E l'autobus prese ben presto il sopravvento sul vecchio e malandato tranvetto, molto non volendoci a sostituire quei
convogli lenti e malandati con autocorriere efficienti e veloci,
che potevano non soltanto fermarsi dove era davvero necessario (lo
faceva anche il tram, come abbiamo visto), ma anche adattare il
proprio percorso alla bisogna senza troppi problemi. La presenza
dei mezzi gommati divenne già dai primi anni '50 una costante del
panorama tranviario dei Colli Albani: nelle immagini scattate dopo
il 1950, e non di rado con un pizzico di malizia da parte dell'appassionato di turno, gli autobus diventano una parte integrante del
panorama tranviario, e le autocorriere di questa o quella azienda
fanno prepotentemente capolino alle spalle del tram, documentando
con un non casuale affollamento quella differenza di prestazioni
che la staticità dell'immagine può solo far immaginare. |
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Lungo la
via Appia, tra Albano e Genzano, nel 1964, ultimi mesi di esercizio
della Capannelle-Genzano: alle spalle del tram un autobus Fiat della
stessa STEFER. |
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(Foto: M. Diotallevi) |
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Il fatto è che il disastro della guerra fece venir meno quel connubio
forzato tra strada e ferrovia, mettendo più in generale l'intero sistema
dei trasporti locali di allora a dura prova, evidenziandone ancor di più
quei limiti che pure fecero sopravvivere ferrovie economiche e tranvie
extraurbane in un esistenza stentata, infarcita di contribuzioni pubbliche,
che ben lungi dal far evolvere il sistema, rendendolo partecipe del
progresso che aveva rappresen tato, lo
lasciarono impigrire in quell'insufficienza che ne avrebbe imposto la
fine. Gran parte delle linee minori di allora non ebbero la forza di
riprendersi, molte tratte - anche nel Lazio - non furono mai
ricostruite, e ciò fu in parte un bene perché si evitava di ripetere
errori di impostazione soltanto in parte giustificati. Restava il
problema delle comunicazioni, quasi del tutto assenti su strada per le
distruzioni dei mezzi,per la mancanza di carburanti e copertoni: la
stessa STEFER fu costretta a riattivare nel periodo bellico la tratta
Fiuggi-Alatri della ferrovia Roma-Frosinone, che nel tratto successivo
al comune termale era stata chiusa all'esercizio il 19 luglio 1935,
proprio per garantire il collegamento che gli autobus non erano in
grado di effettuare (e si tenga conto che la chiusura fu a suo tempo
decisa per salvare almeno una parte della vecchia rete "Vicinali" a
scartamento ridotto), e la situazione dei Castelli non era
certamente migliore, anzi: nella seconda metà del 1944, quando le
ostilità erano di fatto cessate al di sotto della linea "Gotica",
funzionavano numerosi collegamenti arrangiati alla meglio, le famose
"camionette" che ricalcavano gli itinerari di autolinee e tranvie
esibendo un cartello manoscritto col numero della linea o la
destinazione della corsa, e di questi servizi - spesso esercitati solo
per alcuni giorni - sono rimaste numerose tracce sulla stampa ed anche
in un celebre film dell'epoca, "Sotto il sole di Roma". |
Alcuni ritengono che l'errore di fondo della ricostruzione, ovvero la
determinazione al ripristino di ciò che già esisteva, fu determinato
dall'inconsapevolezza di cosa sarebbe accaduto di li a pochi anni (a
partire dal boom della motorizzazione individuale partito nel 1955 con
il lancio della FIAT 500), ma chi scrive ritiene si tratti soltanto di
una comoda giustificazione, dal momento che autobus e automobili
avevano dato prova delle proprie capacità fin dagli anni '30 e che
anche la ferrovia - più che altro per l'appassionato interessamento di
Mussolini, che i treni non voleva soltanto farli arrivare in orario -
aveva dimostrato di saper ben funzionare se utilizzata soprattutto in
quella che era la sua naturale funzione, ovvero il trasporto di massa
su lunghe distanze. |
I segnali non erano mancati, quindi, ma la disorganizzazione insita
nel dopoguerra di un Paese distrutto spianò il passo alla
contaminazione della facile demagogia e delle clientele, ad una
corruzione politica che non era certo di facile contentatura come le
malfamate amministrazioni dell'era pre-fascista. Non erano in fondo
passati neanche vent'anni dalla riforma tranviaria del 1930, dalle
appassionate discussioni in cui pochi e inascoltati tecnici si
preoccupavano delle 20.000 automobili che già allora circolavano per
una città che stava appena sviluppandosi al di fuori delle mura, ed
anche l'esperienza dei treni popolari poteva e doveva imporre una
visuale diversa nell'uso che si sarebbe dovuto fare
dell'infrastruttura ferroviaria, ma l'industria automobilistica
italiana non poteva certo stare a guardare, ad assistere impotente
alla diffusione dei mezzi elettrici che, si sa, hanno una vita ben più
lunga dell'autobus. La voglia di arricchimento di personaggi politici
che si erano magari ricostruiti una verginità, lasciandosi alle spalle
la compromissione col Fascismo, consentì un contrattacco della FIAT
che non era certamente il ridicolo tram a benzina (vedi foto qui
sotto), proposto negli anni '10 contro la diffusione dell'elettricità
e del vapore. |
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(Archivio Storico Ferrovie
dello Stato) |
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Quest'opera di contrasto della ferrovia, che coinvolse non soltanto la rete minore ma anche le stesse FS, trovò la strada spianata da un traffico viaggiatori che iniziava ad assumere quel
carattere di pendolarismo che ancora oggi comporta gravi ed
irrisolti problemi al sistema dei trasporti locali, specie su
ferro: i mezzi vengono ancor di più massicciamente utilizzati
soltanto in determinate fasce orarie e in un solo senso di marcia,
e per un sistema antiquato qual'era quello delle tranvie dei
Castelli la concentrazione del traffico in un solo senso e in
determinati orari, con scarsa o nulla utilizzazione dei mezzi nel
resto della giornata, determinò l'effetto di aumentare
oltremodo il coefficiente di esercizio. |
All'inizio degli anni '50 il servizio tranviario era grossomodo quello di
cui alla tabella della pagina precedente: mancavano gli orari del servizio
per Lanuvio, sostituito da autobus, ma per contro troviamo
ben 34 corse "dirette", con poche fermate intermedie, sulle due linee
che da Roma raggiungono Velletri da una parte e Valle Vergine (Rocca
di Papa), dall'altra: a queste ultime, poi, si aggiungano numerose
corse a sussidio, limitate da o per punti intermedi della rete (a
seconda della fascia oraria), particolarmente nel tratto suburbano
fino a Ciampino, ed un aumento esponenziale del servizio sulle tratte
urbane per Capannelle e, soprattutto, per Cinecittà. Lungo queste
ultime il tratto Termini-Largo dei Colli Albani viene servito nelle
punte del mattino e di mezzogiorno con moltissime corse limitate
all'anello di via Eurialo e, fino al suo smantellamento, a quello
esistente al podere dei Cessati Spiriti, ed un numero altrettanto alto
di sussidi rinforza il servizio della Termini-Cinecittà. Sulle
cronache dell'epoca iniziano a manifestarsi i primi sintomi
di quella insofferenza al tram extraurbano che spingerà i Sindaci
a chiederne lo smantellamento e le popolazioni a festeggiarne la
scomparsa, ed uno dei primi municipi a farsi portavoce di questa
tendenza fu quello di Velletri. Si, proprio la stessa cittadina
che grazie al tram aveva visto l'affratellamento delle opposte
fazioni politiche, lo stesso comune che dovette fare carte false
per avere il tram pur sapendo che il grosso della domanda avrebbe
continuato a guardare alla ferrovia (e ben lo sapeva, come abbiamo
visto, anche la STFER), dava il via alle battaglie
antitranviarie, ben presto seguito da Frascati e da Albano, dove
la presenza del tram lungo il corso era vista ormai come un
ingombro alla libera circolazione degli autobus e, prima ancora,
delle automobili private. |
Le prime
avvisaglie salirono dai Comuni serviti più o meno direttamente dai
treni delle Ferrovie dello Stato, allora ancora lontane dalle rigide
economie d'esercizio che hanno in parte inficiato anche le
potenzialità della ferrovia ordinaria nei pur modesti tronchi dei
Castelli, ma una parte non indifferente la fa anche la classe politica
dell'epoca, fidando in apposite leggi, rilasciando decine di concessioni per nuove autolinee a
soggetti quasi improvvisati, forse peggiori delle strane ditte prive
di qualsivoglia certificazione che oggi si dividono le linee urbane
affidate a privati, certo non migliori di quelli di allora: la stessa STEFER, del resto, non può fare a meno di mettere in campo anche
proprie autolinee, ufficialmente ad integrazione dei propri servizi
tranviari ma nella realtà quale più rapida ed efficiente alternativa
agli stessi, a mezzo di una rete che si svilupperà nella totale
sostituzione dei collegamenti coi Castelli ed in ben 19 linee a
carattere urbano e suburbano. |
Le prime tratte della rete extraurbana vengono chiuse, come già detto,
il 4 agosto del 1954: il servizio viene "sospeso" tra Genzano e
Velletri, da Grottaferrata a Frascati e si chiude anche metà della
intercastellare, la tratta Albano-Castelgandolfo-Marino. L'uso del
termine "sospeso" non meravigli il lettore, dal momento che la
soppressione effettiva delle tranvie dei Castelli Romani, perché
"non suscettibili di risanamento", arriva soltanto con una
legge regionale del... 1976, e lo stesso lettore noti che le prime chiusure
riguardano quei comuni che hanno un accesso più o meno diretto alla
ferrovia, i più "lontani" dalla quale vengono ad essa immediatamente
collegati con un autoservizio più frequente e rapido di quello che fa
la spola con Roma, un autoservizio - si badi bene - della stessa STEFER, dal momento che quelli di iniziativa privata sono già in
piena attività. Questa scelta potrebbe identificarsi con una
riluttanza dell'azienda concessionaria ad eliminare completamente un
sistema che poteva, almeno in parte, essere risanato, e se anche atti
ufficiali in tal senso non esistono si sa per certo, per
testimonianza di ex dipendenti e dirigenti, che si pensava già da allora ad estendere il doppio binario oltre l'ippodromo delle Capannelle
e fino a Ciampino, lontana ancora essendo la concretizzazione
progettuale della futura linea A della metropolitana, cosi da
sostituire l'analogo autoservizio in partenza da P.za di Cinecittà (il
che, a parere di chi scrive, non sarebbe comunque avvenuto). E del
resto nello stesso periodo fiorivano studi e proposte per
l'ammodernamento della Roma-Fiuggi-Alatri, alla quale si attribuiva un
importanza che solo l'averla lasciata fino all'ultimo nelle condizioni
originarie (di tracciato, di impianti e (quasi), di rotabili), ha
portato alla chiusura dell'intera tratta che va da Pantano Borghese ad
Alatri. |
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Con le
susseguenti soppressioni dei vari tronchi della rete rotabili ormai in
disuso cominciarono ad essere accantonati ovunque ci fosse spazio
come, ad esempio, sul binario di ricovero di questo incrocio lungo la
via Appia. Nella seconda immagine un dettaglio del convoglio con
motrice 75 e rimorchio 284 ormai in disuso (si noti che si trat ta di
un convoglio scomposto). |
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La politica dei trasporti di allora, anche per i motivi poc'anzi
spiegati, si stava però avviando verso gli anni bui della grande
crisi che il trasporto locale, specie urbano, affrontò nel decennio
degli anni '60, e due avvenimenti contribuirono certamente a
rinunciare a qualsiasi progetto di risanamento della rete: nel 1955
la stessa STEFER assume l'esercizio della metropolitana "B",
inaugurata dopo il completamento dei lavori iniziati dal Fascismo
nella iniziale tratta Termini-Eur, mentre sul mercato
automobilistico compare la FIAT 500, l'utilitaria che diede il via
alla corsa verso la motorizzazione privata: a proposito di quest'ultima
il Governo rinvia "sine die" l'autorizzazione all'introduzione del
colore nelle trasmissioni televisive dal momento che se il cittadino
compra il televisore (ciò che sarebbe davvero accaduto), non avrebbe
acquistato l'automobile (il prezzo era grossomodo lo stesso, con un
lieve vantaggio d'economicità per il televisore), e sulle strade
inizia a riversarsi una mole tale di automobili da far entrare in
crisi un sistema stradale dove la regolamentazione - intesa nei sensi unici di marcia, le corsie preferenziali, gli assi di scorrimento, etc - avrebbe tardato almeno tre decenni. Metropolitana e
motorizzazione si presentarono di fatto insieme a Roma, e certo non è
un caso che soltanto quattro anni dopo, il 28 settembre 1959, le trasformazioni in autobus della circolare tranviaria "nera" e della
linea "8" diano il via a quella dieselizzazzione selvaggia della
mobilità collettiva della quale ancora stiamo pagando un forte onere
sociale ed economico. |
Le decisione definitiva di cessare il servizio extraurbano,
si concretizza nel 1958, alla definitiva approvazione del progetto
relativo alla metropolitana "A" nel tracciato che, varianti successive
comprese, fu realizzato quale oggi lo vediamo, con totale
sovrapposizione alla tranvia per S. Giovanni, via delle Cave e
Cinecittà. Lo stesso tracciato, anzi, presuppone anche la chiusura
del servizio tranviario urbano, e qualsiasi studio, più o meno
indirizzato ad un effettiva realizzazione, viene pertanto
abbandonato. Rimasero le voci inascoltate di pochi tecnici del
settore, quelli che il mestiere lo esercitavano forse più con la passione che in virtù di un titolo di studio, i quali non mancarono di
far notare che l'esercizio di autolinee dirette tra Roma e i Castelli
si sarebbe rivelato nel tempo particolarmente difficoltoso, seppure
con spese d'esercizio più contenute: contribuiva certo la vergognosa
politica delle aziende private, che pur di sottrarre passeggeri alla
STEFER praticavano tariffe stracciate risparmiando sulla
manutenzione dei mezzi e sulle paghe del personale (ma quest'ultimo
doveva ripagare di tasca propria i danni a cose e persone che i mezzi
maltenuti avessero provocato, come accadeva alla famigerata società
"Zeppieri", che della STEFER fu grande concorrente). A distanza di
tanti anni possiamo affermare che non erano soltanto timori, visto che
i recenti appalti di linee urbane ed extraurbane stanno arricchendo
una elite di politicanti sulle spalle di personale sottopagato e
costretto a turni di servizio massacranti, rituffando di colpo il
trasporto locale non soltanto alla realtà preesistente alla fondazione
del l'A.CO.TRA.L. ma, addirittura, al triste periodo che precedette
l'istituzione della giornata la vorativa di otto ore (introdotta nel
maggio del 1919). |
Non è da escludersi che si pensasse ad un estensione dei servizi a
carattere metropolitano oltre il limite programmato dell'Anagnina, ciò che invero non risulta, sull'esempio del piano per le
"ferrovie rapide" del 1940 e secondo un principio che meriterebbe
ancor oggi di essere approfondito, fatto sta che il 5 dicembre
1962 la rete extraurbana dei Castelli si riduce alla tratta
Capannelle-Genzano: si chiudono infatti all'esercizio l'ultima
tratta della linea intercastellare (bivio Squarciarelli-Marino), e
l'intera linea che da Cinecittà arriva a Valle Vergine transitando
per Grottaferrata e Squarciarelli. Non si sa per quale motivo la funicolare Valle Vergine-Rocca di Papa continua a fare
servizio ancora per un mese, e viene definitivamente chiusa il 15
gennaio del 1963. Nello stesso periodo, intanto, la STEFER ha potenziato oltremodo i
propri servizi urbani, non soltanto con l'attivazione di numerosi
servizi su gomma ma anche attraverso l'acquisto dell'ultima serie di
tram nuovi di fabbrica entrati in servizio per questa società. Le due
penetrazioni urbane per Capannelle e Cinecittà, infatti, che nel
periodo della guerra rappresentavano un terzo degli incassi totali,
giunsero a fruttare nei primi anni '50 oltre la metà dei proventi
d'esercizio totali. |
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