Con il termine "Piante Succulente"
ci si riferisce a quel vasto gruppo di vegetali detti, impropriamente,
"Piante Grasse". La loro peculiarità consiste nel possedere
particolari tessuti (parenchima acquifero) specializzati nell'accumulo
di acqua, prontamente immagazzinata durante la stagione delle piogge per
far fronte alla stagione secca. Tali piante vivono in climi aridi oppure
colonizzano ambienti aridi in climi più piovosi. Quest'ultimo caso
è rappresentato, per esempio, dai nostrani Sedum e Sempervivum
che crescono su rocce e muri o dalle molte specie adattate alle dune marittime,
tutti ambienti in cui l'acqua scarseggia perché non trattenuta
dal suolo (aridità edafica). Quando si parla di piante succulente
il riferimento immediato è, però, a quelle piante tipiche
di zone semidesertiche, come i Cactus, le Agavi, le Aloe.
Va precisato che questo gruppo di vegetali è tra i più eterogenei
e comprende migliaia di specie, appartenenti a numerose famiglie ben diverse
tra loro, di cui alcune annoverano solo piante succulente (Cactaceae,
Crassulaceae, Aizoaceae, Agavaceae, per citare le più conosciute),
mentre altre comprendono sia succulente che piante erbacee o arbustive
(Euphorbiaceae, Asclepiedaceae, Apocynaceae, etc).
Praticamente ogni continente possiede le sue "piante grasse",
ma senza dubbio quello africano e quello americano possiedono il maggior
numero di specie.
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Strategie di
sopravvivenza in ambienti aridi
La "succulenza" può
interessare l'intera pianta o solo parti di essa: nel caso dei cactus
(famiglia delle Cactaceae) è il fusto (e, a volte, le radici) che
contiene il parenchima acquifero, mentre le foglie sono praticamente assenti
(con poche eccezioni: Pereskia, Opuntia); nel caso delle Crassulaceae
sia il fusto che le foglie sono succulenti; nel caso, invece, delle Apocynaceae
(per es. Pachypodium lamerei, la cosiddetta "palma del Madagascar")
solo il fusto, che spesso è un tutt'uno con le radici (si parla
allora di Caudex e di piante caudiciformi) è fortemente succulento,
mentre le foglie non lo sono affatto.
La succulenza, consentendo l'accumulo e la conservazione dell'acqua, costituisce
indubbiamente la migliore specializzazione di queste piante, frutto dell'evoluzione
compiuta in ambienti aridi. Ma da sola non consentirebbe, comunque, la
sopravvivenza in habitat estremamente duri, in alcuni dei quali può
anche non piovere affatto nell'arco dell'anno! Perciò, esse hanno
evoluto diverse forme di specializzazione che consentono un ottimale sfruttamento
delle scarse risorse idriche presenti, nonché il maggiore risparmio
possibile dell'acqua assorbita. Sinteticamente, si possono distinguere
due forme fondamentali di adattamento: adattamento morfologico e adattamento
fisiologico.
Per "adattamento morfologico" si vuole intendere la modificazione
dei vari organi e tessuti che comporta il cambiamento nella forma della
pianta; è il caso della riduzione - fino alla scomparsa - della
lamina fogliare, che permette la minore perdita di acqua per traspirazione,
così come l'ispessimento dei tessuti epidermici, accompagnato dall'apposizione
di strati cerosi (che conferiscono colorazioni glauco-azzurrognole, come
in Agave americana).
La modificazione del fusto verso forme cilindriche o sferiche rappresenta
la forma di adattamento morfologico più appariscente, che conferisce
alle piante la loro principale valenza estetica; lo scopo è sempre
quello di ridurre al minimo la superficie traspirante per risparmiare
acqua. Si pensi ai cactus globosi (il cosiddetto "sedile della suocera",
Echinocactus grusonii, per es.): la sfera è quel solido che possiede
il maggior volume contenuto nella minore superficie. Si pensi, ancora,
ai cactus colonnari (il Saguaro, Carnegia gigantea, per es.): la forma
cilindrica consente di tenere esposta nelle ore più calde della
giornata (quando il sole è allo zenit) la minore superficie possibile
(praticamente solo l'apice).
La trasformazione delle stipole in spine (e non delle foglie, come comunemente
si crede) costituisce un'altra mirabile forma di adattamento morfologico,
che la famiglia delle Cactaceae ha portato al massimo grado di specializzazione
e di diversificazione. Dunque, se è vero che le spine servono alle
piante per difendersi dal morso degli erbivori (non sempre con successo,
data la fame che caratterizza gli animali delle zone aride) e per consentire
un valido mimetismo, esse assolvono ben altri compiti. Fungono da condensatori
dell'umidità atmosferica (che in certe zone è l'unica risorsa
idrica costantemente reperibile) che, accumulata, va a gocciolare fino
ai piedi della pianta e può essere così assorbita. Inoltre,
soprattutto quando le spine sono molto fitte e/o accompagnate da peli,
formano una barriera protettiva dall'insolazione e, al contempo, creano
un'intercapedine tra l'epidermide della pianta e l'ambiente esterno che
consente la minore perdita d'acqua per traspirazione (nonché una
buona resistenza al freddo, come nel caso di molti cactus delle Ande).
La specializzazione delle radici costituisce un altro caso di adattamento
morfologico: apparati radicali che si accrescono vigorosamente in verticale
permettono di andare a cercare acqua in profondità; all'opposto,
apparati radicali che si sviluppano radialmente rispetto alla pianta e
molto superficialmente consentono di captare e assorbire anche una minima
pioggia, che non riuscirebbe a percolare, o la stessa rugiada.
La riduzione del fusto costituisce un generico adattamento morfologico
per limitare la traspirazione; alcune piante hanno raggiunto una riduzione
tale che sono delle vere e proprie nane, che mostrano all'esterno solo
il minimo indispensabile per vivere e nascondono sotto terra il resto
(in inverno arrivano addirittura a interrarsi completamente, per poi gonfiarsi
e riemergere con le piogge). In questo caso si parla di "geofitismo"
e maestri in questo campo sono molti piccoli cactus, ma, soprattutto,
i Lithops e affini (i cosiddetti "sassi viventi"), per i quali
vale la pena spendere qualche parola in più. Essi possiedono un
fusto molto ridotto a forma di cono, di cui solo il lato piatto si affaccia
dal terreno, mentre il resto si trova interrato. Questo equivale a dire
che ben poca superficie è disponibile per la fotosintesi e, quindi,
per l'accrescimento; tali piante hanno allora sviluppato delle "finestre"
trasparenti su questa superficie, che permettono alla luce di arrivare
anche al fusto sotterraneo.
L'evoluzione compiuta in zone aride ha portato a sviluppare anche adattamenti
fisiologici, sempre finalizzati all'ottimizzazione delle risorse idriche.
Il più importante è quello che viene definito "metabolismo
acido delle Crassulacee", tipico non solo di questa famiglia, ma
di gran parte delle succulente. Queste piante, dette a ciclo CAM, riescono
ad effettuare la fotosintesi in modo molto particolare, che cerchiamo
di spiegare senza addentrarci nei meandri della biochimica. In generale,
una pianta, per fare la fotosintesi deve tener aperti gli stomi onde consentire
gli scambi gassosi (fondamentalmente assorbire CO2 ed emettere O2 ), ma
in questo modo è soggetta a perder acqua per traspirazione. Una
pianta succulenta non può, però, permettersi questo spreco,
che sarebbe massimo considerando che la fotosintesi viene fatta di giorno,
quando il caldo è più forte. L'adattamento consiste in questo:
l'apertura degli stomi e gli scambi gassosi avvengono di notte, quando
è minima la traspirazione, la CO2 è accumulata sotto forma
di acido malico, per poi essere utilizzata nella fotosintesi durante il
giorno (a stomi chiusi).
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Valenza ecologica
delle piante succulente
Queste piante possiedono un ruolo
fondamentale negli ambienti in cui crescono, poiché spesso sono
le uniche piante - magari accompagnate da qualche arbusto xerofilo e da
effimere erbe - in grado di viverci e prosperarci, assolvendo il compito
della difesa idrogeologica, della produzione di biomassa e della costituzione
di biodiversità.
La difesa del suolo dall'erosione è garantita principalmente dalle
specie a crescita prostrata, da quelle con apparati radicali superficiali
e dalle specie stolonifere. Per comprendere l'importanza che possono avere
queste piante si pensi all'utilizzo che si è fatto dalle nostre
parti con il "Fico degli Ottentotti" (Carpobrotus edulis) per
il consolidamento delle dune litoranee (specie a crescita prostrata),
all'utilizzo dell'Agave (Agave americana) nel meridione d'Italia per il
consolidamento delle massicciate della ferrovia (specie stolonifere) e
alla colonizzazione - invasiva - del Fico d'india (Opuntia ficus-indica,
specie con radici superficiali) in zone estremamente degradate dove la
coltre arbustiva originaria, che garantiva protezione al suolo, si è
ormai persa.
La produzione di biomassa è un altro aspetto fondamentale per l'economia
delle zone aride, sia per al sopravvivenza delle popolazioni locali sia
per quella degli animali selvatici. Si pensi in proposito alla produzione
della Tequila, bevanda ottenuta dalla distillazione del succo estratto
dall'Agave tequilana, che rappresenta uno dei prodotti più esportati
dal Messico. Si pensi, ancora, al Fico d'india (diverse specie di Opuntia)
che costituisce con i suoi frutti e le sue pale (cladodi) uno dei principali
alimenti sia per gli uomini che per gli animali domestici che per quelli
selvatici.
Infine, la biodiversità, concetto oggi sempre più in uso:
le zone aride sono tutt'altro che ambienti poveri, poiché vi cresce
una quantità tale di specie diverse di succulente da poterli quasi
paragonare, in quanto a biodiversità, a delle foreste! Inoltre,
una buona parte di queste specie sono dei veri e propri endemismi, il
che costituisce una ricchezza ineguagliabile.
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Coltivazione
delle piante succulente
Esaurire questo argomento richiederebbe
una lunga trattazione, dato il gran numero delle specie e degli ambienti
in cui vivono, qui si vogliono solo dettare alcune delle linee guida per
una corretta coltivazione.
La prima cosa che si deve conoscere è il luogo d'origine da cui
proviene la pianta che si vuole coltivare, in modo da poter imitare artificialmente
il clima e il terreno. La conoscenza del periodo delle piogge e della
stagione secca ci serve per sapere quando la pianta ha bisogno di essere
innaffiata e quando, invece, deve stare asciutta. In altre parole, bisogna
irrigare e nutrire le piante durante la stagione vegetativa (che dalle
nostre parti, nell'Italia centrale, coincide con la primavera, solo in
parte con l'estate e con il mese di settembre) e fornire loro sufficiente
illuminazione (che, generalmente, significa diverse ore di sole al giorno:
le piante succulente, con l'eccezione di ben poche specie, non sono piante
d'appartamento!); durante la stagione di riposo (autunno e inverno), invece,
esse non hanno quasi bisogno d'acqua, se non qualche lieve irrigazione
sporadica e possono vivere con poco sole, ma hanno bisogno di temperature
relativamente basse (un appartamento riscaldato può essere letale).
Quanto detto vale sicuramente per le specie dell'emisfero boreale, perché
quella dell'emisfero australe hanno, almeno in teoria, il ciclo invertito
(quando da noi è estate in Sudafrica è inverno). Ho detto
almeno in teoria perché si è constatato che in realtà
molte specie si adattano al nostro emisfero, almeno in parte. Il genere
Aloe, per es., conta specie per la maggior parte a fioritura invernale
e in questo periodo occorrerà irrigarle.
Per quanto riguarda il terreno, si può dire che non esiste nessuna
ricetta universale, ma che sarebbe opportuno studiare il migliore terreno
per ciascuna specie, sempre ad imitazione del suolo in cui cresce naturalmente,
ma questo risulta essere molto complicato, per cui si procederà
per semplificazioni.
Un buon terreno di coltivazione deve essere sciolto, cioè ricco
in scheletro, permeabile all'aria e all'acqua, che non si asciughi troppo
lentamente ma neppure immediatamente, che sia ricco a sufficienza degli
elementi necessari alle piante (scarso in azoto, ricco in fosforo e potassio).
Per ottenere un terreno con queste caratteristiche è necessario
comporre una miscela di diverse terre, adoperandole in percentuali diverse
in base alle esigenze specifiche. L'humus deve essere di buona qualità,
magari di bosco misto e ben decomposto (senza elementi grossolani ancora
da mineralizzare, come foglie, ghiande, etc.); la terra di campo deve
essere anch'essa ben mineralizzata e contenere una certa dose di argilla;
lo scheletro, vale a dire sabbia grossolana o materiali simili, costituisce
l'elemento basilare. Può essere di natura diversa, come la sabbia
di fiume o la pozzolana, ma senza dubbio i materiali di natura vulcanica
come i diversi tipi di lapillo sono i migliori, poiché associano
alle buone proprietà fisiche delle ottime qualità chimiche
(molto ricco in potassio).
Per quanto riguarda le concimazioni, va tenuto presente che generalmente
le succulente sono piante frugali, nel senso che necessitano di pochi
nutrienti e che in una buona miscela di terre già sono contenuti
a sufficienza gli elementi necessari. Le concimazioni sono importanti
per il vivaista, che deve far crescere velocemente le piante anche a rischio
di "pomparle" (come capita di vedere troppo spesso: le piante
così innaturalmente cresciute sono soggette a facile morte). Per
l'amatore il concime deve essere un aiuto, nel caso per es. che si debbano
rinviare i rinvasi all'anno successivo, o un supporto nel caso non si
riesca a dare la terra ottimale, o ancora un prezioso contributo per piante
"difficili" che richiedano qualche microelemento difficile da
trovare nelle terre. Di concimi in commercio, più o meno specifici,
ce ne sono molti, l'importante è che possieda un basso titolo in
azoto e un alto titolo in fosforo e potassio.
Una cosa fondamentalmente va considerata: la maggior parte delle piante
succulente, almeno quelle più comunemente in commercio, sono piante
facili da coltivare e, soprattutto, si adattano egregiamente ai nostri
esperimenti e ai nostri sbagli, purché si diano loro sole a sufficienza,
acqua al momento giusto e terreno permeabile.
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Giardini di
piante succulente
Molte sono le succulente adatte ad
un giardino "mediterraneo", intendendo con questo termine un
luogo mite, assolato e in cui non piova molto. Vengono a mente i piccoli
giardini privati o i grandi giardini di orti botanici e di ville storiche
situati nel meridione d'Italia o in zone litoranee. In queste condizioni,
infatti, le piante riescono a prosperare, senza soffrire le gelate o gli
eccessi d'acqua invernali.
Ma si può tentare un giardino anche in regioni più fredde,
come nell'Italia centrale, purché si comprenda a fondo il concetto
di microclima. Con questo termine ci si riferisce a quelle condizioni
climatiche, spesso uniche, che possono verificarsi in particolari situazioni
e che sono molto diverse dal clima della zona. Sarò più
chiaro: una scarpata rocciosa esposta a mezzogiorno, riparata dai venti
freddi è senz'altro caratterizzata da un microclima caldo, anche
se ci si trova in una regione fredda. Così in città, un
angolo riparato da palazzi e ben assolato può diventare un buon
sito per un giardino di succulente. Il microclima va considerato anche
per la coltivazione su balconi e terrazze: quando si verificano ottimali
condizioni microclimatiche le piante possono esser coltivate all'aperto
tutto l'anno, con un semplice riparo per la pioggia.
Tornando ai giardini, riuscire a crearne uno di succulente in un clima
sfavorevole a queste piante rappresenta una bella sfida e i risultati
che si possono ottenere sono sorprendenti. L'importante è tenere
a mente le regole base di coltivazione, curandosi di ottenere un terreno
ancora più sciolto e drenato, poiché non potremo regolare
l'acqua a nostro piacimento, e questo è il limite maggiore. L'eccesso
di acqua nel periodo autunno-invernale (che provoca marciumi e fa diminuire
la resistenza al freddo) rende necessario una buona progettazione del
drenaggio e una sapiente scelta delle specie, giacché ve ne sono
molte in grado di adattarsi a condizioni d'eccesso d'acqua, nonché
alle gelate invernali.
Per chi invece vive in climi meridionali non sussistono reali limitazioni
all'impiego delle succulente all'aperto, purché ci si preoccupi
di innaffiare, considerando che queste piante hanno bisogno comunque di
bere per crescere.
I migliori risultati si ottengono con l'impiego di rocce a vista e studiando
in via di progettazione le prospettive e gli scorci, nonché le
combinazioni di colore (delle piante e dei relativi fiori), che si possono
conseguire con la moltitudine di specie a disposizione.
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