Chiusa l'epoca del tram ai Castelli Romani, la STEFER concentra gli sforzi dei suoi ultimi anni al potenziamento dei servizi urbani di Roma

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GLI ULTIMI ANNI DELLA STEFER

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   Per l'esercizio dei servizi tranviari urbani la STEFER acquistò nel 1952 una serie di 8 motrici articolate, derivate dalle "Urbinati" della serie "400" nel principio dell'articolazione ma analoghe alle stesse articolate che da circa quattro anni fanno servizio sulla rete ATAC, che vengono immatricolate "501-508" e che sono, come detto, gli ultimi tram nuovi entrati in servizio alla STEFER. La sola differenza tra motrici ATAC  e STEFER, oltre ad alcuni piccoli particolari, il colore bianco e azzurro e il pantografo caratteristici della seconda.

   Per quanto riguarda i rotabili extraurbani all'inizio degli anni '50 risultano in servizio tre sole motrici a due piani delle 12 originarie (qui comprendendo anche i rimorchi che vennero in seguito motorizzati), ovvero le 42, 48 e 49 (ex 11, 17 e 18), l'ultima delle quali (la 42), sarebbe stata demolita nel 1958 al deposito di Marino S. Giuseppe. Questo dato che viene riferito concordemente da altri non è però esatto dal momento che una di queste motrici fu utilizzata per la lavorazione del film "Totò e Marcellino", girato proprio nel 1958, laddove il ladruncolo da quattro soldi (Totò), utilizza il vecchio tram a due piani come abitazione (spassosa la scena in cui Totò utilizza la leva di trazione a mò di macinino per il caffè). In alcune sequenze girate all'interno del tram si distingue chiaramente il numero della vettura (49), dipinto su una delle placchette bianche che si usavano allora per apporre all'interno delle vetture il numero d'esercizio. La vettura fu concessa in uso gratuito dalla STEFER e trasportata, priva di carrelli e di pantografo, accanto ai ruderi delle ex vetrerie della via Ostiense, e ivi demolita poco tempo dopo la fine della lavorazione del film.

   Sempre all'inizio degli anni '50 mancano all'appello alcune motrici a due assi della serie "7-14", le piccole napoletane, probabilmente quelle più danneggiate dagli eventi bellici e per le quali non si ritenne produttivo provvedere la riparazione; dopo le soppressioni del 1954 tutto il gruppo fu ritirato dal servizio e le sole motrici 10 e 11 continuarono ad essere utilizzate fino ai primi anni '60 come motrici di servizio. I rimorchi napoletani (serie "113-120"), vennero di fatto ritirati dopo il 1954 ma alcuni furono utilizzati per attrezzare un carro pianale (117), un carro serbatoio (118), un carro per il diserbamento della linea (119), e un carro scala (120). Le motrici furono demolite prima del 1970, mentre i rimorchi modificati finirono i loro giorni all'ex capolinea delle Capannelle con la sola eccezione del 119, oggi conservato a cura di un privato in un terreno di sua proprietà. 

   Sempre per lo stesso motivo dei danni, e comunque col criterio di ritirare dal servizio il materiale più antiquato e meno capiente, nello stesso periodo solo alcune delle due assi della serie "30-37" vengono ancora utilizzate sui servizi locali dei Castelli (i rimorchi "105-112" risultanto accantonati già dagli anni '30), ma già dal 1956 troviamo le sole motrici "37" e "38" al traino, rispettivamente, del carro scala ex rimorchio "120" e del carro diserbante ex rimorchio "119". Nello stesso periodo vengono ritirati, inoltre, i rimorchi della piccola serie a due assi "201-212", utilizzati principalmente al seguito delle vetture a due piani e delle motrici della serie "60".

   I successivi accantonamenti non seguono un criterio logico ma sembrano operati in ragione della convenienza a mantenere o meno in servizio il materiale rotabile: l'accoppiamento tra motrici e rimorchi, ad esempio, non seguiva più la regola tipo "80+280", "94+294", ed è verosimile che il progressivo accantonamento dei rotabili non più adatti al servizio, e per i quali non si riteneva conveniente l'onere della riparazione, sia all'origine di quei convogli che apparivano formati, ad esempio, da una motrice "70" e da un rimorchio "290". Ed infatti lunghe file di rotabili di vario tipo in disarmo iniziarono a comparire sui binari di raddoppio del capolinea di Capannelle, oltre che sulle tratte della rete extraurbana già chiuse. Dopo le soppressioni del 1962 il servizio lungo la Capannelle-Genzano fu disimpegnato col materiale a carrelli serie "80" e "90", mentre due motrici delle serie precedenti, la "70" e la "64", rimasero in ordine di marcia per servizi di tipo ausiliario.

   Quest''ultima linea extraurbana, la Capannelle-Genzano, rimase in esercizio per circa 3 anni e fu al centro di un episodio che merita di essere riferito. Nel gennaio del 1964, esattamente un anno prima della chiusura, il crollo del viadotto della Catena, subito dopo Ariccia, interrompe la linea e impone la limitazione del servizio a Galloro. La stampa dell'epoca, nel riferire dell'evento, già annuncia la definitiva chiusura della tranvia almeno nel tratto successivo al viadotto crollato, ed in effetti sarebbe stato logico aspettarselo, anche se da più parti si chiede la definitiva cessazione dell'intero servizio extraurbano, ma ai primi di settembre, a ricostruzione avvenuta, si provvede anche all'armamento di un nuovo binario cosicché il tram torna a raggiungere Genzano dal 14 ottobre. Sul perché si ripristinò il binario sarà difficile dare una risposta convincente dal momento che soltanto due mesi dopo anche la Capannelle-Genzano cessa di funzionare (3 gennaio 1965). Alla sua chiusura segue l'accantonamento di tutto il materiale extraurbano ancora in servizio, più che altro al capolinea delle Capannelle, in parte nei depositi di via Appia e Marino, e si mantengono in ordine di marcia, per servizi di tipo ausiliario, le sole motrici "64", "70" e "82".

   Le due penetrazioni urbane per Capannelle e Cinecittà sopravvivono alla rete extraurbana ancora per una quindicina d'anni. Alla concentrazione dell'attività aziendale al solo servizio urbano, tuttavia, sono già iniziati i lavori di costruzione della linea "A" della metropolitana, e la prospettiva di dover chiudere all'esercizio anche queste ultime tratte della rete comporta una progressiva economicizzazione nella manutenzione di materiali e impianti e rigide economie d'esercizio: il potenziamento del servizio sulla linea di Cinecittà, a sempre maggiore traffico per l'espansione edilizia lungo la via Tuscolana, viene effettuato infatti attraverso motrici dismesse da altre aziende. La STEFER acquista nella prima metà degli anni '60 sei motrici provenienti dall'ACEGAT di Trieste (serie "443-448"), e quattro provenienti dall'ACT di Bologna ("201", "210", "218", "228"), rispettivamente nel 1963 e nel 1964, mentre nel 1966 passano dall'ATAC alla STEFER sei delle 50 articolate MATER ottenute negli anni '30 dalla ricostruzione di precedente materiale a due assi (vetture "5003", "5013", "5025", "5029", "5047", "5085"); salvo queste ultime, che vengono ritirate nel 1972 per essere giunte ad un livello di usura più che estremo, con questo materiale usato, che fece servizio in promiscuità coi tram a suo tempo acquistati allo scopo, le due linee urbane andarono avanti fino alla fine.

   Nei progetti della STEFER c'era anche l'acquisizione di un gruppo di MRS ATAC del- la prima serie (con la 2063 tenuta nel deposito di via Appia per qualche tempo, a scopo di collaudo), ma per l'apertura della linea 30 (nel 1975), tutte le vetture tranviarie ATAC furono richiamate in servizio, e non se ne fece più nulla.

   Le due linee sopravvissero al furore antitranviario degli anni '60 forse solo per la prospettiva di una chiusura più o meno imminente, e l'avversione alla rotaia che portò allo smantellamento quasi totale della rete urbana nel giro di soli 15 anni non permise il prolungamento delle stesse ancora più all'interno della città. Questo almeno stando alla testimonianza di un ex tranviere della STEFER, oggi purtroppo passato nel mondo dei più, che riferì a chi scrive la voce secondo cui si pensava di sopprimere già dagli anni '60 la tratta piazza Cantù-Capannelle, caratterizzata da un traffico viaggiatori alquanto scarso, in favore di una linea che da largo dei Colli Albani avrebbe potuto spingersi fino a Porta San Paolo utilizzando gli impianti di via Cavour e via degli Annibaldi (definitivamente abbandonati nel 1976, dopo la deviazione del tram 13 per via Labicana), per ricongiungersi alla tratta ancora esistente dal Colosseo a Piramide. Il collegamento soppresso sarebbe stato assicurato dai bus A1 e A2, che si ritenevano già da allora sufficienti allo smaltimento della domanda.

   Come che sia solo il tram in sede propria, pur se coadiuvato da ben sei linee di autobus sullo stesso itinerario, consente di smaltire l'enorme domanda di trasporto lungo i quartieri Tuscolano e Don Bosco, ma il servizio della fondamentale Termini-Cinecittà viene in parte inficiato dalle esigenze della metropolitana, i cui lavori misero in ginocchio per molti anni l'intera zona. Primo atto è l'arretramento del capolinea di fronte agli stabilimenti di Cinecittà alla piazza omonima, dove viene realizzato un anello d'inversione che ne segue l'intero perimetro: i tram si attestano dove oggi è ubicato il capolinea degli autobus dell'ATAC ma per sopperire in parte al disagio l'autobus T4 (Stz Termini-Piazza Cinecittà), viene prolungato ad un capolinea provvisorio nei pressi degli stabilimenti cinematografici.

   I cantieri di piazza San Giovanni e via Appia Nuova, poi, impongono l'istradamento dei servizi tranviari su di un nuovo itinerario: da piazza dei Re di Roma, quindi, la STEFER utilizza dapprima gli impianti abbandonati dall'ATAC  a seguito della trasformazione del "9" in autobus (quelli allora esistenti in via Nola e via Monza), e raccordandosi al percorso della ex circolare in P.za S. Croce in Gerusalemme costruisce un doppio binario in via S. Croce in Gerusalemme, utilizzando rotaie recuperate dalla demolizione degli impianti dei Castelli Romani degne di un museo. Il solo autobus T2 segue il nuovo percorso del tram, mentre le linee T1, T3 e T3 rosso, assieme ad A1 e A2, integrative della Termini-Capannelle, vengono eventualmente deviate, se necessario, per via Magna Grecia, P.za Tuscolo e via Cerveteri fino a P.za dei Re di Roma.

 
 

I cantieri per la costruzione della linea A della metropolitana, un immagine che da un idea dello sconvolgimento operato nei quartieri Appio e Tuscolano.

 
   
  (Foto: Nardi)  
 

   Sempre utilizzando rotaie recuperate si deve successivamente armare un doppio binario parallelo alla Tuscolana, nel tratto da Porta Furba a P.za di Cinecittà: i tram vengono deviati per via S. Maria del Buonconsiglio e largo dei Quintili, da dove seguono il nuovo itinerario di viale dei Consoli, via S. Giovanni Bosco, viale dei Salesiani e via Orazio Pulvillo, fino ad attestarsi ad un nuovo capolinea, sempre in piazza di Cinecittà, costruito dirimpetto agli ingressi della X circoscrizione ed in posizione opposta al precedente. Nei limiti del possibile gli autobus vengono mantenuti sull'itinerario di via Tuscolana, tuttalpiù operando solo momentanee deviazioni.

   Il 4 aprile 1976 la Società delle Tranvie e delle Ferrovie Elettriche di Roma cessa di esistere per l'entrata in vigore della riforma del trasporto pubblico regionale: nasce ufficialmente il consorzio A.CO.TRA.L., che assume l'intero trasporto pubblico del Lazio con l'unica eccezione dell'ATAC di Roma. Quest'ultima assume l'esercizio delle sole linee su gomma, assorbendo quasi l'intero parco di oltre 150 autobus di vario tipo. Le linee sono rinumerate secondo lo schema delle tre cifre origine-desti- nazione ATAC, gli autobus vengono immatricolati anteponendo la cifra 9 ai numeri di esercizio a tre cifre.

   "L'esercizio dei tronchi tramviari Roma (Termini)-Capannelle e Roma (Termini)-Cinecittà, che assolvono a finalità di trasporto urbano" stabilisce la Legge Regionale 14 LUGLIO 1976, N.34", viene proseguito, in via precaria a decorrere dal 1 luglio 1976, dal Consorzio e, per esso, dall'Azienda consortile trasporti laziali e verrà attribuito in concessione, entro la data indicata nel secondo comma dell'art. 1 della presente legge, per effetto delle determinazioni che l'Amministrazione regionale adotterà ai sensi del testo unico 9 maggio 1912, n.1447 e successive modificazioni ed integrazioni."

 
 

L'ultima partenza della linea Termini-Capannelle dal capolinea dell'Ippodromo, alla mezza-notte del 1 luglio 1978

 
   
     
 

   Nel 1978, il 1 luglio, viene soppressa la linea di Capannelle, caratterizzata da un traffico talmente scarso da far ritenere sufficiente il servizio dei bus 161 (ex A1), e 162 (ex A2), ancora attestati alla stz Termini e diretti a via Menofilo e P.za Rosarno. Il personale in eccedenza, a turni di servizio soppresso, viene inviato all'addestramento relativo alla guida della metropolitana. La tratta da P.za Cesare Cantù a Capannelle, tuttavia, venne utilizzata ancora per qualche tempo, allo scopo di raggiungere l'ex capolinea dell'Ippodromo, da anni relegato al ruolo di deposito del materiale accantonato, dove vengono trasferiti gli ultimi rotabili da demolire, finché l'assenza di manutenzione e la tendenza ad invadere la sede con la sosta non rendono gli impianti del tutto inservibili.

   Alla chiusura della tranvia per Capannelle segue il ritiro delle motrici provenienti da Bologna e Trieste, che non furono tuttavia radiate e rimasero in perfetto ordine di marcia nel deposito dell'Alberone, ed il servizio sulla linea di Cinecittà fu disimpegnato con le 16 articolate serie "400" e "500" e con le 20 MRS "300" e "320". Le motrici bolognesi, invero, erano pochissimo utilizzate già dal 1972, tanto che già dal 1977 una delle quattro era stata restituita a Bologna a scopo museale.

   Un anno e mezzo dopo, il 15 febbraio del 1980, al completamento dei lavori della linea "A" della metropolitana anche la tranvia di Cinecittà viene chiusa all'esercizio: l'ultima corsa partì alle 11,58 dal capolinea di piazza Cinecittà, effettuata dall'articolata 501, accompagnata da molti irriducibili appassionati che seguirono il tram fino al suo ultimo rientro al deposito di via Appia.  Negli ultimi 15 giorni di ser- vizio (1-15 febbraio), il servizio tranviario fu svolto soltanto al mattino, con ultime partenze attorno a mezzogiorno da entrambi i capilinea, dovendosi provvedere con la massima sollecitudine all'addestramento del personale alla guida dei nuovi con- vogli della metropolitana.

   Nel pomeriggio il servizio fu svolto dagli autobus delle linee passate da STEFER a ATAC opportunamente potenziati, linee che sono soppresse il giorno dopo, all'entrata in funzione della metropolitana. Le due linee 161 e 162, invece, vengono attestate alla stazione dei Colli Albani e sono ridenominate 663 e 664.

   La storia della rete tranviaria STEFER dei Castelli Romani finisce con l'esercizio di quest'ultima corsa: verso le 13:30, però, per l'appassionata intermediazione del sig. Giuseppe De Grisantis e il favore del dott. Angelo Curci, l'A.CO.TRA.L. concesse ad un gruppo di appassionati l'uso della motrice articolata "405", che effettuò due corse nostalgiche sulla tratta Termini-Cinecittà (vedi la foto ricordo qui in basso). La tratta Termini-Cinecittà è definitivamente disabilitata ad ogni tipo di esercizio alle 15:56, quando viene staccata la corrente che alimenta la linea di contatto.

 
 

L'articolata Stanga 501 effettuò le ultime due corse dell'ultima linea urbana della rete ex Stefer dei Castelli Romani. Sul muso del tram il cartello recita: ADDIO TRAMVIA CASTELLI ROMANI - 15 febbraio 1980 - Ultima corsa dell'ultima linea urbana Termini-Cinecittà. Nella foto a seguire, foto ricordo per gli appassionati che utilizzarono l'articola ta 405 per un giro nostalgico.

 
   
     
   
     
 

   Alla definitiva cessazione del servizio i tram furono tutti accantonati all'interno del deposito di via Appia Nuova, in attesa di decisioni relative ad un loro futuro quanto improbabile utilizzo. Tutto il materiale avrebbe potuto essere utilizzato immediatamente e senza (o quasi), problemi, e proprio all'epoca l'ATAC avrebbe avuto particolarmente bisogno delle 20 motrici MRS "300" e "320" per sostituire quelle della prima serie (2001-2063), le cui casse in legno erano arrivate ad un livello di usura ben più che estremo, lontano ancora che era l'acquisto delle SOCIMI della serie "9000". Le cose, però, non andarono come più di qualcuno forse si aspettava. L'unica differenza sostanziale tra le MRS dell'ATAC  e quelle della STEFER era l'equipaggiamento elettrico, CGE (Compagnia Generale di Elettricità), per le prime, TIBB (Tecnomasio Italiano Brown Boweri), per le seconde: l'obiezione che l'ATAC non intendesse introdurre un nuovo tipo di equipaggiamento elettrico appare una stupida scusa, e anche l'ipotesi che la spesa non fosse produttiva (si trattava comunque di materiale vecchio di quasi mezzo secolo), è ben poco credibile, dal momento che forti somme di denaro pubblico, delle quali mai nessuno ha mai chiesto ragione all'azienda municipale, si stavano allora spendendo per un programma di ammodernamento delle MRS, perfino quelle di prima serie, che finirono quasi tutte alla demolizione già all'arrivo delle SOCIMI. 

   Per quanto riguarda le motrici "Urbinati" qualsiasi ipotesi di recupero fu subito scartata in quanto questi tram avevano il controller di avviamento a pedale in luogo dell'usuale a manovella, una disposizione che l'ATAC introdusse soltanto nella prima articolata "7001" del 1941 (che andò distrutta sotto i bombardamenti del 1943), rifiutandola in seguito per la riluttanza dei tranvieri ad accettare la guida a sinistra, e per di più perennemente seduti. Anche qui ci troviamo di fronte a materiale vecchio e usurato, tra l'altro malridotto come le MRS per la scarsa manutenzione cui abbiamo accennato, ma chi scrive ritiene che queste vetture avrebbero potuto prestare un ottimo servizio per almeno una ventina d'anni, e che la spesa per la modifica del controller sarebbe stata più che conveniente.

   Le uniche motrici che passarono all'ATAC furono le articolate serie "500", in parte ancora oggi in servizio e riconoscibili perchè numerate a seguito delle "7000" originali, ovvero da "7101" a "7115" (solo numeri dispari). Queste articolate erano praticamente identiche a quelle dell'ATAC (salvo il pantografo e il colore esterno), ma presentavano l'equipaggiamento elettrico del TIBB che avrebbe determinato la decisione di non recuperare le MRS, equipaggiamento che - salvo recenti modifiche - queste vetture hanno mantenuto nonostante la ricostruzione effettuata nelle officine "Viberti", e che hanno comunque sempre avuto le articolate della originaria serie "7000", entrate in servizio tra il 1948 e il 1950.

   I rimanenti tram del parco ex STEFER (20 MRS; 12 articolate "Urbinati"; 6 motrici triestine ex ACEGAT; 4 motrici bolognesi ex ATM; tre motrici extraurbane della ex rete dei Castelli), rimasero accantonati in deposito per circa 12 anni, con l'eccezione della Ur- binati 404, che fu utilizzata per una mostra sui trasporti tenutasi al Colosseo nel 1984, e poi accantonata presso il deposito-offici- na della metro A di Osteria del Curato.

 
  Motrici MRS "300" e "320", ormai in disuso, nel 1984.  
   
  (Enrico Mittiga - dal sito www.graf.tv)  
 

   Nella seconda metà degli anni '80 furono prelevate dal deposito due motrici "triestine" e una "bolognese", tornate ai comuni di provenienza a scopo museale, quindi nel 1992 gran parte del parco fu mandato alla demolizione con alcune eccezioni:

   - motrice extraurbana 82 - restaurata, viene esposta quale monumento alla stazione Anagnina della metro A;

   - motrici MRS 302, 312, 321, 323 - la 312 e la 321 sono tuttora accantonate al deposito ATAC di Grottarossa, le altre due sono passate di proprietà dell'AMIT (Associazione Museo Italiano dei Trasporti).

   - motrici Urbinati 401, 402, 404 - la 401, in condizioni sempre più disastrose (tra l'altro col frontale incidentato), si trova al momento al deposito ATAC di Grottarossa, la 402, salvata ad opera dell'AMIT, è stata restaurata ed è esposta nei pressi di Roma, ad opera di un privato, la 404, anch'essa restaurata, è stata esposta al Parco Museo di Porta San Paolo (capolinea Ferrovia-Roma-Lido);

   - motrici bolognesi: la  201 è accantonata al deposito ATAC di Grottarossa, le altre sono state restituite al Comune di Bologna.

   - motrici triestine; 447 conservata a cura dell'AMIT, 448 conservata presso il de- posito ATAC di Grottarossa: 445-446 restituite al Comune di Trieste.

   - motrici extraurbane 64, 70 - la 64 è stata inopinatamente demolita alla fine di dicembre 2005, la 70 è in corso di restauro per essere esposta al Parco Museo di Porta San Paolo.

 

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