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Margherita news

24.04.2004
Rai, le regole della libertà
di Roberto Zaccaria

Le libertà garantite dalla Costituzione non esisterebbero se non fossero in concreto tutelate dalle Istituzioni delle libertà. Il diritto all'informazione che significa diritto ad un'informazione plurale è garantito dalla Costituzione e deve essere assicurato in concreto nel settore radiotelevisivo dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo e la vigilanza e dall'Autorità delle comunicazioni. Il Servizio pubblico, in particolare, ha precisi obblighi di imparzialità anche al di fuori della campagna elettorale. Il regolamento che la Commissione ha approvato in vista delle elezioni europee non fa che ribadire quell'obbligo in maniera rinforzata durante il periodo della campagna elettorale.
Una normale trasmissione di approfondimento informativo, come la trasmissione di «Porta a porta» di martedì sera, se invita il presidente del Consiglio, in totale assenza di contraddittorio, viola apertamente gli obblighi di imparzialità che l’articolo 1 della legge del 1975 pone a carico della Rai e che tutte le leggi successive (legge Mammì e legge Maccanico) hanno ribadito con estrema chiarezza.
La Commissione parlamentare e il suo presidente hanno l’obbligo di controllare il rispetto di quegli obblighi e di richiamare chi se ne scosta in maniera così clamorosa. Il presidente, in particolare, che non è solo il portavoce della Commissione, ma che ha un autonomo ruolo istituzionale, in quanto presidente di garanzia, non solo può, ma deve farsi interprete delle regole e degli indirizzi della Commissione per identificare e stigmatizzare i comportamenti contrari a quelle indicazioni.
La sua opinione è, fino a prova contraria, (voto formale ed esplicito della Commissione stessa) l’opinione della Commissione ed è inutile sottolineare il fair play istituzionale, di esponenti della Rai - giornalisti e direttori - che dovrebbero avere, quantomeno il senso del riserbo, in quanto soggetti sottoposti a quelle indicazioni, di singoli esponenti dei partiti, che potrebbero parlare preferibilmente nella Commissione, ed infine di esponenti del Governo, che dovrebbero studiare (se fossero in grado di capirli) alcuni manuali elementari sui rapporti Parlamento-Governo, prima di aprire bocca sconsideratamente.
Il presidente del Consiglio ha, come è noto, secondo la legge, una sola strada per utilizzare la televisione in modo unilaterale: quella cioè di far ricorso all’articolo 22 della legge del 1975 e di chiedere di trasmettere comunicati e dichiarazioni ufficiali, in qualità di organo costituzionale. Questa strada, che non si esercita, d’abitudine, all’interno dei talk show, come è noto è già stata percorsa, in occasione del messaggio di Berlusconi sul tema delle pensioni, alcuni mesi fa. La Rai che avrebbe dovuto, a rigore, concedere una sola sua Rete, ha preferito, secondo le abitudini di questa stagione, essere più zelante ed ha concesso addirittura le Reti unificate.
In quell’occasione l’esuberante presidente del Consiglio non seppe trattenersi, e anziché parlare da “statista” (quale avrebbe dovuto utilizzando quella norma di legge), concluse con una terribile scivolata il suo “megaspot” in veste di capo della maggioranza («noi abbiamo avuto coraggio e voi continuate a sostenerci con il vostro voto»). Dalle colonne di questo giornale notammo che in qualsiasi altro Paese, gli organi di controllo, le istituzioni di garanzia sarebbero intervenute, per “sanzionare” quel comportamento, con la concessione di analogo spazio alle opposizioni e ai sindacati, ma, in quell’occasione, il silenzio dei controllori, degli arbitri fu assoluto o quasi.
Mercoledì scorso il presidente della Commissione parlamentare, senatore Claudio Petruccioli, ha condannato, con grande forza un analogo spot del presidente Berlusconi, dedicato alle grandi opere pubbliche. Ha esercitato un suo diritto-dovere ed è stato violentemente attaccato da Rai, da esponenti del Governo e da pezzi sparsi della maggioranza. Nessuna contestazione, formale, a quanto mi risulti da parte della Commissione parlamentare (l’unica che avrebbe avuto una qualche voce in capitolo).
Ed ora che farà l’Authority? Silenzio anche questa volta? Mancanza di competenza? Assenza di ricorsi o di esposti di parte? O forse l’Autorità, che ha senza dubbio un maggior senso istituzionale di alcuni ministri della Repubblica, non vorrà considerare come tale, cioè come una segnalazione o come un esposto, la ferma ed autorevole presa di posizione del presidente Petruccioli? In fondo la legge l’avvia chiaramente su questa strada quando dice (art.1, lett.c, n.10) che «il Consiglio (dell’Autorità) accerta la mancata osservanza, da parte della società concessionaria del servizio pubblico, degli indirizzi della Commissione parlamentare... » in tema di pluralismo.
Spero che non verrà considerata un’attenuante il fatto che il presidente del Consiglio si mostri refrattario a qualsiasi tipo di contraddittorio ed anche nei monologhi ami scegliersi gli interlocutori giornalistici. Spero che non venga considerata un'attenuante il fatto che gli spettatori ormai mostrino di non gradire, anche attraverso l’Auditel, queste “navigazioni in solitario”. Spero che non vengano considerate un’attenuante le dichiarazioni surreali di giornalisti disposti ad accettare adattamenti della deontologia di fronte al pur modesto raggiungimento dello scopo.
I diritti di libertà dei cittadini devono ostinatamente essere presi sul serio. Chiediamo alle Istituzioni preposte alla tutela di queste libertà di scegliere la strada diritta

 

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