MEDICINA INTERNA: VOLUME PRIMO
Titolo originale: Internal Medicine 2° edizione 1998. Editoriale Grasso Bologna.
Capitolo N° 75. Malattia polmonare interstiziale diffusa
A cura del DR: Ruy V. Lourenco, Christopher S. Garrard
Curatore della edizione Italiana delle malattie del polmone: Prof. Antonio Strano Professore ordinario di medicina interna Università Tor Vergata di Roma
Le malattie polmonari interstiziali sono caratterizzate da alterazioni che coinvolgono inizialmente l'epitelio alveolare e le cellule endoteliali, l'interstizio di supporto e, in misura minore e variabile, altre strutture vascolari e vie aeree. Esse formano un eterogeneo gruppo di patologie, alcune delle quali conseguenti a cause facilmente identificabili, mentre in altre la causa sottostante resta oscura. Sebbene molto meno comuni delle malattie delle vie aeree come la BPCO, le malattie polmonari interstiziali costituiscono un importante gruppo di malattie associate a sintomi invalidanti ed ad un rapido deterioramento clinico. I termini polmonite ed alveolite sono usati di frequente per descrivere il processo flogistico che coinvolge le cellule alveolari in molte malattie interstiziali. In alcune di queste malattie un'anomala disposizione del collagene segue il processo flogistico acuto, in maniera tale che il termine fibrosi polmonare è usato quasi in maniera intercambiabile con quello di malattia polmonare interstiziale. Classificazione eziologia. È conveniente e clinicamente corretto dividere la fibrosi polmonare diffusa in due grandi categorie: quella ad eziologia nota, che rappresenta circa un terzo dei casi, e quella ad eziologia ignota. Man mano che le procedure diagnostiche diventano più sensibili e specifiche, l'ultimo gruppo dovrebbe diventare meno comune. Nel gruppo da cause conosciute, si possono ancora distinguere tre grandi sottogruppi di fibrosi polmonare interstiziale: 1. quello determinato da granulomi estesi 2. quello determinato da essudati polmonari cronici 3. quello dovuto a polveri fibrogene inorganiche. Diverse entità patologiche contribuiscono ad ogni sottogruppo e sono elencate nella tabella 75.1 . Dopo l'esclusione delle forme da causa conosciuta, rimane un vasto gruppo di malattie polmonari interstiziali fibrotiche (tab. 75.2) . In questo gruppo vi sono malattie con caratteristici aspetti istopatologici, che sono diventate note sotto gli pseudonimi di: fibrosi polmonare idiopatica (FPI), fibrosi interstiziale diffusa da causa ignota, e alveolite criptogenetica fibrotica (ACF). La sindrome di Hamman-Rich, è un entità morbosa rarissima, e caratterizzata da omogeneità temporale della patologia, con una forma fibrotica, rapidamente progressiva di FPI. In questo capitolo si userà il primo di questi sinonimi, fibrosi polmonare idiomatica (FPI) Dapprima saranno considerati alcuni aspetti della fibrosi polmonare diffusa comuni a tutte le malattie fibrotiche, senza tener conto della causa, e poi le singole malattie saranno discusse di volta in volta in base a patogenesi, storia clinica, fisiopatologia, diagnosi, e terapia. |
Segni radiografici La distribuzione radiografica della malattia interstiziale nel polmone è spesso caratteristica della patologia di base La fibrosi polmonare nel lobo superiore si osserva nella silicosi e nella spondilite anchilosante. Le reazioni granulomatose osservate nella sarcoidosi, sono di solito distribuite uniformemente in tutto il polmone, ma, quando si stabilisce una fibrosi cronica, a nota spesso una predilezione per i lobi superiori Una fibrosi, preferibilmente nel lobo inferiore si osserva nell’asbestosi, nella FPI, nella fibrosi associata a sclerodermia, nell’artrite reumatoide e nel lupus eritematoso sistemico e nelle reazioni a farmaci tossici. Questi ultimi esempi in accordo con il fatto che la perfusione sanguigna è maggiore nelle regioni inferiori del polmone, sono prove di un fattore eziologico di origine ematica, sia esso un immunocomplesso circolante od un farmaco tossico. La fibrosi da asbestosi e la FPI si riconoscono perché risparmiano le regioni polmonari centrali, sicché si realizza un coinvolgimento periferico e subpleurico molto più vasto. Radiograficamente, la malattia polmonare interstiziale può assumere diverse forme, manifestandosi variamente come opacità reticolari, nodulari o reticolonodulari, dense masse fibrotiche o cicatrici lineari. Un quadro reticolare compare come fini ombre lineari distribuite irregolarmente spesso formanti anelli sottili che racchiudono spazi aerei. Un quadro nodulare consiste di opacità multiple, di solito rotonde di varie dimensioni, da meno di 1 mm a più di 10 mm Un quadro reticolo-nodulare comprende entrambe le componenti. Alcune malattie interstiziali producono un aspetto a superficie vetrosa in cui i campi polmonari sono di radiodensità aumentata con fini granulosità. Tardivamente, in certe malattie polmonari interstiziali, i campi polmonari assumono un aspetto ad alveare, in cui sono osservabili molte ombre ad anello tra 5 e 8 cm di diametro, con pareti sottili da 0,5 ad 1 mm. Alcuni autori descrivono le modificazioni radiografiche in termini di quadri interstiziali ed aerei. Questa descrizione presume una correlazione ideale tra l'aspetto radiografico e le variazioni istologiche. La descrizione delle ombre reticolari o nodulari, comunque, non è basata su questo assunto. La fibrosi del lobo superiore, con perdita di volume polmonare può innalzare la piccola scissura orizzontale e se si verifica una contrattura unilaterale, causa la deviazione della trachea. La fibrosi del lobo inferiore può essere accompagnata da una progressiva elevazione del diaframma e da una perdita di volume polmonare. In qualsiasi regione del polmone si possono sviluppare bolle enfisematose, che sono comunemente segno di silicosi o di sarcoidosi avanzata. La maggior parte dei pazienti presenta brevità del respiro durante gli esercizi fisici che, con la progressione della malattia, si palesa perfino a riposo. Il grado di dispnea può essere estremo e non proporzionato alla gravità delle modificazioni radiologiche. L'opposto può essere osservato nella sarcoidosi, in cui, nonostante gli impressionanti cambiamenti radiografici dei polmoni, la dispnea può essere minima. Una tosse secca e non produttiva è un sintomo frequentemente associato e spesso d'esordio. Sintomi sistemici aspecifici, come affaticamento e la perdita di peso, possono essere osservati in circa la metà di casi di malattie polmonari interstiziali. La febbre può essere presente, specialmente nei casi acuti e rapidamente progressivi di FPI, proteinosi polmonare alveolare e nelle malattie del collagene. I sintomi respiratori dovuti a una compromissione interstiziale dei polmoni possono essere caratteri d'esordio di malattie del collagene come artrite reumatoide o la sclerodermia. In queste malattie comunque, i sintomi correlati ad altri sistemi, come artrite, rash cutanei o anemia, sono di solito dominanti e precedono i sintomi respiratori.Una globale ed attenta anamnesi sociale, lavorativa e farmacologica è essenziale, se si deve riconoscere una malattia polmonare interstiziale assodata all'esposizione a polveri organiche o non e a certi farmaci. L'esame obbiettivo rivela spesso una respirazione rapida e poco profonda, con il reclutamento di muscoli accessori negli stadi più tardivi della fibrosi polmonare. L'ippocratismo digitale, che in alcuni casi può precedere lo sviluppo dei sintomi respiratori, suggerisce fortemente FPI, asbestosi o la coesistenza di malattie quali il carcinoma broncogeno o le bronchiectasie. L'ascoltazione del torace nei pazienti con FPI rivela tipicamente fini crepitazioni predominanti alle basi. In alcune malattie polmonari interstiziali, i reperti auscultatori polmonari possono essere poco importanti od apparire solo tardivamente sotto forma di sibili o ronchi indicanti un interessamento delle vie aeree. Lo sviluppo di un cuore polmonare di solito è una manifestazione di malattia polmonare in fase terminale ma può essere presente in fasi più precoci della sclerodermia o nelle malattie del collagene, in cui l'interessamento dei vasi polmonari è un importante aspetto del processo patologico. PatogenesiSenza una particolare specificità per l'agente patogeno, la risposta del polmone al danno segue un disegno ben riconoscibile Si possono presentare diversi stadi nello sviluppo della fibrosi polmonare a cominciare da una alveolite acuta caratterizzata da un aumento del numero dei macrofagi alveolari e dei linfociti nell'interstizio polmonare (fig 75.1) In base alla cronicità dell'infiammazione interessante il polmone o all'efficienza dei meccanismi di difesa del polmone, l'alveolite acuta può progredire in una forma cronica di alveolite caratterizzata da un danno al pneumocita di I tipo con proliferazione di pneumociti di II tipo. La continuità degli strati della membrana basale tra il pneumocita e la cellula capillare endoteliale, sembra essere essenziale per il mantenimento della normale architettura alveolare durante un successivo processo di guarigione. Quando il processo infiammatorio continua, si verifica fibrosi polmonare con quantità, tipi e distribuzione di fibre collagene anormali, fibre che sono prodotte dai fibroblasti attivati. Lo stadio terminale del polmone è caratterizzato dalla completa perdita della normale struttura alveolare. In tutto il polmone malato appaiono degli spazi cistici non funzionanti. Questo stadio, è il punto di arrivo comune a molti processi infiammatori interstiziali. |
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Fisiopatologia della fibrosi polmonareE tipico un restringimento di tutti i volumi polmonari con la riduzione della capacità vitale (CV), della capacità funzionale residua (CFR) e della capacità polmonare totale (CPT), sebbene il volume residuo (VR) possa essere meglio conservato. Ripetute misurazioni dei volumi polmonari e della diffusione di CO (DLCO) possono essere usate per controllare la progressione della malattia. Sono stati proposti per l’identificazione dei disturbi iniziali test più sensibili, come, per esempio, la differenza dell'ossigeno alveolo-arterioso [P(A-a)02:] durante l'esercizio, ma, probabilmente, essi offrono scarsi vantaggi rispetto alle semplici misurazioni spirometriche dei volumi in una malattia già stabilita. E chiaro che si può osservare ostruzione delle vie respiratorie nella fibrosi polmonare interstiziale. Per esempio, nella sarcoidosi in fase avanzata, nel 25% dei pazienti si può avere un rapporto tra volume espiratorio forzato a 1 sec e capacità vitale forzata (FEV 1,o/CVF%) ridotto. I test della funzione delle piccole vie aeree (tasso di flusso espiratorio a bassi volumi polmonari e la pendenza del plateau della concentrazione dell'azoto espirato durante la III fase del washout dell'azoto di un singolo respiro), possono essere anomali negli stadi iniziali di molte malattie polmonari fibrotiche, compresa l'asbestosi, la pneumoconiosi del minatore e la polmonite da ipersensiblità. Di solito, col progredire della riduzione dei volumi polmonari segue un danneggiamento della capacità di diffusione del monossido di carbonio (DLCO). Inizialmente si pensava che questo fosse solo un fenomeno di blocco alveolo-capillare; comunque, i disturbi della distribuzione ventilatoria dovuti a coinvolgimento delle vie aeree probabilmente costituiscono il difetto più osservato. Analogamente, l'ipossiemia arteriosa è il risultato di un cattivo rapporto ventilazione/perfusione con una componente minore di blocco alveolo-capillare. Un aumento dell'elasticità ed una diminuzione della compliance dei polmoni sono segni tipici della fibrosi polmonare. Una parte dell'aumento dell'elasticità, tuttavia, è attribuibile ad una diminuzione del numero degli alveoli ed alla conseguente perdita di volume polmonare. I gas arteriosi di solito mostrano riduzioni della PaO2, con associate riduzioni della PaCO2; un PH normale o una lieve alcalosi respiratoria e un aumento della P(A-a)02. Sebbene un'ipossiemia severa possa essere osservata negli stadi più tardivi di malattia polmonare interstiziale, può essere anche presente nelle fasi iniziali di alcune di esse, come la proteinosi alveolare polmonare, la sindrome di Goodpasture e l'esposizione acuta a fumi tossici. I pazienti con fibrosi polmonare hanno molti atti ventilatori al minuto, a riposo e durante esercizio, che danno luogo ad un anormale abbassamento della PaCO2; arteriosa. Questa iperventilazione si verifica malgrado un aumento del lavoro meccanico necessario per la minore elasticità del polmone fibrotico. E stato suggerito che il più alto livello di ventilazione sia dovuto ad un aumento degli impulsi afferenti che partono dal polmone o dai muscoli respiratori. I recettori di stiramento od i recettori J possono invilupparsi nel tessuto fibroso oppure un inappropriato rapporto lunghezza/tensione con le giunture dei muscoli può svilupparsi a causa della ridotta compilarne polmonare. L'aumento dell'attività afferente trasmessa al cervello stimola i centri respiratori e aumenta l'attività del sistema nervoso efferente. Questo aumento causa un'iperventilazione che può contribuire alla sensazione di dispnea che è avvertita da questi pazienti. Aspetti immunologiciL'associazione fra fibrosi polmonare, disturbi autoimmuni e malattie collagene-vascolari ha suggerito che anticorpi circolanti non specifici di un organo possano essere coinvolti come agente causale. Il fattore reumatoide può essere presente in percentuali significative in malattie quali la pneumoconiosi del minatore (dal 30 al 40% dei casi. Con fibrosi massiva progressiva) e la fibrosi polmonare idiopatica (15% dei casi) e ha posto degli interrogativi riguardo all'esatto rapporto esistente fra meccanismi immunologici e fibrosi polmonare. Autoanticorpi, in particolare il fattore antinucleare, sono stati dimostrati in percentuali aumentate in associazione a fibrosi polmonare idiopatica (40% dei casi), asbestosi (25% dei casi), pneumoconiosi del minatore con fibrosi massiva (74% dei casi) e silicosi (40% dei casi). Sebbene le percentuali del fattore antinucleare siano circa un decimo di quelle trovate nelle malattie del collagene, esse sono significativamente più alte di quelle trovate in popolazioni normali. Queste scoperte ed altri dati sperimentali suggeriscono che gli anticorpi non organo-specifici possano sia avere un ruolo causale nelle malattie riconosciute come autoimmuni che accelerare la progressione della fibrosi nelle altre malattie interstiziali.
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Grandi granulomi. Sarcoidosi: la sarcoidosi è caratterizzata dalla presenza di granulomi a cellule epiteliali non caseosi in molti sistemi d'organo, dei quali uno dei più frequentemente interessati è il polmone. Ulteriori dettagli sugli aspetti polmonari ed extrapolmonari della sarcoidosi si trovano nel capitolo 77. Berilliosi. L'inalazione di berillio come metallo o come sale può causare una polmonite chimica acuta (berilliosi acuta) o una reazione granulomatosa cronica di tipo sarcoide (berilliosi cronica).La maggior parte dei casi registrati comparve tra il 1943 ed n 1955 quando il berillio veniva usato estesamente nella manifattura di luci fluorescenti. Oggi la maggior parte dei casi è collegata all'uso di berillio in aviazione e nelle industrie ad energia nucleare. I dati disponibili indicano che una reazione d'ipersensibilità è responsabile del processo infiammatorio attivo. La berilliosi acuta è caratterizzata da un grave edema polmonare. Gli alveoli sono pieni di coagulo fibrinoso e di un essudato ricco di polimorfonucleati. Le pareti alveolari sono piene di cerule plasmatiche, linfociti e depositi di proteine.Il processo di guarigione, annunziato dalla proliferazione dei macrofagi alveolari, di solito progredisce con gradi diversi di fibrosi interstiziale. La berilliosi cronica è caratterizzata dallo sviluppo di grandi granulomi polmonari che sono indistinguibili da quelli della sarcoidosi. Oltre ad una terapia di supporto con O2, dovrebbero essere somministrati cortisonici non appena è diagnosticata una berilliosi, sebbene una piccola proporzione di casi possa non rispondere, sviluppando una fibrosi progressiva. La terapia può dover essere continuata a lungo, come per la sarcoidosi. Le misure di prevenzione rimangono gli aspetti più importanti nel controllo di questa malattia. Alveolite allergica estrinseca: in alcuni individui, l'inalazione di polveri organiche provenienti dall'ambiente familiare o di lavoro da luogo a reazioni di ipersensibilità negli alveoli. In contrasto con la risposta allergica delle vie aeree asmatica mediata da una reazione immune immediata di tipo I o da anticorpi non precipitanti, l'alveolite è mediata da una reazione di anticorpi precipitanti (tipo III). Le due reazioni, tuttavia, coesistono nello stesso individuo. Come la sarcoidosi e la berilliosi, questo gruppo di alveoliti allergiche, provoca reazioni granulomatose nel polmone.Una trattazione completa di questo argomento è contenuta nel capitolo 78. Essudati polmonari cronici: Edema polmonare cronico. L’accumulo di liquido nell’interstizio polmonare, negli spazi perivascolari, nei linfatici ed infine negli spazi alveolari può svilupparsi dopo aumenti della pressione capillare intracapillare (edema polmonare cardiogenico) o dopo un cambiamento della permeabilità capillare polmonare (edema polmonare non cardiogenico). L'edema polmonare cardiogenico è una ben nota complicanza dell'insufficienza ventricolare, sinistra o della malattia della valvola mitrale. L'edema polmonare non cardiogenico può essere visto come il risultato di una vasta gamma di danni tossici al polmone, compresi gas e vapori inalati, farmaci, tossine batteriche e radiazioni. L'esposizione cronica a questi agenti può alla fine condurre alla fibrosi polmonare. L'edema polmonare è discusso nel capitolo 70. Gas, fumi e vapori inalati: Esempio di agenti inalati noti per produrre malattie polmonari interstiziali sono elencati nella tabella 75.3. Ossigeno: l’effetto tossico di alti livelli di ossigeno sui polmoni di neonati e adulti è ben riconosciuto. La maggiore conoscenza della tossicità da O2, ha portato a una maggiore attenzione circa il controllo della soniministrazione di O2, Sebbene la maggior parte delle osservazioni di tossicità sia stata correlata all'uso di O2, al 100%, è probabile che perfino livelli moderati di O2, (50-(6O%) siano tossici. L'esperienza clinica indica che l’-02, a concentrazioni del 40% o meno è raramente tossico. Danni" ai pneumociti di I tipo e proliferazione di pnumociti di II tipo sono le manifestazioni iniziali di tossicità Lo sviluppo di un'emorragia intralveolare, la formazione di' una membrana ialina e la proliferazione fibroblastica negli spazi aerei alveolari e interstizio portano a fibrosi polmonare. La proliferazione dei capillari alveolari può essere considerata un equivalente della proliferazione dei capillari retinici osservata nella fibroplasia retrolenticolare del neonato I caratteri patologici della tossicità da O2, sono molto simili a quelli osservati nella polmonite da raggi, particolarmente per quanto riguarda effètti sulle cellule endoteliali. Non è chiaro il meccanismo che determina la tossicità dell'ossigeno, ma si è visto che l'ipossiemia interferisce con la produzione di fosfato ad alta energia (ADP, ATP) È stato suggerito che una riduzione dei processi metabolici dei pneumociti di tipo II, ad esempio, possa compromettere la produzione del surfactante e le funzioni riparative di queste cellule. La fagocitosi da parte di macrofagi alveolari può essere pure compromessa. L'interesse si è localizzato sul ruolo dei radicali liberi superossido, che sono generati in presenza di iperosia e sono in grado di distruggere l'integrità delle membrane cellulari. Studi su animali hanno dimostrato una tolleranza da adattamento all'iperossia in risposta ad incrementi graduali della concentrazione di O2, inalato. Tale adattamento è probabilmente dovuto a un'aumentata disponibilità di superossido dismutasi, che riduce la tossicità dei radicali superossido. Interazioni sinergiche sono state osservate tra la tossicità da O2; ed altri agenti lesivi come l'erbicida paraquat, radiazioni e bleomicina. Una maggiore attenzione ai rischi potenziali di tossicità dell’O2, ha portato a un approccio più critico alla prescrizione dell’ossigenoterapia. Sia nella sindrome da membrane ialine dei prematuri che nell'ARDS, l'utilizzazione di un tubo endotracheale e l'applicazione di una pressione positiva continua nelle vie aeree ha permesso, correggendo lo squilibrio V/Q, di impiegare concentrazioni di.O2, inspirato molto inferiore. I cortisonici sono stati prescritti nei casi di sospetta tossicità da O2, sebbene i benefici di un tale trattamento non siano comprovati.Gas come il cloro e l'anidride solforosa sono estremamente irritanti e causano un edema polmonare acuto, se presenti nell’atmosfera a concentrazioni abbastanza alte. Raramente l'esposizione a lungo termine a cloro od anidride solforosa può causare una fibrosi cronica. Una prolungata esposizione a bassi livelli di CI ed SO2, può anche indurre una disfunzione polmonare che può essere evidenziata con i test di funzionalità polmonare. Altri vapori: Vapori di diisocianuro di toluene prodotti durante la manifattura di poliuretani possono indurre una bronchite ed un asma acuti. Con esposizioni croniche a bassi livelli si possono sviluppare una polmonite interstiziale e perfino una fibrosi polmonare. Aerosol di sonato di rame usati m viticoltura per sopprimere le infezioni (fungine, provocano una reazione granulomatosa interstiziale probabilmente su base immunologica. Grassi. Oli di origine minerale, vegetale o animale possono essere inalati, inducendo una malattia polmonare interstiziale spesso detta polmonite lipoide esogena (V.cap. 73). Aspirazione dei succhi gastrici (sindrome di mendelson) L’aspirazione nei polmoni di acidi gastrici provoca un edema polmonare acuto con conseguenti ipossiemia acuta e ARDS (V. cap. 73) Fumi metallici. L'inalazione di vapori di mercurio provoca disturbi acuti sistemici, come dolore addominale, diarrea e sintomi a carico del SNC. La tossicità respiratoria si estrinseca in severe tracheiti, bronchiti e polmoniti.gli ossidi di manganese generati durante la manifattura delle batterie a secco producono pure un'irritazione del tratto respiratorio superiore e polmonite che, con l'esposizione cronica può portare a una fibrosi polmonare. Reazioni Indotte da farmaci. Reazioni avverse da farmaci che provocano una significativa morbidità e mortalità sono presenti in circa il 10% dei pazienti ospedalizzati sotto terapia.Una parte di queste reazioni avverse interessa i polmoni colpendo sia le vie aeree che il parenchima. Numerosi farmaci, in particolare antibiotici come penicillina, tetraciclina eritromicina e cefaloridina, sono assodati ad una risposta asmatica e non saranno ulteriormente considerati in questo contesto. L’interessamento del parenchima polmonare può assumere forme diverse, incluse alveoliti acute o croniche polmoniti eosinofile e da ipersensibilità e reazioni granulomatose. Le malattie interstiziali indotte da farmaci si presentano molto spesso in maniera insidiosa, con il paziente che si lamenta di tosse e dispnea. Questi sintomi si possono sviluppare rapidamente, se vi è una reazione infiammatoria acuta nel polmone. La radiografia del torace di solito rivela infiltrati interstiziali ed i test fisiologici di funzionalità polmonare dimostrano alcuni gradi di restrizione polmonari e difetti associati nello scambio e nella diffusione dei gas.Queste modificazioni non sono specifiche ed ulteriori indagini, possibilmente culminanti con una biopsia polmonare possono essere richieste per la formulazione della diagnosi. Perfino quando si sospetta una pneumopatia indotta da farmaci, è spesso difficile stabilire una relazione causale, perché la malattia sottostante per la quale il farmaco è stato prescritto può causare essa stessa una malattia interstiziale, come nel caso degli agenti citotossici usati nel trattamento dei disordini linforeticolari. Non si dovrebbe comunque risottoporre il paziente al trattamento con il particolare farmaco sospettato per confermare la diagnosi di pneumopatia indotta da farmaci. Un elenco di farmaci che causano malattie polmonari interstiziali è riportato nella tabella 75.4. Numerose categorie di farmaci sono frequentemente implicate nella genesi di malattie polmonari interstiziali e i più importanti saranno esaminati individualmente. Agenti citotossici ed immunosoppressori. Il gruppo dei farmaci citotossici immunosoppressori è fra quelli più frequentemente implicati nelle malattie polmonari indotte da farmaci. Bleomicina. La bleomicina può indurre una fibrosi polmonare nel 5-10% dei pazienti che la ricevono, sebbene alcune statistiche abbiano riportato un'incidenza quasi fino al 50%. L’incidenza delle malattie interstiziali è dose dipendente ed è rara con una dose totale inferiore ai 50 mg. La via di somministrazione sembra avere poca o nessuna importanza sulla comparsa della pneumopatia, sebbene vi possa essere qualche indicazione che l’infusione continua di bleomicina sia meno tossica dei boli endovenosi. La tossicità può essere aumentata da precedenti trattamenti con bleomicina, da un’insufficienza renale indotta dalla stessa (che viene eliminata per via renale) e dalla combinazione con altri agenti citotossici, da una radioterapia applicata ai campi polmonari e da una concomitante somministrazione di O2. I caratteri istologici della fibrosi indotta da bleomicina e da busulfano sono virtualmente indistinguibili. Emorragie ed essudati fibrinosi con occasionale ialinizzazione sono osservati entro lo spazio aereo alveolare. Gli pneumociti di tipo I contengono bizzarri nuclei ipercromatinici e l’interstizio è infiltrato da linfociti, plasmacellule, eosinofili e fibroplasti; si possono riconoscere aree di fibrosi dense ed organizzate. I test fisiologici di funzionalità polmonare forniscono un utile metodo per scoprire presto una tossicità;: polmonare e prima comparsa dei sintomi o di una radiografia del torace anomala. Una progressiva riduzione della capacità vitale, della capacità polmonare totale della diffusione polmonare da monossido di carbonio (DLCO) possono comparire col progredire della fibrosi. Può essere presente un’ipossiemia arteriosa. I sintomi conseguenti a una pneumopatia indotta bleomicina possono svilupparsi subito dopo la somministrazione del farmaco o parecchi mesi dopo l'inizio del trattamento. E comune una mancanza di fiato durante gli sforzi con una tosse secca e improduttiva, sebbene alcuni pazienti possano esordire con febbre. L'esame obbiettivo svela tachipnea e crepitazioni ad ambo le basi. La radiografia del torace rivela inizialmente un quadro reticolare diffuso coinvolgente i segmenti basali; questo quadro evolve in un consolidamento alveolare più denso in tutti campi polmonari. Se si stabilisce una fibrosi polmonare, l'infiltrato può prendere un aspetto più nodulare. La scintigrafia polmonare al Gallio-67 può essere utile per dimostrare un processo flogistico acuto, ma non è specifica e non può differenziare una tossicità polmonare da altri processi flogistici. La sospensione del trattamento con bleomicina può arrestare la progressione della tossicità polmonare o può perfino essere seguita da un certo grado di risoluzione. In alcuni casi vi può comunque essere un continuo deterioramento che alla fine conduce allo scompenso respiratorio. I cortisonici possono combattere o sopprimere le prime fasi del processo flogistico nel polmone da bleomicina, ma è improbabile che migliorino una fibrosi stabilizzata. Busulfan. Segni di tossicità polmonare si manifestano in genere con un ritardo di 3-4 anni dopo l'inizio della terapia con busulfan. L'incidenza di tossicità polmonare è riportata dal 2% all'11% con caratteristiche simili a quella prodotta da altri agenti citotossici. È stato riportato un effetto sinergico con le irradiazioni polmonari. Ciclofosfamide. L'incidenza di tossicità polmonare indotta da ciclofosfamide è molto superiore rispetto a quella osservata con altri citotossici. I caratteri di una malattia polmonare interstiziale si possono sviluppare durante la terapia, ma appaiono più comunemente un anno dopo il suo inizio. Nonostante la comparsa di una fibrosi precoce, i cortisonici appaiono avere benefici effetti. Metotressato.Il metotressato, un antagonista dei folati, può produrre una tossicità polmonare nel 10% dei pazienti trattati sebbene alcune statistiche prospettiche non abbiano riportato casi di tossicità polmonare. Lo sviluppo di tossicità polmonare non è correlato alla dose somministrata e può risolversi nonostante la continuazione del farmaco. Un'associata eosinofilia può riscontrarsi in circa metà dei casi di tossicità polmonare. Linfoadenopatia ilare ed affezioni pleuriche possono accompagnare i cambiamenti interstiziali. Azatioprina. Esistono molti casi segnalati di polmonite da azatioprina. Lincidenza di una polmonite interstiziale da azatioprina è ormai nota, considerato che questo farmaco è usato in numerose condizioni neoplastiche e non neoplastiche, inclusi malattie diffuse del connettivo e disordini ematologiche non neoplastici. Tutta via la possibilità di una polmonite da azatioprina in ogni paziente trattato con questo farmaco deve essere tenuta presente. Essa viene metabolizzata in 6 mercaptopurina, per la quale ci sono molti segnalazioni di polmonite interstiziale della varietà citotossica. Tuttavia, la maggior parte di questi pazienti hanno ricevuto altri farmaci che potenzialmente possono essere implicati nella polmonite. Mitomicina.Circa il 5% dei pazienti che vengono trattati con mitomicina può sviluppare una tossicità polmonare entro 1-10 mesi dall'inizio della terapia. I caratteri chimici e fisiopatologici sono specifici e gli effetti sono simili a quelli prodotti da altri agenti citotossici. I cortisonici possono arrecare benefici. Nitrosurea. La maggior parte delle riportate tossicità polmonari sono state correlate all'uso di 2-3b (2 cloroetil) –1 nitrosurea (BNCU) ma la clororotocina e il-metil-CCNU (cloroetil citroetil nitrosureacùro) sono stati pure indiziati di provocare una malattia polmonare interstiziale. La tossicità polmonare è dose dipendente, con un'incidenza superiore al 50% nei pazienti che hanno ricevuto una terapia intensa con alte dosi di BNCU. Segni e sintomi di tossicità polmonare possono comparire da un mese a 5 anni dall'inizio della terapia, con un tempo medio di esordio di circa un anno. Sono stati dimostrati effetti sinergia della radioterapia sui campi polmonari e della contemporanea somministrazione di altri agenti citotossici. I caratteri clinici sono simili a quelli osservati con gli altri agenti citotossici, ad eccezione del fatto che la radiografia del torace può con maggiore probabilità essere normale nelle fasi più precoci di malattia. Quando i cambiamenti radiologici sono presenti, essi compaiono sotto forma di infiltrati reticolari specialmente alle basi. Scansioni con Gallio-67 possono indicare una risposta flogistica attiva in assenza di modificazioni radiografiche. I cortisonici sembrano avere poco effetto nel ridurre la tossicità polmonare. Antimicrobici. Penicillina, acido para-aminosalicilico, sulfamidici, nitrofurantoina (menzionata nella prossima sezione) ed isoniazide possono indurre infiltrati periferia interstiziali, a volte associati a versamenti pleurici. I pazienti si presentano con febbre, tosse, dispnea ed eosinofilia assoluta. Il processo patologico sottostante non è chiaro, ma sono state riportate vasculiti sistemiche in seguito a somministrazione di sulfamidici e penicillina, indicando la possibile responsabilità di un processo immune. Reazioni asmatiche con sibili e mancanza di respiro si verificano pure con numerosi antibiotici, tra cui penicillina, tetracicline, eritromicina, neomicina, streptomicina, cefatoridina ed etionamide. Nelle reazioni asmatiche la radiografia del torace può mostrare solo una relativa iperlucentezza e iperinflazione. Nitrofurantoina. La più comune manifestazione di tossicità polmonare provocata da questo farmaco è una polmonite acuta, che compare dopo alcune ore o giorni dall'inizio della terapia con nitrofurantoina. Mentre la maggior parte delle flogosi si risolve entro 1-4 giorni dalla fine della terapia, circa il 3% dei casi può progredire verso una forma cronica. La forma cronica è associata a fibrosi polmonare, che può avere caratteri istopatologici indistinguibili dalla FPI. La forma acuta si presenta con febbre, raffreddore, dispnea e tosse. Ai Rx la forma acuta si presenta con infiltrati sia interstiziali che aerei, insieme a versamenti pleurici, mentre la forma cronica mostra dei cambiamenti interstiziali simili a quelli osservati nella FPI. Anticorpi antinucleo (AAN) e livelli sierici delle IgG possono essere aumentati, mentre i test di funzionalità polmonare rivelano un quadro restrittivo con un'associata riduzione della DLCO. La risposta ai cortisonici di una tossicità polmonare cronica può variare, ma può esservi un sorprendente miglioramento nei quadri con un quadro istologico desquamativo. Analgesi non narcotici. Una stimolazione respiratoria centrale e un edema polmonare non cardiogenico possono essere provocati da un'overdose di acido salicilico, quando i livelli sierici di salicilato superano i 40 mg/dl. Si ritiene che i livelli tossiti di salicilato aumentino la permeabilità delle membrane endoteliali nei polmoni. Ai Rx si notano di solito infiltrati polmonari diffusi in assenza di cardiomegalia. Questi infiltrati di solito si risolvono in alcuni giorni con la normalizzazione dei livelli di salicilato. L'edema polmonare non cardiogenico può essere tanto grave da provocare un'ARDS che richiede una intubazione endotracheale e un supporto di pressione positiva nelle vie aeree. Gli sforzi per aumentare la clearance del salicilato con una diuresi alcalina forzata dovrebbero essere attentamente monitorati, per evitare un sovraccarico idrico che può ulteriormente contribuire all'edema polmone. È stato riportato che l'ibuprofene provoca una dispnea acuta associata ad opacità polmonari a chiazze, e versamenti pleurici nei pazienti con malattie connettivali miste. In seguito alla somministrazione di finilbutazone sono stati riportati edema polmonare e vasculiti polmonari. Analgesici narcotici. L'edema polmonare è una complicazione comune dell'abuso di eroina endovenosa, che avviene in circa 1/3 delle overdosi. L'edema polmonare si può verificare anche con altri narcotici, incluso il metadone preso oralmente o per via nasale. Il suo preciso meccanismo non è chiaro, ma è stato proposto un aumento della permeabilità endoteliale secondario a deposizione di immunocomplessi. Altri meccanismi suggeriti comprendono reazioni allergiche, un drenaggio linfatico compromesso e uno scompenso del ventricolo sinistro. La radiografia del torace mostra diffusi infiltrati indistinti di tipo sia interstiziale che aereo che si risolvono di solito entro 24-48 ore. Emboli polmonari settici possono portare alla formazione di ascessi polmonari multipli, in cui i microrganismi consueti sono lo Suphylococcus aureus e la Pseudomonas aeruginosa. In alcuni pazienti, dopo ripetuti episodi di edema polmonare indotto da narcotici, sono state riportate ronchiectasie che si manifestano clinicamente con tosse persistente e produzione di un abbondante espettorato purulento. I contaminanti dei narcotici iniettati endovena, come il talco, possono indurre reazioni granulomatose che appaiono radiologicamente come infiltrati nodulari. Anticonvulsivanti. La fentoina e la carbamazepina sono state associate a occasionale comparsa di febbre, tosse, dispnea, eosinofilia ed infiltrati polmonari. Questi sintomi si risolvono dopo la sospensione dell'agente causale o in risposta a una terapia cortisonica. Anche una linfoadenopatia ilare è stata descritta sia da sola che in associazione a processi interstiziali. Vari. Penicilamina. La penicillamina può indurre una bronchiolite cronica obliterante in pazienti trattati per malattie connettivali, come l'artrite reumatoide. La dispnea si può sviluppare rapidamente e i test di funzionalità polmonare rivelano un difetto ostruttivo irreversibile. La radiografia del torace può essere normale nel momento della comparsa dei sintomi, ma più avanti possono comparire infiltrati interstiziali diffusi. Una reazione da immunocomplessi è stata sospettata in alcuni pazienti con tossicità polmonare indotta da penicillamina, portando all'uso benefico di immunosoppressori e plasmaferesi. In parecchi casi la reazione da immunocomplessi indotta dalla penicillamina ha indotto una sindrome simile a quella di Goodpastur. L'istotipo HLA-DRW2 è stato osservato in gran parte dei pazienti con reazioni da immunocomplessi indotte da penicillamina suggerendo una predisposizione ereditaria. Sali aurei. I sali d'oro, come l'aurotiomalato di Na, sono noti per produrre una polmonite e una fibrosi polmonare in pazienti con artrite reumatoide. I dosaggi di sali aurei che producono tossicità polmonare hanno un intervallo da 180 a1000 mg. I caratteri di presentazione della tossicità aurea includono dispnea, tosse, rash cutaneo, febbre, proteinuria ed eosinofilia. La radiografia del torace mostra sia un quadro interstiziale che uno misto, interstiziale ed aereo.Un meccanismo immune è stato sospettato, portando all'uso di cortisonici in questo tipo di polmonite. Amiodarone idroclorite. L'amiodarone è stato in origine usato a bassi dosaggi terapeutici (200 mg/die) per la terapia dell'angina pectoris. Più di recente è stato usato ad alti dosaggi (600-800 mg/die) per il trattamento delle aritmie ventricolari refrattarie ed è stato sporadicamente riportato come causa di tossicità polmonare, ipertiroidismo ed elevazione degli enzimi epatici. La tossicità polmonare si manifesta, come una fibrosi che coinvolge più frequentemente i lobi superiori. Ai Rx si presentano, infiltrati interstiziali e a chiazze negli spazi aerei con broncogrammi aerei. In alcuni studi è stato difficile escludere il ruolo contributorio di uno scompenso cardiaco associato. Sebbene non sia stata riportata l’evidenza di laboratorio di un sottostante meccanismo immune, in alcuni casi di polmonite da amiodarone sono stati somministrati ai pazienti dei cortisonici. Radiazioni. Il danno può derivare da una terapia radiante applicata ai polmoni, al mediastino o alla parete toracica. Lo sviluppo, di una malattia clinicamente significativa sembra dipendere non solo dalla dose di radiazioni, ma anche dal volume di polmone entro il campo irradiato. Dosi di radiazioni inferiori a 200 rad di solito non causano polmonite. L'effetto di dosi più massicce può essere migliorato con il frazionamento delle radiazioni. La polmonite da radiazioni e di solito conseguenza di dosi polmonari superiori a 2000 rad. Si stima che dal 5 al 15% dei pazienti che ricevono un'irradiazione toracica sviluppi una polmonite clinica, e che meno del 5% muoia per conseguenze dirette del progressivo deterioramento. In malattie come quella di Hodgkin, in cui sono somministrate grandi dosi di radiazioni, consentendo una maggiore sopravvivenza, l'incidenza da polmonite può raggiungere il 50%. Anatomia patologica. Il danno da radiazioni nei tessuti polmonari inizia nelle cellule che si dividono più rapidamente, come i pneumociti di tipo II, le cellule endoteliali e quelle dell'epitelio bronchiale. I cambiamenti citologia includono edema interstiziale con infiltrati di mononucleati e desquamazione delle cellule epiteliali alveolari e proliferazione di pneumociti II con depositi ricchi di fibrina e membrane ialine. Le lesioni vascolari sono comuni ed appaiono come ingrandimento e trombosi dei capillari polmonari. È infine osservata una deposizione interstiziale di collagene che porta alla fibrosi. Le cellule flogistiche sono caratteristicamente assenti in questo stadio. Fisiopatologia. Durante la fase acuta della polmonite di solito 6-12 settimane dopo l'irradiazione un difetto restrittivo può essere dimostrato da riduzioni di CV, CFR e CPT. La compliance statica e la DLCO sono ridotte. Queste modificazioni possono risolversi con un miglioramento clinico o mostrare un progressivo deterioramento in un arco di anni. Si possono sviluppare vari gradi di ipossiemia arteriosa senza ipercapnia. Caratteristiche cliniche. I sintomi iniziano di solito 6-12 settimane dopo l'irradiazione. I primi sintomi sono di solito tosse e febbre, mentre la dispnea si sviluppa in seguito. Dopo la fase acuta, la maggior parte dei pazienti mostra una remissione clinica, sebbene alcuni siano interessati per altri 6-12 mesi. Numerosi fattori possono influenzare lo sviluppo e il conseguente decorso di una polmonite da radiazioni, tra cui una concomitante chemioterapia con citotossici, radiazioni ripetute e la sospensione della terapia steroidea. Una ricorrenza locale, o una diffusione metastatica della neoplasia primitiva, è difficile da differenziale da una polmonite da raggi e può richiedere una biopsia polmonare a scopo diagnostico. Se i sintomi ed i segni radiografici si sviluppano più di 4-6 mesi dopo la fine della radioterapia, è più probabile una ricomparsa neoplastica. D'altro canto una risposta favorevole del tumore primitivo alle radiazioni, seguita subito dopo da infiltrati interstiziali, suggerisce una polmonite da radiazioni come la diagnosi più probabile. Radiografia del torace. Raramente un'iperlucentezza dell'area irradiata si può osservare subito dopo la lesione da raggi: essa può riflettere la lesione vascolare osservata istologicamente. Più comunemente un aspetto a superficie vetrosa o una nebulosità diffusa con strie lineari distinte (corrispondenti al campo irradiato) può venire osservata e può aiutare a distinguere una polmonite da radiazioni da altri processi infiltrativi come la linfangite carcinomatosa. Con l'andar del tempo possono svilupparsi fibrosi progressiva, cicatrici locali e retrazionare polmonare che ricordano le modificazioni osservate nella TBC cronica inattiva. Terapia. Sebbene non provata da studi controllati, la maggior parte degli esperti raccomanda una terapia steroidea terapia (prednisone, 40-100 mg al giorno) durante la fase acuta della polmonite.Gli steroidi non hanno effetto su fibrosi o cicatrici stabilizate. La terapia anticoagulante è stata proposta a causa della trombosi microvascolare osservata istologicamente, sebbene i benefici di questa forma di trattamento non siano stati confermati. Uremia.Una polmonite interstiziale diffusa può svilupparsi nell'uremia cronica, indipendentemente dal sovraccarico idrico dell'insufficienza renale acuta. Un'alveolite è di solito associata con gradi significativi di fibrosi. Ai Rx vi sono infiltrati interstiziali diffusi ad ambo le basi ed infiltrati irradiantesi dagli ili. Si possono rilevare altre manifestazioni cliniche dello stato uremico, come prurito, pericardite e fame d'aria dovuta all'acidosi metabolica. Con l'avvento della nefrodialisi, raramente si osserva un'uremia cronica scompensata. Inalazione di polvere fibrogena Inorganica. L'inalazione di polvere fibrogena inorganica e la causa della maggior parte delle malattie polmonari da inalazione di polveri industriali, note complessivamente come pneumoconiosi. Questo gruppo, comunemente assodato all'inalazione di amianto o silice, viene preso in esame più avanti nel capitolo 78.
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Fibrosi interstiziale a causa sconosciuta
Fibrosi polmonare Idiopatica (alveolite fibrotica criptogenetica). La fibrosi polmonare idiopatica (FPI) è una malattia infiammatoria del parenchima polmonare caratterizzata da infiltrazione cellulare, restringimento dell'interstizio alveolare e, talvolta, presenza di cellule mononucleate negli spazi aerei alveolari. In casi particolarmente acuti può essere osservato un essudato cellulare e fibrinoso con formazione di membrane ialine. Nelle forme croniche vi sono meno manifestazioni essudative e una maggiore fibrosi. La presentazione clinica varia da una polmonite interstiziale acuta fulminante (s.di Hamman-Rich entità morbosa rarissima) a una fibrosi progressiva che porta a un polmone in fase terminale. Sebbene la FPI sia stata inizialmente una diagnosi di esclusione, attualmente essa è considerata, in genere, una specifica entità patologica ad eziologia sconosciuta. Classificazione. La FPI può essere classificata in base ai suoi caratteri istologici come: polmonite interstiziale, classica o comune" (PIC) polmonite interstiziale desquamativa (PID), in cui vi è una proliferazione di macrofagi e desquamazione dei pnumociti granulari negli spazi alveolari e nelle vie aeree terminali polmonite interstiziale linfoide (PIL), in cui l'interstizio e gli spazi alveolari sono infiltrati da cellule linfoidi polmonite interstiziale a cellule giganti (PIG), con infiltrato cellulare misto comprendente cellule giganti fagocitiche irregolari. In pratica, tuttavia, possono coesistere più tipi istologici o vi può essere trasformazione di un tipo nell'altro. Di conseguenza, la risposta agli steroidi e la prognosi relativamente migliore osservate nella variante PID sono credute da alcuni una prova che la PID stessa rappresenti rispetto alle altre varianti uno stadio precoce di FPI. Eziologia a patogenenesi. Una vasta gamma di reperti associati di laboratorio ha suggerito un'eziologia da ipersensibilità o autoimmune. Nella FPI sono state dimostrate iperglobulinemia, test di Coombs positivo, autoanticorpi, criglobuline, fattore reumatoide ed eosinofilia. Il processo fibrotico è preceduto da cambiamenti infiammatori cronici, caratterizzati da infiltrazione parenchimale di linfociti, macrofagi, neutrofili ed eosinofili. Al microscopio si nota l'aumento di deposito di collagene nei setti polmonari, sebbene i dati quantitativi sulla quota di collagene e la sua frequenza di sintesi siano entro i limiti normali. Ulteriori studi hanno rivelato variazioni qualitative del collagene del tessuto connettivo in termini di proporzione tra collagene di tipo I e III. Il collagene di tipo I è aumentato in rapporto al tipo III e di conseguenza le pareti alveolari hanno una minore compilante. Il collagene di tipo I impregna di preferenza le colorazioni usate per il tessuto connettivo, portando all'impressione di un aumento complessivo del collagene polmonare alla microscopia ottica. La microscopia elettronica mostra che le fibre collagene diventano logore e contorte, variazione che si associa alla presenza di collagene entro il liquido broncoalveolare di alcuni pazienti con FPI. I neutrofili hanno forse un ruolo importante nel processo flogistico ed insieme ai macrofagi (che possono forse secernere un fattore chemiotattico per i neutrofili) essi iniziano e sostengono il danno polmonare e la fibrosi. I linfociti possono contribuire alla secrezione di un fattore inibente la migrazione dei macrofagi, che immobilizzati secernono in seguito uno specifico fattore chemiotattico per i neutrofili. Fisiopatologia. Insieme ad altre malattie polmonari interstiziali fibrotiche, i disturbi della funzione polmonare sono caratterizzati da una riduzione di CV, CFR e CPT. Una parte significativa (dal 50 al 60%) mostra segni evidenti di malattia delle piccole vie respiratorie dimostrabile dalla dipendenza della compliance dalla frequenza respiratoria e dalla diminuzione dei flussi espiratori forzati a bassi volumi polmonari. Questi ultimi cambiamenti danno luogo ad un cattivo rapporto ventilazione/perfusione, che può spiegare la maggior parte dell'ipossiemia arteriosa nei pazienti. Si osservano anche riduzioni associate della DLCO, ed esse possono essere utilizzate per controllare il decorso clinico della malattia. Valori di DLCO al di sotto del 45% del predetto valore sono comunemente associati ad ipertensione polmonare e a cuore polmonare. Segni clinici. Molti pazienti presentano dispnea durante sforzo od anche a riposo. Si sviluppa spesso una tosse secca, non produttiva, sebbene nelle forme acute e subacute possa essere presente espettorato. Una crepitazione bilaterale è udibile alle basi polmonari dei pazienti, di cui il 40% circa presenta un ippocratismo digitale. In genere viene riportata una leggera prevalenza nel sesso maschile, con età di comparsa dai 12 ai 63 anni. Titoli positivi per il fattore reumatoide sono stati descritti dal 20% al 60% dei casi e l'ANF è presente nel 30-40% dei casi. L'esame del contenuto cellulare del liquido ottenuto con un lavaggio broncoalveolare svela un 10-20% di neutrofili, in contrasto con la predominanza linfocitaria osservata nella sarcoidosi o nella polmonite da ipersensibilità. La biopsia transbronchiale può essere utile alla diagnosi, che è però limitata a causa del piccolo numero di biopsie e degli errori di campionamento inerenti a questa tecnica. Per stabilire la diagnosi può perciò essere necessaria una biopsia polmonare a cielo aperto.(Al momento della biopsia polmonare a cielo aperto occorre richiedere al chirurgo più campioni prelevati dalla parte più colpita, è dalla parte meno colpita del polmone. In questo modo si può meglio valutare lo spettro degli aspetti istologici presenti).Un deterioramento rapido e progressivo che porta a morte precoce si può osservare in una piccola percentuale dei pazienti, secondo il decorso descritto nel primo studio di Hamman e Rich. Nonostante molti casi mostrino una maggiore sopravvivenza, il 50% dei pazienti muore entro 6/12 anni dalle prime manifestazioni. Radiografia dal torace. In relazione allo stadio ed alla progressione della fibrosi sono stati osservati quadri variabili. Nelle fasi precoci della malattia è spesso osservabile un fine quadro reticolare alle basi. Queste alterazioni possono progredire verticalmente lungo i campi polmonari, divenendo reticolonodulari, per svilupparsi alla fine in una cicatrizzazione fibrosa con aspetto ad alveare. Con la riduzione dei volumi polmonari il diaframma risale progressivamente. Un interessamento pleurico e linfonodale e raro è quando è presente suggerisce una patologia diversa e coesistente.
Terapia. Sembra che i corticosteroidi rallentino il progresso della malattia, sebbene la prognosi rimanga infausta gli effetti della terapia si evidenziano meglio durante lo stadio di alveolite attiva, poiché i corticosteroidi non hanno alcun effetto sulla fibrosi già instaurata. Inizialmente la variante PID risponde meglio della PIC o di altre varianti. I farmaci immunosoppressori da soli purtroppo sono inefficaci e non mostrano alcun effetto benefico quando vengono somministrati assieme ai corticosteroidi. L'uso della penicillamina, un farmaco che inibisce il cross-linking (unione incrociata) del collagene, attende una valutazione più precisa. |
Riferimento bibliografici : materiale tratto dal sito www.vitarubata.com