Scrittrice di culto, considerata tra i più grandi autori di trame "noir" di questo secolo, Patricia Highsmith è nata nel Texas nel 1921 ed è morta nel '95. Aveva tra i suoi ammiratori Graham Greene, che coniò per lei la definizione di "poeta dell'apprensione". I suoi romanzi non ruotano intorno a assassini da svelare - come avviene per esempio nei libri di Agatha Christie - o a misteri in attesa di una soluzione: l'omicida è quasi sempre dichiarato e alla scrittura spetta indagarne la psicologia affinché il lettore si identifichi con le tortuosità di una mente assassina. Nessuno come la Highsmith ha saputo condire il suo "noir" con il senso di colpa, la paura, l'angoscia, il dubbio, sentimenti che fanno di questi intrecci tasselli della letteratura "alta" piuttosto che ennesimi capitoli di un genere votato al puro intrattenimento. Il primo romanzo della Highsmith venne pubblicato in Italia da Bompiani nel '54 con il titolo "Sconosciuti in treno", tre anni dopo che Hitchcock ne aveva tratto la trama del suo film "L'altro uomo" ("Delitto per delitto"). Da allora sono stati molti i suoi titoli tradotti in italiano (presso Bompiani, ma anche dalla Tartaruga il bellissimo "Piccoli racconti di misoginia") e i cineasti - Wim Wenders con "L'amico americano", tra gli altri - hanno spesso guardato ai suoi intrecci. Che sempre hanno insistito sulla "crime story" senza mai deviare nel "mistery" o nel poliziesco: estraneità sessuale tra uomini e donne, violenze insensate all'interno di tranquilli ménage emblematici del sogno americano, efferati delitti in placidi quanto ambigui interni borghesi: questi gli ingredienti. L'America non la amava, non tollerava il suo radicalismo politico né la sua ironia; così la Highsmith emigrò nel Canton Ticino e lì elaborò quelle trame che l'hanno resa molto più popolare in Europa di quanto non lo sia mai stata nel suo paese d'origine.
Ivan Controneo - dalla pagina delle recensioni del "Manifesto"
«At no Time», Roberto Di Marino, clicca qui se vuoi leggere lo spartito
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