso indicata dalla Chiesa, non solo come esempio di decadenza dei costumi, ma come causa di decadenza dell'Impero stesso. Anche se la Madre di Dio veniva venerata negli altari, la condizione della donna nell'altomedioevo era molto peggiorata.

La dominazione bizantina nel nord Italia terminò con l'invasione longobarda del 568.....
La società longobarda era una società di guerrieri. Nelle antiche consuetudini germaniche la donna non poteva godere di diritti come l'uomo proprio perchè non era adatta a portare le armi.... Durante il Regno longobardo, in applicazione del principio di personalità del diritto, le popolazioni romane continuarono a vivere secondo il diritto romano volgare che richiedeva, per la validità del matrimonio, il consenso esplicito dei due nubendi. Mentre per gli usi Longobardi le donne non erano soggetto di diritti, ma solo oggetto di diritti altrui. L'accordo per il matrimonio avveniva tra colui che aveva il “mundio” (la tutela) sulla donna e la famiglia del marito. Si trattava della cessione di un mezzo di produzione, per il quale era logico che si pagasse un compenso. Mentre i romani conoscevano la dote, cioè un complesso di beni che la donna portava nel matrimonio per collaborare col marito all'andamento della famiglia e per garantire a sé stessa un mezzo di sussistenza in caso di scioglimento del matrimonio, presso i longobardi la moglie veniva originariamente acquistata.
L'Edictus Rothari (del 643 d.C.), cap. 204, prescriveva: «A nessuna donna libera, vivente nel nostro regno secondo la legge longobarda, sia lecito agire secondo la propria volontà, ma essa sia sempre sottoposta alla potestà di un uomo della famiglia, o, mancando questi, al Re…». Il "mundoaldo" (tutore) della donna poteva essere il padre, il marito, un fratello, perfino il figlio stesso, dato che, una volta sposata, la sua condizione non migliorava. Essa non poteva nè donare nè vendere alcunchè dei suoi beni, sia mobili che immobili, senza il consenso di colui che aveva il mundio (in genere il marito) su di lei; non solo, ma l'eventuale atto doveva svolgersi alla presenza di parenti destinati ad accertare che non avesse subito violenze atte ad influenzarla e che agisse di sua spontanea volontà.

La donna longobarda riceveva un dono, il "morgengab", il dono del mattino, che le veniva offerto dopo la prima notte di nozze, come “praetium pudicitiae" o "praetium verginitatis”, ma i due coniugi erano visti su piani del tutto differenti. Perfino nell'ipotesi di uxoricidio: se commesso dalla moglie, c'era la condanna a morte, mentre se commesso dal marito, comportava il pagamento di 1200 soldi alla famiglia della defunta, ma solo a condizione che la donna «non meritasse di morire». Se il marito avesse ucciso la moglie sorpresa in flagrante adulterio, non avrebbe pagato nulla...
Inoltre il marito aveva un ampio potere correttivo sulla moglie. Nel IX secolo Rabano Mauro, arcivescovo di Magonza, rispondendo a un quesito che gli era stato posto circa un eccesso di correzione scriveva: «mi è stato richiesto quale pena deve subire colui che, frustando la propria moglie, ha provocato la morte per aborto dei suoi due figli, in modo che questi non poterono ottenere la grazia del battesimo.... È evidente che egli è incorso nel reato di omicidio...». Quindi poteva essere punito per omicidio (anche se del tutto involontario) dei figli non nati, perchè era grave che costoro non avessero ricevuto il battesimo; ma non una parola circa la correzione inflitta alla moglie: essa era del marito che poteva punirla come voleva... Eppure negli sponsali il futuro marito prometteva di «venerarla come moglie e vivere con lei una vita quieta e di non trattarla ingiustamente .... e di non batterla senza colpa», ma restava da capire quale fosse la colpa per cui la donna poteva essere picchiata e chi dovesse esserne il giudice. Forse non era un problema: era ovvio che fosse il marito a decidere.

La posizione della donna era sfavorevole anche nella successione, dato che il patrimonio doveva di preferenza restare ai maschi continuatori della famiglia: la donna longobarda doveva accontentarsi del faderfio e del corredo, così come la romana doveva essere soddisfatta della dote ricevuta in caso di matrimonio o di monacazione. Col ritorno alla territorialità del diritto, i principi germanici in questa materia finirono per prevalere su quelli romani perchè furono accolti sia negli statuti comunali, per interessi politici ed economici, sia nella consuetudine familiare che mirava sempre più a identificare la famiglia nei maschi.

Barni - Fasoli
L'Italia nell'alto medioevo - III° volume: società e costume - UTET


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