La memoria storica nell’attività didattica, necessaria per l’educazione alla pace e alla solidarietà Intervento del dirigente scolastico della Scuola Media “Gaetano Di Biasio”, professor Nicola Verrecchia M.Rigoni Stern, narratore della ritirata di Russia, ha scritto che “la dimenticanza sarebbe un delitto: i disastri della guerra, di ogni guerra, dovrebbero sempre essere presenti in tutti per non ricadere nelle stesse immani tragedie. Inserita nella quotidiana attività pedagogico - didattica la conoscenza del passato del proprio territorio di riferimento diventa fattore di comprensione, di costruzione, di formazione, di dialogo, di condivisione, di solidarietà, di cooperazione, presupposti essenziali per un’educazione alla pace, per un’educazione alla mondialità. E’ stato detto nel 50° anniversario della distruzione di Cassino e mi piace ribadirlo oggi, che “le commemorazioni non servono a nulla se non sono esame di coscienza, confessione dei nostri doveri, conferma dei nostri impegni...; se non insegnano che i valori non sono ereditari, ma vanno costruiti, difesi e vissuti... E’ stato detto che la globalizzazione dell’uomo invoca l’urgenza della democrazia, non solo come forma di governo, ma anche come valore fondamentale nella famiglia, nella scuola, nei luoghi di lavoro, nella città che prima di essere paesaggio urbano è paesaggio umano, luogo di relazione e di partecipazione...” Abbiamo bisogno di recuperare i nostri processi mentali, i nostri rapporti, l’insegnamento della storia come chiave d’accesso alla cultura della pace. Disobbedendo ad un paradigma storico della scuola francese: “istruire a fini di pubblica utilità” narrando episodi di “storia esemplare”, illustrerò un segmento di storia “non esemplare”, il calvario di Cassino e di Montecassino per acquisire però lo stesso obiettivo: prevenire gli orrori della guerra. Il 10 settembre 1943 Cassino era una tranquilla cittadina di circa ventimila abitanti, “con le sue strade, le sue piazze, i suoi vicoli, i suoi ritrovi, dove si conduceva una vita senza scosse, senza turbamenti, pudica nella sua struttura urbanistica, ha scritto Giuseppe Grossi nella prefazione ad una raccolta di cartoline che ritraggono la Cassino anteguerra; un paese a misura d’ uomo, dove tutti si conoscevano, con le luci dell’ umanità e le ombre dei pettegolezzi”. La sua tranquillità, aggiunse nel suo libro “Viaggio scomodò” il giudice - scrittore Dante Troisi, era garantita dal tribunale e dal monastero benedettino. Due giorni dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, firmato tra l’Italia e le forze anglo-americane, armistizio che trasformava l’esercito tedesco da alleato in oppressore, questa visione idilliaca svanisce. Cassino subisce un primo bombardamento, alle ore 10.50, con numerosi morti e feriti; gran parte della popolazione abbandona la città e si rifugia nelle campagne e colline circostanti. Nei mesi di ottobre e novembre le incursioni si ripetono fino a diventare quotidiane. Alla fine dell’anno diventa una città senza abitanti, sventrata in più parti dalle bombe anglo-americane e dai tedeschi che fanno saltare le case della periferia per ricavare fortini. Un violento temporale allaga le campagne circostanti. La popolazione è disperata perché il fronte, nella piana di Cassino, è statico da mesi, costituendo questa con i suoi contrafforti, una discesa inespugnabile. I tedeschi dovevano trattenere quanto più possibile il nemico prima di Roma “per sfruttare ancora, scrive Boehlmer nel libro “Montecassino”, le industrie dell’ Italia settentrionale, l’ industria aeronautica dell’Austria, le miniere di bauxite del-l’Ungheria, il petrolio rumeno e per allontanare soprattutto i bombardamenti dalla Germania meridionale. Per dare le coordinante storicomilitari e geografiche preciso che nel luglio del 1943, dopo lo sbarco in Sicilia, la V Armata americana del generale Clark e l’VIII Armata britannica del Generale Montgomery, procedettero rapidamente nell’avanzata verso il Nord Italia, ma in autunno dovettero arrestarsi di fronte alla tenace resistenza delle truppe tedesche di Kesserling, apposte lungo la linea “Gustav” che tagliava trasversalmente gli Appennini centrali da Ortona a Minturno, con roccaforte a Cassino. Il destino della città e di Montecassino si compie in tre battaglie. Nelle prime due, iniziate il 17 gennaio e conclusesi il 18 febbraio 1944 con il successo difensivo tedesco e con gravi perdite per le truppe anglo-americane e francesi, l’episodio più drammatico e folle fu la distruzione di Montecassino, avvenuta il 15 febbraio ad opera di 142 fortezze volanti e 112 bombardieri che scaricavano sul monastero oltre 500 tonnellate di bombe ad alto potenziale riducendo in macerie la casa di San Benedetto; l’artiglieria pesante, negli intervalli delle incursioni, lanciava granate intorno all’abbazia rendendo problematica la fuga degli sfollati e dei monaci scampati miracolosamente al bombardamento. Il 17 febbraio l’abate Gregorio Diamare, in testa ad una quarantina di monaci e civili, abbandona le rovine del monastero, alla volta di Castelmassimo. Il bombardamento del monastero, tatticamente irrilevante, fu imposto al generale Alexander dal generale Freybergper “cancellare la psicosi che aveva preso i soldati, scrive Boehmler, generata dal fascino mostruoso dell’abbazia che dominava la vallata di Cassino e costituiva controllo e paralisi di ogni tentativo di avanzata dell’esercito anglo- americano. I tedeschi anzi, che avevano sempre rispettato il monastero ed avevano consentito di mettere in salvo, a Roma, i tesori e le opere d’arte della comunità monastica, sfruttano le macerie sistemandovi difese protette ed inattaccabili. La terza battaglia, combattuta con maggiore asprezza, dal 15 al 23 marzo, non fu per gli alleati più fortunata. Il piano prevedeva il bombardamento a tappeto di Cassino, per consentire ai neozelandesi di occupare la città, agli indiani di conquistare il monastero, agli inglesi di attraversare il Rapido a Sant’Angelo in Theodice. Il 15 marzo del 1944, dalle ore 8.30 alle ore 12.00, gli aerei alleati sganciarono sulla città, già fortemente danneggiata, oltre 1250 tonnellate di bombe. Al termine del bombardamento segue un violentissimo fuoco di artiglieria sulle rovine di Cassino, su Montecassino e sulla valle del Rapido. Cassino non esisteva più. I tedeschi restano padroni delle pendici dal monte fino all’Excelsior, i neozelandesi presidiano i 2/3 della città. La via per Roma si aprirà in primavera dopo l’ultima battaglia di Cassino, quella decisiva, che durerà dall’11 maggio al 18 maggio 1944. Una vasta ed efficace azione di guerra, con ingenti perdite tedesche ed alleate permette lo sfondamento della linea “Gustav”; alle ore 10.30 sulle rovine di Montecassino, ormai abbandonato dai tedeschi, viene issata la bandiera polacca. Il 18 maggio ciò che rimane di Cassino è fatto salvo; dopo 18 giorni, sfondata la linea Hitler, gli alleati entrano in Roma. Passato il fronte i cassinati, richiamati dall’amore per la loro terra trovano un cumulo monocromatico di macerie, una palude malarica, un suolo ostile disseminato di mine; ma spinti dalla loro tenacia, guidati da illuminati ed onesti amministratori, iniziano, in modo pionieristico e mitico, la ricostruzione della città, pur tra mille difficoltà, sui ceppi di vita rimasti. Definita “Stalingrado d’Italia”, Città Martire, Medaglia d’oro, pochi avrebbero scommesso sulla ricostruzione di Cassino e del suo celebre monte. La città che viviamo oggi, ripeto, è la stratificazione nel tempo della passione del cassinate per le proprie radici, della sua tenace volontà di rinascita e ricostruzione di cui è nostro dovere civico ricordare gli antesignani, il sindaco Gaetano Di Biasio e l’abate Gregorio Diamare. Vittorio Rocchi, giornalista cassinate scomparso, i un articolo per il ventennale della distruzione, scrisse che “le città, come gli uomini, hanno un’anima che sopravvive alle loro strutture”; è compito vostro, pertanto, cari studenti, recuperare l’anima di questo paese che, superato lo smarrimento della distruzione, si propose simbolo della ricostruzione dell’Italia. Nelle foto: il dirigente scolastico Nicola Verrecchia; la tranquilla quotidianità della Cassino anteguerra |