Fervore e problemi nei primi anni della ricostruzione

Gli scioperi a "rovescio"

Intervista all'avvocato Franco Assante

di Edoardo Mollo e Lorenzo D’Aguanno

Cassino. Siamo nel pieno della ricostruzione, ed i problemi non mancano. Malaria, fame, povertà. Queste sono le piaghe che affliggono la città devastata dalla guerra. Ma forte è la volontà di far ripartire la vita. Ci sono gli scioperi a rovescio, i fondi assegnati all’E.RI.CAS., la battaglia per riavere il tribunale. Sono queste le cose che chiediamo all’avv. Franco Assante. Già nel dopoguerra esponente politico e deputato al Parlamento negli anni ’70, Assante risponde alle domande con chiarezza e semplicità. La nostra prima domanda è piuttosto immediata: Cosa furono gli scioperi a rovescio? “Il contrario dello sciopero: invece di non lavorare si lavorare. Furono una spontanea presa di posizione della classe operaia, di fronte all’insufficiente azione delle amministrazioni locali. Si presentavano come proteste, basate sullo spontaneo lavoro, esigendo poi il pagamento dallo stato. Per di più furono costruite opere pubbliche, soprattutto strade.” Perché si facevano? “Questi scioperi avevano luogo perché era l’unico modo di sollecitare lo Stato alla ricostruzione ed allo stesso tempo era l’unico modo per molti lavoratori per lavorare e portare il salario a casa.” Dove venivano maggiormente fatti? “Soprattutto a Caira, dove la gente era più combattiva.” Lei ha partecipato? “Certo, fui come esponente politico del P.C.I., tra i lavoratori in lotta.” Cosa avete ottenuto? “Il lavoro per molti in un momento difficile della ricostruzione.” La polizia che fece per fermarli? “La polizia non poté intervenire, dato che gli scioperi non si svolgevano in maniera violenta. Si limitava a vigilare.”

L’E.RI.CAS.

Cos’era precisamente l’E.RI.CAS.? “L’E.RI.CAS., Ente Ricostruzione Cassinate, era l’associazione che si incaricava della riedificazione, tramite i fondi necessari, che si aggiravano attorno ai 10 miliardi di lire, ma in tre anni l’E.RI.CAS. aveva speso appena per un miliardo.” Quindi è questo ciò che venne definito lo “scandalo dell’ E.RI.CAS.”? “Si, ma non fu un vero e proprio scandalo. Invece di spendere per la ricostruzione , i miliardi avuti dal governo, l’E.RI.CAS. si era limitata a fare qualche cosa solo con gli interessi di deposito e sulle somme. Le responsabilità per i ritardi con cui aveva fatto partire la ricostruzione furono gravi ” Perché? “Perché l’E.RI.CAS. promise soldi che in quel momento non aveva, ma che avrebbe ottenuto solo qualche anno dopo.” Come si risolse la situazione? “Con il ricevimento completo dei fondi e con il conseguente avvio della ricostruzione ad opera dell’E.RI.CAS.” A quel punto, i soldi disponibili vennero investiti bene? “Si, all’incirca si. Tutti sbagliano, certo, ma la maggior parte dei fondi risultò spesa bene.”

IL TRIBUNALE

Sappiamo che nel dopoguerra a Cassino non c’era più il tribunale… “Il tribunale era stato trasferito in una sede d’emergenza, a Sora, dove è rimasto per cinque anni, fino al 1949.” Come avete fatto a far ritornare il tribunale nella sua originale sede? “Con grandi manifestazioni fu costituito un comitato per la difesa e la reintegrazione territoriale del Tribunale di Cassino. Ci può parlare della grande manifestazione che ci fu in seguito? “Il 13 Ottobre 1947 i cittadini occupano la Casilina e impediscono il traffico stradale all’altezza del Colosseo. Grossi tronchi di alberi vengono messi sulla strada.” Cosa successe dopo il blocco? “Cassino, dopo una lunga contesa, riebbe il suo tribunale.”

Grazie per aver risposto alle nostre domande. Arrivederci, avvocato.

 

Dal libro del prof. Salveti

Come rinasce il calcio a Cassino.

La guerra non ha distrutto solo il campo di calcio di via Sferracavalli, ma, scrive il prof. Salveti, “ la stessa sfera di cuoio sulla quale il tifoso cassinate aveva impresso i nomi dei giocatori suoi più rappresentativi,che in un certo senso avevano fatto scuola e che, nella giovanissima fantasia, si presentavano perfino come modelli da imitare”. Il calcio riprende a Cassino nel 1946 con Gaetano Conte allenatore. I dirigenti del nuovo Cassino si riuniscono nel ristorante “ Cannone” e qui fanno progetti per la squadra che sta per nascere. Si autotassano per affrontare le spese indispensabili. Un paio di giorni dopo, Amilcare Romolini, dirigente della squadra e corrispondente del Corriere dello Sport, va a Roma per acquistare nel negozio “Gratella sport” le prime maglie che sono bianconere, di lì a poco ricomprate azzurre. Il campo di gioco non c’è e si utilizzano quelli di Aquino e di Cervaro. Al momento è solo una speranza che si concretizza nel 1947 con il notevole aiuto del ministro dei Lavori pubblici, l’on. Serena. In visita a Montecassino distrutta,il Ministro è fermato da un gruppo di sportivi che gli chiedono un campo di gioco nella città. Qualche tempo dopo il campo è pronto. Si chiamerà Dario Miranda, in omaggio al famoso difensore centrale della squadra prebellica, morto in Africa pochi anni prima .Tale è rimasto il suo nome e tale resterà fino agli anni sessanta, quando sarà costruito con i fondi del Coni lo stadio comunale “ Gino Salveti “. Oggi non c’è più quella bella area di via Verdi: su di essa purtroppo è calata di recente una orribile colata di asfalto per farne un immenso parcheggio e per adibirla ad area di mercato il sabato. Oltre al prato ed a spazi di gioco tanto ricercati da noi ragazzi, quella colata di asfalto ha fatto sparire anche l’immagine più vaga del “ vecchio glorioso Miranda” dove si sono cimentati quei giovani di sessant’anni fa che, abbandonato l’antico “ sciaraballe” e l’antica carrozzella, nell’immediato dopoguerra per gli incontri in trasferta salivano sullo scomodo camioncino del povero Sangricoli o, per le trasferte romane, su treni di terza classe, seduti su panche durissime per un viaggio che durava cinque ore. Naturalmente senza alcun premio di partita dopo la gara e con mezzi di fortuna, di solito, il ritorno.

Era in funzione nel 1930

La vecchia funivia non viene ricostruita

La funivia La funivia entra in funzione il 21 maggio del 1930. La costruisce la società napoletana “ Funivie Funicolari Meridionali” che realizza un progetto dell’ingegnere Pericle Ferretti, professore ordinario della Regia Scuola di Ingegneri di Napoli. E’ il Governo nazionale che l’ha voluta al fine di incentivare il turismo.Essa è la prima del Mezzogiorno d’Italia: In una decina di minuti collega Montecassino alla stazione ferroviaria. Le due vetturette “ va e vieni” portano ciascuna fino a 10 passeggeri oltre il fattorino, con un a portata oraria della linea di circa 120 persone. La funivia rappresentava un vanto di Cassino. Era diventata un simbolo. Verrà purtroppo distrutta con la città. Nel dopoguerra la stessa famiglia Ferretti manifesta la volontà di ripristinare la funivia . Viene dato inizio all’edificazione della stazione di partenza in piazza Garibaldi, nella stessa area dell’anteguerra. Dopo un po’, però, i lavori si bloccano; pare perché senza l’assenso di Montecassino, gli amministratori non rilasciano l’autorizzazione a completare il progetto. Più tardi , sull’area della stazione di partenza sorgerà un palazzo per civile abitazione. Cassino non avrà più la sua caratteristica funivia. Molti la rivorrebbero, non solo per un fatto nostalgico, ma altri ritengono che danneggerebbe l’ambiente per un servizio ormai superato dagli odierni mezzi di comunicazione.

Nelle foto: l'avvocato Franco Assante; la Plastofer, una delle prime aziende nate nel dopoguerra; la prima squadra di calcio di Cassino; la funivia nel 1939

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