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Tra innovazione e indifferenza

La Scuola italiana sta attraversando un periodo di grandi trasformazioni nell’attesa di un ampiamente annunciato rinnovamento.

Se comunque non sarà facile né immediato il riordino dei cicli è già una realtà il grande progetto nazionale sulle "nuove tecnologie" di notevole impegno economico, che al suo secondo anno di attuazione si propone entro il Duemila di "formare" all’informatica un numero significativo di docenti italiani. L’insegnamento non può più prescindere dalla metodologia multimediale se non si vuole una scuola superata ed irreale.Ciò è chiaro a tutti.Si sente, poi, giustamente (e finalmente) l’esigenza di una seconda lingua straniera nella Scuola media da inserire, in via sperimentale, a domanda, entro il 30 Settembre di quest’anno. Ci si chiede: quanto durerà e che ricaduta è prevista da tale sperimentazione se le esperienze pregresse in proposito non sono affatto confortanti? Ci sono voluti infatti trent’anni per raccogliere i frutti della sperimentazione degli Esami di Maturità, partita nel ’69, e sono trascorsi decenni dall’avvio delle sperimentazioni di strumento musicale e del Corso Lavoratori delle 150 ore. È chiaro che per quanto attiene alla scuola nel nostro paese ci vuole molto tempo per passare dallo "straordinario" all’ordinario.Ciò che è molto meno chiaro è quale tipo di Autonomia e di Dirigenza si vogliono attuare nella Scuola. Pare che ben poche istituzioni scolastiche abbiano aderito al referendum recentemente promosso dal nostro Ministero sull’Autonomia, perché i troppi lati oscuri, le omissioni, le dimenticanze, i sottintesi hanno scalfito finanche la fiducia dei più accaniti ed impenitenti ottimisti della Scuola.

Ciononostante la riforma procede e notevole sarà l’impegno economico dello Stato per permettere l’insediarsi delle Commissioni di studio sull’Autonomia presso le diverse istituzioni scolastiche.

Ma è difficile, ancora per la gran parte di scuole del profondo sud, conciliare l’idea di una Scuola-impresa, di una Scuola-Azienda, idonea nelle sue strutture e perfettamente efficiente nelle sue componenti quando si combatte ancora per avere locali appena agibili e decorosi, quando si lotta per riportare a scuola alunni che i genitori ‘depositano’ per obbligo e che sono pronti a riprendersi perché gli "servono" a casa o al lavoro.

Tutto questo è frutto dell’indifferenza, dell’ignoranza delle cose della scuola, della grande sofferenza sociale e culturale di tante famiglie ancora ai limiti della sopravvivenza. E mentre c’è qualche insegnante fantasioso che ‘storicizza’ il presente invitando i nonni a scuola, ci si chiede: a Palermo, città delle Rivoluzioni, non ci sarebbe stata bene una rivoluzione piccola, piccola per aspirare ad una Scuola diversa?

Anna Maria Ajovalasit

 

 

(Pubblicato sul n°1/2 Anno 15  Gennaio - Agosto 1998)
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