Il libro delle donne malvage

Donna croata con mele - Mucha


Prima della cristianizzazione, in molti paesi slavi le donne spesso hanno goduto del privilegio della scelta dello sposo e, più spesso ancora, della libertà di disporre di sé prima del matrimonio. Riferiva nel X secolo Ibn Ya'qub: «Quando una giovane si innamora di un uomo va alla casa di lui per soddisfare il proprio desiderio. E quando un uomo, sposata una fanciulla, la trova vergine, le dice: “Se alcunché di buono ci fosse in te gli uomini ti avrebbero voluta e di certo ti saresti recata da qualcuno che ti prendesse la verginità”. Indi la ripudia e se ne sbarazza». Se la cristianizzazione rappresentò per gli slavi, a partire dal IX e X secolo, un autentico progresso in quasi ogni settore (...) non è altrettanto certo che la Chiesa abbia favorito le donne. I missionari, disposti a tutto per ridurre l'esercizio della poligamia, avevano innanzitutto messo avanti la nozione di peccato. Dal momento in cui la verginità venne affermata quale segno di purezza, la libertà delle fanciulle prima del matrimonio era destinata a scemare. Nell'ordine feudale di lì a poco instauratosi, laddove il gioco delle alleanze matrimoniali sarebbe divenuto al contempo strategia politica e strumento del prestigio nobiliare, l'illibatezza della sposa attestava l'onestà della famiglia e la qualità dello scambio. Al fine di conformare il mondo ai propri intendimenti, i preti propagarono un'immagine il più delle volte assai negativa della donna, facendosi forti della tradizione cristiana del peccato originale e della sua cagione.

Nel XII secolo l'arcivescovo Nifont di Novgorod poneva una questione di principio: “La donna è in sé malvagia?” Un secolo più tardi, sulla falsariga di questa domanda-risposta, i lettori russi potevano già abbeverarsi a una letteratura antifemminista selezionata dai monaci all'interno della produzione bizantina. Facile intuire che cosa abbia rappresentato quel “filtro ecclesiastico” che si pose a intermediario tra Bisanzio e il mondo slavo. Di conseguenza, l'idea monastica della donna - causa della caduta dell'uomo, creatura del peccato e minaccia alla salvezza - non poteva non ripercuotersi nelle raccolte di proverbi e adagi che, specie in Russia, tanto peso ebbero sulle connotazioni della mentalità collettiva. “Un uomo è pur sempre migliore di una donna buona”; “non avere una donna come amica”, oppure “chi guarda la donna pecca”, sono sentenze che una celebre crestomazia tradotta dal greco nel XIII secolo - “L'ape” - riporta con la massima disinvoltura E fino al secolo XVII si pubblicarono con regolarità compilazioni del tipo “Il libro delle donne malvage o le conversazioni tra padre e figlio, tratte dalle opere dei Saggi, Padri e Filosofi”, in cui le femmine sono leonesse, serpenti o vipere. A queste figure di donne demoniache la Chiesa contrapponeva l'immagine di una donna pentita e ubbidiente, sottomessa a Dio e al marito, suo “signore e padrone”.

Francis Conte - Gli slavi. Le civiltà dell'Europa centrale e orientale.


«Preludietto», Roberto Di Marino, clicca qui se vuoi leggere lo spartito


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