Riprendono le attività commerciali ed artigianali. Tra le prime... Bar Zanzaropoli di Linda Caira “Bar Zanzaropoli”: si chiama così, con questo nome curioso e “inquietante”, uno dei primi bar aperti a Cassino nell’immediato dopoguerra. Lo gestiva il papà del prof. Bruno Consales, che insegna nella nostra scuola. Lo intervistiamo nella sala dei professori per sapere come era organizzata l’attività a quel tempo. Nel 1947 il nostro professore ha 3 anni, una sorella più grande e una che nascerà poco dopo. Il papà, Luigi, 31 anni, dà questo nome al bar per “sdrammatizzare le difficili condizioni in cui ci troviamo: la nostra città è un acquitrino dove regnano le zanzare portatrici di malaria”. Si trova accanto all’- hotel Excelsior - dove oggi comincia il Corso della Repubblica. Questo locale vende anche tabacchi e generi alimentari, date le esigenze del momento. Nonostante i molteplici disagi che ci sono in questa “città martire”, al mattino, il più delle volte, si cerca di far arrivare con tutti i mezzi possibili, quei pochi dolci ottenibili dalla pasticceria più vicina. La pasta è venduta sfusa in cassettoni, spezzata con le mani e in condizioni igieniche non ottimali. Infatti, ci racconta il prof. Consales, bisogna stare attenti ai topi e alle mosche ma naturalmente la gente non ne può fare a meno quindi la compra lo stesso, anche perché è uno degli alimenti principali e più semplici da avere. In questi anni non si vende il caffé già tostato e nei sacchetti, come oggi, ma viene venduto dai commercianti in sacche grandi, pieni di semi ancora da tostare. Egli ricorda con piacere quando il padre tostava il caffé e soprattutto quando si sentiva per le vie quell’aroma inebriante. A volte il sig. Luigi è costretto ad andare a Napoli per comperare la merce all’ingrosso. Il viaggio ogni volta dura cinque o sei giorni ed è duro e stancante. Fortunatamente la maggior parte delle volte sono i fornitori a venire a Cassino per portare la merce ordinata. Nel Bar “Zanzaropoli” non ci sono servizi igienici, oggi cosa inimmaginabile, e le strade circostanti non sono asfaltate. Solo una è asfaltata, e molto male: via Roma, l’attuale corso della Repubblica. Le signore passano nel bar solo quei pochi minuti necessari a mandar giù una tazzina di caffé, altrimenti verrebbero considerate delle “poco di buono” ma anche perché ogni minuto “sprecato” è un minuto tolto alla ricostruzione della nostra città. Il bar è frequentato da soldati americani reduci dalla guerra. Apprezzano la birra, tanto che spesso si ubriacano, importunando le donne del luogo. Il prof. Consales ci racconta anche un episodio del genere avvenuto nel suo bar. Dei soldati americani ubriachi stanno dando “fastidio” a sua zia fino a metterle le mani addosso. Intervengono il padre e lo zio e si scatena una vera e propria zuffa. Ogni sera “Zanzaropoli” resta aperto aspettando il ritorno di stanchi camionisti che passando di qui si fermano, bevono un po’ di birra e si riposano da quei viaggi stancanti anche solo per pochi minuti. Molti anni dopo il bar verrà spostato sotto i portici, a metà di Corso della Repubblica e, oggi, è il moderno ed elegante bar “Centrale”, gestito proprio dai nipoti del primo proprietario, il sig. Luigi Consales. La pasticceria di Nicola Liguori di Giovanna Volante A scuola, con il professor Costa, abbiamo scoperto che, appena passata la guerra il mio bisnonno, Nicola Liguori, è stato il primo ad aprire una pasticceria a Cassino. Maria Liguori (mia nonna) 68 anni, mi ha raccontato. Nonno Nicola tornò dalla prigionia cercò lavoro ma non lo trovò. Quando gli si presentò l’occasione di comprare a pochi soldi una piccola baracca, la colse al volo. In questa baracca decise di avviare una pasticceria e un piccolo bar. La baracca aveva sì e no due o tre stanze: una era l’ingresso, l’altra una piccola cucina e un’altra dove dormivano: tutti stretti e al freddo. All’ingresso c’era un piccolo bancone di mattoni verniciato alla meglio sul quale ci appoggiavano le paste. Il locale veniva illuminato con un lume a gas perché la corrente non c’era e si riscaldavano con un braciere. Una volta hanno rischiato anche di morire intossicati dalle esalazioni di ossido di carbonio. La cucina era piccola e c’erano solo alcuni utensili importanti come i mattarelli, le pentole, le posate e anche una macchina con cui si faceva il gelato. Eh sì, perché oltre ad essere un bar, pasticceria, era anche una piccola gelateria. Il gelato fatto in casa molto buono, rinfrescava tutte le persone che ne avevano voglia. C’era anche un dolce che si faceva con il gelato: le francesine, piccole barchette fatte di cono con dentro il gelato: crema e cioccolato che si desiderava mangiato con il cucchiaino. Il caffè lo portavano in sacchi di iuta (tela) e una tazzina costava 25 lire (siamo nel 1946). Si faceva con una macchina espresso a gas con delle pietre di gas, vendute dentro fusti e ci si doveva mettere l’acqua con la pompa.Per macinarlo, si usava un grosso macinino con una grande ruota che facevano girare mia nonna e sua sorella in giardino. Per raffreddarlo, invece, sempre in giardino, si metteva nei mastelli di legno e mia nonna girava altrimenti si bruciava. Per lavare le tazzine, invece, bisognava andare nella piazza dove c’era una fontana con tre sbocchi d’acqua e dove si lavava anche la famiglia. La gestione della attività era familiare ma c’era anche un’aiutante, Beniamino (36 anni). La pasticceria era molto frequentata anche perché era l’unica in tutta Cassino. Venivano anche i camionisti la mattina presto alle cinque o alle sei per mangiare qualcosa prima di partire (l’autostrada non esisteva, era la Casilina la via più importante). Questi dolci non costavano molto perché la gente non aveva i soldi per comprare tante cose. Una pasta costava poche lire: 10-20. Si guadagnava molto e, con questi soldi, si compravano gli ingredienti. Li prendevano all’ingrosso, ai grandi magazzini dove costavano poco. Lo zucchero, invece, lo compravano da Gigino Pietroluongo, un signorotto titolare oggi del supermercato in viale Dante. Lui gliene portava in confezioni da cinque chili e si risparmiava molto rispetto ai negozi al dettaglio. Le uova si compravano al mercato e costavano sei o sette lire l’una. Il latte lo portavano le lattaie la mattina e la ricotta la facevano quelli che avevano le mucche da latte, arrivava calda ed era molto buona per cucinare i dolci. Dopo che il padre di nonna se ne andò dalla pasticceria e non li aiutò più, la famiglia di mia nonna ebbe molti aiutanti. Uno di questi si chiamava Ugo che oggi ha una pasticceria a Tivoli, un altro si chiamava Peppe e era napoletano. Allora non ci si vestiva in un modo particolare quando si lavorava ma si indossava solo un grembiule e nonno Nicola aveva solo una bustina in testa. Il negozio non aveva un giorno di chiusura e nemmeno un orario per mangiare, si stava sempre aperti. La mattina si apriva anche alle cinque e la sera si chiudeva poco prima di mezzanotte. E’ stata sicuramente una vita di sacrifici quella dei miei parenti e io sono orgogliosa anche perché hanno aiutato a far ripartire la vita della nostra Cassino. Nelle foto: Luigi Consales nel 1947 dietro il bancone del Bar Zanzaropoli situato all’inizio di Corso della Repubblica, allora Via Roma; il signor Luigi, nell'ottobre del 1954, con un gruppo di amici davanti l’attuale Bar Centrale; la signora Maria Liguori con in braccio la nipotina Giovanna nel ‘93 |