Il vento strisciava perenne sulle rocce del Pianeta del Sempre, livellando le asperità di quella pietra eterna e riproducendo suoni sinistri, come se, in quelle gole, dimorassero ancora gli antichi predatori. Ed i predatori erano tornati. Non erano più le belve che potevano esserci state un tempo, interessate alla sopravvivenza e a un pasto giornaliero di carne fresca; erano un altro tipo di predatori, più pericolosi, più calcolatori, capaci di togliere la vita per il possesso di beni a cui, solo astrattamente, si potrebbe attribuire un qualche valore. Ed era in uno degli anfratti di quel canyon scavato da un fiume di cui non si conservava più memoria che stavano fuggendo, cacciatori cacciati a loro volta da un altro predatore più letale, più vicino, sempre più vicino.
"Correte! Muoversi, muoversi!"
"Merda! Ma non c'è niente che lo fermi, quello?"
"Sì, certo: la nostra morte. Risparmia il fiato e corri!"
Quattro figure stavano percorrendo a rotta di collo la flangia di un precipizio. Scartando pietrisco, detriti e rocce che erano franati dalla parete della montagna nel corso dei secoli e chiedendosi cosa li avrebbe uccisi prima, se un passo falso o chi li stava inseguendo.
"Guardate, siamo arrivati! È dietro quella curva, è dietr..." le parole morirono sulle labbra del giovane orioniano. "No... no... non può essere!"
Dietro a quella curva, dove era nascosta la loro via di fuga, la salvezza, la montagna era impietosamente franata, seppellendo, insieme al sentiero, la loro unica possibilità di una ritirata indolore.
"No... no... no!" continuava a ripetere l'orioniano, come un rabbioso mantra. Il ragazzo, però, non stette impalato a lungo, guardando il disastro senza muovere un dito ma passò ben presto all'azione, scagliandosi contro la parete di roccia ed iniziando ad estrarre pietra per pietra a mani nude, gettando quelle che aveva già tolto giù per il precipizio.
"No, fermati! È una trap..."
Un raggio phaser piombò dall'alto verso il giovane, colpendolo di striscio alla gamba destra e facendolo cadere al suolo. L'orioniano compì quasi una capriola su sé stesso e si ritrovò steso a terra a fissare il baratro ad occhi sgranati, ascoltando il rumore del vento che lo sfidava ad avanzare ancora.
Fu afferrato da due braccia forti e tirato, trascinato al riparo di uno spuntone, mentre i suoi tre compagni rispondevano al fuoco come meglio potevano.
"Come ha fatto? Come ha fatto a precederci?" ringhiò il più anziano, facendo segno agli altri di ritirarsi per la strada da cui erano venuti.
Il gruppo riprese la corsa, abbandonando il sentiero conosciuto per infilarsi in un dedalo di anfratti e spuntoni di roccia, sperando così di riuscire a seminare quell'essere implacabile che gli stava alle costole.
"Fermi, fermatevi... non ce la faccio più."
"Rialzati!"
"Per Orion, ha una gamba ferita! Che differenza vuoi che facciano, a questo punto, due minuti in più o in meno... siamo o non siamo armati anche noi?! Affrontiamolo!"
"Che differenza?! La differenza che io non passerò il resto dei miei giorni in una prigione federale! Fatelo alzare!"
"Non ho più forze" protestò debolmente il giovane ferito, ansando, con le mani fradice di sudore appoggiate al terreno.
Il compagno lo guardò duramente e strinse la presa sull'impugnatura del proprio phaser. Due passi lo portarono a pochi centimetri dal ragazzo accasciato al suolo. "Trovale" gli ordinò impietosamente, mentre gli puntava la canna al centro della fronte, facendo capire che non avrebbe esitato a sparare, piuttosto che lasciarsi dietro un testimone pericoloso.
"Calma, non tutto è perduto, dimenticate...?" s'intromise un altro.
"Ragazzi..." li interruppe una voce estranea. I quattro orioniani si voltarono all'unisono nella direzione da cui era giunto quel commento. "...non fate giochi pericolosi, che poi vi fate male... e io resto senza lavoro." L'estraneo avanzò verso di loro tenendo un fucile phaser puntato al centro del gruppo. Alle sue spalle c'erano altri due ufficiali della sicurezza in tuta da combattimento, a quanto pare erano circondati ed ora le alternative rimaste si potevano contare sulle dita della mano di un monco.
La situazione era di stallo, quattro phaser orioniani contro tre fucili federali. Il primo grilletto che fosse stato premuto avrebbe dato il via ad un tripudio di fuoco incrociato, evento che sul Pianeta del Sempre non si verificava da tempo immemorabile, sempre che abbia un senso parlare ancora di tempo in questo luogo eterno.
"Mi avete un po' deluso, vi facevo più professionali" disse il capo dei federali, forse per prendere tempo, forse cercando un modo per contenere i danni. "Non studiare la mappa del territorio... potrei dirvi di essere riuscito a raggiungervi e mettervi in trappola..."
"Non siamo noi ad essere in trappola!" scattò uno degli orioniani, puntando il proprio phaser direttamente sull'interlocutore, ma il comandante federale lo ignorò palesemente e continuò il suo discorso come se il contrabbandiere non avesse mai parlato.
"...perché sono più veloce, agile ed efficiente di voi... ma, purtroppo, sono solo più intelligente... e bello. Non vi siete accorti che c'era una strada più corta, per ficcarvi nei guai? Si vede che a voi piacciono le cose complicate."
"Bravo, bel discorso" lo scimmiottò uno dei pirati. "Ma come ha giustamente fatto notare prima il mio compagno, cadere in trappola non è un concetto famigliare, per noi. Perciò, visto che la levetta dei nostri phaser si è casualmente inceppata su 'distruzione totale globale', noi adesso ce ne andiamo e tu te ne starai qui buono, buono, se non vuoi scatenare un disastro. Non è questa la politica federale? Mai fare la bua, mediare ad ogni costo?"
"Figliolo" rispose serafico il comandante, "noto con vero piacere che i tuoi collegamenti neurali ti rendono in grado di costruire frasi di senso compiuto... è nei contenuti, che risulti carente. Senti, perché non mettiamo via i nostri due phaser e non ti avvicini? Così ti spiego il mio personale concetto di politica di mediazione, credo che la troverai abbastanza inusuale. Che ne dici? Avanti..." Abbassando solo leggermente la punta del phaser, il federale fece un passo in avanti.
"Fermo!" gli intimò il pirata, sottolineando le proprie parole con il movimento dell'arma.
"Qualche problema?" chiese il comandante, in tono di sfida.
"No" gli rispose il pirata, mentre il sorriso di chi la sapeva lunga si faceva strada sul suo volto. L'orioniano iniziò ad indietreggiare. "Non saremo noi ad avere... i problemi."
Il comportamento del contrabbandiere aveva messo in allarme il federale, ma era troppo distante per riuscire ad agire in tempo, anche se questo non gli aveva impedito di scattare in avanti, puntando di nuovo il phaser e pronto a far fuoco. Purtroppo prendere la mira gli fu impossibile, sia a lui che agli altri due ufficiali della sicurezza, infatti una cortina fumogena ad espansione rapida si era formata nel giro di due secondi, nascondendo alla vista i quattro orioniani. I federali fecero fuoco sulle posizioni che i banditi avevano occupato solo poco prima, sparando forse a casaccio ma con metodo.
"Granate a campo di forza!" esclamò il comandante, quando sentì il rumore dei loro raggi impattare contro una barriera di energia. "Avevano anche granate a campo di forza, quei bastardi!"
Il fumo si dissipò improvvisamente come era apparso, trattandosi, ovviamente, non di vero fumo ma di un composto chimico, e quando svanì del tutto, i tre federali scoprirono che anche i pirati erano svaniti insieme a lui.
"Non possono essere andati lontani, comandante. Hanno solo tentato il trucchetto per nascondersi da qualche parte" ipotizzò uno dei federali, avvicinandosi al proprio comandante.
"Lei crede?" gli rispose questi scettico, abbassando del tutto la punta del fucile phaser ed avanzando verso l'area ora deserta, come se sapesse che ormai non c'era più pericolo. I suoi piedi cozzarono contro un gradino, l'ufficiale si fermò e fece cenno ai colleghi di guardare verso il suolo. Polvere e pietrisco ricoprivano il terreno tranne che in quattro aree che avevano una forma circolare perfetta e che lasciavano intravedere una superficie metallica.
Gli addetti alla sicurezza capirono immediatamente cosa fosse successo, uno di loro si mise a spolverare l'area con il piede, riportando alla luce una piattaforma portatile di teletrasporto nascosta poco sotto la superficie. Quando i quattro orioniani si erano teletrasportati, approfittando del diversivo, era stato smaterializzato anche il pietrisco direttamente sopra gli emettitori.
"È la piattaforma portatile che mancava dall'inventario della base, comandante" constatò il più giovane. "Come diavolo hanno fatto quei bastardi ad anticiparci? Così sono riusciti a sfuggirci!"
"No" rispose tranquillamente il comandante, mentre sul volto gli si dipingeva un'espressione seria, concentrata, implacabile. "Sono stati furbi o abbastanza paranoici da pensare alla peggiore delle eventualità, per ora sono avanti a noi, ma anch'io ho preso le mie precauzioni e vi assicuro: prima che passino cinque ore, quei pirati saranno dentro una cella federale... o non mi chiamo Naren Gozar."
Stacco.
Il tenente comandante Naren Gozar, ancora una volta, aveva incrociato il percorso di Paul, Vaarik, Ripley e Renko, solo che, stavolta, ciò non era avvenuto su di un ring durante un'allegra (ma solo per lui) lezione di combattimento corpo a corpo. No, stavolta era in pericolo la vita stessa dei cadetti e Naren Gozar, quasi come una beffa del destino, era colui che si ergeva a loro difensore.
Ma questa vicenda ha radici ben antecedenti al piccolo inseguimento appena descritto, per quanto sia sempre difficile, nella vita delle persone, costellate di eventi così legati fra loro in una spirale di causa-effetto, fissare un punto di origine di tutto ciò che può succedere dopo. Più difficoltoso di quanto si possa credere, poter dire: 'Ecco, mi è successo questo perché quella volta, quel giorno, a quella tal ora ho fatto così.'
"Elementi di fisica temporale applicati al continuum quantistico..." Changomani stava fissando perplesso il modulo che Renko aveva lasciato sul tavolo del proprio alloggio. "Com'è che ti sei iscritto ad un corso così specifico, non volevi diplomarti nella sezione sicurezza?"
"Dovevo essere ubriaco, infatti" rispose il delta gammano, correndo da una stanza all'altra nel tentativo di completare i preparativi per la partenza in tempo utile. Mentre passava attraverso il salotto afferrò al volo il padd dalle mani di 'Chango' per andare a metterlo in valigia. "Comunque mi hanno convinto dei miei amici piuttosto versati in fisica, per quel che riguarda la teoria mi daranno una mano loro."
"Non vorrei disilluderti, ma non sarà per nulla facile. Questa è una materia che non riesce a capire nemmeno chi la insegna, figurati chi la deve imparare!"
"Lo so, lo so, ma... se mi andasse bene? Frequentare questo corso mi darebbe un punteggio sufficientemente alto nelle materie scientifiche da permettermi di raggiungere la mia quota, tanto da non dovermi affannare a seguire la miriade di corsi scientifici del terzo anno. Come hai detto tu, io sono della sicurezza e così potrei poi concentrarmi su altre materie."
"Ehm..."
I due cadetti sentirono qualcuno schiarirsi la gola e si voltarono per accogliere il nuovo arrivato.
"Salve Zani, già finito con le lezioni?"
Vargas Zani stava in piedi sulla soglia del foro nella parete che ora univa l'alloggio di Renko con quello di Changomani e, appunto, Zani. Sebbene fosse passato qualche giorno da quando Iris Bi se ne era andata, portandosi via quel pezzo di paratia su cui Renko aveva impattato così tante volte da lasciare la propria sagoma, la parete non era ancora stata riparata ed i cadetti avevano preso l'abitudine di passare da un alloggio all'altro come se fosse tornato ad essere un unico ambiente.
"Posso farti notare" disse Zani, compiendo un passo ed entrando ufficialmente nell'alloggio del delta gammano, "che se ad ogni cadetto è stato assegnato un punteggio minimo da raggiungere in tutte le materie, indipendentemente dalla specializzazione, c'è, effettivamente, una valida ragione?"
"Beh, dato che la mia specializzazione è la sicurezza, il punteggio che devo raggiungere in scienze non è così alto, se mi va bene questo corso, dopo me ne basteranno solo un altro paio per raggiungerlo" gli fece notare Renko, sebbene conscio del fatto che Vargas lo sapesse già benissimo.
"Sto parlando di cultura generale, non dovresti fare un ragionamento del genere, nessuno lo dovrebbe fare, non è un caso che i cadetti formati dalla Flotta Stellare siano fra i più preparati in assoluto" protestò il mizariano, con tutta la calma e la pazienza che lo caratterizzavano.
"È vero" ammise Renko, pensieroso. "Però, purtroppo, non ho il tempo di discuterne adesso. Magari ne riparliamo al mio ritorno" concesse l'ibrido, prima di resistere all'impulso e dire al mizariano: "O magari ne parleremo la prossima volta che rientrerai completamente coperto di fango e fuliggine dopo l'ennesima esercitazione della sicurezza che, se fossi venuto anche tu su Kantara IV, avresti potuto evitare."
Vargas Zani scosse la testa rassegnato, gli occhi al soffitto, ma dovendo ammettere, sebbene solo a sé stesso, che c'era un fondo di saggezza in ciò che il delta gammano gli aveva appena detto.
"Tu ti preoccupi sempre per gli altri" gli disse Renko, che aveva già finito i preparativi ed ora si trovava fermo di fronte al mizariano, la valigia già chiusa ed ai propri piedi. "Grazie" aggiunse poi l'ibrido, mentre Vargas iniziava a sentire una strana punta di commozione a quel commendo del tutto inaspettato. "Mi ricordi 693 e io trovo che sia... rassicurante, avere qualcuno che si preoccupa per il tuo benessere. Ma quest'anno ho intenzione di concentrarmi più sull'ingegneria che sulle materie scientifiche... trovo che mi sarà più utile."
Zani era rimasto fermo, senza parole. Il più delle volte, il suo atteggiamento paternalistico provocava negli altri una reazione quasi piccata, come di un moto d'orgoglio. Sapendo invece che il delta gammano non lo stava né sfottendo, né tantomeno adulando per ottenere un qualche beneficio personale, Vargas si rammaricò che quella paratia fosse rimasta intatta così a lungo. E poi, senza secondi fini, Renko aveva appena detto di essere interessato all'ingegneria, il campo che il mizariano adorava e, soltanto per questo, la stima per quel ragazzo aveva fatto un balzo in avanti.
"Beh, allora ciao, ci vediamo al tuo ritorno. Spero che tu riesca a totalizzare veramente un buon punteggio" disse il mizariano.
Renko salutò e uscì dall'alloggio, da lì a un'ora si sarebbe imbarcato sulla Huston insieme a Ripley, ed avrebbero raggiunto Vaarik e Paul sul Pianeta del Sempre di lì a qualche giorno.
Vargas e Changomani restarono invece ancora qualche minuto nell'alloggio, prima di dover di nuovo uscire per affrontare altri compiti ed altre lezioni.
"Spero che tu riesca ad ottenere veramente un buon punteggio..." disse Changomani, ripetendo a pappagallo la frase di commiato del suo compagno di stanza. "E la cultura generale che fine ha fatto?"
"Ragazzino" gli rispose questi con tono mite e calma serafica, "impara ad ascoltare ed apprendi dai compagni più anziani. Prima Renko avrà raggiunto il suo punteggio in scienza e prima potrà iniziare a dedicarsi alle cose serie... tipo l'ingegneria."
Changomani alzò gli occhi al soffitto, esattamente come aveva fatto il mizariano solo qualche istante prima, mormorando: "Andiamo bene..."
Lo schermo del terminale si era riempito di miriadi di colori che si intrecciavano fra loro, aggregandosi in spirali contorte, frenetiche, che si avvinghiavano una all'altra e si disfacevano qualche secondo dopo.
"Santa talpa!" esclamò Foster. "Avrei potuto ottenere lo stesso effetto con una pastiglia di LSD."
"Prego?" chiese il vulcaniano, inarcando un sopracciglio.
"Nulla. Stavo solo rimuginando sul fatto che io ho dovuto attraversare i secoli, viaggiare per milioni di parsec e prendermi una laurea in fisica per arrivare dove un qualsiasi figlio dei fiori è già stato prima..." Paul si scostò dal video, appoggiandosi allo schienale della sedia distogliendo l'attenzione da quello spettacolo che, a lungo andare, faceva venire le vertigini ed anche un po' di nausea.
"Se ti riferisci al grafico rappresentato dal computer per schematizzare l'andamento delle onde interfasiche derivanti dalle metacorrenti frattali dello sp..."
"Ehi, Vaarik, calma..." lo bloccò Paul, prima che il compagno si lanciasse in una dissertazione con equazioni ad n incognite, "...calma, era solo un modo di dire."
"Capisco" tagliò corto il vulcaniano.
"Stavo scherzando."
"Suppongo sarai comprensivo, se non rido alla battuta."
Foster sbuffò divertito, chiedendosi se fosse il caso o meno di stuzzicare un po' l'amico. Vaarik era diventato così vulcaniano, da quando erano arrivati al Pianeta del Sempre... oddio, non che ci fosse nulla di strano, Vaarik era vulcaniano, ma Paul lo conosceva molto meglio di come appariva.
L'umano iniziò a stiracchiarsi, sciogliendo i muscoli della schiena ed alzandosi in piedi per sgranchirsi un po' le gambe, tutte quelle ore seduto gli avevano fatto venire voglia di correre un po', era da qualche tempo che non si allenava, un allenamento vero, agonistico e non marce forzate in mezzo alla giungla, baruffe con pirati spaziali o che altra sfig... ehm... disguido, capitato negli ultimi tempi.
Foster si avvicinò al replicatore da parete e prese a studiare la lista dei cibi disponibili che scorreva instancabile a fianco della grata di replicazione. Per un attimo sembrò che fosse incerto su cosa ordinare ma poi si strinse nelle spalle e chiese: "Un caffè."
Appena la tazza si materializzò, la prese in mano e si voltò, guardò ancora una volta le spirali impazzite dimenarsi sul video del terminale, il risultato di un secolo di studi sul Guardiano dell'Eternità, sfociato in un grafico tanto complesso ad occhio umano quanto infantile, se paragonato alle vere potenzialità di quella ciambella senziente.
-Tornare...- pensò. Non l'aveva fatto apposta, la sua mente l'aveva pensato e basta. -Grazie a quella specie di ciambella con il buco...- non finì la frase, non era la prima volta in cui rifletteva cosa potesse veramente significare il Guardiano per lui, ma poi scosse la testa e mormorò sottovoce: "La mia vita è qui, ormai..."
"Hai detto qualcosa?" chiese Vaarik, con inflessione neutra.
Foster sorrise, sapeva che il vulcaniano aveva sentito benissimo. "Sì" rispose, "ho detto: è ora di aprire le danze." L'umano estrasse dalla borsa un dispositivo che, a prima vista, poteva sembrare un normale tricorder e si girò di nuovo verso il replicatore, ma il suo vero obiettivo era la paratia subito lì a fianco e con abilità ne scardinò il pannello, scoprendo così le porte di accesso diretto al computer.
Il vulcaniano, nel frattempo, aveva estratto esso stesso una scheda piatta che, a prima vista, sembrava un normale chip dati. Quella era un'occasione perfetta, erano rimasti praticamente soli, nella grande sala, e studiare non era l'unico scopo per cui si trovavano lì, c'era qualcosa che si erano lasciati indietro dall'ultima volta che avevano messo piede sul Pianeta del Sempre e che ora avevano intenzione di recuperare.
Era per quello che ora stavano facendo quel che stavano facendo, avevano bisogno di qualche dato supplementare, un buon piano si basa su una solida base di informazioni e loro ne avevano già raccolte in quantità sufficiente da capire come entrare nella rete di computer del Centro Studi.
Paul lanciò il programma che avevano studiato, stupendosi ancora una volta come i sistemi di difesa più complessi ed ingegnosi venissero sempre alla fine aggirati dalle soluzioni più semplici e lineari, come sfruttare la banda portante della rete di replicatori alimentari a mo' di cavallo di Troia, ovvero: come essere messi in scacco dalle macchinette del caffè.
"Com'è il caffè?" chiese Vaarik con aria casuale, come se si stesse veramente informando riguardo alla qualità della bevanda.
"Molto meno amaro di quel che mi aspettavo" rispose l'umano, ben lontano dal riferirsi alla tazza di liquido scuro ma leggendo in realtà i dati che giungevano al proprio dispositivo. "Ci voleva proprio, adesso sì che possiamo procedere con il lavoro."
Un osservatore casuale non avrebbe potuto notare nulla di strano nel comportamento o nella conversazione fra i due cadetti ma Vaarik, sebbene da buon vulcaniano odiasse le metafore, aveva invece capito benissimo il significato nascosto nelle parole del compagno e tornando a voltarsi verso la propria postazione azionò il chip, sfruttando la strada che era stata aperta per trasmettere e ricevere dati dalle aree che li interessavano, come previsto sarebbero riusciti a completare il tutto entro il tempo stimato di due minuti e trentacinque secondi.
Tuttavia un'irrazionale sensazione si insinuò fra le pieghe dei suoi calcoli così precisi e perfetti. Vaarik tentò di arginarla, un vulcaniano che si rispetti non poteva basare la propria linea di condotta su delle impressioni, ma su fatti comprovati e linee d'azione logiche.
Fine del procedimento fra novantatré secondi.
Eppure la sensazione era ancora lì e non voleva andarsene, come un campanello d'allarme che facesse vibrare la struttura dei propri calcoli, minacciandone la solidità.
Fine del procedimento fra tredici secondi.
Era quel tipo di sensazione che la sua buona disciplina avrebbe spazzato via senza troppo sforzo ma era anche quel tipo di sensazione che uno schiavo dello specchio non poteva permettersi il lusso di ignorare del tutto.
Fine del procedimento... una sirena d'allarme risuonò per il Centro Studi e tutti i terminali della stanza si oscurarono, mentre la voce sintetica del computer informava gli astanti sulla natura del problema.
<Attenzione! Integrità della rete di difesa compromessa. Blocco delle banche dati di livello Alfa Omega attivato. Attenzione! Integrità della rete di difesa compromessa. Blocco delle banche dati di livello Alfa Omega attivato.>
Foster si staccò dalla rete a tempo di record, risistemando il pannello di chiusura nella sua posizione originale e lanciando un programma di reroutine dei programmi sul proprio tricorder che avrebbe cancellato definitivamente dalla memoria qualsiasi traccia che l'apparecchio fosse stato utilizzato negli ultimi cinque minuti (e soprattutto per quale scopo).
"Presto!" esclamò verso il vulcaniano, che si limitò ad inarcare un sopracciglio, avendo già estratto il chip dall'alloggiamento e tenendolo ora nella propria mano destra.
Ora non restava che una cosa da fare, non potevano permettere che quel chip capitasse, anche per il più fortuito dei casi, in mano a qualcuno. Vaarik strinse il pugno, frantumando il chip. Fra meno di un'ora i suoi resti si sarebbero uniti alla polvere ed ai segreti del Pianeta del Sempre.
L'allarme continuò a suonare ancora per cinque minuti buoni prima che qualcuno lo spegnesse ma ne bastarono molti meno prima che qualcuno si facesse vedere nella sala studio, si trattava di uno degli ingegneri addetti ai computer che prestavano servizio nel Centro.
"Ragazzi, che stavate facendo?" chiese.
"Beh..." si limitò a mugugnare Paul, sollevando la propria tazza di caffè per metterla in mostra, "io mi sono preso una piccola pausa dallo studio" spiegò poi, dicendo effettivamente la verità.
"Io stavo lavorando sul computer, quando l'allarme è scattato ed ha interrotto il flusso di dati" precisò Vaarik, anche lui dicendo spudoratamente la verità, ma si sa: i bravi ragazzi ed i vulcaniani non mentono mai.
"È un problema che potete risolvere?" si informò sollecito Paul.
"Le tempeste magneto-temporali hanno per l'ennesima volta cancellato la memoria del computer della rete sensoria di difesa del settore A157" spiegò l'addetto, con tono piuttosto scocciato per la mole di lavoro extra che il disguido aveva causato.
"Di nuovo?" si informò Foster. "Da che siamo qui è la seconda volta che succede."
"Che ci posso fare se questa zona di spazio è particolarmente turbolenta?" L'ingegnere non voleva essere antipatico, ma essere tirato giù dal letto e dover lavorare per il resto della notte per rimettere i computer di nuovo in funzione non era una prospettiva che lo rendesse particolarmente di buon umore. "Il danneggiamento della rete sensoria ha provocato il blocco di sicurezza delle banche dati riguardanti gli studi sul Guardiano perciò ora potete anche tornare nei vostri alloggi a godervi un po' di tempo libero, ci vorranno ore per eseguire il back-up del settore A157 e sbloccare le banche dati qui a terra."
I due cadetti non se lo fecero ripetere due volte e fecero per uscire dalla sala quando l'ingegnere li bloccò sulla porta: "Spero non abbiate perso dati importanti" gli augurò, tentando forse di rimediare al comportamento scostante tenuto fino a quel momento.
"Importante non è un parametro quantificabile univocamente in quanto si tratta di dato soggettivo, in mancanza di altri dati mi è pertanto impossibile rispondere alla domanda in maniera soddisfacente" rispose Vaarik con tono tagliente ed uscì dalla stanza.
"Mi spiace" disse l'ingegnere a Foster, deducendo dalla risposta del vulcaniano che in realtà il senso fosse: sì, abbiamo perso tutto il nostro lavoro. "Se mi dite di che si trattava, forse riesco a recuperare qualche file..."
"Oh, non si preoccupi" si affrettò a rassicurarlo Paul, "la nostra ricerca di fisica temporale non ne è stata danneggiata e poi troveremo senz'altro il modo di recuperare il tempo perso, siamo tipi pieni di risorse."
Quando i due si ritrovarono da soli in corridoio, diretti verso gli alloggi degli studenti, Foster esclamò: "Perfetto! E adesso che facciamo?"
Vaarik si limitò ad eseguire un impercettibile movimento con la punta del sopracciglio sinistro e rispose: "Andiamo avanti come prestabilito, questo era solo un piccolo passo. Ora ci limiteremo ad aspettare l'arrivo di Renko e Ripley che è previsto per le ore 08:45 di domani mattina."
Scie di luce sfrecciavano fuori dalle vetrate della nave, mentre la Huston percorreva lo spazio a velocità curvatura, deformando le stelle da puntini a segmenti luccicanti.
Renko stava guardando appunto quello spettacolo, quando un sospiro gli uscì dal petto.
"Non sei del tuo solito stato d'animo" Ripley gli si affiancò, facendo quel commento con il suo tono pratico e privo di fronzoli.
"Frequentare l'Accademia mi sta trasformando in un bugiardo patologico."
"Non ti sembra un'analisi un po' drastica?"
"Ho appena detto ai miei amici che ero interessato al Guardiano solo per una questione di punteggio accademico."
"In parte è vero."
"Sì, in parte... tu come hai giustificato il fatto di esserti iscritta ad un corso avanzato di fisica temporale?" chiese il delta gammano, in cerca di solidarietà.
"Io non ho bisogno di giustificarmi" rispose serafica Ripley. "Sarà per il fatto che sono una soave fanciulla."
Renko, alle parole 'soave fanciulla', alzò entrambe le sopracciglia e si voltò a guardare la donna che aveva sbattuto Gozar al tappeto. "Cioè?" chiese il delta gammano, essendo cresciuto in una società dove i ruoli dei sessi erano... non definiti.
"Semplice, a me basta sorridere" spiegò Ripley, sorridendo e mettendo così in mostra la doppia fila di denti affilati, "e il più delle volte la gente smette di domandare."
Renko pensò bene di evitare qualsiasi commento e tornò a guardare il panorama esterno. "E dire che ho sempre visto la Federazione come il concretamento politico dell'IDIC, pianeti così differenti fra loro per razze e culture, uniti insieme in un ideale di pace e ricerca scientifica, buoni intenti e... e cosa? Tanti begli ideali, suppongo. Ed ora eccoci qui, abbiamo mentito al Dipartimento Investigazioni Temporali, ho raccontato mezze verità ai miei amici... tu hai mai ingannato persone che consideri amiche? Intendo seriamente, non piccole bugie."
Ripley ci pensò su qualche istante, ripensò alle proprie origini, a tutte le scuse escogitate per nasconderle: 'La mia forza? È perché la gravità, sul mio pianeta natale, è maggiore...'; ripensò a tutti i sotterfugi che si era dovuto inventare Foster per non far scoprire che lei era una xenomorfa proveniente dal futuro di un altro continuum spazio tempo.
"Chi, io?" si limitò a chiedere la donna, sperando di far cadere lì il discorso.
-Strano, non è da lei, questo- pensò Renko. Quando il delta gammano si voltò per guardarla in viso, scoprì che Ripley stava sfoderando il migliore dei suoi sorrisi, tentando di mantenere una faccia il più allegra possibile.
Renko si girò nuovamente verso la vetrata e sospirò un'altra volta.
"Se almeno Luke fosse con noi... lui non ha tutti questi problemi a mentire ed ingannare il prossimo."
"Posso darti un consiglio?"
"Certo, dimmi."
"Ripassa meglio la sezione 'come fare dei complimenti a qualcuno', sul tuo dipad."
Dopodiché rimasero entrambi in silenzio, a fissare ancora per qualche minuto lo spettacolo dello spazio che sfrecciava ai lati della Houston, mentre il Pianeta del Sempre si avvicinava sempre di più, parsec dopo parsec, con il suo tesoro nascosto e... non si trattava del sapere eterno del Guardiano.
"Una su quattromila! Vi rendete conto? Una su quattromila!" Luke stava dando sfoggio di tutto il proprio savoir-faire, limitandosi a sbraitare e girando avanti indietro invece di esibirsi in pratiche più spontanee ma più distruttive.
"Abbiamo capito, Luke, adesso siediti" disse Paul, tentando di calmarlo. "Stai attirando leggermente l'attenzione."
Il locale era pieno senza essere affollato e la maggior parte degli sguardi erano rivolti ad un cadetto, dall'aspetto un po' più maturo della media e con il pizzo, che stava coloritamente esprimendo la propria opinione sul modus operandi della sorte.
"Una su quattromila, cosa?" chiese una voce, con genuina curiosità.
"Renko, non adesso, siediti" rispose secco Paul, prima che Dalton potesse ulteriormente esplodere. "E siediti anche tu, Luke, te l'ho già detto."
Il nuovo arrivato prese posto di fronte a Vaarik, chiedendosi che avesse detto di male stavolta, forse con il vulcaniano avrebbe avuto più fortuna: "Che significa una su quattromila?" gli chiese Renko che era appena entrato nel locale e non aveva idea di cosa stesse succedendo.
"Significa che Dalton, come suo solito, sta riportando in maniera piuttosto imprecisa la mia stima. Le mie esatte parole sono state: una su quattromila tredici punto diciassette" rispose il vulcaniano, per nulla esaustivo e confondendo ancora di più il ragazzo.
"Lo faccio sedere io?" chiese Ripley, indicando l'umano che errava avanti e indietro.
"No, Ripley, non è il caso, vedrai che adesso si calma" rispose paziente Paul.
La xenomorfa fissò Dalton per qualche istante, perplessa, per poi borbottare: "Non mi sembra sulla strada giusta."
"Ma che significa? Perché una su quattromila?" insistette Renko all'indirizzo di Vaarik, non volendo arrendersi all'incomprensibile.
"Spiacente, mi rifiuto di fare altri calcoli delle probabilità su richiesta, dato che la vostra reazione si manifesta sempre tramite un eccessivo sfoggio di emotività" detto questo il vulcaniano considerò chiusa la conversazione e continuò a sorseggiare tranquillamente il suo tevesh, ignorando l'ambiente circostante.
"Beh... Renko, devi sapere che..." comincio a dire Foster, rivolto al delta gammano.
In quel momento Lam arrivò con un vassoio su cui svettavano due bicchieri. La ragazza teneva la testa bassa ed aveva un'aria piuttosto contrita. Appoggiò i due bicchieri sul tavolo e si voltò verso il suo amato: "Tesorino, mi dispiace... mi dispiace tanto..." disse, tenendo lo sguardo basso mentre le labbra iniziarono a tremolarle leggermente. "Io ti creo sempre dei problemi..." la frangia di capelli verdi copriva gli occhi della ragazza, rendendoli invisibili a Luke, ma delle silenziose lacrime iniziarono a rigarle le guance.
Com'era distante quel comportamento, dalle usuali crisi di pianto al fulmicotone di Lam... quando la cameriera neo assunta strillava la sua disperazione spargendo scariche elettriche ovunque.
Dalton stava quasi per ribattere qualcosa, pescando una battuta a caso dal suo repertorio sempre pronto, quando si rese conto che la voce non gli usciva dalla gola. Dopo aver aperto e chiuso due o tre volte le labbra senza essere riuscito a barricarsi, ancora una volta, dietro ad una maschera di sarcasmo, si arrese a quella sensazione di calore che gli stava invadendo il petto.
Luke aprì le braccia e circondò la ragazza, stringendola al petto. "Non importa" disse, "andrà tutto bene, tutto bene..."
"Cosa!?" L'esclamazione interruppe l'idillio fra Lam e Dalton che, fra parentesi, stava intrattenendo anche i curiosi seduti poco distante, per quanto non potessero udire nulla della conversazione.
"Hai problemi d'udito, Renko? Te l'ho appena spiegato, su cosa stavamo discutendo" disse Paul, che non aveva per nulla voglia di ripetere d'accapo l'intera spiegazione che aveva appena fornita all'ibrido.
"No, affatto, è che volevo semplicemente dire... cosa!?"
"Forse necessita di un'ulteriore esposizione dei fatti" ipotizzò Ripley, con tono asciutto.
"No, Ripley, grazie, una volta è stata più che sufficiente" rispose Renko. "Quello che non riesco a capire è: ma perché ci dobbiamo trovare sempre in queste situazioni?"
"Credo sia la stessa cosa che si stesse chiedendo anche Dalton" ribatté Ripley.
"Che vuoi farci..." sospirò Paul, "Con la fortuna che abbiamo noi..."
Luke, Ripley, Vaarik, Renko e Foster stavano passeggiando per uno dei viottoli del parco. Attorno a loro c'erano solo il verde e... circa un centinaio di altri cadetti che approfittavano di una pausa negli studi per rilassarsi in mezzo alla natura e/o per praticare esercizi ginnici all'aria aperta.
Si trattava del classico luogo in mezzo alla folla in cui, per paradossale che fosse, si poteva parlare di cose segrete senza che nessuno sentisse.
"Capisco ci fosse solo una possibilità su quattromila..."
"Quattromila tredici punto diciassette."
"...però ormai è fatta. Adesso dobbiamo trovare una soluzione." Foster ignorò la precisazione del vulcaniano (come tutti gli altri, del resto) e continuò nel suo discorso. "Ma perché poi ti ho dato retta, quando te ne sei venuto fuori con quel tuo folle piano?!" L'ultima esclamazione era diretta verso Dalton.
"Avevo altra scelta? Al tempo era la cosa migliore da fare."
"Oh, sì, certo! Infilarsi negli Archivi Centrali per immettere una falsa identità per Lam e... ehi! Se non ricordo male, al tempo avevo detto qualcosa sul fatto che se ti avessero scoperto... io avrei negato qualsiasi coinvolgimento con un essere come te... non era una cattiva idea."
"Ricordo perfettamente" si intromise Vaarik. "Le nostre esatte parole sono state: 'Se ti beccano, noi negheremo di conoscerti, d'accordo?' Nel mio caso, l'affermazione di non conoscere Dalton sarebbe difficile da credere, visto che dividiamo lo stesso alloggio. Ma sono sufficientemente sicuro di riuscire ad imbastire un discorso sufficientemente arzigogolato e sufficientemente logico da riuscire a dimostrare la mia teoria, all'occorrenza."
"Paul, per favore, non è il momento di scherzare!" esclamò Dalton, e diceva sul serio, infatti aveva perso tutta la sua aria allegra e spavalda. "E tu, beccamorto vulcaniano, non dargli man forte. Stiamo parlando di Lam! Vi rendete conto della situazione o no?!"
Si stava parlando di Lam... e Luke già non era più lo stesso, malgrado la sua versione ufficiale fosse che non gliene importasse nulla della ragazza.
Era tutto iniziato durante le ultime elezioni accademiche, quando Dick Dastardly aveva tentato di pilotare i risultati delle votazioni tramite brogli elettorali e ricatti. Nulla da dire sul fatto che il suo tentativo criminale fosse stato piuttosto goffo, ma purtroppo in una cosa ci aveva azzeccato e purtroppo questa cosa riguardava Lam.
La ragazza era infatti una I.E.N.A., non nel senso dell'animale terrestre ma nel senso di Immigrato Exocontinuum Non Autorizzato. Avrebbe anche potuto non essere un problema così grave, se solo la cosa si fosse scoperta con altre tempistiche e in un altro modo. La Federazione non era e non è un organismo chiuso nei confronti dei profughi, ha una legislazione a volte un po' arzigogolata e a volte un po' rigida (visto che viene chiamata in causa anche la Prima Direttiva), ma con la quale si può benissimo convivere.
Disgraziatamente, però, dopo un certo periodo di pace costellato unicamente da guerre di confine, dove l'orrore non era null'altro che la linea di delimitazione di margini lontani, come un virus che rimbalzasse contro le pareti di una cellula che non riuscisse ad invadere, erano giunti tempi bui e la paura e la distruzione si erano fatte strada fino al cuore della Federazione. La Terra aveva avuto pesanti perdite, un paradiso spezzato, i cui abitanti erano reduci da un paio di secoli in cui il concetto di guerra era stato qualcosa di lontano e teorico, ma soprattutto lontano.
Non si trattava dei Borg, nemico terribile ma che aveva l'impatto psicologico di una catastrofe naturale, pericolosa, sì, distruttiva, sì, arginabile, per fortuna, ma inevitabile. Intessuta nella stessa struttura dell'universo, la minaccia sarebbe tornata, prima o poi, pericolosa, letale, ma non insidiosa.
La guerra col Dominio, invece, aveva gettato lo scompiglio nell'intero quadrante, gli equilibri di forza e potere tenuti in essere dalla bilancia storica erano crollati in poco tempo. Le alleanze venivano create e distrutte nel giro di qualche battaglia, gli amici potevano voltare le spalle in qualsiasi momento, i nemici dovevano inghiottire un passato di astio e combattere fianco a fianco per la sopravvivenza. Un nemico che può assumere qualsiasi forma, è un nemico che può nascondersi ovunque... o in chiunque. Era dura capire di chi potersi fidare e dopo tutto questo, finalmente una pace riconquistata a caro prezzo. Ma si trattava di una pace diffidente. La Federazione dei Pianeti aveva riconquistato il suo equilibrio ma ormai era un dato di fatto che la tecnologia e gli avanzati principi non potevano costituire, da soli, una barriera di protezione, se anche il settore 001, il proprio cuore, poteva essere messo a ferro e a fuoco.
E dopo tutto questo, un'aliena dalle origini sconosciute e dalle intenzioni non dichiarate era giunta fin sulla Terra, in barba ai controlli di sicurezza, e si era piazzata niente meno che nei pressi dell'Accademia della Flotta Stellare. Al servizio di sicurezza non sarebbe piaciuto tutto questo e all'opinione pubblica sarebbe piaciuto ancora meno venire a sapere che un evento del genere era potuto capitare.
In realtà l'aliena (principessa di un pianeta di un'altra dimensione) era ben lontana da mire politiche o spionistiche, il suo unico scopo era coronare il suo sogno d'amore, era passata attraverso le dimensioni pur di ritrovare il marito perduto. Il suo tesorino era stato richiamato al lavoro ed era dovuto partire il giorno stesso dopo il matrimonio (versione di lui: sono miracolosamente riuscito a fuggire dopo esser stato vittima di un terribile equivoco culturale.)
Era stato amore a prima vista, la principessa non aveva dubbi.
(Lui: ero ubriaco.)
Dopo una memorabile festa al palazzo reale si era svolto lo sposalizio.
(Lui: sorridevano tutti, sorridevo anch'io... non volevo essere scortese.)
Dopo che il novello marito aveva abbandonato il pianeta, sicuramente per adempiere a qualche missione eroica e coraggiosa, lei aveva provato a raggiungerlo più volte.
(Lui: malgrado fossi riuscito a darmela a gambe levate da quel posto, da allora ho sempre avuto una sensazione strana, come... come di avere il diavolo alle calcagna, non so se mi capite.)
Ma poi era giunta la ferale notizia, il suo tesorino, dopo un'eroica battaglia contro i Drakh era stato dato per disperso, probabilmente morto, ma il suo corpo ed il suo caccia non erano mai stati ritrovati. In preda al cordoglio ed alla disperazione, la giovane innamorata aveva pianto, pregato, supplicato il destino con il cuore in mano, fino a che un essere onnipotente non le era apparso innanzi, in tutta la sua luminosa aurea di bontà e compassione.
(Essere onnipotente: non ne potevo più di quella lagna, dovevo mettervi fine, in un modo o nell'altro, così sono andato da lei e le ho chiesto 'ma si può sapere che vuoi?')
E dopo che la donzella gli ebbe raccontato la sua storia, l'essere onnipotente, la cui compassione era pari solo alle proprie capacità, restò colpito e commosso e decise di esaudire il desiderio di quel cuore innamorato, trasferendo la giovane principessa nella dimensione e nella zona di spazio dove il baldo cavaliere, oggetto del desiderio e dell'adorazione della fanciulla, era stato scagliato a causa di una frattura spazio temporale.
(Essere onnipotente: rispedita al mittente, ah! Ah! Così l'impara, quel bel tomo! Che sopporti lui quello che ho dovuto sopportare io, grida, piagnistei, scene isteriche... Beh... almeno mi sono vendicato, in fondo la colpa era sua, no?)
Ma andiamo... mettetevi nei panni di un agente del controspionaggio, non vi sembra la copertura più ridicola mai sentita? Se una misteriosa aliena dai terribili poteri di lanciare fulmini e saette fosse riuscita di soppiatto a giungere fin sulla Terra ed avesse iniziato opera di infiltrazione fra le giovani leve della Flotta Stellare... per poi, una volta smascherata, mettersi a raccontare una storia del genere, voi, le credereste? O vi verrebbe invece in mente uno di quegli oloracconti in cui la super-spia catturata si fa beffe dei nemici?
ATTENZIONE: se fate effettivamente parte del controspionaggio (o semplicemente della Sezione Sicurezza Interna) una risposta errata alla domanda di cui sopra potrebbe compromettere seriamente la vostra carriera.
ATTENZIONE(2): nel caso l'assurda storia della ragazza fosse vera, come giustifichereste il fatto che perfino un'innocua teen-ager con le paturnie amorose è riuscita a farvela in barba, vivendo sulla Terra senza un permesso e senza documenti per tutto questo tempo? Non sarebbe tutto più semplice se si trattasse di un vero e astutissimo agente segreto nemico? Anche perché, essere trasferito nel più remoto avamposto federale, con il grado di sottoaiuto aggiunto in prova e con le mansioni di mulo da soma, non rientra nelle priorità di molti.
COMUNQUE: dopo tutte le considerazioni e le raffigurazioni di scenari catastrofici in cui avrebbe potuto incorrere Lam quando Dastardly aveva minacciato di denunciare la giovane, Dalton aveva avuto una brillante (a suo dire, sia chiaro) idea. Immettere una falsa identità di Lam direttamente negli archivi centrali. Fatto, ora la ragazza era in regola.
PURTROPPO: quello che viene definito ancor oggi come Ufficio Immigrazione (sebbene in questo secolo abbia una funzione leggermente diversa da quella che aveva sulla Terra del passato, essendo cambiate le problematiche) effettua saltuariamente dei controlli di routine. Controlli blandi, giusto per far vedere che qualcosa si fa e il lunario viene sbarcato. Controlli che la nuova identità di Lam poteva benissimo passare senza problemi se... c'è sempre un se ed un ma da qualche parte, avete notato? E poi dicono che non sono queste due particelle a fare la storia... Fatto sta che si avvicinava il periodo delle Elezioni.
Non quelle dell'Accademia, che si erano appena concluse, ma quelle cittadine, anche San Francisco reclamava i propri eletti.
Fu un'idea dell'Amministrazione uscente dimostrare di essere attiva e vigile, sempre al lavoro per il benessere dei cittadini. Opere pubbliche, fino ad allora bloccate dagli intrighi burocratici, furono alacremente concluse; nuovi piani di ristrutturazione della città furono presentati al giudizio dei cittadini e così via. Le solite cose, insomma. In mezzo a tutti questi progetti di miglioramento navigava anche quello Fatidico, destinato a scompigliare le esistenze dei nostri cadetti, come se non fossero già abbastanza in grado di cacciarsi nei guai per conto proprio, insomma.
Vennero estratti a sorte venti nomi fra tutti i cittadini non federali ma con residenza a San Francisco. Compito dell'Ufficio Immigrazione? Un controllo accurato su questi soggetti. Ho detto accurato? No, ho sbagliato, volevo dire: di più.
Probabilità che venisse estratto il nome di Lam: indovinate un po'? Se avete difficoltà a fare il calcolo, Vaarik è a vostra disposizione.
Quando la comunicazione dell'Ufficio Immigrazione raggiunse Lam per avvertirla della cosa e di presentarsi per un colloquio preliminare, scoppiò la bomba che portò i nostri fin sul Pianeta del Sempre, a cercare una salvezza che gli poteva venire data soltanto da un altro continuum spazio temporale.
Il controllo non sarebbe stato svolto solo sulla vita condotta da Lam all'interno del territorio federale, no. Gli agenti si sarebbero spinti fino al luogo di provenienza di Lam, verificando l'identità della ragazza tramite controlli incrociati.
Dalton era stato bene attento a costruire un'identità fasulla non facilmente smascherabile, ma anche alle sue abilità criminali (così le aveva definite Renko) c'era un limite. Bisognava correre ai ripari o la copertura di Lam sarebbe crollata, e se ciò fosse successo adesso, con quelle condizioni, l'innocenza della ragazza sarebbe stata ancora di più compromessa e molto meno credibile.
Correre ai ripari è un'espressione figurativa piuttosto efficace, ci si riesce proprio ad immaginare la scena: Piovono escrementi? Niente paura, laggiù c'è una tettoia che sembra fatta apposta per rifugiarcisi.
È possibile raggiungerla? Certo, è possibile, il percorso è difficoltoso e non privo di ostacoli, ma a guardarla bene, non è poi tanto lontana.
Allora partiamo, forza! Qual è il problema?
Devi prima fare il biglietto.
Avete mai sentito il detto: nella vita nulla è gratis? Nulla di più calzante di questo per i nostri cadetti. Mantenere la copertura di Lam era possibile, era più che possibile: era fattibile. Ma nella vita, appunto, nulla è gratis.
Per forza di cose, a Lam era stata appioppata un'identità da cittadina non federale. Fare altrimenti avrebbe significato veder crollare il castello di carte al primo insignificante controllo effettuato. Anche l'ultimo assunto dei pivelli dell'Ufficio Immigrazione federale avrebbe 'nasato' (tanto per usare il loro gergo) documenti federali falsi ed i controlli relativi, sempre su territorio federale (come dire: giocando in casa), sarebbero stati un mero pro-forma prima di trarre agli arresti l'infiltrata.
Così Lam era diventata una girovaga (questo, almeno, dicevano i documenti), vagabondando un po' qua ed un po' là nei territori di confine, territori con una fama non necessariamente limpida, dove la gente non era incline a mettere il naso troppo affondo negli affari altrui. Solo una volta cresciuta ed acquistata l'età della ragione, la ragazza era stata attratta dalla 'sfavillante' vita che avrebbe potuto condurre all'interno della Federazione e si era trasferita sulla Terra.
Proprio grazie a questa precauzione nella costruzione di un passato fittizio, ora era possibile ungere un po' di ruote qui e là al di fuori del territorio federale, per fare in modo che le informazioni registrate nel dossier di Lam potessero trovare anche un minimo riscontro nella realtà, in caso che qualcuno proprio dovesse chiedere. Ma per ungere tali ruote e per mantenere la cosiddetta 'copertura' (o per salvarsi il culo, come aveva fatto notare più pragmaticamente Ripley) era necessario avere un bel po' di latinum. Un bel po' più di quello che i nostri cinque avessero a disposizione.
Alla fine, si riduceva tutto ad un 'banale' problema di liquidità.
"È un idea che definirei oltremodo azzardata" Vaarik sottolineò il commento alzando il sopracciglio.
"Ma è la nostra ultima speranza per salvare Lam" sospirò Luke.
"Bisognerà studiare un buon piano" decise Paul.
"Suvvia ragazzi, è da quando siamo tornati dall'avventura del Guardiano che 'ci teniamo informati' sul Pianeta del Sempre... abbiamo già una gran quantità di dati su cui basarci" precisò Dalton, tentando di tirare i compagni dalla propria parte.
"Sì, Luke, ma io intendevo dire che bisognerebbe escogitare un piano un po' più accurato di quello che ci hai appena esposto tu."
Ripley si intromise nel discorso: "Che c'è che non va in: andiamo là e ci prendiamo la navetta con il latinum? Semplice, lineare... non può fallire."
Dalton le scoccò un'occhiata, non aveva capito se la donna lo stesse prendendo in giro o meno ma a questo punto poco importava. Avevano bisogno di quel latinum, erano già decisi a recuperarlo, prima o poi, per questo negli ultimi tempi si erano sempre interessati di tutto ciò che riguardava il Pianeta del Sempre. L'avevano fatto in modo discreto, tentando di non dare nell'occhio, come normali cadetti particolarmente appassionati di Fisica Temporale che tentassero di collezionare il maggior numero di informazioni disponibili in materia.
Qualche tempo prima, nel corso del famigerato 'incidente del Guardiano', i cinque cadetti si erano ritrovati in un universo alternativo che, oltre ad avergli lasciato qualche cicatrice morale, gli aveva lasciato anche un bel po' di latinum. Una navetta imprimana con l'arredamento di tale prezioso metallo giaceva infatti in una delle gole di uno dei canyon del pianeta, inutile dire che l'informazione non era di dominio pubblico. I cinque cadetti avevano deciso di tenere per loro quel souvenir, in fondo se lo meritavano dopo tutto quello che avevano fatto e/o dovuto sopportare per ripristinare la giusta linea temporale. L'inghippo stava nel fatto che se le autorità fossero venute a conoscenza di tutto questo... i cadetti avrebbero anche potuto dire ciao-ciao al latinum, alla loro carriera e forse anche alla loro libertà. Ed era proprio questo piccolo ed insignificante (come si ostinava a definirlo Luke) dettaglio, che aveva ritardato il recupero della navetta e su cui ora si stava discutendo.
"Renko, ci sei?"
"Mhm?" Il delta gammano alzò la testa verso Dalton. "Ah, sì, certo... certo..."
"Mi aspettavo un po' più di entusiasmo da te! Dai, forza! Dì qualcosa di insensato che convinca questi qui a fare meno i menagrami."
"Guarda, Luke, recuperare il latinum è nelle intenzioni di tutti e se non l'abbiamo ancora fatto... c'è il motivo." Renko, che fino ad allora non aveva partecipato alla discussione, si apprestò ad esporre le proprie perplessità: "Il Guardiano è oltremodo protetto, attorno al sistema c'è una strettissima rete sensoria e tutti i voli sia in entrata che in uscita sono controllati, per non parlare del fatto che prima di tutto dobbiamo arrivarci, sul Pianeta del Sempre, ma metti anche che tutti e cinque riusciamo a mettere piede sulla superficie..."
"Sì."
"...e che riusciamo ad arrivare alla navetta senza che nessuno se ne accorga..."
"Sì."
"...che facciamo poi? Ce ne decolliamo facendo finta di niente e ce ne voliamo via?"
"Esatto."
"Ah." Renko restò per un istante a fissare Dalton, poi scrollò le spalle. "Beh... ecco, era solo questo il punto che non mi tornava."
"Perché ti perdi nei dettagli" lo redarguì Luke.
"Come diceva sempre il mio Maestro: 'È pericoloso concentrarsi solo sul serpente perché il pericolo sta nei denti, è pericoloso concentrarsi solo sui denti perché il pericolo sta nel veleno, è pericoloso concentrarsi solo sul veleno perché potrebbe essere un pitone'." Renko elargì la perla di saggezza e, senza attendere la reazione degli altri quattro, continuò: "Ma bando ai modi di dire, ora. Bene... quand'è che si inizia?"
"Ah, sapevo che non ti saresti tirato indietro, ragazzo! E voi? Vi prego, ditemi che siete con me."
"Certo che siamo con te" lo rassicurò Foster. "Giusto, sorellina?"
"Giusto" confermò Ripley.
"Vaarik?"
Il vulcaniano restò in silenzio, le mani ordinatamente giunte dietro la schiena.
"Vaarik!"
"Prevedo vi servirà qualcuno che vi ricordi, di tanto in tanto, cosa sia logico fare o meno. E prevedendo anche che non mi dareste pace a meno di una mia risposta affermativa..."
"Sì o no?"
"Stavo giungendo al punto" ribatté il vulcaniano, scoccando un'occhiata glaciale in direzione di Luke, reo di aver osato interromperlo. "D'accordo, non mi resta che assecondare i vostri piani."