. . .
 
esperienze didattiche

I NONNI ENTRANO A SCUOLA

Nella richiesta di collaborazione per il processo educativo la scuola può non limitarsi alla famiglia nucleare. Superare questo limite torna utile. Vediamo perché.

 

Quella mattina, in classe, una quinta elementare, si viveva un’atmosfera magica, d’attesa.

I ragazzi erano vestiti elegantemente, le ragazze avevano appuntato dei fiori freschi tra i capelli, e in mano tenevano un profumato bouquet, da offrire al momento opportuno, a degli ospiti di riguardo che sarebbero arrivati di lì a poco.

– Ciao, Giuseppe... Oh, che eleganza, col cravattino! Come ti senti, emozionato?!...

– Un poco Veronica... come ogni anno del resto. Forse oggi lo sono un po’ di più per il ruolo di presentatore che hanno voluto affidarmi le maestre, ...sento di avere una grossa responsabilità.

– Ma va, ...vedrai che andrà tutto bene! – rispose Veronica con un sorriso. Poi dopo qualche momento aggiunse con un velo di tristezza nella voce:

– Peccato che questo è l’ultimo anno che festeggiamo i nostri nonni ... l’anno prossimo saremo alle medie, e chissà se continueremo a portare avanti la "Festa degli anziani" ...

Ma Giuseppe lo interruppe esclamando:

– Pensa, verrà in classe anche il mio bisnonno che ha novanta anni... vedessi com’è "tisu" ...ci racconterà della guerra a cui ha preso parte come partigiano... e potremo fargli tutte le domande che vogliamo.

Veronica lo guardò interessata, poi con orgoglio, proseguì:

– I miei nonni materni sono arrivati ieri dalla Calabria e quelli paterni da Sciacca... non potevano mancare... è l’ultima festa!...

Giuseppe la guardò compiaciuto, poi l’apostrofò con fare serio:

– Piuttosto, la poesia che abbiamo composto in classe "Essiri nanni", la sai bene?... Non facciamo che t’inceppi... sarebbe terribile! Forse è meglio che la ripeti a me... vai!

E Veronica compenetrandosi nella sua parte d’attrice, incominciò a declamare. Infine così concluse:

 

"Fari li nanni, è un gran beddu mistieri

ppì nanni di oj e ppì chiddi d’ajeri,

nun si senti la tinta vicchiaia chi camina

cummattennu cu li niputeddi, sira e matina.

 

Si ritorna arrieri giuvini, ma cu’ l’ispirienza,

lu stessu amuri, ma ‘mpastati cu’ la pacienza.

Aviri tanti beddi picciriddi ‘ntunnu,

è comu tuccari lu celu, è tuttu lu munnu!

– Abbrazzami... mo voi beni, sciatu di lu cori?

– Assai, nonnu!...

Nnà lacrima nnà lu gigghiu, mori!...

 

La "Festa dei nonni" arriva puntualmente ogni anno il 21 di Marzo, con l’avvento della Primavera. La scelta di questa data è mirata; essa rappresenta il rinnovarsi della natura che si veste a festa, allo stesso modo avviene per l’uomo, nella seconda età: egli rinnova il suo spirito nel diventare nonno.

Ma chi sono, i nonni, cosa rappresentano nella nostra società?

Queste sono le domande-stimolo che rivolgiamo agli alunni, in un percorso che va dalla prima classe alla quinta con argomentazioni, via via sempre più complesse.

I nonni, nelle famiglie patriarcali, avevano un ruolo molto importante: erano educatori ricchi d’esperienza di vita, erano anche i custodi di antichi detti, giaculatorie, canti e poesie, e di "li cuntura" che affascinavano i bambini, di generazione in generazione, attraverso la parlata dialettale che esaltava la nostra sicilianità.

Sì, proprio così, attraverso il dialetto o meglio la lingua regionale; lì sta, infatti, la ricchezza del nostro patrimonio culturale, lì vi sono le nostre radici, il vissuto dei nostri avi. Attraverso il dialetto sappiamo l’origine delle parole delle diverse dominazioni avvicendatesi. E si attivano delle vere e proprie ricerche. Lo studio del dialetto, come suggeriscono i vigenti Programmi Ministeriali, "è un arricchimento culturale a supporto della lingua italiana".

Ma vai a farlo capire ai genitori di oggi che ritengono "offensivo" l’uso di tale studio, e se va bene, sentenziano che è una perdita di tempo.

Personalmente ho sempre cercato di fare scoprire ai miei alunni la bellezza del dialetto, di cui sono innamorata, alla ricerca di quei vocaboli intraducibili, in lingua italiana, perché se proviamo a tradurli, la parola perde di corposità e di autenticità.

La "Festa dei nonni" è una buona occasione per riesumare la ricchezza del nostro dialetto attraverso canti, poesie, proverbi etc. che dedichiamo ai nonni ed in cui essi si ritrovano. Gli alunni, via via, acquisiscono il gusto di poetare in dialetto, di creare delle brevi rappresentazioni buffe, in vernacolo, che dedicano ai cari nonni, da veri, autentici protagonisti.

La festa degli anziani è nel modulo un progetto aggiuntivo a quelle che sono le finalità educative e alle attività curricolari che ci si propone di attuare durante il corso dell’anno scolastico. A tal proposito si pongono agli alunni delle domande chiave sul ruolo dell’anziano, oggi.

Attraverso proposte di letture mirate, films, immagini, fotografie, griglie di rilevamento, interviste, gli alunni scoprono che l’anziano, soprattutto nel Nord, costituisce un peso per la nostra società pragmatica, è solamente un reddito passivo, perché "non produce più".

Spesse volte lo è anche per la famiglia che "non ha più bisogno di lui"; gli alloggi costano sempre più cari e si tende ad abitare appartamenti sempre più "mini" nei quali non c’è posto per l’anziano. I nonni così vengono "posteggiati" alla casa di riposo o all’ospizio. I familiari li visitano, quando tutto va bene, una volta alla settimana, poi, sempre meno spesso, e così i nonni, privati dai loro affetti e soprattutto dei nipotini, muoiono un po’ alla volta, giorno dopo giorno, perché non si sentono più amati. Gli alunni ascoltano attenti la lettura della maestra e guardano con interesse il filmato proposto. Sono turbati. Nasce il dibattito, il confronto, la riflessione critica. Si suggeriscono percorsi alternativi utili, sia agli anziani che ai giovani. È fatta. L’obiettivo è centrato. Si dà inizio al percorso socio-educativo.

Dicevo che quella mattina, nelle due classi accorpate, si viveva un’atmosfera magica: eravamo tutti in attesa dei numerosi nonni. Puntuali essi arrivarono. Erano radiosi, eleganti, e le nonnine con la messa in piega "fresca".

Nel corso dello spettacolo, ci eravamo accorti di una loro palese commozione.

Ciò, puntualmente, accade ogni anno. I nonni erano orgogliosi dei loro nipoti e viceversa, essi si coccolavano a vicenda lanciandosi sguardi d’intesa. Di solito, con la collaborazione degli alunni, ci siamo preoccupati di festeggiare alla grande i nostri ospiti di riguardo, e da parecchi anni, ormai. Ma quest’anno, e per la prima volta, è successo l’esatto contrario: sono stati i nonni che hanno voluto festeggiare insegnanti e nipotini. È stata una vera e propria gara culinaria isolana, nonni e nonne hanno rispolverato antiche ricette dolciarie sconosciute ai molti, dal gusto eccellente, i veri sapori della nostra terra di Sicilia.

Il loro gesto conviviale è stato "il grazie" rivolto a noi insegnanti perché promotori della problematica dell’anziano vista come risorsa affettiva, e non solo, da riscoprire nella società di oggi.

Ma i nonni non sanno che, per il fatto che esistono, siamo noi docenti a rivolgere loro il nostro "grazie", perché contribuiscono, anno dopo anno, ad arricchire la nostra professionalità e soprattutto la nostra umanità.

E se i nonni non ci fossero, bisognerebbe proprio inventarli...

Sabina Fonte

 
(Pubblicato sul n°1/2 Anno 15  Gennaio - Agosto 1998)
. . .