“Stratificazione e struttura di classe”, in A. Giddens, Fondamenti di sociologia, il Mulino, Bologna, 2000, IX Capitolo

Guida all'apprendimento

 

Lo studio della stratificazione sociale costituisce uno dei temi centrali nella sociologia, poiché si riferisce alla collocazione socio-economica di individui e gruppi.
Evidentemente alcune variabili fondamentali giocano un ruolo di primo piano nel determinare gradi di disuguaglianza e forme di stratificazione: tempo, spazio, genere. Occorre dunque sottolineare adeguatamente il fatto che l’uguaglianza e la disuguaglianza sono concetti non assoluti, ma diversi a seconda della società, del tempo, dei soggetti rispetto entro i quali e rispetto ai quali vengono declinati. La storicizzazione del significato e della concreta traduzione socio-politica di tali concetti è ben comunicata da un passo di Norberto Bobbio Giddens articola la trattazione di stratificazione e struttura sociale secondo una sequenza concettuale che, analogamente a quanto predisposto rispetto al tema della socializzazione, si può sintetizzare in una ‘mappa’ che raccoglie i passaggi centrali da fissare nel corso della comprensione e dell’apprendimento. La sequenza concettuale si sviluppa entro 2 grandi aree: da una parte CONCETTI e TEORIE (punti a, b, c), dall’altra VARIABILI, CONCETTI e QUESTIONI (punti d, e, f, g). I passaggi sono i seguenti:
a) Definizione
b) Tipi (sistemi di stratificazione)
c) Teorie (i classici e gli aggiornamenti)
d) Le classi nell’occidente contemporaneo. Uno sguardo all’Italia
e)Le variabili: cambiamenti nella struttura di classe; genere e stratificazione
f) La mobilità sociale: definizione e tipi
g) Povertà e disuguaglianza. Uno sguardo all’Italia
Questa è, sostanzialmente, la MAPPA concettuale del capitolo.
Giddens, ricordando che le disuguaglianze esistono in ogni tipo di società umana, offre una definizione piuttosto precisa di stratificazione, definendola come “sistema di disuguaglianze strutturate tra raggruppamenti differenti di persone”.
Esistono quattro principali sistemi di stratificazione sociale: schiavitù, casta, ceto e classe. La sequenza esprime un ordine cronologico di apparizione ed anche un continuum che va da una forma estrema di disuguaglianza (non possedere nemmeno il proprio corpo) ad una che si basa prevalentemente sulla dimensione economica.La distinzione (così come la sovrapposizione e convivenza) tra un sistema e l’altro, in particolare tra ceto e classe, permette di cogliere ed apprezzare alcuni elementi fondamentali del passaggio dalla modernità alla contemporaneità. Si pensi, ad esempio, ai concetti di ruolo e status.
Tra gli studiosi che hanno indagato sulla stratificazione nelle società moderne Giddens pone due classici, Karl Marx (1818-1883) e Max Weber (1864-1920) e due contemporanei, Erik O. Wright e Frank Parkin, che aggiornano ed integrano le teorie dei due classici.
Per Marx la classe è costituita da un gruppo di individui che condivide un determinato rapporto con i mezzi di produzione.
Nel capitalismo le due classi principali diventano quella di coloro che detengono i mezzi di produzione (industriali o capitalisti) e quella di coloro che si guadagnano da vivere vendendo ai primi la loro forza lavoro (classe lavoratrice o proletariato).
Marx è consapevole che i sistemi di classe sono in realtà più complessi di quanto suggerisca il modello dicotomico, presentando le cosiddette ‘classi di transizione’.
Il concetto marxiano di classe evidenzia l’esistenza di disuguaglianze economiche strutturate oggettivamente nella società.
La ‘classe in sè’ si riferisce alle condizioni oggettive che accomunano più individui rispetto alle risorse materiali cui essi hanno accesso, la ‘classe per sé’ rinvia al concetto di coscienza di classe.
Secondo Marx lo sfruttamento di una classe sull’altra è visibile nel meccanismo che porta al pluslavoro e, da qui, al plusvalore e al profitto.
Weber, che pure condivide la concezione marxiana secondo la quale la classe di fonda su condizioni economiche oggettive, modifica e rielabora l’analisi di Marx sostenendo, complessivamente, che la stratificazione riguardi il diverso accesso di gruppi e individui a ricompense sociali quali denaro, potere e prestigio. Il contributo weberiano innova in particolare in due direzioni.1) In primo luogo Weber ritiene che vi sia una più ampia varietà di fattori economici rilevanti per la formazione di una classe: oltre al possesso o meno dei mezzi di produzione, cioè, risultano centrali anche le capacità e le credenziali (o la qualificazione) peculiari dei diversi tipi di professione a cui gli individui approdano. Chi possiede tali qualifiche gode di una ‘situazione di mercato’ più vantaggiosa rispetto a chi non la possiede.
2) In secondo luogo egli ritiene che il processo di stratificazione esprima, oltre alla classe, altre due forme principali: il ‘ceto’ o ‘status’ e il ‘partito’.
Wright ritiene che nel capitalismo moderno si possano individuare 3 dimensionidel controllo sulle risorse economiche:
1) controllo degli investimenti o del capitale monetario;
2) controllo dei mezzi fisici di produzione (terra o fabbriche e uffici);
3) controllo della forza lavoro
Detto che i capitalisti detengono il controllo in ognuna di queste dimensioni, mentre i membri della classe lavoratrice sono privi di controllo su di esse, esistono tuttavia delle cosiddette ‘classi contraddittorie’ che riescono ad intervenire su alcuni aspetti e non su altri, condividendo contemporaneamente i caratteri dell’una e dell’altra macro-classe: è il caso, ad esempio, di impiegati, dirigenti e liberi professionisti, i quali hanno un più elevato grado di controllo sul proprio ambiente di lavoro rispetto alla maggior parte dei lavoratori manuali.
Parkin, il quale concorda nel considerare la proprietà o meno dei mezzi di produzione un elemento fondamentale della struttura di classe, ritiene tuttavia che la proprietà rappresenti solamente una forma di ‘chiusura sociale’ che una minoranza può monopolizzare e usare come base del proprio potere.
Nella chiusura sociale si distinguono il processo di esclusione e di usurpazione, rispettivamente di chi cerca di proteggere il proprio potere e di chi cerca di conquistare risorse monopolizzate da altri.
Esistono tuttavia casi definiti di ‘doppia chiusura’, laddove le due strategie vengono utilizzate contemporaneamente da chi cerca di guadagnare posizioni rispetto a quelle acquisite, escludendo allo stesso tempo dal raggiungimento di queste ultime altri gruppi o fasce di popolazione.
Giddens suggerisce poi di considerare passato e presente per valutare l’attuale rilevanza delle differenze di classe. Siamo al 4° punto della MAPPA concettuale.
Il concetto di classe è ancora adeguato allo studio della società attuale in particolare a quella occidentale? Come influiscono le differenze di classe sulla vita sociale?
Egli afferma che “la classe ha probabilmente un peso inferiore rispetto a quello che le attribuiva Marx, tuttavia sono poche le sfere di vita sociale non correlate all’appartenenza di classe. Persino le differenze fisiche risultano correlate all’appartenenza di classe” (p. 224).
Dopo aver chiarito la differenza tra il termine ricchezza e reddito ed aver ricordato come, su scala internazionale, la ricchezza sia concentrata nella mani di una piccola minoranza, passa ad esaminare più da vicino l’andamento del reddito nel corso dell’ultimo secolo (il ‘900) all’interno dei Paesi occidentali.
In tale periodo v’è stato un aumento del reddito reale della maggioranza della popolazione lavoratrice (si veda in Tabella, tratta da P. Sylos Labini, Le classi sociali negli anni '80, Laterza, Bari, 1986, una serie storica statistica riferita all’Italia).
Una delle principali ragioni della crescita dei salari è l’aumento della produttività (il prodotto per ogni lavoratore), assicurato dallo sviluppo tecnologico industriale.
Come nel caso della ricchezza, tuttavia, la distribuzione del reddito è estremamente diseguale.
Una delle analisi più documentate ed apprezzate delle classi sociali in Italia è quella condotta da Paolo Sylos Labini.
Egli ritiene che, osservando il modo in cui si ottiene il reddito, si possano individuare alcune grandi categorie di reddito:
- la rendita (proprietari fondiari)
- il profitto (capitalisti agrari, industriali e commerciali)
- il salario (operai)
- gli stipendi (impiegati)
- i redditi misti (da lavoro e capitale: lavoratori autonomi come, ad esempio, artigiani o commercianti)
- i redditi bassi, incerti e altamente variabili (occupati precari o saltuari)
Sulla base di questa suddivisione, si possono distinguere 6 grandi classi sociali:
a) la borghesia. È formata dai grandi proprietari di fondi rustici ed urbani (rendite), dagli imprenditori e gli alti dirigenti di società per azioni (profitti e redditi misti), da professionisti (redditi misti); 
b) la piccola borghesia impiegatizia, che è costituita dagli impiegati pubblici e da quelli privati (stipendi); 
c) la piccola borghesia relativamente autonoma, composta da coltivatori diretti, artigiani e commercianti (redditi misti); 
d) la piccola borghesia, categorie particolari: cioè in sostanza da militari e da religiosi (stipendi); 
e) la classe operaia (salari);
f) il sottoproletariato.
Risulta interessante individuare le principali trasformazioni che vi sono state in Italia nell’ultimo secolo nella distribuzione delle diverse classi.
Se si osserva la Tabella riferita alla distribuzione percentuale della popolazione italiana (occupata) per classi sociali dal 1881 al 1993, la prima impressione che si ricava è quella di una grande stabilità (i dati in tabella sono tratti da. P. Sylos Labini, Le classi sociali negli anni '80, Laterza, Bari, 1986 e da P. Sylos Labini, La crisi italiana, Laterza, Roma-Bari, 1995).
Ma sullo sfondo di questa tendenziale stabilità si notano rilevanti cambiamenti interni: è mutata la composizione della borghesia (meno proprietari terrieri, più titolari di aziende), sono mutate le proporzioni interne alla classe media impiegatizia ed anche alla piccola borghesia, i coltivatori diretti sono drasticamente diminuiti e le trasformazioni entro la classe operaia ben illustrano l’andamento dei settori produttivi negli ultimi 120 anni.

 
Giddens prosegue poi ricordando i punti e gli aspetti più rilevanti nella discussione intorno ai cambiamenti nella struttura di classe. Siamo al 5° punto della MAPPA concettuale, quello in cui si prendono in considerazione le variabili più significative relativamente alla stratificazione ed alla struttura di classe.
Un primo quesito emerge in merito alla permanenza o al venir meno di una classe superiore. Di fronte all’aumento di medi e piccoli azionisti ed alla numerosa presenza di alti dirigenti che guidano gruppi economici e finanziari ‘al posto’ dei proprietari, c’è chi utilizza l’espressione ‘classe di servizio’ (J. Goldthorpe). Sembra pertanto di dover affiancare, nella definizione di ‘classe superiore’, al tradizionale criterio di proprietà quello di proprietà+gestione della proprietà (i grandi dirigenti e amministratori).
Esiste poi grande interesse intorno al rapporto tra lavoro manuale e non manuale, cui si affianca quello per la femminilizzazione del lavoro (prevalentemente di quello impiegatizio) e quello per la dequalificazione del lavoro, anche di tipo impiegatizio (si veda il contributo di Braverman sulla proletarizzazione del lavoro impiegatizio rispetto a quello manuale, così come quello di studi che concordano – Crompton e Jones – o divergono – Marshall et al.).
Giddens sintetizza affermando che i cosiddetti ‘colletti bianchi’ hanno un’autonomia maggiore sul posto di lavoro di gran parte degli operai e, in termini di coscienza di classe, probabilmente si considerano classe media molto più di essi.
Per quanto riguarda la classe operaia, il fatto che la maggior parte di essi possa dirsi non in situazione di povertà, con redditi e stili di consumo che sono progressivamente migliorati, ha fatto ipotizzare che potesse essere in atto un imborghesimento della classe operaia, un suo avvicinamento alla classe media.
Giddens richiama l’attenzione sul rapporto fra genere e stratificazione, cioè fra le disuguaglianze di genere e le divisioni di classe nella società odierna. Pur essendo storicamente più radicate dei sistemi di classe, le disuguaglianze di genere tendono sostanzialmente a coincidere e sovrapporsi con le divisioni di classe: la posizione materiale della maggior parte delle donne tende a riflettere quelle dei loro padri o mariti.
John Goldthorpe ha difeso quella che viene definita ‘posizione convenzionale’ nell’analisi delle classi: si vedano le critiche a tale tesi, condotte anche sulla base delle ricerche in merito alle famiglie ‘a doppia appartenenza di classe’, ed il dibattito in corso. L’insieme di riflessioni condotte in quest’ultima parte conduce ad affrontare un punto (il 6° della nostra MAPPA concettuale) centrale per la lettura della stratificazione in questa o quella società, in questo o quel periodo storico: la mobilità sociale.
Dopo aver visto le principali ricerche internazionali sulla mobilità (Sorokin, Blau e Duncan, Lipset e Bendix), aver colto le indicazioni sulla mobilità sociale verso il basso e sul rapporto tra mobilità sociale e successo ed aver constatato le difficoltà nello studio della mobilità sociale, si veda la seguente Tabella sulla mobilità intergenerazionale in Italia al 1994, secondo una ricerca di Cobalti e Schizzerotto (A. Cobalti, A. Schizzerotto, La mobilità sociale in Italia, il Mulino, Bologna, 1994).
La parte conclusiva delle riflessioni di Giddens è riferita al problema della povertà, laddove il sistema di classe mostra il suo volto più duro ed il livello della scala socio-economica è più basso.
La povertà non è un fenomeno nuovo, ma continua a caratterizzare le società contemporanee, anche le più ricche e tecnologicamente avanzate.
Per ciò che riguarda l’Italia, nel 1984 è stata istituita la Commissione di Indagine sulla Povertà e sull’Emarginazione, divenuta nel 1999 Commissione di Indagine sull’Esclusione sociale (http://www.dipartimentoaffarisociali.it/main/AreaPoverta/esc-documentazione.asp).
Si veda nelle seguenti 2 Tabelle un raffronto interno all’UE a 13 Paesi membri su dati del 1994.
Numeri indici della popolazione con reddito al di sotto della soglia di povertà per paese.
Anno 1995 (percentuale della popolazione al di sotto della soglia di povertà nella UE 13 =100)


 

Rapporto tra la percentuale di individui con determinate caratteristiche tra

la popolazione povera e la percentuale di individui con le stesse

caratteristiche fra la popolazione non povera nei paesi

dell’Unione Europea (a.) Anno 1995 (valori percentuali)

CARATTERISTICHE Austria Belgio Danimarca Francia Germania Grecia Irlanda Italia Lussemburgo Paesi Bassi Portogallo Regno Unito Spagna Ue13 (C)
SESSO  
Maschio 92 95 95 95 92 92 95 95 89 94 91 90 98 94
Femmina 107 105 105 104 107 108 105 104 111 106 109 110 102 106
CLASSE DI ETA’  
Meno di 16 anni 133 103 59 112 135 72 151 1278 142 124 110 154 130 128
16-24 anni 98 143 216 185 143 94 95 150 (127) 258 72 78 115 137
25-49 anni 97 76 63 71 85 58 77 86 88 81 65 71 87 79
50-64 anni 74 96 58 88 74 104 71 93 83 58 105 59 100 81
65 anni e più 96 134 242 114 111 239 97 80 (82) 72 211 160 86 116
CONDIZIONI PROFESSIONALI (b)  
Lavoratore dipendente 78 37 35 41 64 37 21 45 77 53 40 31 36 46
Lavoratore indipendente 143 170 106 92 97 77 78 114 - (181) 168 64 116 60
Disoccupato / in cerca di occupazione  237 247 125 313 292 165 329 376 - 194 155 421 258 293
Ritirato sul lavoro 80 114 218 111 116 206 109 84 (94) (61) 188 179 74 119
Altro inattivo 152 168 245 202 154 110 161 144 139 141 127 186 129 156
CARATTERISTICHE Austria  Belgio  Danimarca  Francia  Germania  Grecia  Irlanda  Italia  Lussemburgo  Paesi Bassi  Portogallo  Regno Unito  Spagna  Ue13 (C) 
TIPOLOGIA FAMILIARE  
Persona sola fino a 64 anni 123  81  234  170  110 77  144  58  227  146  102  64  130 
Lucida Persona sola di 65 e più 128  168  336  167  168  311  408  187  (71)  431  219  64  175 
Due adulti senza figli a carico 70  11  100  82  68  186  42  48  64  45  178  78  103  77 
Monogenitore con uno o più figli a carico 235  214  (82)  199  383  248  602  90  384  184  509  225  305 
Coppia con un figlio a carico 126  82  (47)  55  68  41  52  62  (82)  93  46  50  76  63 
Coppia con due figli a carico 93  73  (39)  62  105  62  63  80  87  79  58  82  89  81 
Coppia con tre o più figli a carico 199  109  96  138  182  67  156  260  323 156  249  177  177  169 
Altre tipologie 86  84  53  117  94 84  85  126  88  109  81  52 100  97 
Fonte: Eurostat, panel europeo sulle famiglie. (a): bassa affidabilità dovuta al minimo numero di osservazioni (da 20 a 49), insufficiente numerosità campionaria;
(b): rilevata soltanto per popolazione di età superiore a 15 anni; (c): Finlandia e Svezia non sono incluse.
Nel periodo 1997-1999 le famiglie in condizioni di povertà relativa erano distribuite come illustrato nelle Tabelle seguenti.
Povertà relativa per ripartizione geografica
Anni 1997-99, migliaia di unità e valori percentuali
  NORD CENTRO MEZZOGIORNO ITALIA
  1997 1998 1999 1997 1998 1999 1997 1998 1999 1997 1998 1999
Migliaia di unità                        
Famiglie povere 
609 
588 
518 
251 
314 
370 
1.715 
1.655 
1.712 
2.575
2.557
2.600
Famiglie residenti 
10.204 
10.300 
10.384 
4.158 
4.195 
4.220 
7.097 
7.149
7.167 
21.459
21.644
21.771
Persone povere 
1.458 
1.441 
1.266
716 
870 
1.022 
5.253 
5.107 
5.220 
7.427
7.418
7.508
Persone residenti 
25.274 
25.327 
25.376 
10.925 
10.950 
10.970 
20.832 
20.834 
20.799 
57.031
57.111
57.145
Composizione percentuale                        
Famiglie povere 
23,7 
23,0 
19,9 
9,7 
12,3 
14,2 
66,6 
64,7 
65,8 
100,0
100,0
100,0
Famiglie residenti 
47,6 
47,6 
47,7 
19,4 
19,4 
19,4 
33,1 
33,0 
32,9 
100,0
100,0
100,0
Persone povere 
19,6 
19,4 
16,9 
9,6 
11,7 
13,6 
70,7 
68,8 
69,5 
100,0
100,0
100,0
Persone residenti 
44,3 
44,3 
44,4 
19,2 
19,2 
19,2 
36,5 
36,5 
36,4 
100,0
100,0
100,0
Incidenza della povertà                        
Famiglie 
6,0 
5,7 
5,0 
6,0 
7,5 
8,8 
24,2 
23,1 
23,9 
12,0
11,8
11,9
Persone 
5,8 
5,7 
5,0 
6,6 
7,9 
9,3 
25,2 
24,5 
25,1 
13,0
13,0
13,1
Intensità della povertà Misura, in percentuale, di quanto la spesa media mensile delle famiglie, convenzionalmente definite povere, è al di sotto della soglia di povertà 
Famiglie 
18,6 
18,9 
19,2 
18,5 
19,1 
19,5 
22,9 
24,2 
24,7 
21,5
22,4
22,9

Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie 1997-99.


Diffusione della povertà relativa per area geografica ed età degli individui
Anni 1997-99, valori percentuali

  NORD CENTRO MEZZOGIORNO ITALIA
  1997 1998 1999 1997 1998 1999 1997 1998 1999 1997 1998 1999
Classe d'età degli individui
Fino a 18
6,0
6,1
5,2
6,9
8,9
9,5
27,9
27,3
28,1
16,1
16,2
16,2
da 19 a 34 anni
4,6
4,9
4,1
6,3
7,1
8,1
24,2
24,4
23,4
12,4
12,7
12,4
da 35 a 64 anni
4,5
4,3
3,8
5,4
6,5
7,7
22,5
20,9
22,7
10,7
10,3
11,0
65 anni e più
10,2
9,5
8,2
9,1
11,3
13,5
29,3
29,6
29,4
16,0
16,1
16,1

Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie 1997-99

 

Coefficienti della scala di equivalenza Carbonaro e soglie di povertà relativa

Anno 1999, importi mensili in lire correnti

Numero di componenti Coefficienti Soglie di povertà
1 0,60
895.389
2 (linea di povertà standard) 1,00
1.492.315
3 1,33
1.984.778
4 1,63
2.432.473
5 1,90
2.835.398
6 2,15
3.208.477
7 o più 2,40
3.581.556
 
Come si può notare, le situazioni di povertà sono molto più frequenti al Sud e la quota di famiglie povere varia anche in funzione dei componenti.

Nelle Tabelle seguenti si mostrano i dati di sintesi in merito alla povertà assoluta in Italia per il periodo 1997-1999:

Totale famiglie povere e diffusione della povertà assoluta per ripartizione geografica
Anni 1997-99, valori assoluti in migliaia e valori percentuali

    1997 1998 1999
Nord Famiglie povere  166  171  140 
Diffusione  1,6  1,7  1,4 
Centro Famiglie povere  76  94  108 
Diffusione  1,8  2,2 2,6
Sud Famiglie povere  743  701  790 
Diffusione 10,5 9,8  11,0
Italia Famiglie povere 985 966 1.038
Diffusione 4,6 4,5 4,8

Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie 1997-99.

Linea assoluta e relativa di povertà per ampiezza familiare e scale di equivalenza

Anno 1999, valori in lire correnti

Ampiezza familiare Linea assoluta Linea relativa
1999 Scala di equivalenza implicita 1999 Scala Carbonaro
1 componente  686.687  0,67 895.389  0,599 
2 componenti  1.029.377  1,00 1.492.315  1,000 
3 componenti  1.462.110  1,42 1.984.778 1,335 
4 componenti  1.851.528  1,80 2.432.473 1,632 
5 componenti  2.333.620  2,27 2.835.398  1,905 
6 componenti  2.689.640  2,61 3.208.477  2,150 
7 o più componenti  3.035.051  2,95 3.581.556  2,401 
Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie 1997-99.
 
Uno dei dilemmi che Giddens riporta in merito alla lotta alla povertà e, più in generale, al disagio socio-economico, è quello di possibili effetti indesiderati, imprevisti, controproducenti delle politiche socio-assistenziali: tale problema ha a che fare con le cosiddette ‘trappole del welfare’ e si traduce, ad esempio, nel rischio che si sviluppino forme di ‘dipendenza dall’assistenza’, cioè che le persone divengano dipendenti dagli stessi programmi che si presume permettano loro di costruirsi una vita indipendente. Il dibattito in merito è piuttosto vivace e non privo di controversie, ad esempio sulla volontarietà o meno della permanenza entro programmi di assistenza, oppure sulla valutazione degli effetti delle politiche socio-assistenziali.
Una delle forme estreme di disagio è quella dei senza fissa dimora: chi vive in strada cumula sovente molte problematiche, che vanno da questioni di salute (fisica e/o mentale) a difficoltà relazionali, traumi familiari, perdita del lavoro, povertà, dipendenza da sostanze, percorsi migratori con esito negativo, ecc.
Giddens conclude ricordando che possono esistere diversi modelli di organizzazione economica e che non è necessariamente vero che lo sviluppo economico chieda come prezzo l’aumento delle disuguaglianze di classe. Fa riferimento ad un volume di MichelAlberto, nel quale vengono messi a confrontoi un modello ‘americano’ ed un modello ‘renano’.


 
Esercizi di verifica del percorso di comprensione e studio
1) Quali concetti fondamentali entrano nell'analisi delle differenze socio-economiche presenti nella società? suggerimento
2) Si può, oggi (e se sì, in che termini e rispetto a quali gruppi) parlare di ceti? suggerimento
3) Quali sono i passaggi fondamentali dell'analisi marxiana della classe?suggerimento
4) Quali sono gli elementi introdotti da Weber nell'analisi sulla stratificazione?suggerimento
5) Come si può definire una classe, ovvero attraverso quali elementi essa si può cogliere? suggerimento
6) Come si può commentare l'evoluzione delle classi in Italia tra fine '800 e fine '900? suggerimento
7) Quali cambiamenti vi sono stati, in Occidente, nella struttura di classe?suggerimento
8) In cosa consiste la “posizione convenzionale” nell'analisi delle classi? Quale obiezione le viene mossa?suggerimento
9) Cosa si intende per mobilità sociale? suggerimento
10) Quali tipi di mobilità si possono osservare? suggerimento
11) Come si definisce la povertà? suggerimento
12) A cosa fa riferimento la “dipendenza dall'assistenza (dal welfare)”? suggerimento
13) Quali sono le caratteristiche rinvenute da Albert nel modello americano e nel modello renano? suggerimento