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Ultimo aggiornamento: 09-10-05

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Riforma elettorale

 

 

Corriere della Sera
L'INTERVISTA FRANCESCO RUTELLI

«Una legge inquietante Ora dobbiamo fermarla»

09-10-2005

ROMA — «La battaglia contro la legge elettorale l'Unione può ancora vincerla. Noi saremo compatti contro queste norme che accrescono l'ingovernabilità anziché risolverla, e puntano a far nominare i parlamentari dai partiti anziché farli eleggere dai cittadini». Nel suo ragionamento contro la riforma del sistema di voto elaborata dal Polo, Francesco Rutelli parte dalle «gravi condizioni in cui versa il Paese»: «E' evidente che l'Italia dovrà affrontare una difficile fase di ricostruzione. Sarà dura ma può farcela. Perciò quando il centro-sinistra tornerà al governo dovrà presentarsi con un progetto coraggiosamente innovatore, che a sua volta dovrà far perno su un asse politico riformista. La riforma elettorale del centro-destra è invece fatta apposta per seminare incertezze, per togliere alla futura maggioranza i numeri necessari per non doversi quotidianamente guardare alle spalle. Questa legge esalta il potere di veto delle forze minori e di quelle radicali, questa legge consegna proprio a quelle forze un formidabile ruolo di interdizione. Ecco cos'è inquietante: gli italiani chiedono alla politica di funzionare meglio, mentre la riforma elettorale la farebbe funzionare peggio». L'opinione del leader della Margherita appare come una risposta al presidente di Confindustria Luca di Montezemolo, che ieri ha sottolineato come il maggioritario non abbia funzionato al meglio, «perché ha assicurato troppo potere di interdizione e troppo poco potere di governo». «Questa analisi - replica il capo dei Dl - calza per le due precedenti legislature, quando Silvio Berlusconi venne affondato da Umberto Bossi e Romano Prodi da Fausto Bertinotti. Ma dal 2001 il Polo può contare su cento parlamentari di maggioranza. Perciò, a quanti sostengono che il sistema non è stato in grado di dare risposte alle attese, rispondo che è stata la politica del centro-destra a mostrarsi incapace. In materia economica, per esempio, sono sempre alla ricerca di un alibi per nascondere i propri errori: per quattro anni ci hanno detto che la crisi era stata causata dell'11 settembre, ora il ministro dell'Economia Giulio Tremonti cambia versione e getta la colpa sull'euro e sulla Cina. E' la prova di una persistente immaturità nell'azione di governo. E la legge elettorale è la prova che continuano a coltivare i loro interessi: da una parte limitare i danni della sconfitta, dall'altra garantire a Berlusconi di difendere al meglio le sue questioni personali dai banchi dell'opposizione, riducendo il peso di An, Lega e Udc. Certo, non nascondo che il rilievo di Montezemolo interpella anche l'Unione ad avere una linea equilibrata ed efficace». Anche voi cercaste di difendere i vostri interessi politici cinque anni fa, tentando di modificare il sistema di voto. «E' vero, provammo a ritoccare il Mattarellum per risolvere alcune incongruenze, il che poteva migliorare la nostra condizione parlamentare in caso di sconfitta. Ma che dicevano cinque anni fa Berlusconi, Fini e Casini? Erano contrari alla modifica delle regole del gioco a maggioranza. E noi ci fermammo. Non solo. Ancora sei mesi fa dissi che se l'Unione avesse vinto le elezioni non avrebbe fatto riforme a maggioranza». Dunque si tratta di «uno strappo alla democrazia», come dice Massimo D'Alema? «Non è illegittimo che una maggioranza tenti di far approvare una riforma: rientra nelle regole della democrazia parlamentare. Ma certo è una prova di prepotenza, e devono sapere che questa grave responsabilità politica gli si potrà ritorcere contro in futuro». Intanto sono convinti di varare la riforma. «Non considero la partita parlamentare già persa. Martedì sarà una giornata decisiva: alla Camera si voteranno a scrutinio segreto le pregiudiziali di costituzionalità. Se anche non venissero accolte, ma in quel voto ci fosse un'alta percentuale di franchi tiratori, tutto resterebbe in discussione. Perciò dobbiamo preparare emendamenti ben costruiti per far saltare la legge». Appena l'ha detto, nell'Unione hanno sentito puzza di inciucio. «Non ho mai visto in vita mia un'opposizione che in Parlamento pensi di sbaragliare la maggioranza senza emendamenti. Me lo spiegassero questi strateghi della politica. Comunque, ribadisco che non punto a migliorare la riforma ma ad affossarla, e che l'Unione deve prepararsi alla battaglia parlamentare con proposte di modifica che una parte della maggioranza scontenta possa votare a scrutinio segreto». Magari mettendo ancora nel mirino il presidente della Camera? «Io non sono tra quanti si scandalizzano del fatto che Pier Ferdinando Casini esprima le sue idee politiche, così come non considero un atto di lesa maestà criticare le idee politiche del presidente della Camera o del Senato. Ricordiamoci che questi ruoli istituzionali sono ricoperti da uomini di parte, espressione di una coalizione. Allo stesso tempo i presidenti svolgono compiti di garanzia, rispetto ai diritti della maggioranza e delle minoranze. Ora, visto che Berlusconi considera Casini il "garante" del patto politico sulla legge elettorale...». Lei non lo considera più super-partes? «Il suo dovere, e non solo nella gestione dell'Assemblea, è di essere due volte rigoroso. Quanto al "Casini politico", è scomparso il leader che dettava la necessità del "dialogo con l'opposizione". E ha lasciato solo Follini. Considero poi contraddittoria e immotivata la critica che ha rivolto a Prodi, che da presidente della Commissione europea non aveva un ruolo di garanzia, ma un ruolo squisitamente politico». E dire che Prodi aveva prospettato di affidare lo scranno di Montecitorio all'opposizione nel Duemilasei... «Penso sia giusto consolidare lo schema attuale: i presidenti delle Camere devono essere della coalizione vincente perché svolgono una funzione fondamentale per attuare il programma di governo. Per il Quirinale si dovrebbe invece cercare di seguire il "modello Ciampi", con un candidato della maggioranza che abbia il gradimento dell'opposizione». Chissà come saranno maggioranza e opposizione fra qualche anno con questa legge elettorale. Arturo Parisi ritiene che in futuro il bipolarismo italiano sarà «centro contro sinistra». «Il sistema deve restare bipolare. E il cambiamento di sistema in Italia, a mio avviso, si chiama Partito democratico: un obiettivo che non traguardo ai prossimi decenni, ma ai prossimi anni. Nel frattempo dobbiamo prepararci a vincere le elezioni, e il primo passo sono le primarie. La Margherita è impegnata perché Prodi ottenga un grande risultato. Perché Prodi è il garante della coalizione ma è anche il leader delle componenti riformiste dell'Unione. E siccome emergono forti differenze con Bertinotti, è bene che vengano rese più chiare. Questo può dare più consensi di un elettorato vasto per il nostro candidato. Più voti avrà Prodi, più varranno le ragioni delle forze riformiste». Viste le profonde divergenze programmatiche con il Prc, non si capisce perché i Radicali sembrino oggi il maggior problema dell'Unione. «Il problema non sono tanto i Radicali, dai quali mi aspetto che dichiarino di voler fare parte del centro-sinistra, sottoscrivendo il programma di governo e mettendo fine a un improduttivo pendolarismo tra i poli. Il problema è che continuo a vedere una confusione tra la difesa della laicità dello Stato, che è presupposto intangibile della Repubblica, e una regressione laicista. Vedo che alcuni parlano di "emergenza clericale", come se fossimo alla fine degli Anni Sessanta. E chi, da ogni questione, fa emergere una guerra di religione, temo non abbia ancora elaborato il risultato popolare dei referendum...».

 

 

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