PER QUALCHE BARRA DI LATINUM IN PIÙ2

Parte 2 di 3

Pianeta del Sempre
Centro Studi L'Orlo del Tempo
Ufficio della Sicurezza
Giorno 10

Il Centro Studi sul Pianeta del Sempre, contrariamente a quello che si potrebbe credere, aveva un ufficio della sicurezza piuttosto piccolo. Al suo interno vi si affaccendavano un ufficiale anziano, un giovane a metà carriera ed un novellino, come se chi avesse assegnato i ruoli fosse stato ben attento a coprire tutti i 'target', ma in realtà l'assegnazione era del tutto casuale.

A dirla tutta, l'ufficio della sicurezza era più che altro una formalità. Il pianeta si trovava al centro di sconvolgimenti spazio temporali ed usare i sensori sulla superficie era quasi superfluo. Le letture, infatti, ne risultavano sempre distorte o di difficile interpretazione, tanto che una possibile infiltrazione o l'avvicinamento di una nave non autorizzata non sarebbe potuto comunque essere rilevato dal Centro Studi.

Il vero e più organizzato perimetro difensivo si trovava all'esterno del sistema, dove gli sconvolgimenti spazio temporali non potevano influire sulle attrezzature e dove la Sicurezza Federale aveva posto una fitta rete di sensori a protezione del Guardiano. La rete era organizzata a settori autonomi, sì che, nel peggiore degli scenari, nessuno potesse impadronirsene completamente. Inoltre era a prova di spillo, o così sostenevano i suoi progettisti, ciò significava che i 'guardiani' del Guardiano erano abbastanza sicuri che nemmeno un runabout sarebbe potuto passare senza che loro se ne accorgessero.

Uno dei pochi punti deboli era il settore A157, dove occasionalmente le perturbazioni si estendevano come un'onda di marea rovinando le apparecchiature, ma i nostri erano consci del problema e ormai il piano di intervento e riparazione era diventato qualcosa di automatico. D'altronde, per una questione di logistica e geografia del sistema, le sonde sensorie non potevano essere spostate verso un perimetro più esterno senza perdere la loro efficienza.

Pertanto, per i suddetti motivi legati a quella particolare regione di spazio, l'ufficio sicurezza contava giusto il numero di membri necessario a formare una rappresentanza. In quel momento erano presenti Dugal McCallister, un umano di Caldos (il novellino) e Jadarel D'Rxaf, vegana (l'ufficiale anziano).

McCallister aveva appena finito il suo giro di ronda ed ora stava tenendo d'occhio gli output dei sensori posti attorno al perimetro del Centro Studi e del Guardiano. Essendo ancora così giovane ed essendo lì da poco, Dugal dava ancora parecchia importanza ai dati rilevati dai sensori, malgrado gli altri due gli avessero già spiegato che questi erano da prendere con 'il beneficio del dubbio' o, per usare una terminologia idiomatica terrestre: 'da prendere con le molle'.

"Signore, credo ci sia qualcosa di strano" disse McCallister rivolto al superiore e nel suo tono si poteva chiaramente leggere la tipica esuberanza ed impazienza giovanili.

Jadarel era seduta alla propria scrivania e stava compilando il rapporto quotidiano per puro dovere di burocrazia. Alle parole del sottoposto alzò lo sguardo. "Sia più preciso, Signor McCallister."

"Ho delle strane letture, per un momento è sembrato quasi... sì, insomma" tentò di spiegare il giovane guardiamarina, ben sapendo di star facendo la figura del pivello e, per questa ragione, ingarbugliandosi ancora di più. "Dei picchi... qui, nella parte più esterna... non avevo mai visto prima dati del genere... potrebbe voler dire qualcosa..."

"Si calmi, Signor McCallister" Jadarel si alzò dal proprio posto senza perdere la propria aria compassata e si pose alle spalle dell'umano per sbirciare i famosi picchi e dati insoliti. "Cominciamo da capo, cosa intende con letture strane?"

Il guardiamarina si scostò di lato per lasciare spazio alla donna ed indicò una serie di dati sul terminale. Deglutendo e tirando un profondo respiro per tenere a bada l'emozione cucì insieme quella che sperava essere una teoria coerente. L'umano sapeva dello scetticismo degli ufficiali anziani e gli sembrava di essere tornato sotto esame. "Dunque, so che le letture dei sensori non sono mai affidabili al cento per cento..."

"Se lo fossero anche soltanto al sessanta ci andrebbe già grassa, non trova?" commentò asciutta la donna.

"...a causa delle interferenze del Guardiano e così via... però non avevo mai visto prima degli sbalzi di questo genere. Guardi, si sono verificati qui... e qui."

La vegana si chinò sul video per studiare attentamente i punti indicategli dal giovane umano. Nel frattempo Dugal pensò bene di riempire il vuoto spiegando il suo ragionamento, giusto per essere sicuro di non passare per un novellino che si emoziona per un nonnulla.

"Vede? Settore 43."

"Non sono cieca, McCallister."

"Il tracciato..." il giovane guardiamarina, sebbene l'emozione iniziasse un po' ad avere il sopravvento, decise di tenere duro e continuare, ma dovette fare qualche sforzo per tenere il tono di voce fermo e deciso (fallendo parzialmente nel suo obiettivo). "...non corrisponde a nessuno schema rilevato finora, cioè... signore, credo ci troviamo di fronte a qualche nuova emissione energetica mai rilevata finora oppure..."

"Oppure?" chiese l'ufficiale superiore, drizzando le spalle e piantando il proprio sguardo dentro a quello del collega in erba.

"Oppure... è possibile che ci sia..."

"McCallister" lo interruppe Jadarel, "capisco che lei sia giovane e impaziente di fare una bella figura..." Il guardiamarina mosse impercettibilmente le labbra, facendo quasi per protestare a quel giudizio sulla propria persona, ma si astenne all'ultimo momento. Era giovane, sì, ma abbastanza saggio da sapere quando parlare e quando invece tenere il becco chiuso.

Jadarel continuò nella sua filippica: "...mettersi in mostra, perché no? Sarebbe un ottimo modo per iniziare la carriera, non trova?"

Dugal non rispose a quella domanda retorica e Jadarel, dopo una pausa di qualche secondo in cui testò la reazione ed il carattere del giovane, riprese la parola: "McCallister, se quelli che lei ha notato non dovessero essere soltanto strani effetti provocati dal Guardiano... ha idea di cosa potrebbe significare?"

Jadarel salvò i dati dei sensori su di una cartuccia e spense il terminale. "Il Guardiano, McCallister, è una delle cose più potenti e pericolose che noi esseri mortali ci siamo trovati fra le mani. Per questo l'accesso alla Porta del Tempo è stato sigillato da ben tre sistemi di sicurezza differenti. Ora, lei si rende conto, vero, di cosa si scatenerebbe se si dovessero spargere voci infondate sul fatto che qualcuno di non identificato possa trovarsi ora sul pianeta."

Dugal rimase ancora in silenzio, guardando in faccia Jadarel e compiendo un non indifferente sforzo di volontà per resistere alla tentazione di abbassare lo sguardo. Dal canto suo, l'ufficiale superiore non aveva smesso di studiare il ragazzo e apprezzò ciò che stava vedendo. Ora come ora era carbone grezzo, ma sotto un'adeguata guida sarebbe diventato diamante.

"Signor McCallister, che cosa possiamo dedurre dalle letture odierne dei sensori?"

"Difficile da dire, signore, le interferenze spazio temporali rendono i dati poco affidabili, purtroppo."

"Già, è un peccato, non è vero?" Jadarel tornò a sedersi alla propria scrivania, tenendo sempre in mano la cartuccia dati con le letture che Dugal aveva trovato così strane. "Signor McCallister, per oggi può anche smontare dal servizio. Io mi devo trattenere ancora un po' per i soliti colloqui di routine con i responsabili della rete sensoria orbitale, ma se fossi in lei approfitterei del tempo libero per fare un po' di sport, magari può chiedere al nostro collega, il signor Darmar, di accompagnarla, dicono che il Settore 43 sia ottimo per un po' di footing."

McCallister annuì e si congedò, avendo afferrato al volo cosa gli fosse stato ordinato di fare. Il comandante Jadarel D'Rxaf si rigirò per qualche secondo la cartuccia dati fra le mani e si apprestò a chiamare, su canale protetto, il capitano Antar, responsabile della rete sensoria di sicurezza posta al perimetro del sistema.

Pianeta del Sempre
Zona dei Canyon (al confine del perimetro controllato dal Centro Studi)
Giorno 11

"Beh, ragazzi, grazie per la chiacchierata e arrivederci."

"Con piacere, ma non qui. Non è prudente allontanarsi così tanto dal Centro Studi, ricordatevelo."

I due cadetti si allontanarono, lasciando le due guardie della sicurezza al loro lavoro, qualsiasi esso potesse essere, visto che le suddette guardie avevano risposto alle domande in maniera vaga e svicolando dal discorso appena possibile.

"Non sarà stato troppo duro, signore?" chiese la guardia con il grado più basso, quando i cadetti si furono allontanati troppo per poter udire.

"No, signor McCallister" rispose Darmar, "fino a che non avremo chiarito da cosa derivino quelle letture dei sensori, preferisco esagerare con la prudenza."

Finita la discussione i due agenti continuarono il loro lavoro che, visto dall'esterno, assomigliava molto ad una procedura di controllo dei confini.

Una volta che furono abbastanza lontani da essere sicuri di non essere uditi, anche i due cadetti iniziarono a parlare fra loro. La loro intenzione era entrare nei canyon ed arrivare alla navetta con il latinum ma due agenti della sicurezza gli avevano sbarrato il passo, impedendogli di uscire dal perimetro del Centro Studi.

"Hai fiutato qualcosa, Ripley?" chiese Renko. "Ci hanno fermato, secondo te sospettano di noi?"

"Non posso arrivare a dire questo" rispose Ripley. "Ti dico solo che non ho avvertito l'odore tipico di chi ha un atteggiamento ostile. Pertanto posso solo supporre che il nostro piano stia proseguendo bene."

"Sì, se teniamo conto che a quest'ora dovremmo essere alla navetta a fare i preparativi e non riparati dietro a queste rocce per non farci vedere dalle guardie della sicurezza... direi che tutto sta andando alla perfezione."

La donna colse il tono sconsolato del cadetto. "Che problema c'è? Non abbiamo forse previsto che avrebbero potuto esserci degli intoppi? Piano B."

"Piano B" sospirò Renko, "la fa semplice lei... e piano B sia." Renko si sedette alla base della roccia, incrociò le gambe e chiuse gli occhi. Dopo aver tratto un profondo respiro iniziò a meditare. Estese i suoi sensi all'ambiente circostante, stava per iniziare il rilassamento quando avvertì chiaramente un movimento nella sua direzione. Un movimento che non aveva nulla di tranquillizzante. Agendo d'istinto, Renko si buttò di lato, spalancando gli occhi ed accucciandosi sul terreno, in posizione di guardia bassa. "Hai tentato di colpirmi!" esclamò verso Ripley, con tono d'accusa.

Ripley non proferì parola, la sua espressione facciale parlava per lei e stava dicendo: 'Certo, ma perché ti sei scansato?'

"Non farlo più!" continuò Renko, ricomponendosi.

"Non è chiaro" obiettò Ripley, "tu ti puoi proiettare solo se perdi conoscenza a causa di uno shock, se non lo faccio più come pensi di arrivare fino alla navetta?"

"No, no, no, non è esatto" specificò Renko, "posso proiettarmi solo in caso di trauma perché mi hanno imposto un blocco inibitorio contro le proiezioni, però ormai è passato qualche anno e con l'andare del tempo il blocco si affievolisce gradualmente. Perciò adesso io mi metto qui e medito, poi mi addormento e mi proietto, e nel frattempo tu non muoverai un dito, chiaro?"

Ripley sbuffò e si apprestò ad aspettare a braccia incrociate, mentre Renko si metteva di nuovo in posizione da meditazione, questa volta, però, un po' più lontano dalla donna.

"Stai già dormendo?"

"No."

"E adesso?"

"No."

"Quanto tempo ti ci vorrà?"

"..."

"Non ho sentito."

Renko riaprì gli occhi, guardano la donna. "Ho detto: 'non lo so.'"

"Ma ci sei già riuscito, senza prima...?" Per far intendere cosa volesse dire, Ripley fece un gesto agitando il braccio con il pugno chiuso.

"..."

"Non ho sentito."

"Non proprio" disse Renko, strascicando le parole con nonchalanche.

"Che significa 'non proprio'?"

"Significa... significa... ma che vuol dire 'che significa'? Significa... insomma! Significa: no. Ma sono sicuro di potercela fare. Mi basta solo trovare la giusta concentrazione e se mi interrompi di continuo, mi spieghi come faccio?"

"Ma non faremmo molto prima se io..." la donna agitò di nuovo il pugno.

"Ripley!" sbuffò Renko. "Il piano B consiste in due fasi: uno, riuscire a proiettarmi. Due, riuscire a risvegliarmi. La seconda fase, dal mio punto di vista, è la più importante. Capisci?"

"Aaah..." Stavolta fu il turno di Ripley di sbuffare. "Tutto avrei pensato tranne che il problema fosse questo! Ma cosa credi? Che potrei danneggiarti permanentemente? Come se io non sapessi controllare la mia forza. Beh, sta a vedere!" Ripley si voltò verso la parete e scagliò un pugno direttamente contro la pietra solida. La sua mano lasciò un impronta nella roccia, un paio di crepe partirono dal punto dove lei aveva colpito e tre pietre della grandezza di una pallina da tennis si staccarono dalla parete, provocando una piccola nube di pulviscolo che fece tossicchiare la donna.

Ripley si sforzò di tirare fuori uno di quei sorrisi che lei chiamava 'da soave fanciulla' e si voltò verso Renko, che aveva osservato l'intera scena senza muovere un solo muscolo del viso e che tuttora stava squadrando la donna senza che le sue palpebre avessero accennato a battere anche una sola volta.

"Questo era di riscaldamento" disse Ripley. "Il secondo colpo andrà meglio."

"Ripley... non ci sarà un secondo colpo se... se..." il delta gammano non finì la frase. Si limitò ad indicare con la mano il pietrisco che era caduto a terra.

"E se io tenessi il pugno fermo immobile e fossi tu a scagliartici contro?" propose lei.

"E se tu mi lasciassi finire di meditare in pace?" Fu la contro-proposta di Renko.

"E va bene, allora! Medita pure, io salgo un attimo e sto di vedetta" disse Ripley, indicando la cima della parete rocciosa alle spalle di Renko. "Così non ti disturbo più, va bene?"

"Va bene" concordò Renko, sollevato. Si chiese se Ripley se la fosse presa a male ma poi pensò che la ragazza non aveva la tendenza a mascherare le proprie emozioni, in particolar modo quelle negative, perciò era possibile che l'avesse semplicemente presa persa e basta. Poi il delta gammano accantonò tutte le considerazioni che l'avrebbero distratto dalla sua meditazione ed iniziò a sprofondare nella concentrazione.

Ripley salì il basso crinale dietro al quale si erano riparati e scrutò il canalone di entrata dei canyon che costituiva l'unica via d'accesso a quella zona. I due agenti della sicurezza erano ancora là e sembrava che stessero prendendo delle letture sensorie. Non guardavano nella sua direzione ma era sempre meglio essere prudenti e non attirare l'attenzione. Ripley si accucciò a terra, piegandosi sulle ginocchia, più sarebbe stata bassa meno sarebbe stato il rischio che i due la vedessero ed iniziassero a fare domande sul perché fosse tanto interessata al loro lavoro. Mentre appoggiava le mani a terra per tenere l'equilibrio, le sue dita incontrarono un sasso. Raccolse da terra la piccola pietra e si affacciò al basso strapiombo che aveva sotto di sé, sul fondo del quale Renko si era messo nuovamente in posizione da meditazione.

"Se la lascio semplicemente andare, cadrà attratta dalla forza di gravità senza acquisire una velocità troppo elevata" si disse. Studiò meglio la pietra soppesandola sulla mano. "Massa... altezza di caduta... no, non dovrebbe fare troppo male. Ma sì, va! Aggiudicato. Sarà quasi indolore" disse la donna, aprendo la mano e lasciando cadere il sasso verso il basso. "O forse no" ammise, quando l'ombra di un dubbio le sfiorò la mente.


 

Per Renko fu il buio. Si mosse in mezzo a quell'oscurità, protendendo le mani in cerca di qualcosa di riconoscibile ma attorno a lui c'era il vuoto. Sentiva uno strano formicolio sulla testa e gli venne da sibilare il nome di Ripley a denti stretti. Si sfregò i capelli con una mano anche se sapeva che non ci avrebbe trovato nessun bernoccolo e che il dolore era solo suggestione psicologica perché il link fra copia e originale non era fisico bensì mentale. Quando si fosse risvegliato aveva due o tre cosette da dire alla donna, ma per adesso, visto che ormai era lì, avrebbe fatto meglio a concentrarsi sulla missione di recupero del latinum.

Fece un passo e sentì sotto i piedi le asperità del terreno, alcuni ciottoli di pietrisco si mossero sotto al suo peso, rischiando di fargli perdere l'equilibrio. Questo era un segno più evidente che si trovava sul nudo terreno e non dentro ad una struttura artificiale.

-Mah... speriamo in bene- pensò.

Il processo di materializzazione era immediato, non c'era un periodo di viaggio, un momento in cui la coscienza poteva decidere di deviare su di un altro percorso. Prima di perdere i sensi, Renko aveva pensato fortemente alla navetta con il latinum, visualizzandola nella propria mente e questo era tutto ciò che aveva potuto fare per pilotare la proiezione, se si fosse distratto anche solo per un attimo sarebbe finito da tutt'altra parte e l'unico modo per correggere l'errore sarebbe stato quello di risvegliarsi e provare una seconda volta. Peccato che il metodo con cui l'avevano messo a dormire non glielo permettesse. In questo momento la copia originale di sé si trovava K.O. e per riuscire a riprendere i sensi a comando avrebbe dovuto sprecare gran parte delle proprie energie.

-E pensare che prima dell'incidente riuscivo a controllare le proiezioni meglio di quanto riuscissi a camminare...- sospirò Renko, mentre i suoi occhi si assuefacevano all'oscurità ed iniziava ad intravedere una sagoma scura davanti a sé. -Pazienza, fino a che non mi toglierò dai piedi questo blocco inibitorio dovrò adattarmi, come diceva il Maestro: 'Se il camaleonte ha il morbillo è inutile che se la prenda con la parete, si procuri piuttosto un secchio di vernice.'-

Il cadetto si diresse verso la sagoma scura e, malgrado la luce fioca, più i suoi occhi si abituavano al buio, più dettagli riusciva a scorgere. Renko raggiunse le pareti lisce di un velivolo e vi girò attorno fino a che le sue dita non incontrarono il leggero dislivello del portellone. Le sue labbra si piegarono in un sorriso. "Sì!" esultò, "malgrado il blocco inibitorio sono ancora un drago. Dunque... qual era il codice che aveva inserito Luke quando l'ha nascosta? Ah, sì, certo... quella strana frase: 'Apriti Sesamo'" recitò con tono teatrale, ed il portello della navetta iniziò a spalancarsi con maestosa lentezza, svelando il tesoro nascosto al suo interno.

"Wow!" esclamò il delta gammano, mentre le luci si accendevano automaticamente, rischiarando pannelli decorativi e suppellettili in latinum finemente lavorato. "Non mi ricordavo che luccicasse così tanto." Renko varcò l'ingresso, facendo scorrere le dita sopra gli intarsi ed i tasselli più preziosi che avesse mai visto. Alcune immagini dell'avventura che aveva vissuto nel presente alternativo e che aveva rimosso dalla mente iniziarono a tornare a galla. Il Gozar parallelo e l'Intendente Ossydianne... due figure che era stato più che lieto di vedere sprofondare nella dimensione della non esistenza. L'unica cosa buona che avessero fatto era stata lasciare tutto quel ben di dio dietro a loro. Grazie al latinum contenuto in quella navetta, infatti, i cadetti avrebbero potuto salvare Lam. "Bene" mormorò infine Renko, spazzando via i ricordi con un moto di sollievo. "Adesso assicuriamoci che sia tutto pronto per quando dovremo trasferire tutto questo."

Pianeta del Sempre
Centro Studi L'Orlo del Tempo
Sala Mensa
Giorno 11

La sala mensa era quasi piena ed i posti quasi tutti occupati. Non era un fatto insolito, visto che la sala non era molto grande, anzi, considerando la struttura in cui si trovava, era decisamente piccola. Malgrado questo, nessuno aveva mai fatto nulla per ampliarla, un po' perché, per motivi di sicurezza, il personale di servizio al Centro Studi veniva sempre tenuto ai ranghi minimi indispensabili, ed un po' perché i turni e gli orari di suddetto personale erano sfasati ed era pertanto raro che più di quaranta persone si trovassero tutte insieme a mangiare.

Foster e Vaarik erano accomodati ad uno dei tavoli e sembravano aspettare qualcosa. Il vulcaniano aveva scelto un menù vegetariano, come ci si sarebbe aspettato da un figlio di Eridanus, ma a Vaarik non importava cosa avesse nel piatto, purché assolvesse alle funzioni di apporto di sostanze nutritive. Foster invece aveva scoperto che nel replicatore erano inseriti anche menù tipici inglesi e non aveva resistito alla tentazione di ordinarne uno, ricordando i vecchi tempi.

Le tavolate erano da otto persone e seduti vicino ai due c'erano altri quattro cadetti, erano rimasti soltanto due posti vuoti, che Foster e Vaarik stavano tenendo liberi per i loro amici.

L'umano e il vulcaniano stavano borbottando fra loro (o questa era l'impressione che davano agli astanti) quando altri due cadetti si accostarono al tavolo.

"Allora?" chiese Paul, mentre Renko e Ripley si sedevano. "Com'è andata la vostra passeggiata?"

"Da sogno" disse Renko, facendo capire agli altri che avevano dovuto ricorrere al Piano B.

"Due guardie della sicurezza ci hanno fermato" specificò Ripley. "Hanno detto che era pericoloso allontanarsi così tanto dalla struttura. Visto che non abbiamo potuto addurre ragioni valide per insistere a proseguire, ci hanno fatto tornare indietro."

"E dei... canyon, cosa potete dire?"

"Li ho visti in sogno, i canyon" sospirò Renko, portandosi una mano sulla testa.

"Però almeno li hai visti" lo consolò Ripley. "Non eravamo andati lì per questo?"

Il delta gammano le scoccò un'occhiataccia e si sedette davanti al suo vassoio, ma non accennò ad intaccare il pranzo.

"Due guardie della sicurezza?" intervenne uno dei cadetti seduto al tavolo e che aveva sentito la conversazione. "Ci sono solo tre guardie al Centro, che cosa ce ne facevano due là?"

I quattro amici si guardarono un attimo in faccia e scrollarono le spalle all'unisono. Fu Ripley a rispondere alla domanda: "Tenevano noi lontano dal pericolo."

Il cadetto che aveva parlato era uno specializzando in fisica temporale e si trovava sul pianeta già da qualche mese, raccogliendo dati per completare la sua tesi di specializzazione. Si trattava di un alfa centauriano ed era di carattere ansioso. Anche gli altri tre seduti al tavolo si erano messi a seguire attentamente la conversazione.

"Quale pericolo?" chiese un andoriano. "Da quando il perimetro esterno è diventato così pericoloso da essere inaccessibile?"

"È solo dalla zona dei canyon, che ci hanno tenuto lontano" precisò Ripley. "Probabilmente è soltanto quella ad essere ritenuta pericolosa. A voi non era mai successo di essere fermati?"

I cadetti non risposero alla domanda della xenomorfa ma dalle loro espressioni era evidente che: no, non era mai successo prima. Per un breve istante scese un silenzio che, se non si poteva definire pesante, si poteva certamente definire 'piuttosto perplesso'.

"Sarà per evitare che qualcuno ti spinga giù!" esclamò Foster, per sdrammatizzare. "Ehi! Non guardatemi così, era solo un modo di dire..."

"Beh... magari non vogliono avere branchi di cadetti che se ne scorrazzano ovunque" ipotizzò Renko, citando una frase che aveva sentito ripetere a spron battuto da Sherman. "Paul ha ragione, forse lo fanno per evitare brutti incontri."

"Brutti incontri? Quali brutti incontri?" chiese l'alfa centauriano.

"Animali selvatici, mi sembra di aver visto delle impronte..." spiegò Renko.

"Impronte?" si stupì l'alfa centauriano. "Ma non ci sono animali selvatici sul pianeta... insomma! Le cose si fanno sempre più strane... che sta succedendo?"

"Renko, tu non sei capace di leggere le impronte" lo redarguì Ripley. "Io te l'ho detto, per me erano impronte umanoidi, le avrà lasciate qualcuno di qui."

"Via, ragazzi..." si intromise Paul, prima che la faccenda degenerasse, "non siamo in un oloracconto di terza categoria o, come si diceva ai miei tempi: in un film di serie zeta... avanti... non lasciamoci suggestionare troppo..."


 

Gli otto cadetti seduti al tavolo, gli stessi che avevano appena finito di fare discorsi su restrizioni operate dagli agenti della sicurezza e su strane orme trovate attorno al perimetro esterno della struttura, avevano poi finito per concludere il pasto in silenzio. Meglio non aggiungere altro, l'ultima battuta, lanciata lì con tono scherzoso per alleggerire l'atmosfera sul fatto che potesse esserci un 'qualcuno' di non bene identificato sul Pianeta del Sempre aveva invece ottenuto l'effetto contrario.

Vaarik, Renko, Ripley e Foster, una volta finito ciò che avevano nel vassoio, non si fermarono al tavolo per altre chiacchiere ma salutarono cortesemente e si alzarono per uscire subito dalla sala.

L'alfa centauriano (che si era presentato come Stad Marsa), rimase ancora un altro po'. Ci stava mettendo più del solito a finire il suo piatto di verdure ma qualcosa gli aveva fatto passare l'appetito. Qualcosa... già, chissà che cosa poteva mai essere stato? Quei discorsi non ci volevano. Non ci volevano proprio.

Stad rigirò pigramente una foglia d'insalata da una parte all'altra del piatto. Glielo dicevano sempre che lui era troppo apprensivo, che si preoccupava per qualsiasi nonnulla si trovasse sulla sua strada. Eppure qui c'era qualcosa che non quadrava, c'era, ne era sicuro. Anche lui, abitualmente, era uso passeggiare ai lati del perimetro esterno del Centro. Era rilassante, lo faceva ogni volta che gli capitava l'occasione. E il paesaggio? Che dire del paesaggio? Le rocce, il vento che sferzava i resti di una civiltà scomparsa in un luogo dove il tempo era tutto e niente, dove il suo scorrere si era ritorto su sé stesso attorno ad una macchina in cui scorreva tutto il tempo dell'universo.

Un'atmosfera di eternità perenne, questo vi si respirava, quello non era un pianeta, era una fotografia immutabile catturata chissà quando da chissà chi.

Inquietante.

Inquietante e bellissimo. Soprattutto per chi aveva fatto della fisica temporale la propria ragione di vita. Arrivavi sul pianeta perché qualcuno ti aveva parlato di un 'oracolo tecnologico' e ti ritrovavi di fronte all'allestimento scenico delle teorie studiate sui banchi. Un allestimento teatrale dimenticato, che continuava la sua esistenza senza secondi atti, senza che la storia potesse finire mai. Guardavi i colori e le forme di quei ruderi ed era come se qualcuno avesse intinto il pennello nelle formule quantistiche per dare vita a ciò che ti stava attorno.

Eppure, fra tutto, quella sensazione di abbandono.

Chi aveva costruito il Guardiano non c'era più (c'era mai stato?). Camminando per i sentieri e le rovine al di fuori del Centro Studi, nelle sue passeggiate fatte per schiarirsi la mente, Stad aveva sempre avvertito come una sensazione di solitudine, di mancanza.

E poi ieri.

Ieri era stato diverso. Ieri era nata quell'inquietudine che aveva trovato terreno fertile nei discorsi di quei quattro cadetti e se ne era nutrita. L'inquietudine che ora non gli faceva finire il proprio pranzo.

Ieri era uscito come al solito per uno dei suoi vagabondaggi. Solo lui sapeva se non aveva bisogno di staccare un attimo da calcoli, formule, raccolte dati... ma non aveva avvertito la solita atmosfera. Non era riuscito a rilassarsi, era come se qualcuno lo stesse osservando.

Non ci aveva fatto caso, sul momento. Si era solo irritato perché avrebbe voluto distendere i nervi e non riusciva. Marsa aveva avuto l'impressione di essere osservato, aveva avvertito un pizzicorino proprio alla base della nuca, costante, per tutto il tempo in cui aveva vagabondato per i sentieri lontani dalla struttura. Era un tipo apprensivo, se ne rendeva perfettamente conto, ma di sicuro non era paranoico. Aveva avuto l'impressione di essere osservato... forse era stata ben più di un'impressione, forse qualcuno lo stava osservando veramente.

No, no, non era paranoia... più la forchetta dell'alfa centauriano spostava le verdure da una parte all'altra del piatto e più il ragazzo si convinceva che, il giorno prima, qualcuno lo stesse seguendo. Qualcuno che non si era dichiarato né fatto vedere dal cadetto.

Pianeta del Sempre
Corridoi del Centro Studi L'Orlo del Tempo
Giorno 12

Thian era un umano ed anche lui era uno dei fortunati ammessi al corso di studi di Fisica Temporale sul Pianeta del Sempre. Il compito che si apprestava a svolgere ora, tuttavia, non era di natura accademica sebbene fosse molto gravoso.

Camminava per i corridoi tenendo una giacca in mano. Giacca che penzolava dalla sua stretta a pugno come se qualcuno la stesse strangolando. Effettivamente Thian non aveva simpatia per quell'indumento, era colpa sua se ora si trovava sulle spine. Non che pensasse che Renko si sarebbe arrabbiato, no, questo no, tuttavia... non sarebbe stato facile spiegare la propria posizione.

Che cosa si può dire quando la verità sembra tanto improbabile perfino alle proprie orecchie? Già si immaginava di fronte al delta gammano "Ehi, indovina un po'! Ho lasciato per un attimo la tua giacca incustodita e..."

Delle voci lo fecero fermare. Alcune le aveva riconosciute, altre no, ma non era tanto a chi appartenessero, che lo incuriosì, quanto piuttosto ciò che stavano dicendo. L'umano le sentiva arrivare da dietro l'angolo e rimase ad ascoltare quei discorsi dalla propria posizione, celato alla vista dei ragazzi che discorrevano ignari della sua presenza.

"Due agenti della sicurezza..." meditò Foster. "Vi hanno fatto domande particolari?"

"No, cioè... non proprio particolari. Ci hanno chiesto le solite cose in questi casi: dove state andando e perché. Nient'altro" rispose Renko.

Ripley aggiunse qualche dettaglio: "Abbiamo portato alla loro attenzione che la zona non era segnata come pericolosa e che avremmo voluto esplorare i dintorni."

"A questo punto ci hanno chiesto il perché e gli abbiamo risposto che era semplice curiosità da cadetti della sezione sicurezza. Avere un'idea del perimetro, ecc..." proseguì il delta gammano.

"Non siete riusciti a capire che tipo di sospetti abbiano?" indagò ancora Foster. Che questo fosse un punto fondamentale era fuori discussione.

"No, a quanto pare la tattica dei 'siamo tutti compagnoni della sicurezza' non è sufficiente a farli sbottonare, non siamo riusciti a capire esattamente che cosa sospettino, ma fanno sul serio" disse Renko.

"Qualcosa sospettano, poco ma sicuro" sentenziò Ripley.

"Come ci muoviamo con il nostro compito qui? Secondo voi sarà prudente continuare la... raccolta di materiale?"

"Ciò che ritengo poco prudente è prendere iniziative. Rispettiamo il programma o rischiamo di rovinare tutto il lavoro che abbiamo fatto finora" Vaarik riportò gli altri alla prudenza. Una mossa falsa a questo punto e gli ufficiali della sicurezza se li sarebbero ritrovati direttamente in alloggio, altro che perimetro esterno...


 

Thian restò immobile dietro al suo angolo, mentre una voce nel suo cervello protestava, accusandolo di codardia. Non stava cercando Renko, forse? Bene, l'aveva trovato... e allora cosa aspettava?

Tuttavia c'era anche un'altra voce, sempre dentro di sé, che impazziva di curiosità per ciò che aveva appena sentito, ma non riuscì a muoversi. Un'improvvisa inquietudine l'aveva preso, una sensazione che si era appiccicata sotto ai suoi piedi, inchiodandoli al pavimento e lasciandolo lì fermo, mentre sentiva i passi dei cadetti riecheggiare per il corridoio, allontanandosi da lui.

Pianeta del Sempre
Centro Studi L'Orlo del Tempo
Unità Abitativa 562/R
Giorno 12

Renko sospirò, sedendosi sul letto e facendo per togliersi gli stivali. Per quanto il Centro Studi fosse protetto dalla moderna tecnologia federale, c'era sempre della sabbia che riusciva ad infiltrarsi nelle calzature. Il cadetto si trovava nel proprio alloggio o, meglio, nell'alloggio che divideva con gli altri, visto che in una base del genere il comfort doveva per forza di cose essere condiviso. In questo momento, tuttavia, si trovava da solo ed aveva l'intero silenzio dell'alloggio a disposizione, proprio quello che gli ci voleva. Non avrebbe mai sospettato che la ricerca scientifica potesse essere così estenuante ed aveva tutte le intenzioni di sfruttare il proprio tempo libero dormendo della grossa, ma qualcuno aveva deciso diversamente. Infatti non ebbe neanche il tempo di sdraiarsi sul proprio giaciglio che sentì l'avvisatore acustico della porta echeggiare per la stanza.

"Avanti" disse, chiedendosi chi fosse.

Una guardia della sicurezza entrò nell'alloggio, una guardia che Renko non aveva mai visto prima al Centro Studi. "Cadetto Renko?" chiese. Domanda retorica, sapeva benissimo con chi stava parlando.

"Si?"

"Mi segua" ordinò la guardia.

"Posso saper..."

"Mi segua, per favore" ribadì la guardia. "Avrà tutte le spiegazioni fra qualche istante."


 

Quando Renko entrò nella stanza, trovò che attorno al tavolo erano già stati riuniti Foster, Ripley e Vaarik. Al suo ingresso alzarono gli occhi nella sua direzione e vi fu un silenzioso scambio di sguardi.

Renko si accomodò nell'unica poltrona rimasta libera, mentre la guardia che lo aveva scortato si allontanava di qualche passo, accostandosi alla parete ed assumendo la classica postura con le mani giunte dietro la schiena.

Nella stanza erano presenti tre addetti della sicurezza mai visti prima, probabilmente erano stati chiamati appositamente dalle stazioni che componevano il perimetro di sicurezza esterno del sistema.

Oltre a loro c'erano soltanto due membri appartenenti al Centro Studi vero e proprio. Il primo era il direttore in persona, il rinomato e stimato Dottor Henkberg, vero e burbero luminare della fisica temporale, il secondo era il suo fido braccio destro, il signor Tompac, genio dell'amministrazione e del pragmatismo, conoscitore di tutto ciò che succedeva al Centro Studi.

Il silenzio regnava pesante, il dottor Henkberg era seduto a capotavola e teneva una postura austera e grave. I cadetti si guardarono in volto l'un l'altro, chiedendosi quale fosse lo scopo di quella riunione ma, dagli sguardi scambiati, era chiaro che nessuno di loro fosse stato preventivamente informato.

"Signori" cominciò il direttore, e la sua voce stentorea echeggiò nella stanza. "Sembra che abbiamo un problema." Il dottor Henkberg si chinò in avanti, appoggiando gli avambracci sul bordo del tavolo e giungendo le mani davanti a sé, come a sottolineare la gravità della situazione. "Purtroppo, il problema riguarda voi quattro..."

I cadetti esibirono la loro migliore faccia da poker.

"Vedo che siete preoccupati... ne avete tutte le ragioni."

Evidentemente il tentativo di esibire un espressione impassibile aveva avuto esiti alterni.

"Si può dire che sia qualcosa che vi portate dietro da una... chiamiamola 'prodezza' del vostro recente passato... Kantara IV. Vi dice nulla?" Se il dottor Henkberg fosse arrivato subito al punto, sicuramente i quattro cadetti si sarebbero risparmiati una serie di scenari catastrofici in cui si vedevano arrestati o, al limite, accusati di aver compiuto un 'piccolo' passo oltre la legalità, da che erano arrivati sul pianeta. Ed invece il buon scienziato andò per le lunghe ancora un po' prima di rendere chiaro in cosa consistesse esattamente questo 'problema', che non aveva nulla a che vedere con le più recenti attività dei cadetti sui computer del Centro Studi.

Il dottor Henkberg attivò il terminale posto sul tavolo per portare all'attenzione un messaggio non latore di buone nuove.

La comunicazione era in formato video, si trattava di una registrazione e dopo il caricamento del file i cadetti videro apparire sullo schermo un volto noto. Le volte che lo avevano incontrato prima d'allora non erano mai state piacevoli (non per tre di loro, almeno), e neanche in quest'occasione era foriero di buone nuove.

<Accademia Flotta Stellare. Terra. San Francisco.>

<Inoltrare a Centro Studi L'Orlo del Tempo. Pianeta del Sempre.>

<Attenzione: direttore Tallius Henkberg>

<Attenzione: capo della sicurezza Jadarel D'Rxaf>

<Attenzione: cadetti Foster Paul J., Renko, Ripley, Vaarik cha'Temnok>

<Livello riservatezza file: bassa. Non inoltrare a terzi.>

<Inizio comunicazione.>

<Salve, sono il tenente comandante Naren Gozar, il presente messaggio deve essere riportato ai seguenti cadetti assegnati attualmente al vostro Centro Studi: Paul J. Foster, Renko, Ripley, Vaarik cha'Temnok.

Dunque, facciamola breve: a quanto pare alcune navi del clan orioniano Dsn'evl sono entrate in territorio federale. Se vi state chiedendo chi siano, sappiate che sono i compari dei simpaticoni che ho arrestato su Kantara IV. Non c'è bisogno che vi rinfreschi la memoria su quel rinnegato di Damocles Dastardly e sui suoi sgherri, vero?

Visto che il Corpo Diplomatico sta trattando con le autorità di Orione per concludere un trattato e trovare accordi per arginare il fenomeno pirateria... sembra un paradosso ma... purtroppo non possiamo rispedire 'sti tizi al mittente' semplicemente perché sospettiamo che siano degli incalliti criminali, perché creeremmo un incidente diplomatico in un momento molto delicato, almeno così mi hanno detto. La Federazione seguirà la sua solita linea morbida fino alla nausea, e finché questi... esseri, si comporteranno bene, avranno il diritto di passaggio in spazio federale come tutti i mercanti. Tuttavia l'Accademia ha deciso di rendere nota la notizia a tutti quelli coinvolti nella faccenda di Kantara, qualcosa sul tipo... siete stati avvertiti

È tutto e fatevelo bastare. Chiudo.>

<Fine comunicazione.>

<Richiesta di conferma visione del file: no.>


 

"Che 'lui' ha arrestato?" sbottò Foster. "È proprio da Gozar, che ne dite?"

"È vero, sembra proprio lui, non c'è dubbio" confermò Renko.

Il dottor Henkberg riprese la parola prima che gli studenti si mettessero a divagare: "Dunque... sembra che vi sia motivo di screzio fra voi e questi signori del clan Dsn'evl. Al nostro capo della sicurezza, Jadarel, piacerebbe scambiare alcune parole al riguardo."

"Perché? Cosa riguarda questo con il Centro..."

"Niente discussioni, prego. Il comandante D'Rxaf vi sta già aspettando nel proprio ufficio, vi presenterete a turno."

"Ma... potete ottenere tutte le informazioni dagli archivi dell'Accademia, non capisco a che pro un interrogatorio... a meno che..."

"Signori, siete congedati."

"A meno che voi non pensiate che gli orioniani possano arrivare fino a qui... ma allora... allora potrebbe veramente essere che qualcuno..."

"Signori!" tuonò Henkberg in un tono compassato ma che non ammetteva repliche. "Ho detto che potete andare. E sia ben chiaro, il Guardiano è al sicuro, intesi?"

"Chiaro, signore" risposero i quattro cadetti a turno, prima di uscire da lì. "Con permesso."

Pianeta del Sempre
Centro Studi L'Orlo del Tempo
Unità Abitativa 562/R
Giorno 12

Dover gestire l'intera operazione barcamenandosi fra lezioni e laboratori non era facile, ma non si poteva fare altrimenti. Si presupponeva infatti che loro cinque fossero lì per incrementare il loro punteggio accademico e non il loro conto in banca.

Sebbene condividessero lo stesso alloggio, era raro che tutti e quattro riuscissero a trovarsi insieme. A quanto pareva, per il Centro Studi, giorno e notte erano concetti astratti ed i turni individuali erano distribuiti di conseguenza. Tuttavia ora, a causa della convocazione nell'Ufficio del Direttore, tutti e quattro avevano un'ottima scusa per attardarsi a parlare dell'accaduto.

"Ragazzi, fatemi tirare un bel sospiro di sollievo" annunciò Renko. "Fino a che non ho visto la porta del direttore, ho temuto che quella guardia mi avrebbe condotto in cella, che le nostre manovre fossero state scoperte. E invece no, ci è andata bene e questo è rassicurante."

"Rassicurante? Sarò rassicurato solo quando questa storia sarà finita." Foster si passò entrambe le mani sul volto come per lavarselo, ma senza acqua.

"Che sia andata bene non è ancora un risultato da prendere per scontato" commentò Vaarik. "Aspettavate qualcuno?" chiese poi, spiazzando gli interlocutori che si aspettavano un qualche commento asciutto sulla situazione e non di certo una domanda del genere.

Tuttavia il vulcaniano non fu smentito, neanche due secondi dopo, l'avvisatore acustico dell'alloggio trillò. Tre sguardi si posarono su Renko, quello era il suo turno di riposo, gli altri in quel momento avrebbero dovuto trovarsi da tutt'altra parte.

Il delta gammano scrollò le spalle, non aveva idea di chi potesse essere ma c'era un modo per scoprirlo. "Avanti!"

La porta scivolò di lato rivelando progressivamente una figura umana che teneva fra le braccia una giacca. "Oh, scusate" disse l'ospite "Non pensavo ci foste tutti... sì insomma... ero venuto per..." l'umano guardò direttamente verso Renko, poi fece un inchino accompagnato da un tentativo di accomiatarsi. "Non vorrei disturbare, tornerò più tardi..."

"Entra" lo invitò Renko, avanzando verso di lui e tendendo la mano verso il fagotto che Thian teneva stretto. "Mi hai riportato la giacca, graz..."

"..."

"Cos'è successo alla mia giacca?"

"..."

Il delta gammano teneva il pesante giaccone da lavoro aperto davanti a sé. Ad un'occhiata superficiale poteva sembrare che tutto fosse a posto ma Thian gliela aveva porta in maniera che fosse subito chiaro il problema. L'umano si sentiva doppiamente sulle spine a causa del pubblico ma era una cosa che andava fatta, meglio togliersi il dente una volta per tutte.

"Ecco..." disse Thian. "È appunto di questo che volevo parlarti, stanno succedendo delle cose strane..." l'umano ebbe un attimo di esitazione quando vide la reazione dei compagni di stanza del delta gammano.

Il vulcaniano si era avvicinato e stava esaminando attentamente la tasca del giaccone con un sopracciglio alzato, mentre la donna, Ripley, gli sembrava di ricordare che si chiamasse, si era messa ad annusare il giubbotto. Se già il cadetto si trovava sulle spine, questo comportamento non lo metteva di certo più a suo agio. Ma ormai era in ballo, male che andasse sarebbe passato per pazzo.

Così Thian si fece coraggio e proseguì: "Stavo eseguendo delle rilevazioni sul pendio, come ti avevo detto. Ho tenuto il giaccone per tutta la mattina, ma al pomeriggio ha iniziato a fare caldo così l'ho tolto e l'ho appoggiato ad una roccia lì vicino. Ti giuro, mi sono allontanato per non più di mezz'ora e... non mi credi."

Renko scoppiò a ridere. "C'è uno strappo nella cucitura della tasca, e allora? Non è la fine del mondo se qualcuno ti ha frugato nelle tasche."

'Non è per la tasca' stava per dire Thian, ma la presenza di altre tre persone aveva vanificato il monologo che si era preparato per Renko, e di fatti fu interrotto dal vulcaniano.

"Gli hai prestato la giacca?" chiese il vulcaniano, con tono severo. "Sai che è irregolare far utilizzare ad altri le attrezzature dateci in dotazione."

"Andiamo, Vaarik... è solo una giacca" gli rispose il delta gammano. "Anche se non posso immaginare chi fra i cadetti abbia potuto fare una cosa del genere."

"Allora non ti spiace per il padd, vero?" buttò lì Thian, ottenendo tutta l'attenzione nella stanza.

Il sorriso di Renko gli si congelò sulle labbra. "Il padd?" chiese, portandosi una mano in cintura per assicurarsi che 55C9 fosse ancora integro e al suo posto.

L'umano mimò il gesto di Renko, portandosi anche lui una mano in cintura ed estraendo uno di quei padd che il Centro dava in dotazione agli studenti. Sotto al numero di inventario era stata apposta una targhetta con la dicitura: Cadetto Renko U.A. 562/R.

"Lo avevi lasciato nella tasca della giacca" spiegò. "Spero che non ci avessi preso appunti importanti perché..." Thian esitò un istante. Lo poteva sentire a pelle, lo poteva intuire dal loro silenzio, tutti erano diventati mortalmente seri. "...perché è scattato il programma di blocco..."

Il display del padd non lasciava dubbi, su sfondo nero lampeggiava il codice di errore che appare solitamente quando qualcuno tenta di accedere ai dati senza essere in possesso del giusto codice di autorizzazione (anche se nel caso specifico si trattava di una semplice parola d'ordine che i cadetti dovevano inserire più per pura formalità accademica che per altro.)

Ecco, ora tutti avevano lo sguardo fisso sul padd, era il momento. Thian si preparò a fare la figura del povero paranoico: "Anch'io avevo lasciato il mio padd nella tua giacca, quando è stata frugata, ma a quanto pare i miei appunti non sono così ricercati come i tuoi dati personali, perché è stato ignorato, completamente. Sai... solo qualche ora fa pensavo fosse successa soltanto una cosa curiosa... ma poi vi ho sentito parlare riguardo a strani movimenti della sicurezza ed ho chiesto in giro. Aleggia una certa preoccupazione, le voci stanno girando..."

"Thian..."

"Poco fa stavo venendo nel tuo alloggio e un addetto della sicurezza mai visto prima ti stava scortando via. Siete stati convocati tutti e quattro niente meno che dal direttore del Centro in persona, vero?"

"Thian..."

"In fondo, voi siete quelli dell'Incidente del Guardiano accaduto qualche mese fa, ed ora qualcuno sembra molto interessato al tuo lavoro, Renko... ma non sembra troppo desideroso di chiedertelo di persona, a quanto pare. Ragazzi... ma che sta succedendo?"

Renko restò un attimo in silenzio, lo sguardo rivolto al pavimento anziché verso il volto dell'umano. Invece di rispondere alla domanda di Thian, il delta gammano si diresse verso il terminale e schiacciò un bottone. "Cadetto Renko a Comandante D'Rxaf."

"Qui Ufficio della Sicurezza, parla Darmar."

"Può passarmi il capo sicurezza?"

"Dipende, prima dica pure a me di cosa ha bisogno."

(Voce in sottofondo) 'Signor Darmar, prendo io la comunicazione.'

"Qui D'Rxaf, mi dica, cadetto."

"Comandante... abbiamo un problema."

Pianeta del Sempre
Centro Studi L'Orlo del Tempo
Ufficio della Sicurezza
Giorno 12

"Lo sapevate!" esplose Foster, per nulla intimorito dal grado e dalla posizione della persona con cui stava parlando.

"Noi non sapevamo nulla, cadetto" rispose D'Rxaf, facendo pesare quel 'cadetto' a fine frase.

"Le letture sui sensori..."

"Un paio di letture incomprensibili non portano automaticamente a supporre la presenza di pirati orioniani in cerca di vendetta, signori."

"Però avete avvertito l'Accademia" affermò Vaarik, con tono di voce piatto, come di chi fa una constatazione sul tempo atmosferico.

"Sì, è esatto" rispose D'Rxaf senza scomporsi. "Se non altro, gli anni d'esperienza insegnano a non lasciare nulla al caso." Le labbra della donna si incresparono impercettibilmente e per un attimo, sul suo volto, aleggiò l'ombra di un sorriso mentre ripensava al proprio passato.

"Ma le vostre ricerche a cosa hanno portato?" chiese Renko. "Dovete aver trovato qualcosa, non vi sareste mai mossi solo per assecondare un po' di paranoia, giusto?"

"Quali ricerche?" chiese il capo della sicurezza, inflessibile.

"Andiamo!" sbottò Paul. "Non ci prenda in giro, comprendo benissimo il riserbo che volete tenere su tutta la faccenda. Sono abituato a cose del genere, visto che a miei tempi..."

"Ho letto il suo fascicolo, cadetto Foster" lo interruppe la donna, con un tono leggermente infastidito. "So del suo lavoro per quell'organizzazione segreta del passato. Davate la caccia agli alieni, se non sbaglio."

"Bene, allora capirà che tutto quello che le chiedo è solo 'niente giri di parole'. Non vuole allarmare l'opinione pubblica facendo trapelare una minaccia al Guardiano? Benissimo. Noi ci stiamo, vero?" Paul si girò verso i compagni che, ognuno a modo suo, risposero con cenni d'assenso.

"In fondo siamo noi i diretti interessati" continuò l'umano. "Potremmo esservi più utili se sappiamo cosa sta succedendo, no?"

D'Rxaf si appoggiò contro lo schienale, dando l'impressione di rilassarsi quando invece stava attentamente valutando la situazione. Considerò per un attimo le quattro persone che aveva di fronte, posando lo sguardo da un volto all'altro e poi tirò un sospiro. "E sia" disse. "Ma nulla di ciò che verrà detto ora dovrà mai lasciare le pareti di questo ufficio."

La schiena del capo della sicurezza lasciò il suo appoggio e si protese in avanti, sì che i gomiti potessero appoggiarsi sul ripiano della scrivania e le mani giungersi. "In realtà non abbiamo nulla di concreto, o meglio... non abbiamo nulla da cui poter desumere delle ipotesi fondate. Abbiamo trovato qualche impronta, ma chi le ha lasciate non aveva il proprio nome scritto sulle suole delle scarpe, se intendete che voglio dire."

D'Rxaf fece una pausa perché gli altri assimilassero l'informazione. Attese per qualche istante ma i cadetti rimasero in silenzio, aspettando che lei continuasse. E lei non li deluse. "Per ora la pista degli orioniani è la sola cosa che abbiamo, ma sono restia a prenderla sul serio. Voi capirete che malgrado le letture sui sensori e le tracce trovate, arrivare a dire che dei pirati orioniani siano riusciti a penetrare il perimetro difensivo... ce ne vuole! Perché rischiare tanto? Per una semplice vendetta? In realtà, se non fosse stato per il fatto che il misterioso intruso ha manifestato curiosità proprio per uno di voi... non l'avrei neanche presa in considerazione, un'ipotesi del genere."

"Ma forse per loro non era un rischio" meditò Renko. "E infatti non sono stati scoperti. Partendo dal presupposto che ci siano intrusi sul pianeta è possibile ipotizzare su come abbiano potuto fare per passare il blocco sensorio."

"Sembra semplice detto così, no?" affermò D'Rxaf, sollevando leggermente le sopracciglia in un espressione di curiosità e divertimento.

"Certo, non per niente sono della sicurezza. Mi sto specializzando in investigazioni, sa?" rispose il delta gammano senza scomporsi, mentre i compagni levavano gli occhi al soffitto. "Comunque" continuò Renko, "ci sono solo due modi, il primo è disporre di una tecnologia superiore o innovativa, ma è improbabile che il clan Dsn'evl ne sia in possesso, visto le passate esperienze." L'ibrido fece una piccola pausa e cambiò posizione sulla sedia. "Non resta che il secondo metodo."

"E sarebbe?" chiese D'Rxaf, che sebbene non pensasse che le elucubrazioni di questo cadetto avrebbero potuto portare effettivamente a qualcosa, era comunque incuriosita dall'entusiasmo di sottofondo che trapelava dalle serie parole del ragazzo quando si trattava di investigazioni criminali.

"Beh... il secondo sarebbe avere a disposizione i codici di accesso."

D'Rxaf restò a fissare il delta gammano, ma il ragazzo non aggiunse nulla, restando invece a fissarla a sua volta con un espressione d'attesa stampata in volto.

"I codici d'accesso?" chiese il capo della sicurezza, dopo aver tratto un respiro. Non voleva infatti scoppiare a ridere in faccia al cadetto, aveva deciso di riservargli almeno questa cortesia. "Ed in che modo, una scalcagnata famiglia di pirati avrebbe potuto mettere le grinfie sui codici di accesso federali?"

"È stato fatto un controllo del log degli ultimi arrivi sul pianeta?" chiese il cadetto, non arrendendosi né al sarcasmo né alle improbabilità.

D'Rxaf tornò ad appoggiarsi contro lo schienale della propria sedia, un semi sorriso stampato in faccia, e quasi per gioco pigiò qualche tasto del proprio terminale guardando nel frattempo il cadetto con un'espressione come per dire 'vediamo un po' che cosa salterà fuori'.

La stanza fu invasa da due 'blirp' in rapida successione, segno che il computer aveva finito l'elaborazione richiesta ed il capo della sicurezza posò lo sguardo sul video.

Il sorriso le scomparve dal volto.

I cadetti non potevano vedere i dati, essendo il terminale rivolto verso l'ufficiale, non poterono fare altro che rimanere a fissarne il dorso, chiedendosi cosa avesse visto la donna di fronte a loro.

D'Rxaf restò immobile contro lo schienale della poltrona mentre le sue braccia scivolavano lentamente verso il basso. "Non è possibile" mormorò.

Tantalus V
Struttura detentiva di riabilitazione Federale
Sala Colloqui
Giorno 03

Gli ufficiali della sicurezza accompagnarono Damocles Dastardly fino alla saletta in cui si tenevano i colloqui dei detenuti con parenti, famigliari, avvocati o chi altro.

"Si accomodi, signor Dastardly" gli disse il primo agente, usando un tono gentile ma dal quale si capiva perfettamente che era un bene non contraddirlo e fare ciò che richiedeva.

Damocles si mise a sedere di malavoglia sulla sedia che gli era stata indicata, chiedendosi chi potesse essere a volergli parlare. Era sicuro che non si trattasse di Demetra e tanto meno del suo avvocato, e non voleva trovarsi di fronte all'ennesimo ammiraglio che gli rinfacciasse quanto lui avesse deluso le aspettative della Federazione solo perché aveva scelto la via della criminalità invece che quella retta, dritta e splendente dell'ufficiale di Flotta modello.

"Dunque?" chiese.

"Un attimo solo" rispose l'agente, finendo di predisporre un pannello olografico. "Ho il dovere di avvertirla che in conformità alle leggi federali la sua conversazione sarà registrata."

-Registrata?- si chiese Damocles. -Ma chi accidenti è che mi vuole parlare? Non di certo il mio avvocato, se hanno il permesso di registrare.-

I due agenti lasciarono la stanza e Dastardly si ritrovò da solo. L'ambiente era completamente spoglio e privo di qualsiasi cosa potesse essere usato per fare o farsi del male. Erano presenti solo un tavolo imbullonato al pavimento ed una poltrona anch'essa saldamente ancorata.

Dopo qualche secondo un'immagine olografica a grandezza intera apparve dall'altro lato del tavolo e l'illusione era così perfetta che sembrava quasi il ragazzo fosse veramente presente nella stanza. Si trattava di un maschio umanoide che indossava la divisa dei cadetti della Flotta e un paio di occhiali scuri. Dastardly imprecò mentalmente, sapeva perfettamente di chi si trattava, era passato poco tempo da che aveva tentato di ucciderlo per vendicare la cattura di suo nipote Dick. Lui e gli altri suoi amici cadetti... era tutta colpa loro se adesso si trovava nella colonia penale di Tantalus.

"Buongiorno, comandante Dastardly" esordì Renko, presentandosi cordialmente. "Si ricorda di me?"

"Non sono più comandante" lo rimbeccò seccatamente. "E sto facendo di tutto per dimenticarmi della sua esistenza e di quella dei suoi amici."

"Oh!" esclamò Renko, all'apparenza contrito. "E pensare che io ho richiesto questo colloquio proprio per poterla aiutare a superare più serenamente questo periodo detentivo."

"Davvero?" chiese Dastardly con sarcasmo.

"Sì, davvero. Volevo farle sapere, infatti, che io la perdono."

-Tu cosa? Lurido avanzo rappezzato di parti anatomiche del corpo dalla dubbia nobiltà!- fu il primo pensiero dell'ex comandante. Ma il suo controllo lo fece desistere da mostrare ai suoi carcerieri uno scoppio d'ira del genere, la conversazione veniva registrata e lo psicologo del carcere non gli avrebbe dato tregua se non si fosse controllato.

"Dunque" proseguì il cadetto, "dalla sua espressione noto che non apprezza ciò che le offro. Peccato, perché se guarda oltre all'apparenza... scoprirebbe che potrebbe trarne se non sollievo, almeno consolazione."

Gli occhi di Dastardly si socchiusero, il prigioniero iniziò a studiare il cadetto, chiedendosi se volesse andare a parare da qualche parte o se stesse veramente solo snocciolando un fritto misto di buoni sentimenti. Il ragazzo fece una breve pausa per mettere in risalto l'importanza delle proprie parole e poi continuò: "Lei si aspetta che io le porti rancore, vero? Ma non sempre le persone sono quello se sembrano. Vede, come diceva sempre il mio Insegnante: 'Topi e paperi vivono su due lati opposti dello stesso continente '."

Gli occhi di Dastardly luccicarono sinistramente ed i suoi baffi ebbero un leggero guizzo. Quella era la frase in codice con cui lui contattava quei membri del clan Dsn'evl rimasti su Orione. A parte lui e il suo contatto nel Sindacato Orioniano, soltanto uno dei suoi sgherri ne era a conoscenza, e quello sgherro non si trovava dentro alla struttura di Kantara al momento dell'arresto. Di lui non si era saputo più nulla, poteva solo supporre che si fosse rintanato da qualche parte in attesa che le acque si calmassero.

Perciò, come faceva questo tizio a conoscere la parola d'ordine? Ma allora, a chi si trovava di fronte? Un trucco da parte delle forze dell'ordine per estorcergli informazioni? Non era possibile, nessuno degli sgherri arrestati poteva aver spifferato parole d'ordine di cui non era a conoscenza. Se non si trattava di una trappola, chi si celava dietro a questo ologramma? Era veramente quell'insopportabile cadetto tanto difficile da eliminare, o era possibile che sotto mentite spoglie si nascondesse qualcun altro? In fondo il ragazzo aveva parlato bene: non sempre le persone sono quelle che sembrano.

L'ex-comandante decise di agire con prudenza, tentando di rispondere in modo sottile alla parola d'ordine senza fare insospettire le orecchie in ascolto: "Bene" disse, "visto che si è preso la briga di passare attraverso a tutte le pratiche burocratiche per richiedere un colloquio con me, non mi sembra giusto vanificare così i suoi sforzi. Sappia pertanto che mediterò su ciò che è venuto a dirmi, del resto è anche vero che: 'Per un topo curioso, c'è sempre un papero sfortunato'. O il suo insegnante non le ha mai citato questa parte del proverbio? Quindi, vada avanti, la prego, e mi parli più approfonditamente del motivo che l'ha spinta a venire fin qui, sebbene in forma olografica."

"'E per ogni papero sfortunato ce ne sono tre di ingegno'" rispose il visitatore. "Vede, io non solo sono venuto a portarle il mio perdono, ma vorrei farle sapere che tutta la mia famiglia l'ha perdonata per ciò che è successo su Kantara IV e che non le portiamo il minimo rancore."

Il volto del cadetto si fece sorridente ed il ragazzo portò le mani bene in vista sul tavolo, poi iniziò a gesticolare leggermente mentre parlava, come se si trattasse di un'attitudine abituale. "Spero che queste parole possano esserle di utilità nel trascorrere il resto della sua condanna."

-Tutta la famiglia- pensava Dastardly, -ma allora significa che il clan Dsn'evl non mi porta rancore per l'arresto dei suoi membri su Kantara. È questo che è venuto a dirmi? Conosce tutte le frasi in codice, non può essere una coincidenza...-

Ad alta voce, Dastardly disse tutt'altro, facendo attenzione ad aggiungerci una riconoscibile punta di sarcasmo: "Lo è, lo è, non c'è dubbio. Non sa che tale peso mi ha tolto dal cuore. Sarà più facile ora, iniziare il mio percorso di redenzione."

Gli occhi del prigioniero caddero sulle dita del visitatore ed i suoi baffi ebbero un altro guizzo. Quel gesticolare apparentemente innocente non era casuale, probabilmente stava tentando di comunicargli qualcosa, ma cosa?

"Mi fa piacere sentirle dire questo, mi stavo chiedendo infatti se avesse ancora dei propositi di vendetta nei confronti dei cadetti della Flotta Stellare."

Dastardly si riscosse, era rimasto quasi ipnotizzato dai movimenti delle dita del visitatore. Improvvisamente realizzò. Dsn'evl! Ecco cosa voleva dirgli. Stava disegnando il simbolo del clan! Dunque i suoi sospetti trovavano conferma. Un sorriso si fece largo sotto i baffetti affilati, ma il prigioniero pensò subito a mascherarlo, dandosi mentalmente dello stupido. Attento, doveva stare molto attento a dosare le parole, se non voleva smascherare entrambi.

"Propositi di vendetta?" disse Dastardly, tentando di imprimere stupore nel proprio tono di voce. "La perdita del mio grado e dei miei privilegi mi ha fatto meditare molto, sull'argomento vendetta. Sì, ci ho pensato a fondo, lei era forse preoccupato di questo?"

"Beh... " disse il ragazzo, con un alzata di spalle, "tutti sanno che nessuno può pestare i piedi al clan Dsn'evl senza pagarne le conseguenze, giusto?" L'ultima frase fu sottolineata da un sorriso triste, ma era veramente triste o era anche un po' sinistro? Certo che a guardarci bene... il sorriso si rispecchiò per un attimo sul volto di Dastardly prima che questi riuscisse a nasconderlo.

-Prudenza, Damocles, prudenza, non puoi metterti a sghignazzare proprio ora, malgrado tutta la voglia che hai di farlo.- Ad alta voce disse invece: "Sì, è vero, così si dice in giro."

"Dunque, qual è la sua risposta?"

"Che non ha motivo di preoccuparsi. Può riferirlo anche ai suoi... amici. Riguardo all'argomento vendetta credo che la pensiamo allo stesso modo."

"Bene!" esclamò il visitatore. "E mi dica, come la trattano qui? Si trova bene?"

La conversazione si spostò sulle solite domande che si pongono ad un carcerato. Il ragazzo si interessò sul tipo di vitto, sulla durata della condanna e così via, sottolineando sempre le sue parole con qualche movimento delle mani.

A queste domande, Damocles Dastardly rispondeva enfatizzando a sua volta qualche parola con la tipica gestualità delle mani che hanno gli umani per rendere meglio un concetto.

Quando il visitatore ebbe avuto tutte le informazioni che era venuto a cercare, la conversazione olografica si interruppe e gli agenti entrarono per riaccompagnare Dastardly in cella. L'ex-comandante non poté fare a meno di trattenere un sorriso sinistro mentre camminava per i corridoi del centro di riabilitazione.

Pianeta del Sempre
Centro Studi L'Orlo del Tempo
Sala Conferenze
Giorno 13

La sala conferenze del Centro Studi L'Orlo del Tempo era piuttosto piccola ma comunque abbastanza spaziosa da contenere tutti i cadetti che venivano ospitati sul pianeta per completare i loro studi.

Un brusio continuo serpeggiava per l'aria, era un tipo di brusio diverso da quello che accompagna di solito gli studenti, questo era di una tonalità poco piacevole da sentire. Da qualche tempo erano cominciate a circolare strane voci e la cosa poteva anche sembrare buffa, visto che si parlava di fantasmi o altre creature simili. Poi la faccenda aveva iniziato a vertere su di un piano di invasione romulano e per finire sembrava che il Centro Studi sarebbe stato attaccato da un momento all'altro da un esercito del Dominio ammassato ai bordi del perimetro esterno e che unità Jem'hadar in perlustrazione stavano già accerchiando il campo.

Scremando ciò che era plausibile dalle ipotesi fantasiose si poteva arrivare comunque ad un punto fermo: sul pianeta c'era un qualche intruso misterioso e questa era una certezza. Più di un cadetto, nei giorni passati, aveva avuto strani presentimenti, la sensazione che qualcosa non andasse, ed ora che qualcuno aveva 'parlato per primo', era stato come spalancare le porte di una diga.

E pensare che quando Stad Marsa aveva iniziato ad assillare i propri compagni d'alloggio con le sue paranoie sull'essere seguito, nessuno l'aveva preso sul serio. Ma quando Thian, ancora prima di andare a parlare con Renko, aveva iniziato a fare il terzo grado a due o tre cadetti sospetti per scoprire chi gli fosse andato a frugare nelle tasche, il fiume di voci e di supposizioni aveva iniziato ad espandersi e gonfiarsi sempre di più.

Nelle ultime ore il personale del Centro era stato tempestato di domande e accuse e questo aveva reso necessaria la convocazione in sala conferenze di tutti i cadetti per fermare la paranoia collettiva che stava diventando man mano sempre più contagiosa. Finalmente le cose sarebbero state messe in chiaro.

"Silenzio, per favore. Silenzio." Il dottor Henkberg, direttore del Centro, si trovava in piedi dietro al leggio dei relatori e la sua voce veniva amplificata dall'impianto audio controllato dal computer. "Si è resa necessaria questa riunione per chiarificare alcuni avvenimenti svoltisi di recente sul pianeta. Vi prego di prestare la massima attenzione e di fornire tutto il vostro appoggio all'ufficiale di Flotta che sto per presentarvi. Lui vi spiegherà cosa dovrete fare, perciò vi prego di non interromperlo." Il direttore parlava come avrebbe fatto ad una qualsiasi conferenza scientifica, con tono di voce pacato e quasi monotono. Ma non si rendeva conto che il Guardiano era in pericolo? A quanto pare no. Il dottor Henkberg, infatti, si schiarì la gola e passò a presentare l'ufficiale di Flotta così come avrebbe presentato un qualsiasi collega in procinto di leggere una qualche ricerca di fisica quantistica.

"Signori, ecco a voi il comandante Naren Gozar."

Il direttore si scostò dal leggio per lasciare il posto ad un uomo che ne prese il posto e, dopo essersi inchinato leggermente verso lo scienziato a mo' di ringraziamento, esordì con voce stentorea: "Dunque, alcuni di voi mi conoscono, purtroppo per loro, di persona. Gli altri, invece, mi conoscono senz'altro di fama. Comunque mi presento lo stesso, nel caso i vostri encefali non abbiano ancora assorbito le parole dell'esimio scienziato impalato qui a fianco: sono il comandante Naren Gozar..."

In platea Renko aggrottò le sopracciglia. "Ma non starà esagerando?"

"Naaaaa, da che mi ricordo, esattamente quello che mi sarei aspettato da Gozar."

"Già" sospirò Ripley, lo sguardo puntato verso qualcosa che non si trovava nella stanza. "Stesso garbo (sospiro), stesso tatto nel parlare in pubblico (sospiro)..."

"Sorellina..." l'avvisò Foster, avendo notato una strana espressione sul volto della donna, "guarda che lui..."

"Lo so, lo so" lo interruppe Ripley. "Tranquillo, fratellino, mi rendo perfettamente conto della situazione."

Intanto il comandante Gozar stava continuando la sua enunciazione: "...perfino dei mangiagrafici come voi hanno notato inusuali movimenti della sicurezza e fatti insoliti, beh... non appena vi siete decisi a levare il muso che tenete perennemente appiccicato alla strumentazione scientifica, almeno. Non è nulla di grave, significa semplicemente due cose:

"Uno, tutte le equazioni che vi stanno ficcando nel cervello non vi hanno fatto ancora rimbecillire del tutto; due, è in corso un'esercitazione della sicurezza, bravi che ve ne siete accorti, malgrado noi non lo stessimo tenendo segreto... detto questo, il punto cruciale di questa riunione è soltanto uno, e cioè che nei prossimi giorni continueremo a svolgere una serie di esercitazioni della sicurezza per testare le nostre strutture sul pianeta. Pertanto qualsiasi movimento insolito vediate non dovete allarmarvi, anzi, è molto probabile che vi verrà chiesto di fare alcune cose, come evacuare determinate zone o rispettare certi divieti. Fa tutto parte dell'esercitazione e sono certo che non vedete l'ora di collaborare."

L'angosiano fece una pausa, spaziando con lo sguardo sulla platea. Dopo essersi accertato che le sue parole fossero state recepite aggiunse: "Questo è tutto, se avete delle domande da fare scrivetele su di un foglio e leggetele attentamente per assicurarvi che siano domande intelligenti, prima di venirmele a sottoporre. È una precauzione che mi auguro prendiate, per voi, ovviamente."

Gozar si allontanò dal leggio, lasciando nuovamente il posto al direttore che si mise a dare qualche istruzione e non pochi dettagli su come il loro lavoro sarebbe continuato normalmente e sul fatto che nessuno avrebbe dovuto per questo deviare dalla sua normale routine. Dopodiché la sala fu fatta sgombrare fra il brusio dei commenti che i cadetti si scambiavano l'un l'altro.


 

Thian si stava dirigendo verso l'uscita, ascoltando distrattamente le colorite opinioni che un suo compagno d'alloggio gli stava esternando su tutta la faccenda. Era troppo intento a guardare con la coda dell'occhio verso Renko e i suoi amici, per quanto pensasse che il ragazzo fosse a posto, si era sempre chiesto cosa ci facesse lì, sul Pianeta del Sempre e perché mai stesse seguendo quello stage sulla fisica-temporale, visto che aveva scelto come specializzazione la sicurezza. Dopo essersi informato aveva scoperto che anche la ragazza con gli spuncioni, quella... Ripley, che era in alloggio con il delta gammano, faceva parte della sicurezza.

Thian vide i quattro ragazzi alzarsi, ossia Renko, Ripley, il terrestre ed il vulcaniano, e dirigersi anch'essi verso l'uscita, ma solo per essere intercettati a metà strada da due ufficiali della sicurezza, che li scortarono verso Gozar e D'Rxaf che stavano discutendo fra loro in un cantuccio.

Il cadetto scrollò le spalle ed uscì dalla sala, adesso poteva anche smettere di chiedersi cosa ci facessero dei cadetti della sicurezza in mezzo a loro, era evidente che sia Renko sia l'altra tizia c'erano dentro, a tutta quella storia dell'esercitazione.


 

"Non si preoccupi, signor Gozar, ha la mia personale garanzia per ciò che riguarda il personale del Centro Studi. In quanto ai cadetti presenti... saranno anche mangiagrafici, come dice lei, ma sono destinati a diventare ufficiali della Flotta Stellare. In caso di pericolo seguiranno le istruzioni come da addestramento" stava dicendo D'Rxaf a Gozar.

I due stavano parlottando in un angolo della Sala Conferenze, aspettando che anche gli ultimi cadetti sgombrassero il campo. Quando il signor McCallister ed il signor Darmar si avvicinarono a loro, scortando quattro cadetti, l'angosiano girò appena la testa per degnarli di un'unica occhiata e poi, senza dire nulla, tornò a rivolgersi nuovamente al capo della sicurezza, come se i quattro non esistessero. "Quello che vorrei evitare, comandante, è che in caso di pericolo, di 'reale' pericolo, i ragazzi non prendano sottogamba le procedure pensando che si tratti dei soliti giochini di 'quelli della sicurezza'."

"Non si faccia ingannare dall'estrema specializzazione di questo corso. Non tutti gli scienziati sono creature allampanate che vivono al di fuori della realtà come vorrebbe il cliché. Questi ragazzi sono in gamba, vedrà, e sia io che il direttore metteremo bene in chiaro quale livello di partecipazione ci si aspetta da loro in caso... vengano chiamati a collaborare alle manovre. Del resto concorderà con me che coprire ciò che sta veramente succedendo con la scusa dell'esercitazione è la linea d'azione più prudente da seguire."

Gozar inclinò la testa di lato e tirò un sospiro. "Sì, in questo ci capiamo. Anch'io detesto avere fra i piedi dei civili in preda al panico, durante una missione."

"Bene" concesse D'Rxaf. "Se mi vuole scusare, ora preparo la sala per il meeting strategico."

Gozar si profuse in un inchino galante e restò un attimo a guardare le movenze della donna che si allontanava. Dopodiché inclinò leggermente la testa verso i cadetti alle sue spalle, ma senza guardarli, il suo volto era ancora girato verso il centro della sala, come se stesse tenendo sott'occhio il territorio.

"Bene, bene, bene" disse, sempre dandogli le spalle. "Ecco qui i quattro cavalieri causa di tutto questo... complimenti, vedo che vi siete dati da fare dall'ultima volta che ci siamo visti in Accademia." Gozar incrociò le braccia sul petto e scosse leggermente la testa, mentre gli angoli della sua bocca si incurvavano in un sorriso rigido. "E ditemi, per gettare tutto questo scompiglio, vi siete dati all'improvvisazione o avete perfezionato un qualche tipo di piano segreto?"

Renko prese fiato e fece per parlare ma Gozar lo anticipò, continuando il discorso: "È passata poco più di una settimana da che siete qui e già la sicurezza ha mandato una comunicazione diretta all'Accademia per tirarvi fuori dai guai."

"Ma non siamo i soli da biasimare..." intervenne Foster.

"È vero" ammise Gozar, compiendo un mezzo giro su sé stesso e voltandosi per la prima volta verso i quattro cadetti. "Signori" disse, rivolto a McCallister e a Darmar con tono di congedo, "d'ora in poi farò io da angioletto custode a queste cinque creature."

"Cinque?"

"Esatto, vi trasferirete sul mio mezzo di trasporto. C'è qualcuno che non vede l'ora di salutarvi come si deve..."


 

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TO BE CONTINUED...