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Ultimo aggiornamento: 09-10-05

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«Uniti contro un governo incapace». Centomila applaudono Prodi
di Giovanni Visone

Non è un anticipo di Primarie, anche se di Primarie si parla. E non è una prova di forza fra leader che sgomitano per conquistare la ribalta. È già una sfida lanciata per il governo del Paese. Un attacco totale al governo, dalla finanziaria alla riforma del voto, dalla devolution alle leggi ad personam: nulla escluso. Ed è anche una promessa, strappata a gran voce dalla piazza, che sommerge perfino il discorso di Romano Prodi: «Unità». «Sì – risponde il leader dell’Unione dal palco – saremo tutti uniti. Dopo». Ancora una settimana, al 16 ottobre. Ma già ora, a sette giorni dalle elezioni che sceglieranno il candidato alla presidenza del consiglio, Prodi sceglie il linguaggio della chiarezza e della concordia: posizioni nette e un ribadito “noi” che sottolinea le scelte comuni.

Uniti contro la destra
Mai nell’ultimo anno l’attacco di Romano Prodi a Silvio Berlusconi e al suo governo era apparso tanto netto, diretto, efficace. Tanto più efficace proprio perché usa la prima persona plurale: noi di fronte a lui e ai suoi accoliti: «Un presidente del Consiglio inadeguato e una maggioranza litigiosa stanno concludendo la loro esperienza», scandisce Prodi. E ribadisce: «Siamo umiliati da un governo ed una maggioranza che hanno promesso miracoli e hanno prodotto disastri». La piazza s’infiamma, non aspetta altro. Ascolta e annuisce. Più volte, sentendo elencare quello che ha fatto il governo, grida: «Vergogna». E accompagna le parole con vere e proprie ovazioni.

«La loro incapacità è sotto gli occhi di tutto il mondo, e noi non meritiamo di essere governati così male – sottolinea ancora Prodi - La politica etera si è ridotta ad incontri in ranch, dacie e sfarzose ville private fortificate con i nostri soldi. Siamo stati trascinati in un’avventura militare non voluta e non sentita solo perché il presidente del consiglio potesse essere invitato alla corte del mondo anche se dalle tavole sono arrivate solo le briciole all’Italia». L’accusa è precisa: lo Stato ridotto ad un affare privato. Soldi e interessi personali: «Hanno fatto leggi ad personam per salvare il presidente del consiglio e i suoi amici, leggi talmente spudorate che persino chi le aveva proposte adesso se ne vergogna. Il nostro Paese è stato guidato per cinque interminabili anni da una classe politica attenta solo a cambiare le leggi a proprio vantaggio e a tenere insieme con favori e regalie un blocco sociale abbacinato da promesse di ricchezze e di abbondanza».

Romano Prodi inizia a parlare poco dopo mezzogiorno davanti ai centomila di piazza del Popolo a Roma, una folla grandissima, molto più grande delle previsioni degli stessi organizzatori: migliaia di palloncini, decine di striscioni, cartelli improvvisati con le proteste e le richieste più diverse. Un momento di silenzio: comincia così l’intervento del leader dell’Unione, la piazza ammutolisce davvero, per quasi un minuto, alla richiesta di un po’ di raccoglimento per le vittime del terremoto nel Kashmir.

La prova della piazza
Poi l’attacco a Berlusconi e alla sua maggioranza, la promessa di un governo diverso. Prodi saluta e ringrazia i leader dell’Unione e tutti i candidati alle Primarie, sottolineando il «fair play» della campagna elettorale. E riceve, con l’understatment di circostanza, la sua personale acclamazione. Sente la folla gridare più volte il suo nome, mentre nella piazza sventolano le bandiere dei partiti, ma anche il grande striscione giallo sorretto da palloncini: «Bertinotti presidente». La risposta è un lungo elenco di impegni comuni: «Noi non ci rassegneremo mai», promette Prodi, serve «un Governo all'altezza del compito».

«La prova della piazza», «una prova di forza», avevano detto in molti, chi con timore e chi con speranza. La piazza ha risposto. Pochi ci avrebbero creduto ventiquattro ore prima, in un sabato grigio e piovoso. Pochi ci credevano ancora alle dieci, in una mattinata di freddo pungente, svogliato principio d’autunno e sole ancora velato, di fronte a una piazza semideserta. In un’ora è cambiato tutto: «È una piazza meravigliosa e bella», dice Prodi alla fine. «Un sole meraviglioso». E «una dimostrazione di forza serena e non aggressiva, stando tutti insieme».

Prima di Prodi, dal palco allestito in questo, la testimonianza degli amministratori locali e degli artisti. Tre attori, Mariangela Melato, Amalia Monti, Carlo Gifuni hanno letto un appello contro i tagli alla finanziaria che mettono in ginocchio la produzione culturale italiana. Il sindaco di Firenze Leonardo Domenici, presidente dell’Anci (l’associazione dei Comuni italiani), ha lanciato un grido di allarme e una pesante denuncia. Un intervento dettagliato per ricordare che «il taglio vero alle spese degli enti locali si aggira intorno all’11 per cento», che «non è vero che la spesa sociale e la spesa per il personale è fuori dai tagli», che i tagli investono «scuole, mense scolastiche, assistenza ai disabili, sport e cultura». Solo pòter ricordare che la battaglia per cambiare questa manovra è appena cominciata.

 

 

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