Luogo di incontro fra la Marca trevigiana, il Friuli ed il
territorio veneziano, Motta sorge e si adagia sulle sponde del Livenza
e del suo affluente Monticano, le cui acque
si incrociano poco a valle del centro urbano. Un tempo campagne
vestite da boschi in cui prevalevano le querce, probabilmente
furono abitate nell'età romana, sebbene la scarsità dei reperti
archeologici non lo confermi.I primi documenti che attestano l'esistenza
di un centro abitato dal nome Motta rislgono però alla fine del
XII secolo.
Si ritiene che il paese si sia formato nell' XI secolo, dopo cioè
la costruzione di un castello, atto a garantire una qualche
sicurezza agli abitanti di un'epoca così perigliosa.Nel
linguaggio del tempo si può notare come il vocabolo Motha,
da cui Motta, stava ad indicare sia un dosso o un rialzo naturale
del terreno che un terrapieno circondato da fossati, elemento
peraltro tipico delle fortificazioni in pianura. E' però
difficile stabilire da quale dei due significati sia da farsi
derivare il toponimo, specialmente osservando che nei documenti
del tempo a Motta è attribuito l'appellativo castrum
quanto quello di villa specificandosi in tal
modo che nel primo caso il suo carattere di centro fortificato e
nel secondo quello di villaggio dotato di strutture autonome e di
chiesa propria.
E' incerto quale sia stata la prima chiesa sortavi, propendendo
alcuni per quella di San Giovanni,
riedificata verso il 1200 ed altri per quella di S.Nicolò
sicuramente già eretta nel 1338, ma risalente al X secolo.
Posta in posizione strategica che assicurava il controllo del
Livenza e del Monticano, Motta ebbe immediatamente una notevole
importanza, accresciuta dall'esser intermadia fra l'area
trevigiana ed il Friuli, fra i territori cenedesi ed il dogado
veneziano. Motivo che portò la cittadina ad un continuo
coinvolgimento in vicende belliche.
Soggetta a pesanti requisizioni ed a vessazioni durante il
continuo passaggio di eserciti seguito alla fine della Repubblica
di San Marco (1797), ebbe nuovamente la tranquillità con la
nacscita del napoleonico Regno d'Italia, venendo eretta a Comune
nel 1806 e nel contempo elevata a rango di Capo Cantone.
Durante la successiva dominazione austriaca Motta fu uno dei
centri in cui maggiormente si diffusero i fermenti risorgimentali,
pagando questo merito con l'irrigidimento della misura di polizia
e, dopo la parentesi di libertà del 1848, con un atteggiamento
punitivo delle autorità imperiali che addirittura giunse a
cercare di soffocarne lo sviluppo.
Dopo l'unità d'Italia fu colpita nel 1882 da una disastrosa
alluvione che rese evidente la pericolosità della situazione
ambientale: il Livenza allora attraversava pressochè disarginato
l'abitato ed ivi riceveva le acque del Monticano. Fu dunque
attuato un taglio del fiume, portandolo a scorrere più ad est, e
venne spostata verso valle la congiunzione con il Monticano. Di
recente però le tristi giornate del novembre 1966 hanno
riproposto il problema della sicurezza dalle alluvioni delle
terre e degli abitati, dimostrando con la tracimazione avvenuta a
San Giovanni che il problema non è stato ancora risolto.
Ad onta di calamità naturali e delle distruzioni belliche in
tempi più recenti, Motta è uno dei centri veneti che hanno
saputo maggiormente conservare l'impronta del passato. Nel suo
ambiente s'intona perfettamante la chiesa di San Nicolò (il
Duomo) di cui nel 1516 sotto la direzione di uno fra i più noti
architetti di un tempo, Jacopo Tatti detto il Sansovino (1486-1570),
s'iniziò il rifacimento che le ha dato l'aspetto attuale.
Sobrio ed elegante nella facciata, mossa dal lungo architrave che
accentua lo slancio della navata mediana più alta delle laterali,
riprende il motivo all'interno con due file di colonne che
separano le tre navate. Ad arrichire l'interno troviamo 8
altari marmorei e diverse opere d'arte tra cui quattordici
formelle ad olio su tela, opera di Gaspare Diziani
(1689-1767), raffiguranti i Misteri del Rosario;
due affreschi raffiguranti la Deposizione e
il Martirio di Sant'Agata eseguiti da
Pomponio Amalteo (1505-1588).
Completano il patrimonio artistico del tempio altre opere, fra
cui : il marmoreo paliotto dell'altare dell'annunciazione
(XVII secolo), le due tele di Sant'Antonio da Padova e
di San Francesco di Gaspare Diziani.
Gareggia con il Duomo il Santuario della Madonna, eretto nella
prime metà del XVI secolo e ritenuto opera di padre Francesco
Zorzi. Il santuario è fuso in un unico complesso edilizio con il
convento dei Minori Osservanti articolandosi su chiostri quadrati
dalle grandi arcate delimitate con sottili colonne di marmo.
Centro ideale è l'altar maggiore del Sansovino, autentico
capolavoro per la profondità ottenuta con un bassorilievo di
appena dieci centimetri, illusione accresciuta dalle finte porte
delle pareti laterali del fondo. Lo completano sul frontespizio
il Cristo con ai lati San Bonaventura e San Lodovico di Tolosa, a
sinistra Sant'Antonio da Padova e sopra la SS.Annunziata, a
destra San Francesco e più in alto l'angelo dell'annunciazione.
Risale al XVII secolo l'affresco della natività posto nel
lunotto del portale centrale.