Sulla storia del materiale rotabile che fece servizio sulla rete dei
Castelli Romani esistono varie incognite. A parte le classiche
lacune comuni a tutte le reti, essenzialmente dovute all'abitudine tutta italiana di non
conservare nulla del passato (ma anche alle distruzioni operate dalla
guerra), concorre nel caso della STFER la confusione delle
rinumerazioni dei singoli rotabili e la decisione di passare da 0 a 1
nello inizio delle numerazioni dei gruppi, che portò al cambiamento
del numero di parecchie motrici e rimorchi (es. da 70 a 71, da 110 a
111, e così via). |
La grande confusione nasce dalla decisione della STFER, intervenuta
dopo qualche anno, di comprendere le motrici a due assi nei numeri
1-49 e le motrici a carrelli da 50 in poi. Notiamo infatti che
dall'apertura del servizio extraurbano la numerazione dei
susseguenti gruppi di rotabili passa dalle decine 1, 2 e 3 (due piani
10-21 e due assi 30-37), del 1906 alle decine 6 e 7 (motrici 60-69 e
70-79), del 1911, quando appare ragionevole supporre che fosse stata
presa la decisione di raggruppare i tram in due gruppi distinti
(motrici a due assi e motrici a carrelli); una decisione che può oggi
apparire irragionevole (specie quando si decide di procedere a
rinumerazioni di vario tipo), solo perché non è pervenuta ai nostri
giorni documentazione sufficiente a ricostruire la storia di ogni singolo rotabile, e se anche esiste ancora non è stata scovata. Più
discutibile, invece, la scelta del 1921 di iniziare la numerazione
dei gruppi da 1 invece che da 0, secondo una consuetudine che
l'azienda municipale (l'attuale ATAC), adottò dal 1911 al 1987,
parimenti alla numerazione solo dispari del materiale motore. |
A parte la necessità di rinumerare i tram che presentano il primo
numero del gruppo (10, 20, 30 e così via), si ha ragione di credere
che in queste operazioni si sia seguito più l'estro del momento (o
dell'operatore incaricato), piuttosto che una procedura univoca, e che
non sempre si sia soltanto avanzato di 1 il numero originale dei
rotabili: successive ricostruzioni e adattamenti del materiale,
trasformazioni di rotabili inutilizzabili in rimorchi di servizio,
hanno fatto si che i numeri fossero spesso assegnati a "nuove" vetture
ottenute magari dal riassemblaggio delle parti meccaniche di vetture
da risistemare e vetture non più utilizzabili, com'è probabilmente
accaduto per le motrici 60: negli anni '30 ne vengono ricostruite 4
con una cassa metallica simile a quella del successivo gruppo 80, ma
la mancanza certa di due vetture del gruppo fa pensare che non si
tratti delle motrici originali, anche se tutte le altre mantengono la
cassa quasi originale. Ed ancora: le tre motrici 40 non adattate al
servizio urbano di Roma e non rinumerate 4-6 che fine fanno? Sarebbero
state rinumerate 38-40 per lasciare i numeri 41 e 42 alle due piani, ma il
numero 38 era teoricamente già occupato dalla rinumerazione delle
motrici 30-37 alla nuova serie 31-38 (e le ultime due vetture del
gruppo sono arrivate fino agli anni '60, quindi si sa per certo che la
38 del dopoguerra fa parte del gruppo delle due assi del 1906, e non
delle 40). |
Per quanto riguarda il materiale rimorchiato le incognite sono solo in
parte le stesse. Anche qui la decisione di cambiare l'inizio della
numerazione ha sicuramente fatto si che molti rimorchi presentassero
un numero che non era quello originale, ma c'è il grande mistero dei
tre gruppi numerati nel centinaio 2 quando tutto il parco non motore
era compreso nel centinaio 1. Sarebbe interessante poter stabilire
il criterio di questa scelta, visto che al contrario delle motrici la
differenziazione in due gruppi distinti qui non esiste; due assi o
carrelli, accesso centrale o laterale, anno di entrata in servizio,
numero e disposizione dei finestrini o dei posti a sedere si
presentano con caratteristiche indipendenti dalla numerazione. Ed
anche la curiosa scelta di comprendere i primi rotabili di questo
tipo nella numerazione 105-112: perché non si iniziò da 100? So no
esistiti altri 4 rimorchi di cui non è rimasta traccia? Se si, sono i
rimorchi avuti in prestito dalla so- cietà belga TFE? |
Nello schema che segue, prima della descrizione dei rotabili, si riassumono i vari gruppi secondo la
numerazione progressiva ottenuta da rinumerazioni, ricostruzioni e
operazioni connesse: |
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ANNO |
NUMERI |
OSSERVAZIONI |
Materiale motore |
1903 |
1-4 |
Motrici
a due assi per il primo servizio urbano Porta S. Giovanni-Vicolo
delle Cave. Non vengono rinumerate iniziando da 1. Si ravvisa una sovrapposizione con una
seconda motrice urbana 4, ottenuta dall'adattamento di una motrice
gruppo 40, salvo quanto osservato a seguire per le vetture 4-6
(si ritiene che le giallette possano essere state 3, e non 4). |
? |
4-6 |
Numeri
assegnati a tre motrici del gruppo 40 che in epoca imprecisata
vengono adattate all'esercizio tranviario urbano fino al vicolo
delle Cave. Il primo numero ricalca quello dell'ultima due assi
del 1903, ragionevolmente ritirata dal servizio in epoca precedente, a meno che le giallette
non siano state tre invece che 4. I numeri 4-6 sarebbero inoltre
stati as- segnati, precedentemente, a tre motrici avute in
prestito da al- tra amministrazione, di cui non si ha alcun dato. |
1927 |
7-14 |
Numeri
assegnati all'ultimo gruppo di rotabili a due assi entrati in
servizio sulla rete extraurbana dei Castelli. I numeri da 10 a 14
sono liberati rinumerando le motrici a due piani dalla serie 10-21
alla serie 41-52 (con inizio da 1), nelle decine alte delle
motrici a carrelli. |
i
numeri 15-29 non sono utilizzati, forse in ragione della presenza
delle motrici a due piani nella decina 20 (l'ultima della serie
era la 21), che impose a suo tempo l'immatricolazione delle
contemporanee due assi nel gruppo 30-37 |
1906 |
30-37 |
Sono le
motrici entrate in servizio all'apertura delle prime tratte della
rete dei Castelli, contemporaneamente alle motrici a due piani.
Dopo il 1921 sarebbero state rinumerate 31-38, ciò che è possibile
dal momento che i numeri 38 e 39 erano allora liberi. Queste
motrici, tuttavia, si riducono di numero già a partire dagli anni
'30 e si ravvisa una sovrapposizione del numero 38 con la prima
motrice del gruppo 40 non adattate al servizio urbano e che
sarebbero state rinumerate (grossomodo nel 1927), 38-40 per
liberare la decina 4, da assegnare alle motrici a due piani ex
10-21. Sappiamo però che la 38 circolante negli anni '50 fa parte
del gruppo delle due assi del 1906, e sarebbe (?), la ex 37 rinumerata dopo il 1921. Le 40, per contro, spariscono in epoca
imprecisabile, ed è possibile che ad essere rinumerate siano state
solo due delle tre che continuarono a circolare sulle relazioni
extraurbane, come anche sia rispondente al vero che abbiamo
continuato ad operare (evidentemente per breve tempo), rinumerate
nella decina 2, i numeri 22-29 della quale non risultano mai
utilizzati. Si tenga conto che se le tre motrici 40 sono state
rinumerate come detto, la 40 potrebbe anche aver mantenuto il suo
numero, spostando solo la 41 e la 42 ai numeri 38 e 39. |
1927 |
41-52 |
E' la
nuova numerazione delle motrici a due piani, che essendo a
carrelli dovevano essere comprese nelle decine alte. La numerazione originale 10-21, a seguito delle due assi del primo servizio
urbano in nuova decina, doveva essere assegnata alle motrici "napoletane" del 1927. I numeri 1-6 erano allora assegnati al
materiale destinato al servizio urbano, e della numerazione originale delle due piani si utilizzarono i soli numeri 10-14, dal
momento che si decise di andare direttamente a seguito del
precedente materiale a due assi invece che ricorrere alla più
logica numerazione 11-19. Sparisce così (?) la decina 2: da 14 si
salta a 31 (?), e non sono più utilizzati i numeri 15-21 ex
motrici a due piani, mentre non risultano mai utilizzati i numeri
22-29, salvo quanto appena detto per le motrici 40. |
1911 |
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La
numerazione delle "biellette" vede saltare la numerazione progressiva dei rotabili allora in servizio dalla decina 3 alla
decina 6, e ciò perché era probabilmente intervenuta la decisione
di suddividere i rotabili nei due gruppi due assi/carrelli.
L'utilizzazione della decina 6 lascia provvidenzialmente libera la
decina 5, che sarà in parte utilizzabile per le motrici a due
piani. Per il secondo gruppo di motrici, sempre a carrelli, si
utilizza la seguente decina 70-79. Entrambi i gruppi dopo il 1921
verrebbero rinumerati 61-70 e 71-80, con assegnazione del numero
70 dalla prima motrice del secondo gruppo all'ultima del primo.
Senonché una delle tre motrici extraurbane oggi esistenti è
proprio la 70, non rinumerata e ricostruita solo nel 1957 con
una nuova cassa metallica. Delle 60 vengono ricostruite con una
nuova cassa metallica (1932) la 61 (che sarebbe la ex 60),e le 62,
64 e 66, e risultano esistenti nel 1950 61-64, 66, 68, 69, con
l'assenza delle motrici 65 e 67 (forse distrutte durante la
guerra): appare quindi evidente che le 60 vengono sottoposte
alla rinumerazione con inizio da 1. Delle 70 sono invece presenti
sempre al 1950 le 70, 72, 74-77, con mancanza di 71, 73, 78 e 79.
Si tenga conto che le 60 vengono ricostruite con una cassa
identica (o quasi), a quella delle motrici serie 80. |
1931 |
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Sono le
ultime motrici extraurbane che entrano in servizio sulla rete dei
Castelli Romani, che vengono numerate a seguito dell'ultimo gruppo
di motrici a carrelli utilizzando le decine 8 e 9 per una
differenza fondamentale tra gruppi in realtà molto simili. Si nota fin qui che le motrici a due assi sono comprese tra 1 e 40, le
motrici a carrelli da 41 in poi. I due gruppi 80 e 90 non
subiscono rinumerazioni. |
Materiale Rimorchiato |
? |
100-105 |
Sono i
cinque numeri inesplicabilmente saltati nella numerazione
progressiva del materiale rimorchiato, che è sempre stata a tre
cifre. Essendo la prima fornitura accertata di rimorchi del 1906,
questo ipotetico materiale (se esistito), avrebbe potuto essere
utilizzato esclusivamente sul primo servizio urbano per via delle
Cave. Secondo
varia documenta- zione
d'epoca, comunque, pare certo che la STFER utilizzò alcu- ni
rimorchi avuti in prestito dalla TFE, vetture adibite alla trazio
ne a cavalli. |
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Sono i
tre gruppi di rimorchi entrati in servizio contemporaneamente
alle motrici 30 (1906), 60 (1911), e 7-14 (1927): queste numerazioni rispecchiano due tendenze di STFER e STEFER, da una
parte una numerazione progressiva del materiale rimorchiato a due
assi nelle decine basse del centinaio 1 (da 105 a 120), dall'al-
tra l'assegnazione della decina 6 ai rimorchi a carrelli del 1911
in analogia alle motrici, secondo la consuetudine di accoppiare
motrice e rimorchio secondo lo stesso numero della decina
aumentato a 100 per il rimorchio. Si sarebbero quindi avuti,
originariamente, i treni motrice-rimorchio 60+160-65+165. A
seguito della ricostruzione delle 60 poc'anzi esposta troviamo 4
treni: 61+161, 62+162, 64+164, 66+163, con rimorchi anch'essi
dotati di cassa metallica, e dei due rimorchi mancanti sappiamo
che sono stati utilizzati per costruire una sottostazione
ambulante su rotaia e una piattina per il trasporto delle rotaie.
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Questi tre gruppi di rimorchi costituiscono un enigma per il
solo motivo della numerazione anomala nel centinaio 2. Il
cambio nell'inizio della numerazione a 0 a 1 inizia proprio
coi rimorchi 201-212, e non si pone quindi un problema di
rinumerazioni, ma molto tempo e inchiostro sono stati spesi
per comprendere l'origine della numerazione. Nel caso dei
rimorchi 201-212 potrebbe concorrere il fatto che è l'unica
fornitura di materiale non motorizzato senza un analogo
gruppo di motrici; sono a due assi, come anche i gruppi
105-112 e 113-120, si presentano inizialmente con un solo
accesso centrale, ma questa caratteristica era comune a gran
parte del materiale precedente (anche se l'accesso era
posteriore al senso di marcia: sempre unico era), ed anche il
fatto di essere giunti in lotto svincolato da motrici non
reggerebbe, dal momento che accoppiati a motrici sono i
successivi gruppi 280 e 290. |
Si noti che i 201-212 sono compresi nelle prime due decine del
centinaio 2 mentre gli altri sono numerati in analogia alle
motrici: se non fosse per il centinaio il criterio di
assegnazione delle decine è quindi identico a quello operato
coi rimorchi del centinaio 1, dal momento che i 201-212 sono a
due assi e gli altri a carrelli. |
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Le giallette
del primo servizio urbano |
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Piccole
motrici a due assi, forse ad un solo motore, utilizzate sul primo
servizio urbano fino al vicolo delle Cave, inaugurato nel 1903. Colorate esternamente in giallo
e marrone, e per questo soprannominate "giallette",
somigliavano alle contemporanee motrici "200" della SRTO
piuttosto che alle
motrici Edison di Milano (come altri riferiscono), il che
lascia pensare ad un tram che dovesse adattarsi da subito a circolare
sulle tranvie urbane, come dall'intenzione della STFER di raggiungere
Piazza Venezia. Non è da escludersi che possano essere state costruite
proprio nelle officine della società dei tram urbani, dal momento che
numerose motrici dell'epoca furono per l'appunto ivi realizzate con la
collaborazione di artigiani e costruttori del settore. Queste motrici, come
testimonia un disegno d'epoca, avrebbero avuto inizialmente le
piattaforme d'estremità aperte, che sarebbero poi state chiuse con un
telaio casereccio di legno e vetri, imitando anche in questo le
motrici 200 della Società Romana, ma la cosa appare dubbia. Osservando
l'immagine ingrandita di questa motrice, infatti, la chiusura delle
piattaforme non sembra aggiunta, come invece appare evidente nelle
200. Va detto, però, che la foto in questione non può essere
precedente al 3 febbraio 1905, giorno in cui avvenne lo spostamento
del capolinea di fronte alla basilica di San Giovanni, e da altra
documentazione fotografica si sa per certo che alcune "200" avevano i
terrazzini chiusi già prima dell'entrata in servizio dei tram del
successivo gruppo "300", avvenuta a partire dal 1903.
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Dal momento
che l'attivazione del primo servizio urbano STFER è del 1903, e
ipotizzando che queste motrici siano state appositamente costruite per
questa società, è presumibile che siano uscite di fabbrica
direttamente con le piattaforme chiuse, ma ogni ipotesi è
ugualmente valida, almeno fin quando non sarà possibile reperire
documentazione attendibile. Secondo recenti scoperte (il dato è
riportato dall'AMIT), si tratta di motrici di costruzione Nobili,
destinate alla rete tranviaria di Bologna e date in prestito alla
STFER tra il 1903 e il 1907 (questa ipotesi è avvalora ta dalla
notevole somiglianza delle giallette con le due assi bolognesi). |
Si tenga comunque conto che a Roma hanno circolato 5 motrici
apparentemente identiche alle 200, che si presentano coi numeri 401-405:
questa numerazione, che separa in due gruppi le motrici serie 400
(367-400, 408-454), farebbe ragionevolmente intendere che si tratta di
materiale entrato in servizio dopo il 1908, e potrebbe essere possibile
che facciano parte di un lotto di produzione solo in parte andato alla STFER (otto o nove motrici, di cui 5 andate alla
SRTO). |
La motrice si presenta con 6 finestrini (corsia passeggeri), e un accesso
aperto su ogni lato, posteriore al senso di marcia (almeno stando alla
posizione del trolley a rotella), e con un lucernario che si interrompe
sulle piattaforme. La cabina di guida appare del tutto aperta e su ogni
lato interbinario rispetto al senso di marcia vi è un ulteriore finestrino che illumina le piattaforme.
Le vetture furono ben presto pri- vate dei posti a sedere interni, allo
scopo di aumentarne la capacità di trasporto. |
Le giallette
avrebbero fatto servizio al traino di ipotetici rimorchi di cui non esiste
traccia, di cui si sospetta l'esistenza dal momento che la prima
fornitura di rimorchi della STFER è del 1905, e la numerazione degli
stessi comincia da 105 invece che da 100 (o anche da 101). Anche qui ogni
ipotesi è valida, ma appare ormai un dato cer- to l'utilizzo di rimorchi
avuti in prestito dalla TFE. |
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Le
motrici e i rimorchi a due piani |
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Otto motrici e quattro rimorchi a due piani, quindi a "imperiale", entrati
in servizio nel 1906 all'inaugurazione delle prime linee extraurbane,
assieme alle contemporanee motrici 30 e relativi rimorchi. Rarità assoluta
per l'Italia, poiché i tram a due piani furono utilizzati in regolare
servizio solo sulle linee dei Castelli e sulla tranvia Milano-Monza, ed un
ulteriore motrice a imperiale, urbana questa volta, fu sperimentata senza
seguito a Roma (motrice ATAG 2P.1, poi 2265). |
I motivi di questa scelta furono molteplici. Lo studio del materiale
rotabile fu effettuato quando era già in esercizio il primo ser- vizio
urbano per via delle Cave, laddove si registrò una scarsa affluenza
feriale (circa 700 passeggeri al giorno), e una media che andò dai 1200 ai
3000 passeggeri totali "nei giorni festivi di bel tempo". Lo studio
della STFER, che fu sottoposto all'approvazio- nel del Comune di Roma per
il transito delle motrici a due piani, rileva tra l'altro che l'alto
numero di passeggeri festivo "sarebbe stato di gran lunga superato ove
il materiale mobile avesse potuto rispondere alla richiesta di un traffico
cosi eccezionale", ed è proprio a questi bisogni eccezionali dei
giorni festivi (sbagliando clamorosamente, come abbiamo notato), che si
guardò quando fu il momento di decidere il tipo e la quantità dei rotabili
da impiegare. I tram a due piani stavano dando ottima prova sulla linea
Milano-Monza, ed erano largamente impiegati in Francia, Inghilterra e
Germania, ed offrivano l'ulteriore vantaggio di un percorso panoramico sul
piano superiore completamente aperto |
Le motrici
sarebbero state suddivise in due serie distinte, da "10" a "13" e da "18"
a "21", riservando i numeri intermedi ai rimorchi, e questo per la
tendenza a formare treni di tre veicoli, due motrici del primo e del
secondo gruppo ora citati, intercalate da un rimorchio in treni del tipo
10+14+18, o anche 11+15+19 (si tratta soltanto di esempi). La formazione
di treni di questo tipo, del resto, appare evidente dalle immagini
fotografiche d'epoca, nelle quali motrici e rimorchi si distinguono per la
presenza o meno del trolley,
immagini diffuse a
scopo pubblicitario della Thomson & Huston (che intendeva reclamizzare il
proprio comando multiplo), nelle quali si vedono spettacolari convogli
di tre veicoli a due piani.
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I rimorchi furono però quasi subito ritirati dal servizio e trasformati in
motrici. L'assenza di motori e dispositivi di trazione concen trava il
peso del rotabile (e quindi il baricentro), sull'alto, diminuendo
pericolosamente la stabilità al ribaltamento con incidenti an- che molto
gravi, cui si è accennato, cosicché l'intero gruppo appare, già dal 1907,
composto esclusivamente da motrici. |
Motrici e rimorchi, equipaggiamento a parte, erano identici: lunghezza
poco meno di 12 metri, rivestimento esterno in doghe di legno lucidato e
un unico accesso per lato (posteriore al senso di marcia): le motrici
erano equipaggiate con due fanali per tes tata, uno per "piano", ed
utilizzavano la presa di corrente con trolley a rotella. Nel corso degli
anni questo materiale fu sottoposto a diverse modifiche: |
- nel corso degli anni '20 l'originario equipaggiamento elettrico
della T&H viene sostituito con quello della CGE (Compagnia Generale
d'Elettricità): si aggiunge un secondo accesso per ogni lato e si
sostituisce l'unico fanale originario con due fanali, in alcuni casi
mantenendo un fanale aggiuntivo in alto. In sede di ricostruzione le
motrici vengono rinumerate nella serie "41-52" per lasciare i numeri
bassi al gruppo delle "Napoletane" a due assi; |
- nel corso degli anni '30 si sostituisce la presa di corrente a
rotella con il pantografo e la cassa viene ricostruita in lamiera nei
colori sociali bianco e azzurro. |
Le motrici a due piani giunsero in buona efficienza fino alla seconda
guerra mondiale, dopo la quale risultano in servizio tre sole
vetture (42, 48 e 49). Le vetture 48 e 49 furono demolite,
rispettivamente, al deposito di Marino e alle vetrerie della via
Ostiense (dov'era stata trasportata per girare un film), nel 1958.
Sono i primi rotabili a carrelli della STFER. |
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Le
motrici 30-37 e i rimorchi 105-112 |
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Otto motrici
ed altrettanti rimorchi a due assi per i primi servizi locali sulla
rete dei Castelli. Acquistate assieme al lotto delle motrici a due piani
erano, come queste, dotate di presa di corrente a trolley a rotella,
rivestimento della cassa in doghe di legno lucidato ed equipaggiamento
elettrico della Thomson & Huston. Le motrici sono numerate da "30" a
"37" ed i rimorchi da "105" a "112". La numerazione delle motrici segue
quella iniziale delle "imperiali" - che termina con "21" - ma non è noto
il motivo per cui i rimorchi, che sono teoricamente i primi, inizino da
"105" invece che da "100", o anche da "101". Questo dato lascerebbe
supporre l'esistenza di quattro precedenti rimorchi, che si sarebbero
potuti teoricamente utilizzare sul solo servizio urbano da via delle Cave
a San Giovanni, ciò che invero non risulta come anche qualsivoglia traccia
di questi ipotetici rotabili. |
I rimorchi, caso unico per la STFER, sono del tipo a terrazzini aperti,
con accesso sugli stessi. Motrici e rimorchi presentavano un lucernario
che si interrompeva sulle piattaforme. |
Anche questo
materiale subisce diverse modifiche: |
- nel corso
degli anni '20 si sostituisce l'equipaggiamento elettrico della T&H
con quello della CGE, e si aggiunge un accesso su ogni lato. |
- nel corso degli anni '30 la presa di corrente a rotella viene
sostituita da un archetto tipo ATAG 1923 (quello, per intenderci,
ancora visibile sulle MRS dell'ATAC ancora esistenti), secondo una consuetudine che
riguardò tutto il materiale a due assi, e si sostituisce il
rivestimento con la cassa metallica nei colori bianco e azzurro |
- alla fine
degli anni '50, le
superstiti motrici "37" e "38", oramai utilizzate per servizi
ausiliari, furono dotate di un pantografo che sembrava perfino
troppo grande per queste piccole motrici. |
Tutto il gruppo rimase in servizio fino alla seconda guerra mondiale.
Solo alcune motrici risultanto successivamente in servizio, e solo
fino all'inizio degli anni '50, probabilmente fino alle prime
soppressioni del 1954, dopo le quali continuarono ad essere impiegate
le sole motrici poc'anzi dette, anch'esse poi avviate alla
demolizione. |
I rimorchi non subiscono modifiche, ed anzi non appaiono più in servizio
già dagli anni '30, forse radiati per l'entrata in servizio dei convogli
80 e 90. |
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Le
motrici 60-69 e i rimorchi 160-165 |
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Gruppo costituito da 10 motrici e da sei rimorchi, tutti a carrelli
(quattro assi), per il servizio extraurbano sulla rete dei Castelli.
Le motrici presentano addirittura tre accessi per lato, due di
estremità e uno centrale, e un curioso sistema di trasmissione sul
carrello motore tra i due assi, a mezzo di una biella esterna, particolare
che diede a queste motrici il soprannome di "biellette". Questo tipo
di carrello era costruito dalla elettroferroviaria "Boekher", che
realizzò anche la parte meccanica, mentre l'equipaggiamento elettrico
era il solito Thomson & Huston. |
In queste motrici la cassa, sempre rivestita con doghe di legno lucidato,
presentava addirittura tre accessi per lato, col lucernario che discendeva
gradualmente sulle piattaforme, pratica questa molto comune per l'epoca. |
La numerazione progressiva del materiale rotabile "salta" con questo
gruppo dalla decina 30 alla decina 60, essendo probabil- mente intervenuta
nel frattempo la decisione di raggruppare i rotabili a carrelli nelle
decine più alte. I rimorchi sono numerati ana logamente alle motrici, coi
numeri aumentati di 100, in modo da accoppiare motrici e rimorchi secondo
le schema 61+161 e se- guenti. |
Motrici e rimorchi presentano un lucernario discendente sulle
piattaforme e come per tutto il materiale dell'epoca la presa di
corrente a rotella e il rivestimento in doghe di legno lucidato. |
Modifiche
intervenute nel corso degli anni: |
- nel corso degli anni '20 oltre alla sostituzione
dell'equipaggiamento elettrico, da T&H a CGE, vengono sostituiti i
carrelli con trasmissione a biella della Boekher con carrelli a due motori della Brill, allora molto in uso. |
- nel corso degli anni '30 viene modificata la cassa, che diventa
metallica nei colori sociali con soppressione dell'accesso cen- trale;
viene eliminato il lucernario e si sostituisce la presa di corrente a
rotella col pantografo, ma soltanto per le motrici "60" (rinumerata
"61"?), "62", "64" e "66". |
Per quanto riguarda i rimorchi la ricostruzione della cassa interessò
quattro rotabili ("161-164"), ma non si può nemmeno affermare che si
tratti dei rotabili originali, in quanto due rimorchi di questa
serie, probabilmente danneggiati in modo irrecuperabile, furono
utilizzati per costruire una sottostazione elettrica ambulante ed una
piattina per il trasporto delle rotaie. |
Motrici e rimorchi ricostruiti formarono i treni "61+161", "62+162",
"64+164", "66+163", in parte violando la regola STEFER
dell'accoppiamento motrice-rimorchio. |
Dell'intero gruppo si era salvata la sola motrice 64, che è stata però
demolita alla fine di dicembre del 2005. |
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Questo gruppo di motrici entra in servizio nel 1912. Sono una versione
migliorata delle precedenti 60, di cui appaiono una evidente
derivazione. Si presentano con una cassa rivestita in doghe di legno
lucidato molto simile, con un lucernario discendente sulle piattaforme, ma
sono dotate di due soli accessi invece che tre, anteriore al senso di
marcia e centrale. e sono dotate dei carrelli Brill allora comunemente in
uso. |
Nel corso
degli anni i rotabili subirono le seguenti modifiche: |
- nel corso degli
anni '20 si sostituisce l'equipaggiamento elettrico della T&H con
quello della CGE e si aggiunge sui due lati un accesso posteriore al
senso di marcia, quindi (poco tempo dopo), si provvede all'eliminazione dell'accesso
centrale; |
- nel corso
degli anni '30 si ricostruisce la cassa, che diventa metallica, nei
colori sociali bianco e azzurro, si elimina il lucernario e si
sostituisce la presa di corrente a rotella col pantografo: per la sola
motrice "70" l'eliminazione del lucernario avviene nel 1957, quando la
motrice viene ricostruita con una cassa interamente metallica
completamente nuova. |
Dell'intero gruppo è tuttora esistente la motrice 70, che al momento
(febbraio 2006), è in attesa di restauro presso il Parco Museo di Porta
San Paolo, dove sarà musealizzata. |
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Terzo ed ultimo gruppo di motrici costruite dalla Elettroferroviaria
Boeker, stavolta però a due assi, con una cassa che si richiama ai due
gruppi precedenti, che presenta il lucernario discendente sulle
piattaforme ma un solo accesso per lato, posteriore al senso di marcia. Di
ridotta lunghezza, più snelle e semplici nella struttura, furono impiegate
sui servizi locali della rete dei Castelli, ma in epoca imprecisabile,
probabilmente negli anni '20, almeno tre di queste vetture furono
impiegate sul servizio urbano da Termini a via delle Cave, e sarebbero
state rinumerate 4-6, col numero 4 teoricamente in sovrapposizione con
quello dell'ultima gialletta (ammesso che siano state 4), per essere
radiate probabilmente nel 1935, quando entrano in servizio le MRS 300. Le
altre 3 motrici avrebbero continuato a prestare servizio sulla rete dei
Castelli, non si sa per quanto (non sono più in servizio allo scoppio
della seconda guerra mondiale), ma la rinumerazione delle motrici a due
piani da 10-21 a 41-52 ne fa perdere le tracce, dal momento che non è mai
stato possibile accertare i nuovi numeri di esercizio. |
Nell'originale dell'immagine qui sopra si leggerebbe il numero 39, e
questo darebbe ragione a chi sostiene che siano state rinumerate 38-40,
ma si deve osservare che il numero 38 è sempre stato occupato (dal 1906
alla radiazione), dall'analoga motrice del gruppo delle due assi del 1906
(30-37), che sarebbero state rinumerate 31-38, ed è quindi possibile che
possano essere state spostate alla decina 2 (i numeri 22-29 della quale non risultano
mai utilizzati). |
La numerazione 39 che si legge in questa immagine, tuttavia, potrebbe
trovare una spiegazione nell'ipotesi che ad essere rinumerate siano
state due e non tre motrici (una sarebbe stata ritirata dal servizio), e
che quindi si siano utilizzati i soli numeri 39 e 40, ma ogni ipotesi è
ugualmente valida. |
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I
rimorchi ad accesso centrale 201-212 |
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12 rimorchi per il servizio extraurbano, dotati
in origine di accesso
centrale e di cassa metallica. Come per tutto il materiale rimorchiato
presentano numeri a tre cifre, anche se appare senza alcuna logica la
scelta del centinaio "2" dal momento che le precedenti serie di
rimorchi sono tutte comprese tra "100" e "199". Non esiste a tutt'oggi
un criterio logico che possa spiegare questa numerazione, dal momento
che nessuna delle due centinaia corrisponde a questo o quel
particolare dei rotabili (due assi,
carrelli, accesso centrale o laterali, etc). Un ipotesi dell'autore è
che questi rimorchi provengano da altra amministrazione, o che siano
stati acquistati dalla STFER per disdetta di altra azienda, e questo
spiegherebbe la caratteristica iniziale della cassa metallica, che si
afferma definitivamente solo nel 1931. In entrambi i casi i numeri di
esercizio sarebbero stati mantenuti, anche se tale ipotesi si scontra
con la presenza di altri 8 rimorchi numerati nella serie 200 (serie
280 e 290), questi effettivamente ordinati dalla STEFER in fabbrica.
Di sicuro c'è che il mistero della collocazione nel centinaio 200 non
potrà mai essere spiegato in modo esauriente, salvo l'improbabile
ritrovamento di documentazione sconosciuta, per nessuno dei 20
rimorchi che ritroviamo così numerati. |
Furono utilizzati al traino delle 60 e delle "imperiali", e giunsero
almeno fino alle prime soppressioni del 1954. A partire da questo
gruppo l'inizio della numerazione dei rotabili passa da "0" a "1", ed
anche questo dato è all'origine di varie incognite sul destino di
molti rotabili, dal momento che furono tutti rinumerati eliminando il
primo numero di ogni decina (ad esempio: la 60 sarebbe diventata 61,
la 70 divenne 71, e così via). Nel corso degli anni li ritroviamo
privati dell'unico accesso centrale e dotati degli usuali accessi
laterali. Erano normalmente utilizzati al traino delle motrici 70 e,
in caso di necessità, delle Imperiali. |
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Le
motrici 7-14 e i rimorchi 113-120 |
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Rappresentano l'ultimo gruppo di rotabili a due assi entrati in
servizio sulla rete dei Castelli. Di concezione più moderna rispetto
al precedente materiale di questo tipo presentano ancora, ed anche in
questo caso è l'ultima volta, il rivestimento esterno in doghe di
legno lucidato e la solita presa di corrente con trolley a rotella. Sparisce
il lucernario, caratteristico di molte motrici e rimorchi di
precedente concezione. Essendo rotabili a due assi la numerazione
degli stessi doveva essere compresa nelle decine basse, ma questo non
era possibile dal momento che le decine "30" e "40" erano già occupate
e non si volle ricorrere alla decina "50", forse ritenuta troppo alta.
L'utilizzo della decina "10" fu reso possibile attraverso la rinumerazione delle motrici a due piani, che passarono in quell'anno
dall'originaria numerazione "10-21" alla nuova "41-52", quindi
mettendo le quattro assi a due piani direttamente dietro alle altre
motrici di questo tipo (essendo dodici si dovette ricorrere anche alla
decina "50"). Le motrici avrebbero potuto essere numerate, quindi,
"11-18", ma si scelse di andare direttamente al seguito delle due assi
adibite al servizio urbano (le "giallette" "1-3"
(o "1-4") e le ex "40" rinumerate "4-6"), e i nuovi tram furono immatricolati come "7-14". |
I rimorchi sono numerati al seguito del precedente materiale a due
assi di questo tipo, serie "113-120". |
Nel corso della loro esistenza motrici e rimorchi napoletani (così
chiamati per via del costruttore, le Officine Meridionali di
Napoli), subirono ben poche modifiche. Tutti i rotabili furono dotati
di cassa metallica e le motrici, come tutto il materiale a due assi,
furono dotate dapprima di archetto ATAC tipo 1923, indi dopo la
guerra l'archetto fu sostituito con l'usuale pantografo. Le sole
motrici "10" e "11" arrivarono ai primi anni '60, utilizzate per
servizi ausiliari, mentre per quanto riguarda i rimorchi negli anni
'70 furono demoliti alle Capannelle il "117" (trasformato in carro
pianale) e il "120" (carro scala), mentre
ancora nel 1994 nel deposito di via Appia Nuova era presente il
relitto del "119", ex carro diserbante, visto personalmente da chi
scrive, oggi conservato a cura di un privato assieme al "118",
trasformato in carro per il diserbamento della linea. |
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N.B.
- Con l'entrata in servizio del gruppo 7-14, e la conseguente
rinumerazione delle Imperiali, il materiale a due assi è tutto compreso
tra i numeri 1 e 40, il materiale a carrelli da 41 a 94 (tenendo conto del
materiale successivamente acquisito). I tram urbani riceveranno solo
numeri a tre cifre (centinaia 3, 4 e 5). |
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Le
motrici 80 e i rimorchi 280 |
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Salvo l'assenza del pantografo, che si afferma sul materiale a due
assi solo dopo il 1935, questi rotabili sono i primi ad uscire
direttamente dalla fabbrica con l'aspetto tradizionale del tram dei
Castelli, ovvero la cassa metallica nei colori bianco e azzurro e i
frontali a tre finestrini, il centrale più largo dei laterali, un
aspetto - questo - caratteristico dei tram romani almeno fino alla
seconda metà degli anni '20. E' anche scomparso il lucernario, che
proprio in quel periodo era in via di soppressione sui rotabili che lo
avevano, e le motrici presentano i due consueti accessi per lato. |
Questo materiale arrivò alla chiusura del servizio
extraurbano senza sostanziali modifiche: nelle foto degli anni '60,
tuttavia, si nota che la disposizione dei finestrini è stata
modificata, particolare che si può notare nell'unica motrice del
gruppo salvatasi dalla demolizione, la "82", attualmente esposta quale
monumento alla stazione capolinea di Anagnina della metropolitana "A". Nel corso degli anni '30 si sostituisce
il trolley a rotella col pantografo. |
Questi rotabili furono uniti in quattro treni, da "81+281" a
"84-284". Alla chiusura del servizio extraurbano, nel
1965, l'intero gruppo fu avviato alla demolizione con l'eccezione
della già citata motrice "82". Anche qui troviamo i rimorchi
inesplicabilmente numerati nel centinaio 2, come anche i successivi
della serie 290, ma al momento non esiste una spiegazione davvero
convincente del motivo che ha spinto a questa scelta, non essendo
plausibile (anche se tutto può essere), che queste numerazioni siano
state un estro del momento, come tante ricostruzioni documentate di
rotabili urbani. |
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Le
motrici 90 e i rimorchi 290 |
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L'ultima fornitura di tram extraurbani per la STEFER fu questo gruppo
di 4 convo- gli motrice-rimorchio simili al precedente gruppo 80, ma
con la differenza che i ri- morchi sono "pilota", ovvero dotati di
comandi per la guida ad entrambe le estremi tà: guidato dalla
cosiddetta "rimorchiata pilota" il convoglio è a spinta (la motrice,
invece di trainarlo, spinge il rimorchio avanti a se), e dal rimorchio
(che non è moto rizzato), il conducente "telecomanda" la motrice. |
I 4 convogli
uscirono tuttavia dalla fabbrica dotati dell'usuale trolley a rotella
an- cora in uso nel 1931, trolley che era montato sulla sola motrice,
e ciò comportava problemi nella guida dalla rimorchiata per
l'azionamento dei comandi sul filo di con- tatto (azionamento scambi e
sistema di blocco), problemi che andavano aumentan do lunghe le tratte
in comune con le linee tranviarie dell'ATAG, laddove le slitte per
l'azionamento degli scambi elettrici non avrebbero nemmeno potuto
essere risiste mate a conveniente distanza. Dopo un paio d'anni di uso
monodirezionale, col pas- saggio dal trolley a rotella al pantografo,
i 4 convogli furono dotati della nuova pre- sa di corrente sulle
estremità esterne della motrice e del rimorchio, che rimasero al meno
inizialmente entrambi bidirezionali. |
Col passare
degli anni a rimanere nelle condizioni di origine fu il solo convoglio
91+291, che arrivò alla chiusura del servizio extraurbano con entrambi
i rotabili an cora bidirezionali e i pantografi sistemati alle
estremità esterne. |
Motrici e
rimorchi furono trasformati in monodirezionali (comandi alle sole
estre- mità esterne dei rotabili), sui treni 93+293 e 94+294,
eliminando gli strumenti di guida all'estremità corrispondente al
pantografo, cosicché i due treni si presentava no coi due pantografi
interni. |
Il treno
93-293, per motivi non noti, fu trasformato in un normale convoglio
mo- trice-rimorchio: quest'ultimo fu privato dei comandi di guida e
delle apparecchiatu- re relative (la motrice rimane bidirezionale), ed
è forse quello che è stato ripreso a Valle Vergine l'ultimo giorno di
servizio della linea Cinecittà-Rocca di Papa. |
I quattro treni furono radiati alla chiusura del servizio extraurbano
e accantona- ti al capolinea delle Capannelle, dove furono tutti
demoliti. |
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Le
motrici MRS 301-312 e 321-328 |
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In circolazione sulla rete urbana fin dal 1927 la
motrice MRS fu
progettata dall'ing. Roberto Saglio e fu il primo tipo di tram unidirezionale a carrelli italiano, secondo uno schema che di li a poco si
sarebbe diffuso ovunque. MR sta per Moto-Rimorchiata, poiché lo scopo
era quello di poter disporre di una vettura che potesse offrire la stessa
capacità di un convoglio motrice-rimorchio col risparmio di un fattorino,
e aggiungendo l'iniziale del progettista i nuovi tram furono denominati MRS. Nel 1935, quando si potenzia il servizio urbano anzitutto verso
l'ippodromo delle Capannelle, la STEFER ne acquista 12 (301-312),
praticamente identiche a quelle della terza serie ATAG (con iniziale uso
dell'archetto 1923), e l'unica differenza dell'equipaggiamento elettrico,
che dall'usuale CGE fino ad allora utilizzato, viene sostituito con quello
TIBB (Tecnomasio Italiano Brwon Boweri). Due anni dopo, per l'apertura
della linea di Cinecittà, entra in servizio un secondo gruppo di MRS
(321-328), più moderne, che potrebbero definirsi una quarta (ed ultima),
serie di questo tipo di motrice urbana. |
Il gruppo delle 320 fu dotato fin dall'inizio di presa di corrente a
pantografo, e fu previsto per l'accoppiamento in multiplo di due motrici,
con appositi organi di aggancio e collegamento sui frontali. Quest'ultima
possibilità fu tuttavia utilizzata solo in sede di
presentazione delle motrici (si nota la seconda col pantografo
abbassato), e forse in sede di collaudo, e dopo alcuni anni furono anzi
private dei relativi equipaggiamenti. Cosa che non meraviglia, dal momento
che la motrice MRS è sempre stata afflitta da gravi e irrisolti problemi
di aderenza, cui si cercò di rimediare modificando due motrici del gruppo
300 (311-312), come meglio detto in sede di ricostruzione storica. |
Tutto il gruppo è
stato radiato nel 1980, alla chiusura della linea Termini-Cinecittà. Sono
tuttora esistenti le motrici 302 e 323 (di proprietà AMIT), e 312 e 321
(accantonate al deposito ATAC di Grottarossa). |
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Le
articolate Urbinati 401-412 |
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(Foto: Forni) |
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Contemporaneamente all'apertura della linea urbana per Cinecittà, che si
rivelò da subito a traffico molto intenso, il direttore generale della
STEFER, ing. Mario Urbinati, aveva messo mano al progetto di una nuova e
rivoluzionaria vettura articolata a due casse su tre carrelli, del tutto
differente dal materiale articolato che su alcune grandi reti (Roma,
Milano, Torino), era stato costruito utilizzando motrici e rimorchi a
due assi. Dal brevetto congiunto Urbinati-Officine Stanga (Padova), nacque
il prototipo del tram articolato quale oggi lo conosciamo, che iniziò le
sue
corse
di prova nel 1938. |
La nuova vettura si fonda sullo schema delle due casse che poggiano su tre
carrelli, ma l'articolazione delle due semicasse perfettamente simmetriche
a parte la disposizione delle porte, si ottiene tenendo unite queste
ultime a mezzo di un elemento intermedio, indipendente nei movimenti, che
poggia sul carrello a questo ultimo sottostante: l'originalità del sistema
consiste nel fatto che l'articolazione si pone sempre secondo la
bisettrice della curva, seguendo il movimento della semicassa anteriore, e
questo prima ancora che il carrello abbia impegnato la curva stessa. Ne
consegue, quindi, che le due semicasse possono compie- re ogni tipo di
movimento, orizzontale o verticale, in modo indipendente dall'elemento
intermedio e tra di loro. |
Particolarità di queste vetture, che non ha eguali a Roma, salvo una
sporadica imitazione nel prototipo Urbinati dell'ATAC, la 7001, è
quella di avere un controller d'avviamento non con l'usuale manovella,
bensì con un pedale tipo automobile, cosicchè il conducente doveva
permanentemente stare seduto, ed il posto di guida era ubicato non al
centro della cabina ma a sinistra, disposizione peraltro sempre
esistita all'estero ma che mal si confaceva con il carattere dei
tranvieri ATAC (ed infatti sulle "7000" di serie il
controller era l'usuale manovella). Altra particolarità erano le due
semicasse che, salvo la disposizione delle porte, erano perfettamente
simmetriche, probabilmente perché si pensava di usare lo stesso schema per
la costruzione di motrici bidirezionali in parte simili, sempre a due
casse su tre carrelli, ma a sei motori, da mettersi in circolazione sulla
rete extraurbana, motrici che non videro mai la luce per la decisione
intervenuta di li a pochi anni di cessare gradualmente l'esercizio
tranviario per i Castelli. |
Al prototipo numerato 401 seguì la produzione di altre 11 vetture, che
uscirono dalla fabbrica con le caratteristiche inusuali di queste vetture,
dai due fanali frontali alla perfetta simmetria delle casse: dopo la
guerra tutte le vetture furono parzialmente ricostruite nella cassa, ma
la 401 si differenziò sempre dalle vetture di serie per la diversa
posizione della porta centrale. |
Tutto il gruppo ha prestato servizio prevalentemente sulla linea di
Cinecittà fino al 1980 (salvo la 401, ritirata nel 1978 per un incidente).
Ad oggi (marzo 2006), sono tuttora esistenti le vetture 401, 402 e 404. La prima è conservata in condizioni sempre più
disastrose al deposito ATAC di Grottarossa, le altre due sono state
restaurate e sono conservate, rispettivamente, a cura di un privato e al
parco Museo di Porta San Paolo. |
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Le
articolate Stanga 501-508 |
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L'articolata Stanga rappresenta l'evoluzione della motrice Urbinati. Sulla
rete STEFER, nel 1952, ne entrarono in servizio 8, praticamente identiche
(salvo il pantografo ed altri piccoli particolari), alle 50 motrici
articolate dello stesso tipo che l'ATAC aveva messo in circolazione tra il
1948 e il 1949. Rispetto alla motrice Urbinati le Stanga si
differenziarono per le casse non più simmetriche (salvo il prototipo
7001, che andrà distrutto sotto i bombardamenti del 1943), e per avere il
controller di avviamento con l'usuale manovella in luogo del comando a
pedale. Analogo il principio di funzionamento dell'articolazione. |
Le articolate Stanga furono gli ultimi tram nuovi entrati in servizio alla
STEFER. Tutto il gruppo è stato radiato nel 1980, alla chiusura della linea Termini-Cinecittà. Le vetture furono in seguito acquistate dall'ATAC
e immesse in servizio, previa ricostruzione, sulle linee urbane di Roma
coi numeri "7101-7115" (solo numeri dispari, secondo l'uso dell'azienda
municipale fino alla fine degli anni '80), in promiscuità con le Stanga
7000 originali. Sono gli unici tram del parco STEFER tutto ra in servizio. |
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Le
motrici provenienti da altre aziende |
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Come già detto, negli anni '60 la STEFER provvide al potenziamento della
linea per Cinecittà, a sempre più forte traffico, ricorrendo a rotabili
dismessi da altre aziende, per vetustà (nel caso delle articolate ex ATAC),
o per cessazione dell'esercizio tranviario in quegli anni di dieselizzazione selvaggia dei trasporti urbani. Questi rotabili furono
perlopiù utilizzati per l'esercizio delle corse a sussidio, negli orari di
maggiore domanda, e il loro uso cominciò in parte a ridursi già dal 1972.
Tutti questo rotabili mantennero i numeri di esercizio delle aziende di
provenienza. |
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Le motrici
triestine |
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Piccolo gruppo di 6 motrici del 1938, acquistate dall'ACEGAT di
Trieste nel 1963 per il potenziamento della linea Termini-Cinecittà.
In origine bidirezionali, furono trasformate in unidirezionali dalla
STEFER (con eliminazione dei comandi a una delle piattaforme),
colorate in bianco e azzurro e dotate di pantografo. Le vetture
mantennero le porte dal lato interbinario, ovviamente non più
utilizzate. |
Radiate nel 1980, alla definitiva chiusura della Termini-Cinecittà,
risultano non più utilizzate regolarmente già dal 1978, alla
soppressione della linea per Capannelle, pur essendo mantenute in
ordine di marcia nel deposito di via Appia. Sono tuttora conservate a
Roma la 448 (accantonata a Grottarossa), e la 447 (ora di proprietà
AMIT), mentre sono tornate a Trieste le vetture 445 e 446. |
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Le articolate ex
Atac |
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Questi tram furono costruiti, come detto, prima dell'introduzione del brevetto "Urbinati",
allo scopo di ottenere un convoglio che potesse trasportare un numero
di viaggiatori superiore ai convogli di motrice e rimorchio e alle MRS, pur
impiegando un solo bigliettaio. Nel 1966, alla loro radiazione,
passarono da ATAC a STEFER le vetture 5003, 5013, 5025, 5029,
5047, 5085. Le sei vetture passate alla STEFER erano forse quelle in condizioni
migliori, ma dovettero essere accantonate già nel 1972, per motivi
facilmente intuibili, e finirono i loro giorni al capolinea delle
Capannelle, dove furono purtroppo tutte demolite. |
Le vetture furono
ricolorate in bianco e azzurro e dotate di pantografo.
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Le motrici
bolognesi |
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Gruppo di 4 motrici provenienti dall'ACT di Bologna ("201", "210",
"218" e "228", del 1935 le prime due, del 1939 le altre), acquistate
per il potenziamento della Termini-Cinecittà. In origine bidirezionali,
trasformate in monodirezionali dalla STEFER (con eliminazione dei
comandi a una delle piattaforme), colorate in bianco
e azzurro e dotate di pantografo. Le vetture mantennero comunque le
porte sul lato interbinario, ovviamente non più utilizzate. |
Accantonate già
dal 1978, alla chiusura della linea per Capannelle, risultano
pochissimo utilizzate dopo il 1972. E' tuttora conservata a Roma la
201, mentre le altre sono tornate a Bologna a scopo museale nel 1977
(218), e nel 1990 (210, 228) |
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