La costruzione della rete tranviaria dei Castelli: ci si accorge fin dallo inizio che saranno necessari adeguamenti strutturali profondi

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SI COMINCIA A COSTRUIRE

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   La STFER iniziò l'effettivo servizio tranviario aprendo all'esercizio un primo collegamento a carattere urbano dal vicolo delle Cave al piazzale esterno di Porta San Giovanni, aperto al servizio regolare di linea l'8 novembre del 1903 dopo il collaudo effettuato il giorno prima. Questo primissimo tronco era lungo 2,1 Km e presentava un binario unico con raddoppio nei pressi dell'odierna piazza di Ponte Lungo; faceva parte della costruenda linea Roma Grottaferrata e il servizio fu disimpegnato da 4 piccole motrici monomotoriche a due assi, colorate in giallo e marrone e che furono quindi soprannominate "giallette".

 
 

L'unica immagine conosciuta di una "gialletta" della STFER, la numero 3 qui ripresa in piazza S. Giovanni in Laterano. Si nota un rotabile SRTO non identificabile.

 
   
  (Gabinetto Fotografico Comunale)  
 

   Come si può vedere dall'immagine qui sopra si trattava di piccole motrici del tutto simili alle contemporanee "200" della SRTO, (vedi foto della pagina precedente), inizialmente anch'esse coi terrazzini aperti, successivamente chiusi come fu anche fatto coi tram urbani, ed è pensabile che tale somiglianza non si fermi soltanto all'aspetto: sappiamo, per averlo già notato, che entrambe le amministrazioni erano interessate ad una connessione diretta delle due reti e infatti l'anno successivo il Comune di Roma concesse alla STFER la possibilità di utilizzare gli impianti della società delle tranvie urbane per prolungare almeno una parte delle corse sull'itinerario via Emanuele Filiberto, Viale Manzoni, Via Merulana e via Cavour fino ad un nuovo capolinea in Piazza Venezia. La definitiva concessione arrivò il 12 giugno del 1905 limitando però l'esercizio dapprima a piazza delle Carrette (non più esistente dopo lo sventramento della via dell'Impero, ma che si trovava pressappoco dove oggi troviamo largo C. Ricci), indi al foro Traiano, limitandone l'uso ai viaggiatori in possesso di un biglietto da o per una delle stazioni dei Castelli Romani.

   La costruzione del primo tronco urbano della rete costò 122.287,58 lire, onere al quale si devono aggiungere quelli per l'acquisto delle motrici (36.602,26 lire), e per la costruzione del deposito dell'Alberone (32.436,31 lire), per un impegno finanziario totale di 191.326,15 lire: dall'attivazione del servizio al 31 dicembre - quindi in un periodo di 1 mese e 26 giorni - furono venduti 37.756 biglietti alla media di 660 viaggiatori al giorno, per un incasso totale di 3.775,60 lire (prezzo della corsa: 10 centesimi), ma nello stesso periodo il bilancio fece fronte alla spesa di 1069,29 lire per il personale e di 666,59 lire per la fornitura di energia elettrica da parte della società Anglo Romana, cosicchè l'esercizio sociale dell'anno in corso si chiuse con un disavanzo totale di circa 53.000 lire. Si nota l'iniziale evidente improduttività economica di questo servizio, anche se - come pure notava la Società - lo stesso risentiva della iniziale mancanza di collegamento col sistema delle linee urbane: la mancanza di un collegamento effettivo diretto con obiettivi di particolare interesse ed anche con altre linee urbane, nonchè l'assenza di importanti risorse abitative lungo l'itinerario, dava adito alla previsione di un più alto traffico viaggiatori nei soli mesi estivi, magari per brevi scampagnate verso il podere dei Cessati Spiriti (nei pressi dell'odierno largo dei Colli Albani), ancora lontano sobborgo disabitato (o quasi), in quel periodo. (1)

   Nell'attesa di poter arrivare a Termini e a piazza Venezia la STFER chiese alle autorità di poter aprire un fornice nelle mura, il primo a destra di Porta San Giovanni guardando a quest'ultima dal piazzale Appio, per poter intanto attestare il proprio servizio urbano ad una conveniente distanza dai binari delle linee urbane della SRTO: contemporaneamente venivano aperti i cantieri a Castelgandolfo, Genzano e Frascati e l'ufficio tecnico della società provvedeva ad una prima programmazione dei futuri servizi urbani, anche orientandosi sulla scelta del materiale rotabile, riordinando il progetto complessivo della rete nelle situazioni ancora da risolvere ed in quelle in cui si riteneva necessario apportare delle correzioni. Lo spostamento del capolinea di fronte alla basilica di San Giovanni avvenne il 3 febbraio 1905 dopo la stipula di una convenzione tra la società concessionaria e l'Amministrazione dei Dazi di Consumo, nella quale si stabiliva che la prima avrebbe provvisto il fornice di un cancello alto non meno di 2,5 m, da chiudersi al termine del servizio con consegna delle chiavi alle guardie di finanza ivi comandate in servizio; la STFER, inoltre, si impegnava a provvedere il passaggio di una sbarra assicurata con lucchetto, la cui chiave sarebbe stata fornita ad ogni conducente che avrebbe dovuto aprirlo e chiuderlo prima e dopo il passaggio della vettura, indi che le vetture provenienti dal vicolo delle Cave e successivamente dai Castelli non oltrepassassero il confine delle mura se non dopo l'ispezione delle guardie di dogana.

   Alla penetrazione oltre il confine delle mura seguì il prolungamento delle linee per il capolinea di via Amendola (allora via Regina Giovanna di Bulgaria), e per la breve escursione a P.za Venezia, in entrambi i casi utilizzando gli impianti della SRTO con l'unica eccezione del capolinea di Termini, per il quale fu necessario armare la relativa sede. Nel breve periodo in cui i tram della STFER arrivarono a piazza Venezia l'attestamento, salvo rarissime eccezioni, rimase quello del Foro Traiano, accanto all'omonima colonna e di fronte alla chiesa della Madonna di Loreto.  

   Nel periodo in cui si provvedeva a queste prime sistemazioni del servizio urbano, mentre proseguivano speditamente i lavori di costruzione delle prime tratte extraurbane, l'ufficio tecnico della società, nella persona del suo capo, ing. Gallet, di comune accordo con il direttore di esercizio ing. Mazzolani, ela borava un dettagliato programma di esercizio della futura rete provvedendo a separare l'esercizio a seconda delle caratteristiche e delle necessità delle singole tratte. Si noti che alla data di redazione di questo programma ancora non è previsto un servizio diretto da Roma ad Albano lungo la via Appia, nè an cora si parla del collegamento tra Genzano e Velletri.

   Per il servizio locale da Termini al vicolo delle Cave fu stabilita una partenza ogni 15 minuti dalle ore 07:00 alle ore 21:00; per il servizio extraurbano da Roma ai Castelli vennero ammesse le percorrenze di 1,15 ore da Roma a Frascati, 2,10 ore da Roma a Genzano e 1,25 ore da Roma a Rocca di Papa tenendo conto di una velocità commerciale di 12 Km/h in tutte le tratte interessanti centri abitati, 25 su Tuscolana e Anagnina e dai 17 ai 22 sul resto della rete. Da questi parametri salta all'occhio il tempo sproporzionato di percorrenza fino a Genzano, conseguente alla necessità di effettuare l'itinerario della linea di Rocca di Papa fino al bivio di Squarciarelli, per poi percorrere l'intercastellare per Marino e Castelgandolfo fino ad Albano, tempo che a seguito dell'impegno che la STFER assume per far proseguire la tranvia da Genzano a Velletri e per l'eccessivo costo del viaggio, a seguito della tariffa chilometrica prevista sulle tratte extraurbane, impegnerà la società negli anni '10 alla costruzione della linea diretta Via delle Cave-Albano. L'orario fu redatto sulla base di una velocità effettiva prevista in 30 Km/h nelle tratte di campagna, 17 da Villa Senni a Squarciarelli, 12 sui viadotti, 20 in piano e nelle discese, 17 nelle rampe con pendenza inferiore al 4% e 12 con pendenza superiore a detto valore.

   L'anno successivo vengono completate le prime tratte extraurbane della rete, da via delle Cave a Grottaferrata e al Ponte Squarciarelli e le diramazioni dalla stessa linea per Frascati e Marino, in seguito attivate come Via delle Cave-Grottaferrata e Frascati-Marino: la prima era lunga 15,3 Km, a binario semplice con 3 raddoppi e un tratto in sede propria poco dopo Villa Senni, in località Borghetto (Grottaferrata), dov'è tuttora visibile un ponticello necessario a scavalcare un fosso, di circa 2,5 Km, per tornare sulla via Anagnina appena all'ingresso di Grottaferrata. La seconda tratta, di 7 Km, era attestata nella piazza Centrale di Frascati e percorreva la strada costruita appositamente per il tram fino al bivio di Grottaferrata: la linea seguiva quindi l'itinerario successivo a quest'ultimo paese fino al ponte Squarciarelli, da dove piegava verso Marino terminando in prossimità della villa Desideri. Nel complesso vennero inaugurati i primi 22,65 Km della rete, oltre al deposito di Marino San Giuseppe e alle due sottostazioni elettriche di Ciampino e di San Giuseppe, completate fin dal 1904 a cura della Compagnia T&H. Il servizio fino a Grottaferrata e Frascati fu inaugurato dopo le verifiche di circostanza il 19 febbraio 1906, mentre viene rinviata al 31 marzo successivo l'apertura della tratta fino a Marino.

   Il 1 aprile si ha il collaudo della tratta Marino-Genzano, di 10,4 Km da Villa Desideri di Marino alla piazza del Plebiscito di Genzano: questo tronco presentava un tratto di 1245 m in sede propria a Castelgandolfo, accanto alla "galleria di sotto", ovvero la già citata alberata di lecci che anche per l'intervento della Prefettura dei Palazzi Apostolici, che stipulò in proposito un accordo con la STFER, venne risparmiata ovviando ad una variante nell'itinerario che costeggiava da vicino la residenza estiva dei Papi. L'alimentazione della linea era assicu rata da una nuova sottostazione elettrica posta a Castelgandolfo, collaudata assieme alla linea di contatto già dal 26 gennaio, ed i raddoppi ubicati negli abitati di Castelgandolfo, Albano, Ariccia e Genzano. L'apertura all'esercizio dell'intera tratta avviene il successivo 8 aprile, contemporaneamente all'appena collaudato tronco dal capolinea di Termini a Porta San Giovanni (il collaudo di questo tratto era stato effettuato il 4 aprile), cosicchè dalla stessa data la rete dei Castelli, fatte salve le poche disgressioni verso il Foro Traiano, si attestava al capolinea che rimase unico fino alla chiusura della linea per Cinecittà nel 1980.

 
 

Una motrice 30 con rimorchio al capolinea del Foro Traiano. Si nota un veicolo tranviario SRTO, un ex tram a cavalli probabilmente già utilizzato come sala d'aspetto.

 
   
  (Coll. Vittorio Formigari)  
 

   Il completamento di questa prima parte della rete si ha in due tempi: al collaudo del 9 ottobre (siamo sempre nel 1906), la tratta che va da Squarciarelli al primo capolinea di Rocca di Papa - Valle Violata, ai piedi della prima funicolare ad acqua - risultò ancora non completata e alla STFER fu imposto di provvedere entro e non oltre tre mesi consentendo, allo stesso tempo, l'attivazione di un esercizio provvisorio che prevedeva un servizio navetta con una sola vettura alla volta e il presenziamento dei passaggi a livello ancora non provvisti dei cancelletti e della segnalazione ottica ed acustica. Il collaudo definitivo della tratta e l'attivazione dell'esercizio ordinario si hanno il 7 agosto 1907, cui segue il successivo 12 agosto l'inaugurazione della funicolare da Valle Violata a Rocca di Papa, ancora in costruzione all'attivazione provvisoria del 10 ottobre 1906: 3,9 Km di lunghezza da Squarciarelli ad un capolinea tronco, posto esattamente ai piedi della storica funicolare sulla quale vale la pena di soffermarsi, altro non fosse per ben spiegare cosa già si poteva fare in un presente storico in cui poco o nulla erano sentiti i problemi legati all'ecologia e all'ambiente e per far comprendere le vere motivazioni che tuttora impediscono l'istituzione di un Museo romano dei Trasporti Pubblici, ovvero l'obbligo di far comprendere in parole semplici a tutti che la ricerca di forme alternative di energia al petrolio non è poi tanto difficile e che il miglioramento delle infrastrutture legate alla mobilità collettiva passa non obbligatoriamente attraverso l'impianto di infrastrutture fantascientifiche o particolarmente complicate.

   L'azionamento di questa funicolare, genericamente definito a contrappeso d'acqua, si aveva a mezzo di una serie di serbatoi di varia grandezza posti alla base dei due vagoncini: questi ultimi potevano salire o scendere a seconda della quantità di acqua che riempiva o meno i serbatoi stessi, quindi non tanto per l'azione della fune che pure era sistemata a monte della linea, quanto per l'aumento o la diminuzione del peso del liquido che si spostava tra i vari serbatoi. Il punto di forza di questo impianto, in altre parole, era l'assoluta assenza di qualsiasi dispositivo di trazione elettrica, fondamentale in un epoca ancora prevenuta verso questa invenzione.

 
  La funicolare ad acqua di Rocca di Papa in una cartolina del 1908  
   
  (Archivio Storico del Comune di Rocca di Papa)  
 

   Non fosse per il binario e la necessità di allestire comunque una sede e due piccoli edifici ai suoi estremi la funicolare si inserì nell'ambiente circostante facendo pagare a quest'ultimo un prezzo ben minore di quello che fu costretto a corrispondere in nome del progresso e della pubblica utilità nel periodo in cui tram e ferrovie sconvolgevano la sonnacchiosa tranquillità delle campagne, penetrandovi senza alcuna discrezione e senza arrecare, salvo ben poche eccezioni, guasti particolarmente gravi.

   Nel tratto urbano della linea un opera degna di nota è il ponte che scavalcava l'an tica via Militare e la ferrovia per Albano e Nettuno (l'ex tranvia Portonaccio-Mari- no), costruito interamente in travate di ferro, a tre luci, una delle quali dedicata al solo percorso della ferrovia. Quest'ultima, e quella attigua, avevano una lunghezza di 5,50 metri, mentre la terza luce era di 8 metri.

   Per il disimpegno di queste prime linee la STFER aveva preventivato la consisten- za del materiale rotabile come dall'elenco che segue:

   - 8 motrici ad imperiale (a due piani), delle quali 3 di riserva;
   - 4 rimorchi ad imperiale, dei quali 2 di riserva;
   - 4 motrici a due assi per il servizio locale dei Castelli, delle quali 2 di riserva;
   - 4 rimorchi, sempre per il servizio locale dei Castelli, due dei quali di riserva;
   - 7 motrici per il servizio urbano di Roma, delle quali 2 di riserva;
   - 4 rimorchi, sempre per il servizio urbano di Roma, uno dei quali di riserva.
 
  I cantieri per l'allestimento del binario a Genzano.  
   
     
 

   La fornitura di motrici e rimorchi a due assi per il servizio locale dei Castelli consistette nel doppio del preventivo, ovvero 8 rotabili per tipo: le motrici furono numerate da 30 a 37 e, come per tutto il materiale dell'epoca, erano dotate di presa di corrente con trolley a rotella e rivestimento esterno in doghe di legno lucidato. Presentavano un solo accesso per lato, anteriormente al senso di marcia e l'equipaggiamento elettrico era, ovviamente possiamo dire, quello difettoso fornito dalla Thomson & Huston, caratteristiche che saranno mantenute, come anche per gli altri rotabili dell'epoca, fino alle prime modifiche intervenute negli anni '20.

   I rimorchi erano del tipo a terrazzini, con gli accessi sistemati su questi ultimi, e quindi su entrambi i lati del rotabile: furono costruiti, come le motrici, dalla Elettroferroviaria Boeker, ma al contrario di queste ultime non subirono modifiche importanti, anche perché non risultano più in servizio già dai primissimi anni '30, probabilmente radiati per l'entrata in servizio, nel 1931, dei convogli motrice+rimorchio delle serie "80+280" e "90+290".

   La fornitura dei tram a due piani fu quella preventivata, ovvero otto motrici e quattro rimorchi: la scelta di questo materiale, una vera rarità per il nostro Paese dal momento che oltre che sulla rete dei Castelli i tram a due piani furono utilizzati soltanto sulla Milano-Monza, fu dettata principalmente da due ragioni. La possibilità di poter trasportare il maggior numero possibile di persone con un solo convoglio, forse ovvia, non era l'unica preoccupazione della società dal momento che, come abbiamo già detto, al tram dei Castelli si attribuiva un importanza turistica addirittura sottodimensionata rispetto all'uso effettivo che se ne fece negli anni (e avremo modo di parlarne meglio nelle pagine che seguono). In effetti il percorso panoramico al secondo piano del tram, con un unico sedile longitudinale che consentiva il massimo della visuale sui punti panoramici come quelli dei laghi, si rivelò una scelta davvero indovinata, tanto più che l'imperiale - come ben si vede nell'immagine qui sotto - era in origine completamente aperto, unicamente riparato da enormi tendaggi. Agli esordi della rete si vollero ragionevolmente prevedere, addirittura, composizione bloccate a tre elementi (due motrici con rimorchio intercalato), che si sarebbero rivelate fondamentali se si fosse potuto continuare ad usarle.

   A questa scelta si arrivò comunque anche a seguito dei problemi legati all'eserci- zio del tronco urbano per via delle Cave, specie nei mesi estivi. Ben lungi dal preve- dere l'acquisizione anche temporanea di ulteriori rotabili la STFER aveva pensato di risolvere il problema eliminando i posti a sedere all'interno della giallette, in modo da aumentarne la capacità, imponendo alle stesse nei giorni festivi il traino di rimor chi concepiti per la trazione a cavalli, e quindi privi di freno continuo, che avrebbe avuto in prestito dalla società belga TFE dopo che quest'ultima aveva avviato l'eser cizio a trazione elettrica della tranvia Termini-Verano.

   E del resto il servizio urbano Termini-Cave si attestò ben presto ad una media di circa 700 viaggiatori giornalieri, che aumentavano tra i 1200 e i 3000 in quei giorni festivi di bel tempo che favorivano le gite "for de porta", e la media era addirittura superiore ai 2000 viaggiatori giornalieri nel periodo aprile-ottobre, tanto che questi valori si sarebbero potuti superare - sostiene la STFER nella richiesta di autorizza- zione all'uso delle motrici a due piani dentro la città - "ove il materiale mobile aves- se potuto rispondere alla richiesta di un traffico cosi eccezionale".

   Il Comune di Roma diede piena approvazione (5 gennaio 1904), all'esercizio tran- viario con materiale a due piani nel tratto Termini-San Giovanni (e vietandone l'uso sulle corse prolungate al capolinea del foro Traiano), probabilmente anche a segui- to delle numerose lamentele della cittadinanza per il servizio non propriamente co- modo offerto dalla Società del tram dei Castelli.

 
 
  Una motrice a due piani (la 12), ripresa a Marino nei primi tempi di esercizio della tranvia.  
   
     

  Motrici e rimorchi a due piani erano tecnicamente identici, costruiti dalla ditta Fratelli Diatto di Torino, ed anche qui troviamo l'iniziale equipaggiamento elettrico T&H, la presa di corrente con trolley a rotella, il rivestimento esterno in doghe di legno lucidato e un solo accesso per parte, anteriore al senso di marcia. I rimorchi rimasero tali, tuttavia, solo per brevissimo tempo. L'assenza in questi ultimi dei dispositivi di trazione spostava il baricentro del rotabile verso l'alto, dove si concentrava il massimo peso, con tendenza al ribaltamento del rotabile che diede luogo a gravi incidenti, anche per la tendenza di formare treni con un rimorchio intercalato tra due motrici e per la scarsa affidabilità del sistema di comando della T&H, i difetti del quale furono ben spiegati nel 1931 dalla rivista "L'Elettrotecnica" (citato da V. Formigari nel sito TramRoma):

 
 

"E' noto che il circuito di comando elettromagnetico Thomson Houston degli inizi del secolo presentava numerosi difetti, ad esempio quello di dar luogo, in certe condizioni, a corti circuiti sui contatti ausiliari dei contattori; qui sembra poi presentasse il difetto particolarmente grave di lasciare talvolta la motrice accoppiata permanentemente in trazione senza alcuna possibilità di disinserirla, se non staccando il trolley dal filo"

 

   Già pochi giorni dopo l'apertura all'esercizio della linea per Grottaferrata, infatti, un rimorchio carico di gitanti precipitò dal viadotto che scavalcava la via Militare (Via dell'Arco di Travertino), e la ferrovia per Albano e Nettuno. Stando alle cronache dell'epoca e alla spiegazione ora citata, la seconda motrice (quella che spingeva il convoglio), sarebbe rimasta in trazione, ovvero avrebbe continuato a spingere il rimorchio, mentre quella di guida era in fase di frenatura (sul viadotto era prevista la marcia a passo d'uomo), determinando un inclinazione anomala del rimorchio sull'asse orizzontale fino allo svio delle ruote dalla guida dei binari e alla conseguente caduta per il peso eccessivo che il rimorchio presentava sul secondo piano. Non appena le ruote si sono adagiate sul piano inclinato della massicciata lo sbilanciamento del rotabile avrebbe indotto una spinta irrefrenabile verso il basso, al punto che la forza esercitata spezzò gli organi di aggancio e impedì lo sviamento delle motrici. La linea per Grottaferrata rimase chiusa per alcuni giorni, ma intanto tutti i rimorchi furono immediatamente ritirati dal servizio e motorizzati.

 
 

Così la "Domenica del Corriere" ricostruì un incidente lungo la linea per Frascati, uno scontro tra una motrice in salita e un rimorchio che, per qualche motivo, si staccò dalla propria motrice e prese velocità in senso contrario.

 
   
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