Riassunto del capitolo XXII

In paese, così riferisce al ritorno il bravo, era giunto in visita pastorale il cardinale Federigo Borromeo: per questo il paese era tutto infesta e per questo vi accorreva tanta gente dalle campagne e dai borghi vicini. Tanta festa per un uomo! E per quali ragioni? Che cosa di non comune possiede quell'uomo che lo fa tanto amare? Al contrario, quando lui, l'Innominato, passa per le strade, intorno si fa il deserto. Dalla gente è sì temuto ma anche escluso. Di qui l'insorgenza in lui del desiderio di vederlo e di parlargli. E, cosa insolita, senza scorta annata si avvia verso il paese e la casa del curato di cui è ospite il cardinale. La gente al vederlo gli fa ala. Il fatto genera dello scompiglio anche nel sacerdote che fa da segretario al cardinale. Questi, nonostante i consigli contrari, decide di accoglierlo. Il cardinale Federigo della grande famiglia milanese dei Borromei, nipote del cardinale Carlo che poi era stato santificato, apparteneva alla categoria di quegli uomini rari che spendono la vita nella ricerca e nell'esercizio non del bene ma del meglio. Uomo di grande carità e modestia, interamente votato al suo dovere di guida religiosa della diocesi dì Milano, con l'opera e con l'esempio era un costante punto di riferimento per tutti ed un modello di sacerdote per i preti della sua diocesi. Era anche uomo di grande dottrina e cultura: proteggeva le arti e le lettere, era anche scrittore lui stesso e aveva fondato una grande biblioteca con annessa una galleria d'arte, tuttora esistenti. Era insomma un esemplare non comune di vita che congiungeva sapientemente intensità morale, eroismo religioso, cultura vasta anche se non esente dai limiti che ad essa giungevano dai tempi. Credette per esempio nelle streghe e negli untori.

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