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Modulo 3      L'identità in rete

La lezione di Giobbe

Il libro di Giobbe è il confronto di Giobbe con i "consolatori molesti" che gli sono vicini, ma che paradossalmente non ne riconoscono l'identità. Giobbe è portato ad essere un uomo comune e non sé stesso. L'uomo in generale, attraverso Giobbe, viene, però, spogliato, scarnificato in tutto ciò che lo rende "in generale": gli vengono tolti i beni, i figli, la posizione sociale, il corpo. Giobbe viene ridotto ad una pura voce. Sarebbe un niente, oggi si potrebbe dire, viene de-identificato. Eppure la voce Giobbe la conserva. Pur non essendo più nulla, Giobbe continua a domandare e con insistenza: "Perché?". Ma chi è Giobbe? E' forse colui che ha moglie, figli e beni? No. Giobbe è una singolarità che, avendo perso tutti gli attributi della generalità cui era apparentabile ed in cui era riconoscibile, nonostante tutto continua a domandarsi: "Perché?"

Dal Cogito Ergo Sum, al Patior Ergo Sum.

 Giobbe vuole essere riconosciuto nella sua singolarità, vuole essere colto in fragrante in ciò che è. Giobbe vuole la sua identità. Secondo il modo di Cartesio, io sono in quanto penso, eppure si può sempre dire che ci sia qualcuno a pensare in me. Ma se invece dico che soffro, sono io che soffro e non tu, né tanto meno un altro che in me soffra per me. E nessuno riuscirà a convincermi del contrario. Giobbe vuole essere riconosciuto, vuole essere un individuo e non un catalogo di di parametri di genere come uomo, vecchio, sposato. Ed è proprio Dio che compie in Giobbe il riconoscimento, grazie al tramite del dolore che spoglia l'uomo dei suoi attributi e permette di ri-conoscerlo nella sua nullità, paradossalmente. Giobbe transita dall'essere uomo comune all'essere uomo specifico. Dio riconosce il transito, ammettendo l'esistenza della singolarità in cui il transito è esitato.

L'identità è un processo che nasce a due e che si porta a compimento attraverso un transito comune. (G. Limone, Il sacro come la contraddizione rubata, Jovene, Napoli, 2000)

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