PER QUALCHE BARRA DI LATINUM IN PIÙ3

Parte 3 di 3

Saturno - Sistema di Sol III
Campo di volo dell'Accademia della Flotta Stellare
Giorno 09

Le navette erano disposte all'interno degli hangar in una fila così composta che sembravano un plotone di sbarbatelli messi in riga da un sergente istruttore.

Gli allievi piloti stavano poco distanti, ognuno a fianco della propria navetta, ognuno in attesa di ricevere il proprio foglio di rotta.

Il comandante Riah, istruttrice di volo, nonché uno dei migliori piloti della Flotta, stava istruendo i cadetti su ciò che ci si aspettava da loro in quella particolare esercitazione. Aveva già assegnato i compiti, lasciando alla fine il soggetto più problematico.

"Signor Dalton" disse, rivolta all'ultimo cadetto della fila. "Veniamo a noi."

"Comandante" esclamò Dalton, scattando sull'attenti e battendo i tacchi a terra. "È esattamente ciò che le stavo per proporre io!"

Gli occhi della donna divennero due fessure ed una scintilla lampeggiò al perimetro delle sue iridi. "Signor Dalton" sibilò. "L'avevo già avvertita che al prossimo commento del genere l'avrei messa a pilotare un cargo di letame, vero?"

Luke deglutì, ma dal suo contegno era chiaro che stesse fingendo una preoccupazione che in realtà non sentiva. Fin da quando aveva iniziato a seguire quel corso, il cadetto aveva rivolto a Riah diversi commenti, sempre senza scostarsi dalla galanteria, bisogna concederglielo, ma tutti finalizzati ad un unico scopo e lascio alla vostra fantasia il compito di immaginare quale.

Per quanto Dalton riservasse all'istruttrice il rispetto dovuto al suo grado, non poteva fare comunque a meno di confermare ancora una volta la sua fama di casanova o presunto tale. Del resto poteva permetterselo, in quanto l'ambiente dei piloti era più informale e scanzonato dello standard e, malgrado lui fosse un cadetto, la sua età e la sua esperienza lo mettevano, per una legge non scritta, in una posizione leggermente diversa da quella degli altri 'sbarbatelli'.

"Questo è il suo piano di volo, cadetto" Riah accentuò l'ultima parola giusto per ricordare a Dalton quale fosse la sua posizione attuale. Poi gli porse un padd con un gesto freddo e professionale.

A Luke bastò una sola occhiata alle colonne di coordinate perché gli angoli della sua bocca si increspassero in un sorriso sbieco. "È uno scherzo, vero?"

"È il suo piano di volo" gli rispose l'istruttrice a muso duro.

"Avevo capito che oggi ci sarebbe stato una specie di esame. Mi aspettavo qualcosina di un po' più... impegnativo" Luke stava per aggiungere 'angelo', ma riuscì a fermarsi in tempo.

"In base a come vi comporterete oggi, verranno decise le vostre assegnazioni per lo stage di servizio attivo. Fossi in lei non la prenderei tanto alla leggera, signor Dalton, da questo piano di volo dipende il lavoro che sarà chiamato a svolgere per le prossime due settimane."

"Sindacati zero, qui da voi, eh?"

"Che intende?" chiese Riah, sinceramente perplessa.

Luke alzò il padd all'altezza dei loro volti. "Sono in grado di fare sta' roba anche dormendo, in preda ad amnesia e con le mani ingessate, e lo sappiamo tutti e due."

"Beh... non si direbbe da come ha concluso le sue due ultime esercitazioni."

"Mi stavo annoiando" si difese Luke, stringendosi nelle spalle. Poi sul suo volto tornò il sorriso sfrontato ed il cadetto si protese leggermente in avanti, avvicinandosi a Riah. "E così mi sono detto 'Accidenti, ragazzo, già che sei qui... quale occasione migliore per far colpo su...'"

"Cadetto Dalton!" tagliò corto l'istruttrice. "Le ripeto, questo è il suo piano di volo e lei lo rispetterà alla lettera o le assicuro che le infilerò il concetto della parola 'pazienza' direttamente nelle budella e attraverso vie che senz'altro non vorrà esplorare."

L'istruttrice girò sui tacchi e piantò in asso il cadetto, che rimase impalato di fianco alla sua navetta con il padd ancora in mano.

"Piloti..." sospirò Luke, scuotendo la testa divertito. "Ma tu senti che razza di linguaggio!"


 

"Piloti..." sospirò Riah appena la porta della sala osservazione si fu richiusa alle proprie spalle. "Ma tu guarda che razza di sbruffone!"

Riah si portò al centro del grande schermo che dava sul campo di volo ed appoggiò le mani sull'orlo della consolle, protendendosi con il peso in avanti e non accennando minimamente a volersi sedere ma preferendo tenere tutto sotto controllo da quella posizione.

Quella sarebbe stata un'esercitazione noiosa, o almeno, questo era ciò che sperava, ciò che avrebbe dovuto essere nelle intenzioni iniziali. Purtroppo sapeva bene come erano fatti i piloti.

Lei stessa era uno di loro ed aveva sempre rifiutato assegnazioni importanti su grandi navi, preferiva la velocità e la manovrabilità delle pattuglie di confine. Ora che insegnava in Accademia, a volte sentiva la nostalgia del comportamento scanzonato, sbruffone e a volte mitomane dei suoi compagni di volo, e solitamente sapeva esattamente da che verso prendere quei cadetti aspiranti piloti che manifestavano caratteri simili. Tuttavia, ultimamente, gliene era arrivato uno che lei stessa definiva un 'caso difficile'.

Riah sospirò, tentando di rilassarsi mentre tutt'intorno a lei i preparativi per l'inizio esercitazione erano in corso.

<Assetto campo di volo completato, boe in posizione> scandivano le voci del computer e quelle dei controllori di volo. <Trenta secondi all'apertura dell'hangar. Piloti in posizione...>

"Navetta 004-1 chiede autorizzazione al decollo."

"Autorizzazione alfa ipsilon, navetta 004-1, decollo fra dieci secondi..."

"Qui navetta 004-5, tutti i sistemi in linea, deflettore attivato, richiediamo autorizzazione inizio procedure decollo."

"Attendere navetta 004-5, corridoio di volo non sgombro, iniziate procedure di decollo fra 40 secondi, ripeto..."

"Saluti a tutti voi, appiedati, il vostro 'Capitan Amazing' vi comunica che i motori sono caldi e la bambina freme, mi basta solo un sì per farla decollare."

"N..." il controllore di volo dell'Accademia aprì la bocca per dare le solite meccaniche istruzioni ma si rese conto di essere rimasto senza parole di fronte a quel messaggio così inusuale, la sua estrema informalità ci aveva messo qualche secondo per essere decifrata dal cervello abituato a tutt'altro tipo di linguaggio.

Riah si spostò dietro le spalle del controllore spingendolo leggermente da parte e sfiorò il pannello delle comunicazioni per attivarlo. "Salve a te, Navetta 004-7, qui è 'Capitan Mosca al Naso' che le ordina di attenersi alle procedure ed attendere il suo turno di decollo. Inoltre, grazie alla mia sbalorditiva generosità, le do la possibilità di comunicarmi fin da ora se si sente o meno in grado di formulare una richiesta di decollo in modo adeguato. Tanto per non perdere tempo in due, chiaro, Navetta 004-7?"

"Mi scusi, signore" fu la pronta risposta, ma purtroppo Dalton pensò poi di fornire una spiegazione che non gli era stata minimamente richiesta. "Per un attimo mi ero scordato di non essere più ai vecchi tempi. Se fossi sul mio Starfury a quest'ora sarei già fuori a combattere, ma mi rendo conto che queste navette sono molto più lente. Devo aspettare ancora molto?"

"No, solo fino a che non sentirai le parole in codice: 'cargo di letame'. E chi ha orecchie per intendere intenda" Riah chiuse la comunicazione senza attendere altri commenti da Capitan Amazing. Oggi Dalton era particolarmente lanciato, prima nell'hangar e adesso questo... ma non si rendeva conto di aver scelto l'istruttrice sbagliata per tirarsela a questo modo? Negli ultimi tempi sembrava di sì, ma oggi... "Signor Ozzem."

"Sì signore?" rispose pronto il cadetto facente funzione di controllore di volo.

"Tenga quella navetta sott'occhio, chiaro?"

"Sì signore" rispose di nuovo il controllore, ma stavolta con tono leggermente incerto. Non gli era infatti molto chiaro cosa avrebbe dovuto tenere esattamente d'occhio ma il tono di voce dell'istruttrice lo indusse a non rivolgere domande di cui si sarebbe pentito.

Inizialmente Riah aveva preso lo scambio di battute con una certa dose di malsano divertimento (cose da piloti, probabilmente) ma l'ultimo commento di Dalton aveva fatto scattare una molla, smuovendo della ruggine depositata. Chiunque potesse vedere la sua espressione l'avrebbe capito. L'istruttrice aveva sul volto un sorriso forzato e difatti si stava sforzando di non mostrare irritazione.

Ma chi si credeva di essere, quello? Per il fatto di avere qualche anno e qualche guerra di troppo alle spalle, chi gli dava il diritto di venire qui a denigrare le tattiche di volo e le navette federali?

<Navetta 004-1, decollo effettuato> scandiva la voce del computer <manovra avvenuta con successo.>

"Corridoio di volo sgombro, navetta 004-2, prepararsi al decollo" facevano eco le voci degli operatori.

E dire che la prima volta che Riah aveva incontrato l'umano l'aveva preso subito in simpatia, infatti si comportava esattamente come lei si aspettava dovesse comportarsi un pilota degno di tal nome, un po' smargiasso... un po' play boy...

"Qui navetta 004-3, siamo in posizione all'interno del campo di volo, attendiamo il via per inizio esercitazione."

"Ricevuto navetta 004-3, attendere il 'go'."

...ma il sentimento si era incrinato quasi immediatamente, durante una pausa in mensa, quando l'istruttrice aveva per caso sentito Dalton intrattenere alcuni suoi amici raccontando delle proprie peripezie passate. Uno spasso, in realtà, se non fosse stato per un paio di commenti sagaci con cui il pilota descriveva le scelte di politica militare della Federazione come 'prese da un branco di bambini fiduciosi o, a scelta, folli'.

<Navetta 004-5 nel corridoio di volo. Abbandono dell'hangar in corso. Verificatesi probabilità di impatto. Correzione di rotta consigliata> annunciò il computer.

"Operatore a navetta 004-5, ri-calcolare coordinate, correggere la rotta."

Sarebbe stato tutto molto più semplice se Riah non fosse nata in una cultura in cui una donna della sua casta sociale aveva al massimo uno o due destini a disposizione, e nessuno dei due particolarmente piacevole. Destini da cui era sfuggita grazie ad una determinazione fuori dal comune e grazie alla sua abilità di pilota, ma non senza aver dovuto prima combattere contro tutto e tutti, schiantandosi a testa bassa contro le convenzioni sociali come un Don Chisciotte che si lancia contro i mulini a vento.

Sarebbe stato tutto molto più semplice se tutto questo non avesse fatto del volo tutta la sua vita, e del riconoscimento come uno dei migliori piloti della Flotta il suo più grande orgoglio.

"Qui navetta 004-5, siamo in posizione, attendiamo il 'go'."

"Ricevuto navetta 004-5, tenete la posizione."

Ma soprattutto, sarebbe stato tutto molto più semplice se quel dannato pilota venuto da un altro continuum non fosse stato così dannatamente in gamba a pilotare. Perché, bisognava ammetterlo (anche se a denti stretti), che Riah non era affatto sicura che sarebbe riuscita a tenergli testa in uno scontro fra i due.

"Qui navetta 004-7 che si prepara a lasciare il nido per lo spazio freddo..."

"Dalton" lo interruppe l'istruttrice, abbattendo la propria mano destra sui comandi di comunicazione.

"Sì, signore?"

"Nuova direttiva: silenzio. Silenzio assoluto, completo, totale. Diamo noi le istruzioni, lei si limiti ad annuire ma non ce lo faccia sapere. Chiaro?"

"..."

"Bene."


 

'Ouch' pensò Dalton. 'Che stia tirando un po' troppo la corda? Che il mio piano debba essere un attimo rivisto?'

"Ehi, nonnetto!" Dal pannello del pilota scaturì una voce giovane e acuta. "Che stai tentando di fare? Di passare il resto di questo corso a ramazzare l'hangar navette?"

Dalton fece una smorfia e si inserì sulla frequenza privata usata dall'altro cadetto. "Pivello!" lo apostrofò scherzosamente. "Almeno imparerei qualcosa che non so fare, invece di stare a sonnecchiare in esercitazioni come questa. Ma se ti dovesse servire qualche consiglio su come far volare questi giocattoli chiamami pure, che così mi tengo sveglio."

"Sì, tiratela, tiratela pure" rise il cadetto, di rimando. "Vedremo chi dei due arriverà in fondo al suo programma di volo!"

"Navetta 1 - 3- 5, go!" la voce dell'operatore di volo interruppe la discussione fra i due.

"Navetta 2 - 4- 6, go!" annunciò dopo qualche secondo.

Sei navette ruppero la formazione scattando a massimo impulso verso le boe che segnavano il percorso da seguire.

Luke restò indietro, a fissare la propria consolle in attesa di un segnale dal centro controllo. Dopo una trentina di secondi la voce dell'operatore arrivò anche per lui.

"Navette 7 - 9 - 11, go!"

Con tutta calma, il pilota portò la propria navetta verso il perimetro esterno della rete di boe, accingendosi a disegnare una serie di orbite regolari in attesa che arrivasse il proprio turno di compiere qualche slalom fra di esse.

I quarantacinque minuti successivi Dalton li passò a seguire il piano di volo che gli era stato assegnato, passando diligentemente fra le boe posizionate apposta per l'occasione e stando sempre in coda alla fila di navette. Luke se ne stava quasi 'stravaccato' sulla poltroncina del pilota, aveva i resti di un panino in una mano ed un bicchiere di caffè ancora intatto appoggiato sulla consolle. Per il momento si stava godendo il panorama di Saturno con i suoi anelli dallo schermo principale. Un asteroide attraversò pigramente la sua visuale per poi scomparire di nuovo.

-Le cose si fanno interessanti- pensò Luke. Il percorso studiato dagli istruttori sfiorava la cintura di asteroidi, passandoci attorno per poi tornare indietro verso il punto di partenza.

Dalla posizione in cui era, Dalton poteva vedere i suoi compagni di corso fare a gara fra loro, tentando di superarsi a vicenda malgrado questo non fosse affatto richiesto in quel tipo di esercitazione. Quando però i compagni si lanciarono nella parabola che li avrebbe portati oltre la cintura di asteroidi, Luke li perse di vista, essendo rimasto troppo indietro.

"Ehi, vegliardo!" scaturì una voce dalla consolle. "Ti sei fermato a cambiare la dentiera o tutto quello che avevo sentito dire su di te è solo fama immeritata?"

"Forse è lui stesso a mettere in giro certe voci, T'kart" rimpallò un'altra voce. "Sai, per cantarsele da solo." I due scoppiarono a ridere, trovando esilarante lo scambio di battute.

Luke sospirò, mentre sul suo volto si dipingeva un sorriso rassegnato. Non conosceva bene i due cadetti che lo stavano simpaticamente intrattenendo ma appena li aveva visti li aveva inquadrati immediatamente. Avevano ancora l'impronta del ciuccio in bocca e già si atteggiavano a super smargiassi solo perché mamma non li teneva più per mano quando dovevano attraversale il piazzale di un hangar.

"Forse è meglio così, Opar. Sai... certa gente è meglio non averla in coda, se hai capito ciò che intendo..." I due cadetti scoppiarono di nuovo a ridere, seguendo un loro contorto e personale senso dell'umorismo. "Sai, se continua così mi sa che appena arrivati all'hangar dovremo tornare indietro a dargli una spinta, o ce lo troveremo ancora più invecchiato, quando finalmente riuscirà a completare il giro!" Risate. Di nuovo.

Il sorriso triste sulla faccia di Luke si era ormai trasformato in una smorfia. -Ridete, ridete pure- pensò. -Per tutti i prossimi cinque secondi, che è esattamente ciò che vi resta.-

"Non farlo!" una voce si intromise sulla frequenza che stavano usando i due cadetti, tagliandoli fuori e dando un ordine secco al pilota della navetta 004-7.

"Signore!" le rispose Luke con tono di voce finto scandalizzato. "Si è messa a spiare le nostre frequenze? Pensavo fosse occupata a sorvegliare quelle di volo!"

"Dalton" disse la voce di Riah, come se gli stesse leggendo nella mente. "Non. Farlo. Non sei più un ragazzino."

"Lo so, lo so, angelo" sospirò Luke, sentendosi autorizzato ad utilizzare una formula decisamente meno formale, visto che lei per prima si era tolta la maschera dell'istruttrice e lo aveva apostrofato dandogli del tu. "Se tu avessi accettato i miei inviti a cena te lo avrei dimostrato, ma così... non mi resta che tirarmi su le maniche ed intrattenerti come posso."

Improvvisamente le luci dell'abitacolo si spensero e Dalton fu sbalzato in avanti da uno scossone violento. Appoggiando entrambe le mani alla consolle non poté fare altro che pensare a quanto il buio improvviso facesse risaltare in maniera ancora più spettacolare il panorama stellato. Luke si chinò sui comandi, sfiorandone qualcuno a caso ma sembrava non aver più nessun controllo su di essi, la navetta proseguì per la sua rotta come se fosse saldamente ancorata a dei binari invisibili. Qualcuno la stava pilotando per lui dalla sala controllo ed il cadetto aveva un'idea piuttosto precisa di chi potesse essere stato a dare un simile ordine.

"Perché mi fai questo, angelo?" mormorò fra sé e sé, guardando le stelle. "Io non ti tarperei mai le ali."

Prese il bicchiere di caffè e ne bevve un sorso, poi allontanò il braccio da sé, stendendolo. Due secondi dopo la bevanda si riversò sulla consolle e filtrò in un pannello che casualmente non era ben sigillato e che sempre casualmente conteneva i controlli dei comandi remoti.

"Uops..." esclamò Dalton, sgranando gli occhi. "Un incidente derivato da quello scossone! Mio Dio! Che cosa può fare, adesso, un povero pilota tanto lontano da casa?"

Appena la sala controllo ebbe perso l'aggancio sul computer della navetta 004-7, questa ebbe un leggerissimo scossone e proseguì sulla sua rotta per forza d'inerzia. Situazione che non durò a lungo, tuttavia. Infatti Luke si affrettò a rimettere le mani sulla consolle riprendendo il controllo.

"Questo lo dedico a te, angelo" disse, pur sapendo che Riah non poteva sentirlo.

La navetta scartò, allontanandosi dalle boe e tuffandosi pericolosamente in mezzo agli asteroidi.

"Sala controllo!" gridò Dalton, riattivando le frequenze. "SOS! C'è stato un corto circuito! La navetta è senza controllo, rischio di impattare!"

"Azionare il teletrasporto d'emergenza, cadetto Dalton" rispose la voce esagitata del controllore.

Un sobbalzo violento scosse le paratie del mezzo quando la coda della navetta urtò rudemente uno degli asteroidi. Dalton si ancorò alla consolle di pilotaggio per non essere sbalzato via dalla sedia, mentre una spia d'allarme iniziò a lampeggiare sul pannello di pilotaggio.

<Attenzione. Perdita dal serbatoio del plasma. Attenzione. Perdita dal serbatoio del plasma> annunciò la voce del computer.

"No, aspettate... riesco a pilotare di nuovo ora! Posso salvare la nave" disse Dalton, raddrizzando l'assetto ed iniziando a scartare gli asteroidi, disegnando spirali e compiendo evoluzioni fra quelle rocce così letali.

"Azioni il teletrasporto d'emergenza, Dalton!" insisté il controllore di volo. "La vita è più importante di una navetta da esercit..." L'operatore non fece in tempo a finire la frase.

Riah lo aveva scaraventato via dalla poltrona ed ora stava urlando sul pannello delle comunicazioni al suo posto. "Dalton!" ruggì, letteralmente. "Chi credi di prendere per i fondelli!? Ma quale guasto e guasto! Esci immediatamente da quella fascia di asteroidi e riporta il tuo culo qui, subito!"

"È quello che sto tentando di fare, baby. È quello che sto tentando di fare."

La navetta continuò a schizzare all'interno della cintura lasciando una scia bianca dietro di sé e sfiorando gli asteroidi quel tanto che bastava perché lo scudo deflettore emettesse scintille ad ogni contatto. Ma il pilota non si accontentò di questo, aumentò la velocità e con una manovra spettacolare emerse dalla fascia, piazzandosi esattamente davanti al muso delle navette di T'kart e Opar che fecero appena in tempo a schermarsi gli occhi prima che una scintilla incendiasse 'incidentalmente' il plasma perso dalla navetta 004-7.

La scia infuocata si sparse per lo spazio, percorrendo a ritroso la rotta che aveva percorso Dalton, tuffandosi fra gli asteroidi e danzandoci in mezzo, corteggiandoli ed accarezzandone le asperità.

All'interno della sala di controllo, gli operatori si erano ammutoliti, abbandonando momentaneamente i propri compiti per fissare quello spettacolo infuocato. Lo show non durò che qualche attimo, in pochi secondi il plasma bruciò completamente e la scia di fuoco svanì nel nulla così com'era apparsa. Riah chiuse gli occhi e scosse la testa. "Un soggetto problematico, eh?!" mormorò fra sé e sé. "Macché problematico, e problematico... senza speranza! Ecco cos'è!"


 

La navetta di Dalton si trovava ora in testa al gruppo ed aveva tutta l'intenzione di rimanerci ma qualcuno all'interno della sala di controllo era di diverso avviso.

Un raggio traente imprigionò la navetta 004-7, dividendola dalle altre e attirandola verso le porte dell'hangar per un atterraggio forzato.

Le mani di Luke corsero istintivamente ai comandi, nel tentativo di trovare qualche manovra di disimpegno ma la parte razionale dell'umano le fermò. Sarebbe stato inutile, il raggio traente era oltre la potenza dei suoi motori, senza contare il fatto che non poteva commettere un atto d'insubordinazione simile e cavarsela con poco. Mascherare una smargiassata da falso incidente era una cosa, tirare troppo la corda era tutt'altra faccenda.

Il pilota si rilassò contro lo schienale e lasciò che il raggio guidasse la navetta.

"È tuo questo abbraccio, angelo?" chiese al vuoto, ma non prima di essersi assicurato con un'occhiata che le frequenze con la sala controllo fossero chiuse. "L'ho sempre saputo che il tuo abbraccio sarebbe stato forte."

I suoi occhi si chiusero. -È arrivato il momento- pensò. -Ragazzi, questo è il momento cruciale. Sarà ciò che succederà ora che deciderà se tutto ciò che state preparando sul Pianeta del Sempre sarà fatica sprecata o meno.-


 

"Signore" esclamò Dalton, appena scese dalla navetta. "La ringrazio per il raggio traente! Quando ho perso il controllo della navetta io... se non fosse stato per lei..." il cadetto interruppe la sua finta filippica non appena vide l'espressione sul volto dell'istruttrice.

"Qui buon senso a cadetto Dalton" si limitò a dire questa, con tono calmo malgrado si potesse intuire un filo di fumo nero uscire dalla sua testa. "Qui buon senso a cadetto Dalton. Mi sente, cadetto Dalton?"

Luke si limitò a stare in silenzio e sull'attenti. Il rumore delle altre navette che entravano nell'hangar ed atterravano proprio in quel momento fece da sottofondo al tutto.

"Lei è cosciente con chi sta parlando o è ancora perso in un mondo tutto suo fatto di smargiassate e testosterone? Ma davvero pensa che io sia così imbecille da bermi la storia del cortocircuito? Davvero reputa gli ufficiali di Flotta una manica di idioti creduloni?" Il tono di Riah si faceva sempre più alto e sempre più tagliente ad ogni domanda che poneva.

Luke continuò a restare in silenzio, assorbendo la rabbia della donna e per un attimo ebbe l'impulso di spiegargli perché si fosse comportato in quella maniera. Perché fosse stato necessario comportarsi in quella maniera. Non l'aveva fatto per sfidarla o per prendersi gioco dell'istruttrice... l'aveva dovuto fare perché, purtroppo, lei non era l'unico angelo del paradiso e lui non poteva restare a guardare mentre un altro rischiava di vedersi spezzare le ali.

Luke continuò a restare in silenzio, sentendosi in colpa verso Riah e sentendosi responsabile verso Lam.

La donna continuò: "Non è più sul suo caccia, Dalton, non pilota più uno Statfurr. Non posso più fargliele passare tutte lisce... parliamoci chiaramente, Dalton, cosa esattamente le impedisce di integrarsi con il resto della squadra?"

"Ci sto provando" disse Luke guardando verso T'kar e Opar, che si trovavano dall'altra parte dell'hangar in attesa di nuove istruzioni. Lo sguardo di Riah fu calamitato nella stessa direzione.

"Ci sto provando" ripeté il cadetto. "Ma non è facile per un vecchio pilota."

L'istruttrice aggrottò le sopracciglia, scorrendo lo sguardo sul volto del cadetto come su di una mappa, quasi che fosse in cerca di un qualche tesoro sepolto.

"Mi dispiace..." aggiunse l'uomo.

"Comandante" chiamò uno degli operatori di volo, raggiungendo di corsa i due piloti, istruttore e cadetto. "La USS Ogami riferisce di aver avvistato un'esplosione da plasma. Il capitano Hito ci chiede cosa sia successo... che devo dire?"

Riah non si voltò verso l'operatore, parlò tenendo gli occhi ben piantati dentro quelli di Dalton. "Gli dica che l'immensa sbadataggine di un nostro cadetto ha causato un cortocircuito al sistema di guida con conseguente incidente."

Il volto di Dalton si rilassò impercettibilmente, mentre l'ombra di un sorriso sfiorò le sue labbra.

"E gli dica anche" continuò Riah. "Che a causa di questa sua sbadataggine, tale cadetto ha vinto l'incarico più ambìto dai piloti..." caricando la parola 'ambìto' di un forte sarcasmo "...infatti passerà le prossime quattro settimane a pilotare un cargo rifornimenti della Flotta."

Il sorriso lasciò la faccia di Dalton per passare su quella di Riah, ma quello che apparve sul volto dell'istruttrice non era appena un accenno come l'altro. Al contrario, era proprio un ghigno soddisfatto. L'espressione sul volto del cadetto, infatti, era impagabile.

"Due sett..." fece per protestare Luke.

"Quattro" tagliò corto Riah, ritenendo chiusa la faccenda. "E ti sto facendo un favore."

-Non sai quanto- pensò Dalton, ma a voce alta disse, invece: "Starfury."

"Cosa?"

"Starfury" mormorarono le labbra di Luke. "Il mio caccia... si chiamava Starfury non Statfurr. Ci tenevo solo a precisarlo, così se lo ricorda."

"Ah, dovrei?" lo sfidò l'istruttrice. "E perché?"

"Perché le si addice." Disse con un sorriso e piegando leggermente la testa verso il basso.

Qualsiasi commento stesse per fare Riah le si bloccò in gola, rimanendoci incastrato. Nei tre secondi di silenzio che seguirono, la donna vagliò tutta una serie di cose da dire, ma nessuna di queste riuscì a superare l'ostacolo di quel commento che faceva da tappo.

Allo scadere del quarto secondo di silenzio Riah si limitò a mugugnare: "Fuori dai piedi, adesso." Gli voltò le spalle e si diresse verso la sala di controllo. Senza voltarsi indietro parlò con voce più alta: "Area sgombra entro cinque minuti, Dalton" riecheggiò per l'hangar. "Inutile specificarle che dovrà assistere alle riparazioni della navetta, vero?" Infine, le porte della sala controllo si chiusero alle sue spalle prima che a lei venisse in mente di dargli anche l'ordine di pulire i cessi.

"Comandante." Un operatore le si avvicinò reggendo fra gli arti superiori un padd un po' più grande dello standard. "Le registrazioni dell'esercitazione per i registri."

"Grazie, signor Ozzem." Riah prese in mano il padd e ne sfiorò alcuni comandi, richiamando sul display il programma che avrebbe convertito i dati rilevati dai sensori in registrazioni visive. Quando notò che il cadetto facente funzione di controllore era rimasto al suo fianco, lo congedò: "Può andare, signor Ozzem."

Il ragazzo rimase spiazzato dall'ordine dato dal suo superiore, le aveva porto il padd perché lei lo firmasse e glielo restituisse subito, così che lui avrebbe potuto portarlo agli Uffici di Registro per l'archiviazione. Tant'è che restò ad ammiccare chiedendosi se questa fosse una nuova procedura di cui non era stato informato o se si dovesse semplicemente togliere dai piedi.

L'istruttrice gli venne in aiuto alzando la testa dal display e dandogli istruzioni: "Penso io ai registri di quest'esercitazione" disse. "Lei chiuda i terminali e li prepari per il corso successivo. Dopodiché si consideri congedato."

"Si, signore!" scattò il cadetto e si allontanò con passo marziale. Ne aveva di cose da raccontare, al suo ritorno in Accademia.

Riah restò davanti ad una delle vetrate, a fissare il campo di volo e le boe che venivano man mano disattivate. In lontananza si poteva scorgere la cintura di asteroidi. La donna alzò il padd all'altezza del viso e lo guardò nuovamente, confrontando la zona di asteroidi che fluttuavano nello spazio freddo con l'immagine dell'esplosione di plasma che il display rifletteva.

Zigzagando fra quelle rocce vagabonde e ammiccando dallo schermo del padd, la scia infuocata disegnava inconfutabilmente un'enorme 'R' fiammeggiante.

"Piloti..." sbuffò Riah.


 

"Piloti..." sbuffò Dalton, una volta rimasto solo all'interno della navetta che ora avrebbe dovuto portare nella 'baia' per le riparazioni. "Sapevo di poter contare su di te, angelo. Però devi ammettere, Luke, che stavolta hai rischiato grosso. Veramente grosso. Santo cielo, a momenti rovinavi tutto, si può sapere che ti è preso? Caro il mio bel nonnino..."

Dalton doveva affrontare una prova di volo in base all'esito della quale sarebbero stati assegnati gli incarichi di 'servizio attivo', ossia: i cadetti avrebbero servito ufficialmente su di una nave stellare con la designazione di 'Facente Funzione'. I compiti che avrebbero svolto non sarebbero poi stati questo granché, in quanto a responsabilità, inoltre sarebbero state scelte esclusivamente navi con incarichi 'tranquilli'. Tuttavia fra i piloti c'era un certo antagonismo, i cadetti gareggiavano per farsi assegnare alle classi di navi più moderne ed ammirate.

Il piano di Luke al riguardo era semplice e geniale al tempo stesso (o così sperava). Era sufficiente che facesse un po' l'asino durante l'esercitazione, sì da venire assegnato ad uno degli incarichi più temuti e snobbati da quella manica di sbarbatelli aspiranti piloti con mire di gloria che erano i suoi compagni di corso: pilotare il cargo rifornimenti dell'Accademia.

La domanda a questo punto era: quando, esattamente, si era fatto un po' prendere la mano? Almeno doveva ammetterlo con se stesso, comportarsi in modo così 'idiota' gli era servito, finalmente dopo tanto tempo era riuscito a trovare un piccola valvola di sfogo. Essere in quella dimensione dimenticata da Dio, con la tecnologia necessaria per curare la piaga dei Drakh, e non poter riportarla a casa, stava lentamente portandolo verso la pazzia. Era sempre più dura trattenere dietro un sorriso tutto quella rabbia, e sebbene non fosse stato molto professionale o maturo, unire così tanto dilettevole all'utile... beh almeno si sentiva meglio, molto meglio.

"Scusa, angelo, per le punzecchiature e tutto il resto" mormorò sebbene nessuno potesse sentirlo. "È solo che ho un estremo bisogno di un cargo merci al momento. Sai... il latinum pesa, mi ci vorrà pure un mezzo per portarlo via da quel pianeta... Sapevo che se ti avessi preso per il verso giusto avrei potuto contare su di te. Tutto quello che è venuto dopo, sai... non era proprio programmato, o almeno, non fino a quel punto, ma io sono sempre stato un genio nell'improvvisare, modestamente. Sai, angelo? Credo semplicemente che mi sia scappata un po' la mano."

Dalton ripensò a come, per un attimo, aveva temuto che sarebbe stato sbattuto a calci fuori dall'Accademia invece che su di un cargo. Poi gli venne in mente a come le cose, invece, si erano aggiustate e a come Riah aveva deciso di dichiarare chiusa la faccenda malgrado fosse inizialmente molto più furiosa.

"Altro che mano..." sorrise Luke compiaciuto e con una smorfia di determinazione agli angoli della bocca. "...qui bisogna fare in modo che ci scappi la cena."

Improvvisamente Luke sentì un crepitio ed una leggera scossa ad una mano. Fece un salto sulla poltrona del pilota prima di accorgersi che si trattava solo di un flebile rilascio di energia dalla consolle andata in corto circuito. Dalton tirò un sospiro di sollievo, per un attimo aveva pensato che Lam si fosse nascosta nella navetta e l'avesse sentito.

Per amore di sanità mentale decise di mettere da parte quel piccolo incidente insieme a tutti i pensieri riguardo angeli vendicatori che gli stavano venendo in mente. Fatto questo si concentrò di nuovo sulla propria missione: "Cari il mio temponauta, il mio frullato genetico ed il mio beccamorto vulcaniano, nonché mia gentile signora... spero stiate pensando a recuperare il latinum, che il mezzo di trasporto l'ha appena procurato il vostro vegliardo preferito. E con la benedizione dell'Accademia, per giunta!"

Orbita attorno al Pianeta del Sempre
Nave Cargo rifornimento merci dell'Accademia
Giorno 13

"Luke!" esclamò Renko, non appena i cinque cadetti furono da soli nell'angusta plancia del cargo rifornimento merci. "Ci sei riuscito egregiamente, ce l'hai fatta!"

"Certo che ce l'ho fatta!" esclamò Dalton, liquidando il commento. "Perché? Qualcuno aveva dei dubbi?"

Vaarik e Foster si guardarono l'un l'altro ma decisero di non fare commenti di sorta, in fondo non doveva essere stato facile, per Luke, riuscire nell'impresa, bisognava dargli merito di questo.

Dalton si affrettò al replicatore del cargo che ormai conosceva come le proprie tasche e richiese cinque bicchieri. Immediatamente cinque coni di cristallo vuoti si materializzarono nel vano. Luke li afferrò e ne porse uno ad ognuno poi si chinò a trafficare sotto alla consolle di pilotaggio e ne uscì con una bottiglia di liquido verde in mano. "Sorpresa!" annunciò. "Gente, non so voi ma a questo punto mi ci vuole una goccia di alcool vero."

"Nulla in contrario, vecchio" Foster porse il suo bicchiere, "forza, versa."

"Trovate saggio assumere sostanze che possono ottundere i sensi proprio quando abbiamo bisogno di attingere a tutte le nostre risorse intellettive?"

"Non metterti a fare il solito beccamorto, Vaarik!" Lo rimbeccò Luke. "Che male c'è a farsi un po' di questa... roba verde" concluse, visto che la bottiglia non aveva etichetta.

"Mi stavo ovviamente riferendo agli altri, Dalton, sono perfettamente al corrente che le tue risorse intellettive non possono essere ottenebrate più di quanto già lo siano."

"Ragazzi!" si intromise Renko prima che le cose fra i due compagni di stanza, tanto per cambiare, degenerassero. "Ragazzi, abbiamo a disposizione circa cinque minuti per poterci rilassare. Il nostro piano deve andare avanti, ricordate?"

"Già" sospirò Luke, portando la testa indietro mentre si rilassava sulla poltrona di guida, il bicchiere in mano. "Proprio un bel piano. Fa qualcosa di utile una volta tanto, vulcaniano, forza, quante probabilità abbiamo, arrivati a questo punto, di riuscire a recuperare il latinum?"

"Lo vuoi veramente sapere?" rispose Vaarik, inarcando un sopracciglio.

"No, in fondo no. Adoro le sorprese."

"Forza, gente" intervenne ancora Renko. "Siamo riusciti ad immetterci nei computer del Centro Studi, siamo riusciti a raggiungere la navetta con il latinum. Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare, non possiamo perderci d'animo proprio adesso che siamo arrivati fino a qui. Ora che non ci resta che portarlo a bordo."

"Adesso viene la parte più rischiosa."

"Rischiosa è vero, ma ci abbiamo studiato su. Non lasceremo nulla al caso."

Dalton guardò il volto dell'ibrido e le sue labbra si incresparono in un sorriso storto. "I cinque minuti di pausa sono finiti" annunciò, alzandosi in piedi ed aggiustandosi l'uniforme. "Gozar eliminerà i pirati cattivoni e noi avremo il nostro latinum, è ora di andare al lavoro."

Pianeta del Sempre
Centro Studi L'Orlo del Tempo
Sala Conferenze riadattata a Sala Tattica
Giorno 13

"Dunque" iniziò Gozar. "L'ultima cosa che tutti vogliamo è fare troppa pubblicità a questa vicenda, giusto?"

"Sì, comandante" confermò Jadarel. "Siamo d'accordo su questo punto, ma trovo necessario informare gli uomini della sicurezza che si occuperanno delle ricerche." La donna parlava con ferma convinzione. "Possiamo anche convincere i civili che sia in corso un'esercitazione della sicurezza, ma non ho intenzione di mandare i miei uomini allo sbaraglio, senza informarli di cosa stanno cercando o a che cosa vadano incontro."

"Ma è questo il punto" rispose Gozar. "Non abbiamo bisogno di altri uomini. Era semplicemente qui che volevo arrivare. Contando i suoi due collaboratori e i tre agenti fatti venire dalla sezione esterna, il nostro organico è più che al completo."

"È molto sicuro di sé, signor Gozar" lo apostrofò Jadarel. "Spero vivamente che non stia sottovalutando la situazione."

"Signore, con il dovuto rispetto" rispose l'angosiano, usando il tono deferente per rivolgersi ad un suo superiore. "È vero che sono corso qui di tutta fretta, ma non sono venuto impreparato. Stimo che sotto la mia guida non mi serviranno più di tre uomini per risolvere la situazione. "

"È molto sicuro di sé, appunto ciò che stavo dicendo. Possiamo desumere il numero degli intrusi..."

"Non più di otto."

"Non più di otto, certo, ma non conosciamo le risorse che hanno a disposizione."

"Vista la grandezza della navetta registrata sui log, le loro risorse non dovrebbero essere un problema, per noi."

"Il sottotenente Atal, responsabile del magazzino logistico, sta tardando a registrare il suo rapporto inventariale, e sa perché?"

"È lento a scrivere?"

"Perché una delle piattaforme portatili di teletrasporto non è al suo posto. In questo momento stiamo esaminando i log d'uso per vedere di riuscire a ritrovarla, ma ora come ora sembra scomparsa. Questo significa che non solo gli intrusi potrebbero avere tecnologia nostra ma, se è questo il caso, significa anche che sono riusciti ad avvicinarsi più del dovuto, non trova?"

"Comandante D'Rxaf" rispose Gozar. "In realtà questo, più che inquietarmi mi tranquillizza." L'angosiano si appoggiò sui gomiti, preparandosi alla disquisizione. "Vede, se hanno bisogno di attingere alle nostre risorse, significa che essi stessi sanno che facendo unicamente ricorso alle loro non sono in grado di nuocerci più di tanto. E poi non è detto che siano riusciti a penetrare nella struttura. La piattaforma scomparsa, sempre che di furto si tratti, possono anche averla rubata mente era in uso all'esterno del perimetro. È per questo che il signor Atal sta spulciano i log di richiesta di utilizzo, no?" Gozar fece una pausa, guardando in volto Jadarel e sperando che la donna desse il suo consenso al piano che le aveva presentato. L'aveva convinta? Leggere l'espressione sul volto di lei non era facile.

"La navetta con cui dovrebbero essere giunti qui sembrerebbe abbastanza piccola, è vero. Non più di otto posti, ma non è detto che il log dica il vero, potrebbero essere molti di più, e lei mi sta chiedendo di affrontarli in quattro? Mi dica come mai dà tanto per scontata la nostra superiorità militare."

"Sarò diretto e non le racconterò frottole" iniziò Gozar. "Potrei raccontarle che la sicurezza mi viene dal condizionamento e dalle modifiche fisiche apportatemi dalle forze militari del mio pianeta, ma anch'io so quanto possano esser pericolosi i pirati di Orione. So della loro determinazione, della loro ferocia e del loro sprezzo per la morte." Il tono di voce di Gozar era duro e serio, lo sguardo fisso. "Ci sono clan che perfino io avrei paura ad affrontare, le punte di diamante di un organizzazione che definire temibile è un eufemismo... e poi c'è il clan Dsn'evl."

Gozar sospirò, alzando gli occhi al cielo. "Che non definirei esattamente diamante, e nemmeno il carbone che sta vicino al diamante. In realtà non lo definirei nemmeno torba e a pensarci bene neanche letame..."

"Ok, signor Gozar, direi che è stato chiaro."

"...perché il letame almeno è utile..."

"Signor Gozar, abbiamo capito il concetto" lo interruppe Jadarel con tono autoritario. "Si senta pure libero di proseguire il suo intervento senza altri accenni a materia biologica deperibile."

"Ho già avuto a che fare con questi signori, più precisamente su Kantara IV, dove avevano messo su una bella attività di contrabbando sotto alla guida del rinnegato Damocles Dastardly. Le assicuro, comandate, che non li sto affatto sottovalutando, così come le assicuro che li conosco." Gozar fece solo una piccola pausa per essere certo che le sue parole fossero state recepite.

"Ebbene?"

"Ebbene, comandante, so come si muovono. Con questo non voglio dire che siano degli sprovveduti, sono riusciti a mettermi nel sacco una volta, in fondo. Diciamo che questo clan è in grado di associare ad autentici e sporadici colpi di genio una goffaggine e un'irrazionalità che hanno del surreale. Su Kantara sono stati parecchio in gamba a non farsi scoprire per tanto tempo, ma erano anche spalleggiati da un ufficiale della Flotta che copriva le loro attività illecite. Qui non è cosi, il modo stesso su come siano potuti approdare sul pianeta dipende da un caso puramente fortuito."

"Un caso che non definirei troppo fortuito, signor Gozar. Stiamo analizzando il software dei sensori nel settore A157 e sembra che i nostri esperti abbiano rilevato tracce di una possibile intrusione all'interno del sistema di computer." Jadarel lasciò il tempo agli ufficiali seduti attorno al tavolo di assorbire bene l'informazione e rendersi conto su cosa questa potesse significare. Nemmeno il volto di Gozar restò impassibile, un'ombra calò sul suo sguardo anche se l'angosiano fece di tutto per non mostrare alcuna reazione emotiva alla 'truppa'.

D'Rxaf notò l'aggrottarsi delle sopracciglia dei suoi ufficiali ma restò impassibile e continuò a parlare: "Anche se non abbiamo prove certe, è possibile che siano stati gli orioniani a causare il black out di qualche giorno fa, per costringerci a ripristinare il sistema usando la copia di back up. Si sono dimostrati molto più acuti di quanto descritto da lei, signor Gozar. Se i rari colpi di genio del clan sono tutti di questa portata, allora non è il caso di sedersi sugli allori, sperando in una loro goffaggine."

"Dunque è stato in questo modo che sono riusciti ad attraversare il perimetro di sicurezza esterno, signore?" intervenne Darmar. "Utilizzando i codici di accesso dell'ex comandante Damocles Dastardly? Appena saputo del suo arresto li avevamo cancellati dalle routine del sistema ma..."

"Esatto, signor Darmar, abbiamo cancellato immediatamente i codici di accesso di Dastardly dal software di sistema, ma non dalle copie di back up. Queste vengono aggiornate periodicamente, ma quando si è verificato il black out ed è stato necessario ripristinare il sistema ciò non era ancora successo, ed i codici di Dastardly sono stati riattivati. Un baco nel nostro sistema che rischiamo di pagare a caro prezzo e che vedremo di eliminare al più presto."

"Santo cielo... sono arrivati sul pianeta passando tranquillamente dalla porta principale. Dastardly deve avergli fornito quei codici per vendicarsi di ciò che era successo su Kantara IV" sbottò un giovanissimo tenente.

"Non solo, la mia ipotesi è che siano riusciti ad immettersi nei nostri computer per costringerci ad un back up del sistema che avrebbe riattivato i codici di accesso di Dastardly. Capite? Dobbiamo fare in modo di non sottovalutare la tecnologia informatica di cui dispongono."

Gozar si agitò un attimo sulla sedia, allontanandosi dal piano della scrivania per appoggiarsi allo schienale. Prima di parlare trasse un profondo respiro: "Sono desolato, signore, ma su questo punto non mi trovo d'accordo con lei."

Jadarel alzò un sopracciglio, invitando l'angosiano a proseguire e questi non si fece pregare, sebbene inciampasse un po' sulle parole alla ricerca di quelle più appropriate da usare. "I vostri esperti hanno trovato tracce... ma quanto attendibili sono, queste tracce? Ha detto lei stessa che non avete prove certe, dunque?"

"Dunque ci sono gli estremi per sospettare che il black-out possa essere stato causato da un intervento esterno, punto. Se fossimo riusciti a rintracciarne il punto di origine, ora non staremo qui a parlare, non trova?"

"Certo" concordò l'angosiano. Mentre tirava un sospiro e si rilassava contro lo schienale. "Che ne dice di una trappola?"

"Trappola?" Jadarel aggrottò le sopracciglia interrogativamente. "Che cosa ha in mente?"

"Semplice, loro ancora non sanno che noi sappiamo, non per niente sono venuto qui a bordo del cargo di rifornimento merci dell'Accademia, per non destare il minimo sospetto e non far precipitare la situazione in qualcosa che sarebbe al di là del nostro controllo. Dunque, visto che sensorizzare l'intero pianeta in cerca di questi fantomatici intrusi, oltre ad essere un lavoraccio a causa delle continue interferenze, richiederebbe più tempo di quel che io voglio lasciare a quei pirati, la soluzione è semplice. Diamogli quello che sono venuti a cercare, facciamo in modo che siano loro a venire da noi fino a che non li avremo esattamente dove vogliamo."

Jadarel si sporse in avanti, interessata: "Mi parli meglio di questa sua trappola, signor Gozar."

Pianeta del Sempre
Zona dei Canyon
Giorno 15

Durante gli ultimi giorni, la zona era stata teatro di un'intensa attività da parte di scienziati e cadetti diplomandi in fisica quantistica. Il flusso delle persone che andavano avanti e indietro era stato palese e il loro daffare inequivocabile. Era stato addirittura montato un campo con tende e strumentazione scientifica.

La frenesia era scoppiata un paio di giorni prima, quando si era sparsa la voce che proprio in quel punto sembrava esistesse uno dei minerali che componevano il Guardiano del Tempo. Inutile dire che la scoperta scientifica avrebbe fatto fare agli studi un notevole balzo in avanti; riuscire a capire anche soltanto la struttura esterna del Guardiano (ossia l'hardware) sarebbe stato un traguardo notevole per qualsiasi fisico temporale. Chiunque si fosse trovato a passare di lì per caso avrebbe capito subito cosa stesse succedendo, perché la contentezza era tanta che le frasi di cui sopra venivano ripetute spesso e preferibilmente a voce molto alta.

L'unica cosa che stonava in tutto questo entusiasmo e sete di conoscenza era forse qualche guardia della sicurezza 'travestita' da esimio scienziato che si aggirava fra i civili con un andamento apparentemente casuale ma in realtà sempre vigile. Il marasma durò soltanto un paio di giorni e poi l'entusiasmo parve spegnersi di colpo, in men che non si dica la zona cominciò a spopolarsi e le attrezzature scientifiche furono rimosse e portate via. Restò in piedi solo una tenda e otto figure al suo esterno.

"Bene, signor Gozar" mormorò Jadarel a bassa voce. "La messinscena l'abbiamo messa su, ora vedremo se ne è valsa la pena."

"I nostri pesciolini abboccheranno, ne sono certo. Ho dovuto sconvolgere un po' la vita del Centro Studi, chiedendo la collaborazione del personale civile ma non potevamo fare diversamente. Ci serviva un pretesto credibile per far sì che i nostri eroi si trovassero improvvisamente da soli e lontani dal Centro."

"Un po' di movimento fa bene anche agli scienziati" sospirò Jadarel. "E poi credo si siano bevuta perfettamente la storiella dell'esercitazione... pensi, magari si stanno anche divertendo" finì poi con una smorfia che si trasformò presto in un sorriso ironico. La donna squadrò Gozar da capo a piedi e disse: "Ma lo sa che il look da scienziato le dona?"

Gozar non ebbe il tempo di ribattere che Jadarel alzò il tono di voce, scandendo con tono chiaro le istruzioni. "Bene" disse in modo da essere ben udibile. "Voi quattro resterete qui a smantellare le ultime cose e a finire i rilievi per la mappatura della zona. Avete solo fino a questa sera per ultimare il lavoro. Vi lasciamo soli, non deludeteci."

Detto questo, Jadarel, Gozar e due tecnici iniziarono ad incamminarsi verso il Centro Studi, lasciandosi alle spalle quattro cadetti che li guardavano allontanarsi con in viso un'espressione non del tutto decifrabile.

"Bene, se ne sono andati" sospirò Renko. "Facciamoci un po' di giretti in tondo come ci hanno chiesto, prima di entrare nella tenda."

"Dunque, il latinum è pronto."

"È tutto pronto, aspetta solo che noi lo andiamo a prendere. Non per niente ho fatto delle gran belle dormite in questi giorni" rispose Renko, che negli ultimi tempi aveva approfittato della sua capacità di proiettarsi per visitare e approntare il luogo dove giaceva il latinum senza destare sospetti. L'ibrido si portò una mano alla testa, massaggiandosela e facendo una smorfia. "E credo che dovrei farvela pagare, per questo."

"Ok, ci siamo già mostrati a sufficienza a tutte queste belle rocce intorno. È ora di muoverci e concludere questa faccenda."

I quattro si diressero verso la tenda, scostandone un lembo ed entrando.

"Ben ritrovato, comandante" salutò Renko.

"Non posso dire altrettanto" rispose secco Gozar. "Ma è un lavoro sporco, qualcuno deve pur farlo."

All'interno c'erano Gozar con altri tre addetti della sicurezza. L'ufficiale aveva solo finto di allontanarsi e si era invece fatto teletrasportare nella tenda al riparo da qualsiasi sguardo. Un osservatore esterno non avrebbe potuto notare la manovra, pensando che in quel momento, nascosti dietro al tessuto spesso, ci fossero solo i quattro cadetti.

Gozar continuò: "È ora che voi quattro vi teletrasportiate in un luogo sicuro. Il cargo con cui sono giunto fino a qui andrà benissimo." Per un attimo il comandante sembrò avere un ripensamento ed aggiunse, con un tono sardonico: "A meno che non vogliate restare qui quando i pesciolini finiranno in pentola e l'acqua comincerà a bollire..."

"Oh" intervenne Renko, anticipando qualsiasi risposta da parte degli altri. "Non vorremo mai essere d'intralcio alle operazioni. Il cargo andrà benissimo."

Gozar squadrò i cadetti con un sorrisetto ironico e fece cenno di posizionarsi su una piattaforma di teletrasporto portatile che era stata piazzata in mezzo alla tenda. Dopo qualche secondo, i quattro erano svaniti, avvolti dallo scintillio.

Orbita attorno al Pianeta del Sempre
Nave Cargo rifornimento merci dell'Accademia
Giorno 15

"Siamo in ritardo di venti secondi" esordì Vaarik, alzando un sopracciglio e guardando i compagni con aria cupa.

"Non siamo affatto in ritardo" gli rispose Renko, mentre si affrettava a ricontrollare un'ultima volta che tutta l'attrezzatura necessaria fosse pronta. "Saremo in ritardo quando il margine che ci eravamo concessi sarà esaurito."

A bordo del cargo merci la frenesia era palpabile, una frenesia striata con varie sfumature di nervosismo, espresso in maniera differente e personale da ognuno dei cadetti presenti.

"Ok, è tutto pronto... forza, signori. Il gran momento è arrivato, ora ci giochiamo il tutto per tutto."

Pianeta del Sempre
Zona dei Canyon
Giorno 15

Quattro figure stavano calpestando il suolo senza tempo del Pianeta del Sempre. Le orme che lasciavano venivano pian piano spazzate via dal perenne movimento del vento che si insinuava nei corridoi di roccia dei canyon. I loro abiti erano di un marrone spento, per meglio mimetizzarsi in quel paesaggio, e non avevano alcun segno distintivo se non nella fattura tipicamente orioniana.

I quattro si radunarono tutti in un unico punto elevato, a ridosso di una flangia di roccia che sovrastava il canalone. Sotto di loro una tenda riposava pacifica nella brezza perenne, incurante degli ululati che il vento simulava passando fra i corridoi di pietra.

Gli sguardi degli orioniani si posarono tutti sullo stesso obiettivo.

"Bene" disse uno di loro. "E così, alla fine ci siamo."

All'interno della tenda nessuno parlava, escludendo il lieve ronzio di un tricorder, regnava un silenzio pieno di aspettativa. Dall'esterno giungeva solo il rumore del vento e il flap flap dei lembi di tessuto che venivano leggermente scossi quando questo aumentava di intensità.

Gli ufficiali della sicurezza erano concentrati sul loro compito, ossia tentare di non rimanere incastrati nella loro stessa trappola. Erano abbigliati con i giacconi che il Centro Studi dava in dotazione ai propri cadetti per i lavori in esterno, ma sotto avevano le tute da combattimento e la loro attrezzatura era tutt'altro che scientifica. Fucili phaser e tricorder della sicurezza avevano preso il posto della normale dotazione. Il giorno precedente, tutto l'andirivieni e i falsi studi del terreno non erano stati che un pretesto per stendere una rete di sensori su tutta la zona che circondava la tenda ed ora, qualsiasi cosa si fosse avvicinata, sarebbe stata rilevata immediatamente.

Il tempo sembrava passare sempre più lentamente, il silenzio sembrava farsi sempre più pesante e il ronzio monotono del tricorder sempre più inquietante. Non sapere esattamente a cosa si stava dando la caccia non era per nulla rassicurante, ma il rischio fa parte del lavoro e le sorprese, per quanto poco gradite, fanno parte del rischio.

Il tricorder emise un singolo beep, squarciando il silenzio e facendo sussultare gli uomini della sicurezza malgrado non aspettassero altro. Tutti e quattro restarono a fissare l'apparecchiatura, aspettando di sentire altri segnali. Dopo qualche secondo di quiete, il tricorder riprese vita emettendo una serie di beep brevi e distanziati fra di loro. Gozar si piegò per leggere le letture e trasse un respiro. "Ecco ecco i nostri fantasmi... vediamo se riesco a farvi scomparire così come siete apparsi."

I quattro orioniani si stavano avvicinando furtivamente alla tenda. Per come questa era stata montata, cioè a ridosso della parete di roccia, c'era soltanto una via di fuga possibile per i suoi occupanti e di conseguenza c'era soltanto una direzione obbligata da cui poter attaccare.

Il primo di loro alzò una mano, facendo cenno agli altri di fermarsi per studiare bene il territorio e non farsi prendere impreparati. È vero che era stato tutto calcolato ma l'imprevisto dell'ultimo momento od una variabile di cui non avevano tenuto conto poteva in ogni momento presentarsi a rovinare i loro piani.

I quattro si affiancarono, phaser in mano e sguardo fisso alla tenda che sembrava quasi respirare, mossa com'era dal vento. Ad uno di loro scappò un sorriso divertito mentre faceva un passo in avanti e fissava le creste della parete rocciosa ben sopra le loro teste.

"Che hai da ridere, adesso?"

"Nulla" rispose avanzando ancora. "Stavo solo pensando che questo è proprio il posto perfetto... per un agguato."

Un altro passo.

Click.


 

Lo spostamento d'aria della granata stordente scosse il lato esposto della tenda, facendo increspare il tessuto che protestò emettendo un paio di schiocchi secchi. All'interno, gli uomini della sicurezza si erano appiattiti a terra, pronti a tutto, anche al fatto che i loro 'ospiti' non fossero incappati nella fila di granate che avevano accuratamente nascosto nel terreno.

"Fuori!" gridò Gozar, quando l'onda d'urto si spense.

Gli uomini si precipitarono all'esterno con i fucili spianati ma non certo uscendo dalla porta principale come piccoli kamikaze, bensì sgattaiolando attraverso vie di fuga sul retro che si erano ritagliati apposta per l'occasione. Fecero appena in tempo, perché cinque secondi dopo che furono usciti, iniziarono i colpi di phaser. La tenda fu presa in pieno dalle raffiche fino a che non crollò su sé stessa, il tessuto squarciato dai colpi di phaser. Ma gli orioniani erano stati troppo lenti a reagire, perché i federali erano già in posizione ed iniziarono a rispondere al fuoco.

Dopo una trentina di secondi le scariche cessarono. Entrambe le squadre erano in posizioni in cui risultava impossibile colpirsi a vicenda e quella battaglia sarebbe stata destinata ad un eterno stallo se qualcuno non avesse preso un'iniziativa per infrangerlo.

"Qui è il tenente comandante Naren Gozar della Flotta Stellare" esordì. "A questo punto avrei il dovere di informarvi della lista di infrazioni che avete commesso e di richiedervi di deporre le armi e seguirci da persone ragionevoli fino al più vicino posto di sicurezza federale ma... sinceramente, spero non lo facciate." Nella gola echeggiò il suono secco di un phaser federale che veniva caricato a massima potenza.

"Bravo" rispose una voce con una sfumatura di scherno. "Molto terrorizzante, davvero. Quasi quanto il trucchetto delle granate stordenti nascoste sottoterra. Un vero peccato il fatto che sia uno dei trucchi più vecchi dell'universo e che siamo riusciti a cavarcela senza danni."

"Beh... sì, è vero. Ma in fondo, questo non fa altro che rendere le cose un po' più movimentate, no?"

"Per noi senz'altro, per voi..." la voce lasciò la frase in sospeso, si che le parole assunsero quasi il tono di una minaccia. Disgraziatamente non si trattava di parole vuote, in quanto i federali udirono il click di innesco di una granata e due secondi dopo una sfera compì un arco verso le loro postazioni.

Imprecando, i quattro si gettarono al riparo mentre la detonazione dell'ordigno a bassa potenza sollevava un polverone denso per tutta la gola.

Quando fu tornata la calma e la polvere cominciò a posarsi di nuovo, gli orioniani erano scomparsi.

"Signor Darmar" ordinò Gozar, "resti qui nel caso i nostri non graditi ospiti ci abbiano riservato altre sorprese. Voi altri due, invece, con me. Inizia la caccia."


 

Stacco.
 

Ed eccoci tornati di nuovo al punto di partenza, dove avevamo visto i nostri pirati sfuggire alle forze federali grazie ad una provvidenziale piattaforma di teletrasporto rubata. La nostra girandola di flash back si chiude qui, così come il cerchio degli eventi che hanno fatto sì che i nostri ragazzi (beh... lasciatemi passare il termine malgrado la loro età non più... verde), il tenente comandante Naren Gozar e una manciata di pirati orioniani si trovassero nel medesimo istante sul Pianeta del Sempre.

Il piano dei nostri quattro intraprendenti cadetti per recuperare il latinum, sembrerebbe a questo punto gravemente compromesso. Eppure, come abbiamo visto, non si sono per nulla abbattuti e sembrano anzi convinti di poter terminare con successo la loro missione. In effetti, mentre Gozar gioca a rimpiattino con i pirati, i nostri cadetti non si trovano affatto rintanati nel posto sicuro dove dovrebbero essere ma se ne stanno andando in giro sul Pianeta del Sempre. Anche se il loro tempo è contato e ben presto dovranno tornare in fretta e furia di nuovo sul cargo.

Riprendiamo ora da dove eravamo rimasti: i quattro pirati avevano creato un diversivo ed erano riusciti a teletrasportarsi grazie ad una piattaforma portatile sottratta al Centro Studi.

"Sono stati furbi, per ora, ma anch'io ho preso le mie precauzioni e vi assicuro: prima che passino cinque ore, quei pirati saranno dentro una cella federale... o non mi chiamo Naren Gozar."

Ecco come finiva il racconto dell'inseguimento dei pirati, ed ecco come prosegue.

Pianeta del Sempre
Zona dei Canyon
Giorno 15

"Gozar a Darmar" disse l'ufficiale, attivando il comunicatore con un colpetto secco. "Situazione."

"Qui Darmar, sto controllando i dati della rete sensoria che abbiamo steso attorno al luogo della trappola ma non rilevo nulla. Sto facendo un giro di ispezione per sicurezza, ma non c'è traccia della presenza di altri pirati."

"Grazie Darmar, è tutto." Gozar chiuse la comunicazione e si rivolse ai suoi due uomini. Entrambi ufficiali molto giovani. "Bene, a quanto pare non ci sono altri ospiti sgraditi in giro. Né tantomeno i nostri pirati sono tornati sulle loro orme... devono essersi teletrasportati da qualche altra parte..."

"Signore!" esclamò uno degli addetti alla sicurezza. "Lassù!"

A qualche chilometro di distanza, una navetta lasciò il suolo in tutta fretta, lasciando dietro di sé il ronzio dei motori che venivano spinti al massimo.

"Mi chiedo come possano sperare di sfuggire al blocco difensivo" constatò con aria incredula il secondo uomo.

"Non ci arriveranno fino alle navi del blocco" rispose secco Gozar, con lo stesso tono di voce con cui avrebbe emesso una sentenza. "Ho ancora un conto in sospeso, con loro."

"Signore, la loro navetta è piccola è vero, ma..."

"Il cargo merci con cui sono arrivato non è del tutto disarmato" tagliò corto Gozar. "Merito dell'ultima guerra affrontata."

"Ma è privo di personale! Si tratta di una rotta di routine solitamente affidata a qualche cadetto a scopo educativo."

"Appena sarò a bordo avrò tutto il personale che mi occorre." Gozar riattivò il comunicatore per mettersi in contatto con il cargo e due secondi dopo l'ufficiale svanì nel ronzio del teletrasporto.

I due agenti della sicurezza rimasero lì a guardarsi in faccia perplessi, chiedendosi cos'altro sarebbe successo adesso.

Orbita attorno al Pianeta del Sempre
Nave Cargo rifornimento merci dell'Accademia
Giorno 15

Appena tornati a bordo, Renko, Ripley e Vaarik si precipitarono nella piccola plancia. Dei tre, l'unico ad avere un sorriso soddisfatto era l'ibrido, forse perché era il più ottimista o forse perché il carattere degli altri due non gli permetteva di lasciarsi andare a facili entusiasmi.

"Non posso quasi credere che abbia funzionato" esclamò Renko. "Vuoi vedere che ce ne fileremo veramente via sotto il naso di tutti con il nostro latinum?"

"Sempre ammesso che quando passeremo il blocco a qualcuno non venga in mente di dare un'occhiata a cosa c'è nella stiva" puntualizzò il vulcaniano.

"Perché dovrebbero perquisire una nave federale nella sua normale missione di routine?" puntualizzò Renko, per nulla propenso a perdere il buon umore a scapito del pessimismo vulcaniano. "La parte più pericolosa è andata" sospirò Renko.

"Correzione" gli fece notare Ripley. "Sta ancora andando. Ti ricordo che né Luke né Paul sono ancora rientrati a bordo."

"Beh... è questione di pochi attimi, ormai."

La conversazione fu interrotta da un trillo e la voce di Gozar irruppe nella plancia. L'ufficiale stava annunciando il suo imminente rientro e di mettersi all'erta, preparandosi ad uno scontro navale.

Gozar percorse la breve distanza che separava il teletrasporto dal ponte di comando in pochi attimi. Appena le porte automatiche si spalancarono, i tre cadetti che in quel momento erano presenti in plancia si voltarono simultaneamente nella sua direzione.

"Beh? Che c'è da guardare?" chiese Gozar, passando sopra al palpabile nervosismo degli altri. "Forza, signori, è ora di ingaggiare battaglia con una navetta cattiva cattiva."

Il pannello delle comunicazioni iniziò a trillare.

"Ci stanno chiamando dal Centro Studi" riferì Vaarik, gettando un'occhiata torva verso la fonte di quel fastidioso rumore.

"Ovvio" si limitò a constatare Gozar, "canale audio."

Il vulcaniano voltò le spalle per premere un bottone ed attivare in quella maniera un canale audio con il Centro Studi. Gli altri non videro il suo sopracciglio alzato, indice che non era un bene, per il tizio seduto sulla poltrona centrale, prendere troppo gusto nel dargli ordini.

"D'Rxaf a comandante Gozar, che sta succedendo?"

"Qui Gozar, scusi se non le offro l'onore dello schermo principale ma in questo momento sto visualizzando proprio al centro una navetta che non voglio perdere."

"Comandante, non avrà intenzione di ingaggiare battaglia? Le ricordo che ha dei cadetti a bordo e che i pirati orioniani non sono nuovi a missioni suicide."

"Comandante" rispose Gozar, "le ricordo che le persone a bordo sono sì cadetti, ma non proprio gli ultimi sbarbini arrivati. E per ciò che riguarda me... io sono perfettamente al corrente delle tattiche di pirateria orioniana, ho già avuto a che fare con questa gente."

"Non ingaggi quella navetta. Non potranno comunque lasciare il sistema, ci penseranno le navi del nostro blocco a fermarla."

"Troppo tardi, comandante, ci stanno sparando contro."

Pianeta del Sempre
Centro Studi L'Orlo del Tempo
Ufficio della Sicurezza
Giorno 15

"La comunicazione audio è stata interrotta, signore" esclamò McCallister.

"Grantrax!" esclamò D'Rxaf, nella sua lingua madre. "Riesce a rilevarli? Voglio sapere cosa sta succedendo."

"No, signore, non con l'apparato che abbiamo sul pianeta. Ma... aspetti! Ce li ho! Ho stabilito un aggancio con la rete di sensori attorno al sistema. Sullo schermo, signore."

Sul terminale del comandante della sicurezza apparve la visione del sole attorno a cui orbitava il pianeta del sempre. La sua luminosità nascondeva alla vista lo spettacolo del manto stellato ma non due puntini che si muovevano in un angolo dello schermo e che si dirigevano verso la stella.

"Signore" commentò McCallister, ergendosi a ruolo di cronista. "Non si stanno dirigendo verso il perimetro esterno dove sta il nostro blocco, ma verso l'interno del sistema."

"Bene, il comandante li sta spingendo in trappola. Gli anelli più deboli della nostra rete sensoria di sicurezza sono quelli più vicini al pianeta. In quella direzione, invece, non hanno scampo."

"Rilevo emissioni di energia" continuò McCallister, "penso si tratti di colpi di phaser ma la lettura non è chiara. Oltre al Pianeta del Sempre, c'è anche il campo gravitazionale della stella ad interferire con i sensori."

"Compensi" rispose secca Jadarel. "Con la tecnologia di cui disponiamo dovremmo avere un'immagine ben più chiara di questa."

"In qualsiasi altra zona dello spazio, sì. Sarebbe fuori discussione" si giustificò il giovane. "Ma questa è particolare... un momento! Rilevo una forte emissione d'energia."

"Siluri?" chiese Jadarel. "Come possono avere dei siluri?"

"No signore, non sono siluri, è molto più potente."

"Una nuova arma?"

"No, signore... credo si trattasse di un'esplosione" concluse McCallister.

Jadarel si chinò sul terminale, muovendo lo schermo come se quell'operazione potesse servire a migliorare la visione della battaglia. Al centro del video, la stella splendeva costante, ignara degli affanni degli esseri mortali. Un puntino si staccò dal disco luminoso per dirigersi verso un angolo dello schermo. McCallister direzionò i sensori su quel puntino e l'inquadratura lo seguì, spostandosi dalla stella e spiandone le mosse, seguendolo nella sua corsa verso il nero dello spazio. Man mano che si avvicinava ai sensori, la definizione diventava sempre più chiara e la forma della nave sempre più distinguibile.

Jadarel si spostò al pannello delle comunicazioni ed attivò una frequenza. "D'Rxaf a Gozar."

La voce di Gozar irruppe nella stanza in una comunicazione solo audio. "Comandante, lieto di risentirla."

"Abbiamo seguito gli eventi da terra, Gozar. Esigo una spiegazione."

"Beh, come avete potuto vedere anche voi... si è verificato un piccolo incidente."

"Piccolo incidente?" scattò Jadarel, che non sapeva se essere perplessa o indignata.

"Come ha detto anche lei, signore, gli orioniani non sono nuovi a tattiche suicide."

"Ci sono sopravvissuti?"

"Nessuno orioniano è uscito da quella nave. Ma preferirei non dilungarmi di più in questo momento... non so se mi sono spiegato."

Jadarel fece cenno a McCallister di congedarsi. Quando il ragazzo fu uscito, la donna rimase sola nella stanza. "Questa frequenza è protetta e criptata. Questa conversazione resterà riservata."

"Mi fa piacere sentirlo, perché quello che ho da dirle non deve raggiungere orecchie indiscrete" precisò Gozar.

"Signor Gozar, le assicuro, non sono per nulla una novellina. Al contrario di chi si da tante arie per poi concludere le missioni con un disastro" rispose acida Jadarel. Il suo tono era duro e risoluto.

"Comandante, metterò subito le carte in tavola. Lei è la persona responsabile della sicurezza di questo luogo, giusto?"

Jadarel non rispose, era ovvio che si trattasse di una domanda retorica.

"E si rende conto che io non mi troverei qui a sopportare il suo biasimo se non fosse stato per un enorme buco nella rete di sicurezza. Tipo codici che avrebbero dovuto essere disattivati e sono stati invece ripristinati tramite le copie di back up..."

"Venga al punto, Gozar. Tutti questi giri di parole mi disgustano."

"E sia, allora. Diciamo che da parte di entrambi c'è stata qualche mancanza e diciamo che entrambi avremmo la vita più comoda se per una volta prendessimo con più elasticità mentale le distrazioni altrui, invece di incaponirci ostinatamente sulle pagliuzze negli occhi del prossimo."

"Bel tentativo. Peccato che io non sia l'unica al corrente di questa faccenda" rispose Jadarel.

"Fin dalle prime avvisaglie, l'ordine del giorno è stata la riservatezza" specificò Gozar. "Comandante, a chi altri ha divulgato la notizia che la rete sensoria era stata violata e che dei semplici pirati orioniani erano riusciti a mettere le mani sulla più pericolosa e potente tecnologia che la Federazione abbia mai incontrato?" chiese Gozar, enfatizzando il concetto.

"Al capitano Antar, responsabile della rete sensoria posta attorno al sistema e ai tre ufficiali da lui inviati sul pianeta. Poi ci sono i miei due sottoposti e ovviamente il Comando di Flotta, che ha inviato lei. Nessun altro è al corrente di questo. Per il resto della galassia il nostro sistema non ha buchi. È assolutamente impenetrabile."

"Comandante D'Rxaf" cominciò Gozar. "Possiamo dire che la fortuna ci viene incontro ad entrambi. È al corrente del tentativo della Federazione di stabilire un trattato con il legittimo governo di Orione per arginare il fenomeno pirateria?"

"Ovviamente" rispose secca Jadarel. "Mi tengo informata su cosa succede nel resto della galassia."

"Bene, il capitano Antar ha avuto precisi ordini dal Comando di Flotta. Ossia di non far assolutamente trapelare la notizia di alcun incidente occorso in cui siano coinvolti pirati orioniani. Ne va della salvaguardia delle trattative con Orione."

"Far trapelare una notizia e fare rapporto al Comando di Flotta sono due cose completamente differenti. Antar è al corrente di tutta la storia."

"Può darsi, ma se mai ne parlerà con lui, si sentirà rispondere che ciò che è accaduto in questi giorni sul Pianeta del Sempre non è stata altro che una semplice esercitazione per mettere alla prova le vostre difese."

"Bene, allora sembra proprio che se vengo a patti con lei ci ritroviamo entrambi con il fondoschiena... parato."

"Mi fa piacere che ci capiamo al volo. In quanto ai sottoposti... non sono al corrente dell'intero schema dei fatti. Ci si può sempre inventare qualcosa, la storia dell'esercitazione non è male, a ben pensarci."

"Un modo per uscirne entrambi con le mani pulite, insomma" meditò Jadarel. "E secondo lei, che cosa dovrebbe fare, a questo punto, un ufficiale della Flotta Stellare? Scendere a patti?"

"Lei non è tenuta a fare un rapporto diretto al Comando di Flotta, ma solo al suo superiore, il capitano Antar, che saprà come trattare la storia del piccolo incidente occorso agli orioniani. Non le chiedo che questo, ossia di compiere il suo dovere. Nessuno dei due andrà contro ai propri obblighi nei confronti della Flotta se dopo aver fatto regolare rapporto decideremo di scordarci dell'accaduto."


 

Due minuti dopo, Jadarel D'Rxaf uscì a passo di carica dall'ufficio della sicurezza. Dugal McCallister, che era rimasto di guardia alla porta senza allontanarsi, la guardò interrogativo.

"È successo qualcosa, signore?" le chiese, malgrado non fosse tanto sicuro di voler sentire la risposta.

"Qualcosa?" chiese Jadarel in cambio. "Perché non ne prova a parlare con il capitano Antar? Sembra che tutta questa messinscena non fosse altro che un'esercitazione per scoprire i nostri punti deboli." D'Rxaf sorrise e McCallister desiderò essere il più lontano possibile da lì. Quel sorriso era terrorizzante.

"Capisco" si limitò a mormorare il ragazzo, stringendosi nelle spalle e guardando il suo superiore allontanarsi. -Eh, sì- sospirò poi, fra sé e sé. -La solita ennesima esercitazione per scoprire se ci sono dei punti deboli, solo che stavolta non era stata avvertita della cosa. Ecco che cos'è che le brucia.-

Orbita attorno al Pianeta del Sempre
Nave Cargo rifornimento merci dell'Accademia
Giorno 15

Il canale audio venne chiuso e Gozar si accasciò sopra al pannello delle comunicazioni, prendendo un gran respiro.

Renko guardò uno per uno i propri compagni. "Pensate che abbia abboccato?"

"Penso di sì" rispose Gozar. "La nostra salvezza dipende anche dal fatto che delle chiacchiere di corridoio fatte ad un cocktail party non smascherino l'intero piano."

"O che non abbiano rilevato il secondo teletrasporto quando noi tre siamo saliti sul cargo lasciando Paul alla navetta" ipotizzò Ripley.

"È passato troppo poco tempo" rispose Renko. "Il teletrasporto è stato quasi immediato, appena siamo arrivati alla navetta siamo saliti subito sul cargo. Non hanno avuto il tempo di mettersi in allarme, ma se anche così fosse... avrebbero rilevato il nostro teletrasporto soltanto nel caso stessero monitorando esattamente la zona dov'era il latinum e non avevano alcun motivo di farlo."

Nella plancia cadde il silenzio. Ognuno stava pensando a che razza di pazzia avevano appena portato a termine senza riuscire a farsi beccare. Lam doveva avere ben più di cinque angeli custodi che la proteggevano, nell'universo. E loro? Visto ciò che erano riusciti a combinare, come minimo dovevano averne una schiera a testa.

Renko si sfilò i guanti in pelle replicata che non aveva ancora avuto il tempo di togliersi, mentre Ripley si stava levando il trucco dal viso. Notando il gesto della donna, l'ibrido si portò una mano al volto, anche lui non vedeva l'ora di togliersi quella roba dalla faccia, ma ormai il momento critico era passato. Ora non avevano più bisogno di fare le cose con frenesia e Renko decise di prendersela comoda. Si sarebbe strappato più tardi la maschera dermica che lo rendeva simile ad un orioniano, ossia quando avrebbe avuto il tempo di pulirsi in maniera decente sotto una delle anguste docce soniche del piccolo cargo.

Gozar stava semi seduto con le braccia incrociate su una delle consolle e guardava ora uno ora l'altro dei cadetti. Tutti e tre erano vestiti con una tuta marrone dal taglio orioniano. "Ma sapete che siete proprio dei figurini, messi così?" sghignazzò.

Vaarik lo guardò torvo, mentre Renko non rispose al commento, cambiando completamente argomento: "Allora..." l'ibrido si alzò in piedi, guardando sullo schermo la panoramica del Pianeta del Sempre sotto di loro. "Allora è veramente finita, adesso. Ce l'abbiamo fatta! Ce l'abbiamo veramente fatta! Andiamo giù, forza!" esclamò poi, preso dall'entusiasmo e facendo strada agli altri.

I quattro si diressero all'hangar e, malgrado la stazza del cargo non fosse tanto estesa, il percorso sembrò lunghissimo. Quando la porta automatica si spalancò, rivelò un tesoro al suo interno, ossia una navetta imbottita di latinum che proveniva da una linea temporale alternativa.

Il portello della navetta si aprì ed un Foster travestito da orioniano fece capolino, anche lui ancora stupito dall'impresa appena portata a termine. Poi si precipitò ridendo fra le braccia dei compagni.


 

Stacco.
 

Come? Vi siete persi? Ok, ricominciamo dall'inizio.

Accademia della Flotta Stellare
San Francisco - Terra
Giorno 01

"Non possiamo usare un trasporto privato" disse Renko, mentre faceva scorrere un'interminabile sfilza di dati sul display del suo onnipresente padd. "Le uniche navi ammesse all'interno del sistema sono navi della Flotta. E neanche tutte... serve un codice di autorizzazione particolare."

"Che suppongo non possiamo procurarci..."

"Se fosse così facile procurarselo il Guardiano sarebbe già stato conquistato" rispose l'ibrido, chiudendo il discorso. Poi, come un'illuminazione improvvisa: "Un momento... aspettate che controllo una cosa." Renko iniziò a spulciare la caterva di appunti che prendeva in continuazione. Dalla sua espressione sembrava in cerca di qualcosa di specifico. "Ma certo, Damocles Dastardly!"

"Damocles Dastardly?!" chiese Luke, facendo una curiosa smorfia con la bocca a metà strada fra il disgusto, lo stupore e la curiosità.

"Sì, signori, nella sua mitomania stava anche pianificando di arrivare al Guardiano. Ed essendo all'epoca un insospettabile e intraprendente ufficiale della Flotta Stellare era riuscito a farsi assegnare un codice di sicurezza."

"Perfetto!" esclamò Luke. "E questo codice di sicurezza sarebbe?"

"Beh... ecco... sarebbe tenuto negli archivi di sicurezza della Flotta. Quelli segretissimi e inaccessibili."

L'entusiasmo generale scemò, ma solo per pochi attimi, perché le menti traviate dei nostri cadetti stavano partorendo un piano folle.

"Che ce ne facciamo di quel codice?" fece notare Ripley. "L'avranno sicuramente disattivato dopo l'arresto di Dastardly."

"Un codice disattivato può essere riattivato, se agiamo dall'interno" rispose Renko. "Come mi ha insegnato la mia ex-compagna di stanza, prima di andarsene di soppiatto: 'La burocrazia apre la strada ad infinite possibilità'."

"Per agire dall'interno dobbiamo già essere sul pianeta."

"Siamo cadetti della Flotta. Farsi assegnare al Centro Studi sarebbe la parte più semplice del piano, ci abbiamo già fatto uno stage..."

"Che è finito come sappiamo. Buona grazia che non ci sparino a vista se rimettiamo piede sul Pianeta del Sempre" sospirò Luke.

"Non essere melodrammatico" lo redarguì Renko. "Noi ci abbiamo fatto la figura degli eroi, quella volta. Ok, abbiamo omesso di dire una o due cose alla polizia temporale ma... dopo tutto quello che abbiamo passato, ce lo devono di diritto, un altro stage fatto come si deve." Le sopracciglia dell'ibrido si aggrottarono. "Anche se a ben ripensarci... dopo tutto quello che abbiamo passato forse sono io a non volerci più rimettere piede sul quel pianeta."

"Ma è anche vero che se non avessimo passato tutto quello che abbiamo passato non avremmo neanche una navetta imbottita di latinum pronta solo per essere portata via."

"Restiamo focalizzati sull'obiettivo" intervenne Ripley, per i gusti della quale si stavano facendo un po' troppe chiacchiere inutili. "La situazione è questa: possiamo arrivare sul Pianeta del Sempre in qualità di cadetti; possiamo tentare di riattivare dall'interno un codice di sicurezza che non abbiamo; possiamo anche procurarci un qualche trasporto privato con cui riuscire a forzare il blocco fuori dal sistema... ma resta sempre un ostacolo: recuperare il latinum non basta." La donna fece una pausa per dare enfasi alle sue parole. "Dobbiamo far sparire l'intera navetta. Anche se l'abbiamo nascosta in una gola dei canyon, sappiamo tutti che è solo questione di tempo prima che venga trovata, ed anche se la fisica non è il mio forte..."

"...analizzandola capiranno immediatamente che viene da un altro continuum" continuò Vaarik per lei, visto che lui, invece, si dilettava proprio di fisica. "E confrontando le matrici quantiche riusciranno a risalire al periodo in cui è stata portata in quest'universo..."

"...che guarda caso coincide con la nostra avventuretta nel Guardiano" sospirò Renko. "Per non parlare del fatto che prima di farla sparire non abbiamo avuto il tempo di ripulirla. Credo ci sia ancora qualche schizzo del mio sangue su una o due paratie..."

"Insomma" tirò le somme Dalton. "Non possiamo limitarci a smontare le paratie interne con le rifiniture in latinum, dobbiamo portarci via l'intera navetta."

"La cosa più semplice sarebbe decollarcene via" intervenne l'ibrido. "Peccato non sia fattibile."

"Perché no?" chiese con finta curiosità Dalton.

"Perché così daremmo un po' troppo nell'occhio?" rispose serafico Renko, rigirando la domanda.

"Prendi appunti, sto per elargirti un altro detto umano per la tua collezione" concesse Luke, sospirando di generosità. "Se vuoi nascondere qualcosa... mettila sotto il naso di tutti."

"Cioè?"

"Cioè possiamo prendere quella navetta e decollarcene via dal Pianeta del Sempre senza che nessuno ci fermi... se troviamo un pretesto che giustifichi il perché una navetta sconosciuta che non dovrebbe stare lì se ne possa decollare via improvvisamente."

"Tutto qui?" ribatté Vaarik, con una sfumatura di sarcasmo nella voce.

"Si può fare, no?" rispose Luke senza farsi scoraggiare.

Renko ci pensò su un attimo, ma evidentemente non dovette pensarci abbastanza da rendersi conto che la cosa migliore per lui sarebbe stata uscire da quell'alloggio prima che la pazzia prendesse il sopravvento. Infatti, dopo qualche secondo di silenzio, disse: "Sì, certo. Si può fare..."

Accademia della Flotta Stellare
San Francisco - Terra
Giorno 01 (notte fonda)/Giorno 02 (molto prima dell'alba)

"Questo è il piano più illogico, avventato, irrazionale..." stava dicendo Vaarik, in una di quelle rare occasioni in cui non esprimeva le sue opinioni con due frasi in croce.

"Ti ricordo che hai contribuito a crearlo" lo interruppe Luke, con un moto di contenuta irritazione.

"E poi in questo modo potremmo sempre appellarci all'infermità mentale in caso ci vada male" tentò di sdrammatizzare Renko, con un'alzata di spalle.

"Oppure useremo il Piano B" si rianimò Luke. "Porteremo in aula la tesi che i film di Smithee ci hanno plagiato, faremo causa alla TriCadets per danni ed useremo quei soldi per salvare Lam."

"Non funzionerà" lo stoppò Renko. "Quando mai hai visto un film di Smithee con una trama così complicata."

"Quando mai hai visto un film di Smithee con una trama, punto" rincarò la dose Vaarik.

"Ragazzi" intervenne Ripley. "Non so voi, ma io domani, cioè fra qualche ora, ho lezione. Ripassiamo il piano e poi andiamo a dormire. Per stanotte."

"Certo, certo" si animò Luke, spandendo una ventina di fogli di carta su di un tavolo troppo piccolo per contenerli tutti. L'umano, tirando in ballo una qualche oscura tradizione dei tempi passati, si era ostinato a delineare il folle piano su fogli cartacei che aveva replicato, anziché utilizzare i normali dipad. "Dunque... il piano è questo: io mi occuperò di procurarci il mezzo di trasporto con cui porteremo via la navetta. C'è solo un modo: il cargo per i rifornimenti. Il cargo è completamente automatizzato e la rotta sicura. Potrebbe fare il percorso anche senza nessuno a bordo e con il semplice pilota automatico ma, a scopo d'addestramento, l'Accademia assegna l'incarico di condurlo ad uno dei cadetti. Ho già un paio di idee su come fare in modo di essere assegnato a quel compito." Luke fece una pausa, focalizzando lo sguardo su di un altro foglio. "Tu, Renko, dovrai richiedere al più presto un colloquio con Damocles Dastardy per farti dare quei codici di accesso."

"Tradotto in pratica, visto che l'unico modo per avere quei codici è chiederli direttamente a lui" riepilogò l'ibrido, "io dovrei presentarmi a Dastardly facendo finta di essere un membro del clan Dsn'evl che fa finta di essere me."

"Problemi?"

"Per la parte tecnica no" rispose Renko. "Quando facemmo quell'esercitazione su Kantara, io e Musuko fummo attaccati da tre orioniani mentre stavamo cercando voi. Riuscimmo a renderli inoffensivi e mi impadronii del padd di uno di loro, dove lessi cosa si nascondeva in realtà dentro alla struttura abbandonata."

"La loro base per il contrabbando" sospirò Luke, ricordando.

"Esatto. Credo che fu per un puro riflesso condizionato che salvai quei dati. Prendere appunti è il mio lavoro, non ci posso fare niente. Fatto sta che, riguardandoli, ho trovato anche altre cose interessanti. Ossia le frasi in codice con cui Dastardly teneva i contatti con il resto del clan Dsn'evl."

"Perfetto!" sogghignò Luke. "Preso com'è da sé stesso e dalla sua sete di vendetta, ci cadrà senz'altro."

"Lo spero" sospirò Renko. "È che io non ho la tua parlantina. Farò di tutto per riuscire a dargliela a bere, ma non mi viene naturale mentire ed ingannare gli altri come riesci a fare tu."

L'espressione di Luke si congelò sulla sua faccia. "Beh... sai..." disse a denti stretti e con un sorriso tirato. "È che io ho tanti anni d'esperienza alle spalle... ma se ti impegni vedrai che anche tu riuscirai a raggiungere il maestro" concluse poi, scrollando le spalle.

Con Renko non c'era niente da fare, Dalton si consolò decidendo di prendere l'affermazione del delta gammano come un complimento... per quella volta.

"Potresti andare tu, al posto suo" propose Vaarik.

"No" rispose secco Dalton. "Ho troppe cose da preparare. Parliamo invece di te, vulcaniano. Appena ottenuti quei codici tu e Paul dovrete immettervi nella rete del Centro Studi e..."

Pianeta del Sempre
Centro Studi la Soglia del Tempo
Sala di Elaborazione Dati
Giorno 08


[...]

"Hai detto qualcosa?" chiese Vaarik.

"Sì" rispose Foster. "Ho detto: è ora di aprire le danze." L'umano scardinò il pannello di fianco alla macchina del caffè, scoprendo le porte di accesso diretto al computer e collegandosi direttamente in rete.

Il vulcaniano, nel frattempo, aveva estratto un scheda piatta e chiese conferma al compagno di poter procedere. Ad una risposta affermativa, innestò il chip nel terminale ed iniziò a caricare i dati.

Fine del procedimento fra novantatré secondi.

Le copie di back up della rete di sicurezza erano fisicamente tenute separate dalla rete stessa... per ovvi motivi di sicurezza. Quindi, neanche in quel modo, Vaarik avrebbe avuto modo di potersi inserire e controllare se i codici di Damocles Dastardly fossero ancora attivi o se le copie erano già state aggiornate.

Fine del procedimento fra quarantadue secondi.

Tuttavia erano riusciti a trovare una soluzione abbastanza ingegnosa. Per questo ora Vaarik stava scaricando i dati con i codici di Damocles Dastardly in una nicchia remota della memoria della rete di sicurezza. Il piano era fare in modo che una volta lanciato il back up, il programma che avevano studiato, e che lui aveva salvato in quel chip dati, si attivasse ripristinando i codici di sicurezza di cui avevano bisogno.

Fine del procedimento fra tredici secondi.

In caso di controllo doveva sembrare che i codici risedevano ancora in un qualche file sperso nell'enorme rete e che non era stato 'pulito' accuratamente a tempo debito. La mossa era stata studiata in caso avessero avuto sfortuna e i codici di Dastardly non fossero più presenti nelle copie di back up.

Fine del procedimento fra cinque secondi.

Però tutto questo non bastava, era necessario sollecitare il personale del Centro ad eseguire il back up e per farlo i nostri avevano scelto di colpire un settore problematico. Il chip che Vaarik stava scaricando nella rete di sicurezza non conteneva solo i codici di Dastardly, ma anche un programma che avrebbe provocato lo shut down dei sensori nell'area A157. Questa era la parte più pericolosa e in cui rischiavano di essere scoperti, perché non erano sicuri che non sarebbero rimaste delle tracce. Ma la loro speranza era che i tecnici della manutenzione, abituati com'erano ad avere problemi con quel particolare settore, non avrebbero fatto troppa attenzione od indagini approfondite. Se tutto andava bene, fra pochi attimi...

Fine del procedimento.

Una sirena d'allarme risuonò per il Centro Studi e tutti i terminali della stanza si oscurarono, mentre la voce sintetica del computer informava gli astanti sulla natura del problema.

<Attenzione! Integrità della rete di difesa compromessa. Blocco delle banche dati di livello Alfa Omega attivato.>

C'erano riusciti. L'indomani, un'altra parte del programma che avevano appena immesso avrebbe registrato sui log d'accesso al Pianeta che una navetta sconosciuta si era servita di quei codici per poter attraversare il blocco. Il piano per il recupero del latinum poteva andare avanti.

"Perfetto! E adesso che facciamo?" esclamò Foster, dopo essere usciti dalla Sala in cui i tecnici si apprestavano a lanciare i back up.

"Andiamo avanti come prestabilito" rispose il vulcaniano, determinato a non farsi contagiare troppo dall'entusiasmo dell'amico. "Questo era solo un piccolo passo."
[...]

Di nuovo all'Accademia della Flotta Stellare
Giorno 01 (notte fonda)/Giorno 02 (molto prima dell'alba)
I nostri stanno ripassano il piano d'azione

"Bene" concesse il vulcaniano. "Ammettiamo di riuscire ad introdurci nella rete e, nell'ordine: provocare lo shut down del settore A157; riattivare i codici di Dastardly; inserire una falsa registrazione che quei codici siano stati utilizzati da una navetta per passare di soppiatto oltre il blocco."

"A questo punto tutti crederanno che una navetta orioniana sia riuscita ad atterrare sul Pianeta del Sempre" concluse Dalton.

"Ma quella navetta non è mai esistita" disse Renko. "E quando noi ce ne decolleremo via con la nave imprimana, dopo averla camuffata un po', penseranno che si tratti degli orioniani che stiano scappando."

"Esatto. Ma per fare in modo che non indaghino più a fondo non basterà sventolargli sotto il naso una navetta in fuga che vedranno solo di sfuggita" contribuì Ripley. "Dovremo dargli dei colpevoli, farglieli vedere, in modo che pensino di aver già scoperto tutto e si fermino lì con le indagini."

"Il pretesto ce l'abbiamo: noi stessi" proseguì Renko. "Una vendetta da parte del clan Dsn'evl per quello che è successo su Kantara IV. Anche se messo alle strette, il vero clan Dsn'evl negherà sempre una loro azione di questo tipo. Ma chi si aspetta che facciano il contrario?"

"E perché il clan Dsn'evl avrebbe dovuto aspettare che noi andassimo sul Pianeta del Sempre, per potersi vendicare?" chiese Ripley, tentando di far sì che il loro piano non avesse buchi.

Renko, Vaarik e Luke ci pensarono su per qualche secondo. Si guardarono in faccia a vicenda e poi tornarono a voltarsi verso la donna.

"Speriamo che non se lo chiedano" sospirò Luke, con un'alzata di spalle. "In fondo... stiamo parlando del clan Dsn'evl e della dilagante psicosi di Damocles Dastardly!"

"Ma sì..." disse Renko, soprappensiero. "In fondo potremmo anche essere credibili, travestiti da orioniani. Un po' di trucco, un paio di tricorder che trasmettano false letture e il gioco è fatto. Sempre che non ci vedano troppo da vicino. Dite che dovremmo fare delle prove per entrare nella parte?"

Accademia della Flotta Stellare
Giorno 02
Prove tecniche: fuga degli orioniani - uno prima.

"Non ho più forze" dici. E a questo punto io ti punto un phaser in faccia e dico: "Trovale.""

"Sai dove ti puoi ficcare quel phaser?" rispose Ripley, con sguardo pericoloso.

"Insomma!" esplose Renko. "Vogliamo attenerci alla parte sì o no?"

"Io non voglio fare quello che viene ferito."

"E io non voglio fare quello che... viene sepolto dai sassi!? Ma chi ha scritto questa roba?"

"L'ho presa da un film di Smithee, cosa c'è che non va?" disse Renko.

"Ma certo! Ecco perché aveva un che di famigliare: 'Tenente Kentron, non ci avrai mai vivi!' Come ho fatto a non riconoscerlo?"

A quel punto Vaarik si fece avanti, togliendo i padd di mano a tutti con efficienza arcigna. "Ora basta" disse con il tono di voce di chi non vuole essere contraddetto. "Datemi questa roba."

"Che stai facendo?" gli chiese Renko, perplesso.

"Solo ciò che è necessario per arginare questa esplosione di illogicità e dare un taglio ai vostri battibecchi irrazionali su chi debba recitare cosa" rispose il vulcaniano senza battere ciglio.

"Ehi!"

"D'ora in poi sarò io ad assegnare le parti, e non voglio altri commenti" sentenziò.

"Ma..."

"Questa discussione finisce ora" tagliò corto Vaarik, con uno sguardo che non presagiva nulla di buono.

Di nuovo all'Accademia della Flotta Stellare
Giorno 01 (notte fonda)/Giorno 02 (molto prima dell'alba)
I nostri stanno ripassano il piano d'azione.

"Riepilogando" disse Luke, stropicciando alcuni dei suoi fogli di appunti che aveva sparso sul tavolo secondo una logica chiara soltanto a lui. "Spargerete qua e là vari indizi di possibili intrusi fino a che i pirati orioniani, cioè voi, non verrete scoperti e dovrete fuggire via dal pianeta con la navetta. A questo punto la navetta dovrà sparire, ma non nel nulla. Dovremo fargli credere che è stata distrutta, solo in questo modo si metteranno il cuore in pace e non continueranno a cercarla."

Renko attinse a tutte le esercitazioni che aveva passato stando chino sui sensori della sicurezza. "Con tutte le interferenze presenti in quella zona di spazio non sarà un problema farglielo credere. Dovremo solo stare attenti a non avvicinarci alla rete sensoria posta tutt'intorno al sistema, quella sì che è potente. Il punto più indicato per inscenare la falsa esplosione è la zona di spazio attorno alla stella."

"Dopodiché" continuò Vaarik, "si renderà necessario fare in modo che nessuno spettegoli su ciò che è avvenuto." Dal tono di voce del vulcaniano traspariva palesemente cosa pensasse di quell'illogica usanza. "E qui metteremo in pratica ciò che abbiamo imparato in questi anni d'Accademia."

"Ossia ripagarli con la loro stessa moneta" sghignazzò Ripley. "Metterli in uno scenario critico fino a che non sanno più che pesci pigliare e poi uscire gridando: "Sorpresa! Era tutta un'esercitazione!""

"Perché no? Ha il sapore di una piccola vendetta" sospirò Renko, ripensando a ciò che era successo su Ranid. Poi tornò ai suoi appunti accantonando le considerazione personali e concentrandosi di nuovo sul piano d'azione: "Il responsabile della sicurezza del blocco si chiama Antar, un umano con il grado di capitano. Sarà sufficiente convincere lui che le attività sul Pianeta del Sempre non sono altro che l'ennesima esercitazione per testare la sicurezza del sistema." Renko, al contrario di Luke, annotava tutti i suoi appunti su 55C9, il suo fido dipad. Ed era appunto quello che stava consultando in quel momento. "Subito sotto di lui c'è il responsabile della sicurezza sul Pianeta del Sempre. Si chiama Jadarel D'Rxaf, è una vegana con il grado di tenente comandante. Si tratta di un ufficiale anziano, è prossima al congedo e il suo stato di servizio è immacolato. Sarà lei con cui avremo a che fare per la maggior parte del tempo, potrebbe essere un osso particolarmente duro."

"Già" rimuginò Luke, sbirciando gli appunti dell'ibrido da sopra la spalla. "Ho presente il tipo, con lei la storiella di 'era tutta un'esercitazione' potrebbe non funzionare."

"E allora cosa proponi di fare?" chiese Vaarik.

"Orecchie a punta, ti ho appena detto che penso aver capito che tipo sia questa qui. Curriculum immacolato, prossima alla pensione, sono dati da non sottovalutare... probabilmente non vorrà avere grane. Una volta che ci avrò parlato di persona riuscirò a inquadrarla meglio e vedrete che qualcosa mi invento" disse Dalton. "Non per nulla la mia parlantina è leggendaria!" concluse, con un sorriso a settantadue denti.

Gli altri decisero saggiamente di non commentare quell'ultima affermazione. Renko chinò di nuovo il capo sul proprio dipad. "Non importa, secondo la prassi, qualsiasi comunicazione che partirà dal Pianeta del Sempre riguardo possibili infrazioni di procedura, dovrà prima passare dall'ufficio del capitano Antar. Sapendo che si sta svolgendo un'esercitazione la comunicazione si fermerà lì, senza mai raggiungere il Comando di Flotta. È rischioso, ma..."

"Chi non risica non rosica" sentenziò Dalton.

"Stavo per dire..." disse Renko, guardandolo di sottecchi e un po' seccato per quell'interruzione senza senso. "Il ghepardo agorofobico è destinato a ben magri spuntini."

"È quello che ho detto io" lo rimbeccò Luke. "Almeno credo..." mormorò poi a bassa voce, non del tutto sicuro.

"Sì, ma io l'ho detto in maniera più chiara" tagliò corto l'ibrido.

"Comunque il piano è questo" disse Luke, ignorando di proposito l'ultimo commento di Renko. "Abbiamo pensato proprio a tutto, no?"

"Se escludi la miriade inqualificabile di 'se' e di verbi coniugati al condizionale di cui sono pieni i tuoi appunti" rispose secco Vaarik, che proprio non ce la faceva a pensare in maniera ottimista.

"Sempre il solito cinico beccamorto, eh? Andrà tutto bene e sai perché? Perché non per niente mi chiamano 'Lucky'. La mia immensa fortuna, pari solo al mio immenso fascino, farà sì che tutto vada per il verso giusto."

In quel preciso momento uno strano scricchiolio attirò l'attenzione dei cadetti. Un pannello di illuminazione fissato sul soffitto cedette e si frantumò sul tavolo dove erano sparsi gli appunti del piano criminale, provocando anche il rovesciamento delle tazze di caffè con cui i cadetti si erano tenuti svegli fino ad allora. Il liquido scuro sommerse ed impregnò la carta.

"Vi prego..." supplicò Renko, "ditemi che non è un segno del destino. E non fatevi remore, mentitemi pure."

Luke fissò il disastro e deglutì un paio di volte a vuoto. Per un attimo sembrò stesse per perdere le speranze, ma poi se ne uscì improvvisamente con una frase del genere: "Ve l'avevo detto che sono fortunato! Visto? Non ha preso in testa nessuno di noi."

Gli altri lo fissarono senza parole. Destino o meno, a quel punto non avevano molte alternative: Lam aveva bisogno di quel latinum.

"Abbiamo steso un piano forse un pochetto azzardato, è vero. Ma vedrete che funzionerà" continuò Luke, ben lungi dall'arrendersi. "Seguiamolo e in men che non si dica... Et voilà, le jeu sont faits!"

"Et voilà, le jeu sont faits, Dalton" lo redarguì Vaarik, "potrai dirlo solo quando tutto questo sarà finito.

Orbita attorno al Pianeta del Sempre
Hangar del Cargo merci
Giorno 15

"Et voilà, le jeu sont faits!" esclamò Gozar, ammirando la navetta imprimana che avevano penato tanto per avere a bordo del cargo.

Ora non dovevano fare altro che prelevarne il latinum e comprarsi la 'copertura' per Lam, salvando la donna dalle grinfie del Servizio Immigrazione se non addirittura da quelle della famigerata e leggendaria Sezione 31 (sempre ammesso sia vero che esista). Tanto, dalle parti dove avevano intenzione di smerciare il prezioso metallo, nessuno si sarebbe messo a fare rilevazioni sulla sua matrice quantica di provenienza. In quanto al resto della navetta, quello sarebbe andato distrutto.

"Muoviamoci" disse Ripley, riportando all'attenzione di tutti che avevano un lavoro da fare. "Dobbiamo separare il latinum prima di dover ritornare al Centro Studi a finire il nostro stage."

"Ha ragione, non possiamo stare qui troppo a lungo, nessuno ha firmato il nostro rientro in Accademia. Forza, dobbiamo fare in fretta."

"Un attimo solo" disse Gozar, prelevando dalla sua cintura due fialette. Una era piena di un liquido di colore blu, l'altra invece era neutra. Gozar gettò lontano quella blu e svitò il tappo di quella neutra che si rivelò essere un contagocce. "Un attimo che devo annullare gli effetti di questa robaccia che ho negli occhi. Sarà anche efficace ma è un po' fastidiosa, a lungo andare."

I cadetti restarono a fissarlo, ricordando quanto gli fosse costato tutto quello.

Accademia della Flotta Stellare
San Francisco - Terra
Giorno 03

"Questa è un'imboscata in piena regola!" sbraitò Luke, guardando torvo nella direzione di Vaarik e Ripley.

"Dalton, sai anche tu che lo devi fare. Non capisco questo tuo opporre resistenza" gli disse di rimando la donna. "Piantala con questa ritrosia!"

"Ritrosia!?" esclamò l'umano, indignato.

Luke si trovava con le spalle al muro, circondato dai suoi amici. Foster stava facendo il palo alla porta dell'alloggio, bloccando quella via di fuga, mentre Renko si stava preoccupando di pattugliare i condotti di areazione, sì che a Dalton non venisse in mente di svignarsela da quella parte.

"Non sono affatto ritroso!" stava continuando Luke. "Ma anch'io ho i miei principi morali. Vorrei vedere voi ad andare in giro nudi!"

"Nessuno ti ha chiesto di andare in giro nudo" disse Ripley. "Devi solo tagliarti il pizzo. Tanto ti ricresce, no?"

"Dalton" sibilò Vaarik. "Mi sto stancando di questa tua sceneggiata. Per non dire quanto la trovi illogica. Sai anche tu che è un sacrificio necessario per il buon esito del piano."

"Va bene" concesse Luke, prendendo la palla al balzo. "Facciamo così: io mi taglierò il pizzo se se lo taglia anche il beccamorto."

Un sinistro scintillio passò negli occhi del beccamorto in questione. Se fosse stato di una qualsiasi altra razza, Vaarik sarebbe scoppiato a ridere in faccia a Dalton, ma essendo un vulcaniano si limitò ad alzare il solito sopracciglio. "Bel tentativo" si limitò a dire, con voce tagliente.

Luke inspirò profondamente, prendendo coraggio e raddrizzò entrambe le spalle. "Per Lam!" esclamò, dirigendosi verso il bagno.

"Per Lam!" fu il coro di incoraggiamento derivante da: dietro la porta, sopra il soffitto e da Ripley.

Dalton entrò nel piccolo ambiente con la dignità di un samurai che andava a fare seppuku.

Accademia della Flotta Stellare
Palestra
Alcuni mesi prima


[...]

Quando le porte del dojo si aprirono, davanti agli occhi dei nuovi arrivati apparve uno spettacolo devastante. Lungo tutta una parete c'era una fila di cadetti doloranti, e stavano venendo accuditi da un'intera squadra medica. In mezzo a quel macello, Renko riuscì a riconoscere i loro due amici, Vaarik ed un dolorante Luke.

"Cosa diavolo è successo qui, cosa vi ha ridotto cosi?" Domandò subito un agitatissimo Foster, che non riusciva assolutamente ad immaginare la causa di un tale scempio.

"Non cosa Paul, ma chi."

"Permettimi di presentarmi, mi chiamo Gozar, Naren Gozar, detto il Tuono blu degli An'la'shok, e tu dovresti essere il mio nuovo ausilio didattico."

"Invece di fare lo spiritoso, mostrami cosa sai fare, o sei tutto fumo e niente arrosto?" rispose il cadetto, fulminandolo con lo sguardo.
[...]


 

"Quel tizio è micidiale, oltre ad essere totalmente matto. Penso che sia per questo che va tanto d'accordo con Sherman."

"Concordo, Luke. Però, ora che guardo bene, lo sai che a parte il pizzetto, voi due siete delle gocce d'acqua? Praticamente fratelli gemelli" rispose Foster, sorridendo per quella strana scoperta.

"Dai, Paul, non scherzare, non ci somigliamo per niente. Cavolo, io sono molto più bello di lui!" Affermò, immediatamente, un offesissimo Dalton.

"D'accordo Luke, se lo dici tu..."
[...]

Orbita attorno al Pianeta del Sempre
Hangar del cargo merci
Giorno 15

Grazie al neutralizzatore, gli occhi di Luke erano tornati del suo solito colore. In quel momento, l'uomo si stava lisciando il mento, soprappensiero.

"Adesso puoi farti ricrescere il pizzo, Luke. Non hai più bisogno di impersonare Gozar."

"Neanche a me piace vederti rasato" disse Renko, con una smorfia. "Anzi, in attesa che ti ricresca magari ti regalo un pizzo posticcio. Così come sei ora somigli troppo a Gozar."

"Quante volte ve lo devo dire" saltò su Dalton. "che quel tizio non mi somiglia per niente, io sono molto, molto più bello di lui."

"Già" concesse Foster. "Siete talmente diversi... che quelli del Centro Studi ci sono cascati in pieno, quando ti sei presentato come Naren Gozar e hai fatto finta di esserlo per tutto questo tempo..."

"Ah... sì, la comunicazione video in cui vi avvisavo del 'pericolo orioniano incombente'. Una delle mie migliori interpretazioni, modestamente." Luke si diresse verso la navetta. "Beh, adesso è finita... finalmente!"

"Sempre ammesso che il vero Gozar non lo venga mai a sapere" mormorò Renko soprappensiero. I movimenti dei presenti si congelarono per un istante e nell'hangar calò il silenzio. Ma 'i cadetti che fecero l'impresa' erano ancora troppo esaltati dalla riuscita della stessa per stare a soffermarsi troppo su possibili eventi negativi. Senza perdere ulteriore tempo e ritrovando il buon umore, quei cinque folli si apprestarono a immagazzinare il latinum che avevano faticato tanto per recuperare.


 

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The End

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