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nonostante tutto siamo un esempio

Forse è vero che nonostante le buone intenzioni di tutti ed i continui sforzi da parte nostra, il mondo della Scuola è ancora un mondo a parte, ovvero un mondo che interessa soltanto a chi, entro i suoi confini, vive e lavora. Ancora molto deve nascere, nella coscienza e nella formazione di tutti perché l’operatività della Scuola sia compresa e sostenuta per la sua valenza educativa intesa come base di conoscenza e di metodo, indispensabile alla crescita civile di una nazione. Una buona Scuola è premessa indiscutibile alla riuscita di un Paese valido e competitivo.

Altrimenti la Scuola rischia di rimanere circoscritta in una sfera teorica che dovrebbe accontentarsi dell’"ora et labora" di monastica memoria. E di preghiere, invocazioni, richieste ne sono state rivolte a tutti i santi nel corso dell’iter scolastico di ciascuno di noi.

Il perché di tutte queste considerazioni, in tutto quanto viene fatto, detto e discusso sulla Scuola in questi ultimi tempi.

Alla vigilia dell’attuazione dell’Autonomia, non c’è ancora molta chiarezza su cosa realmente si intenda per questo termine e che cosa concretamente comporti, o meglio, Amministrazione e Capi d’Istituto non la intendono allo stesso modo, forse perché, com’è italico costume, vengono lanciate le grandi sfide, vengono alimentate le idee più innovative, vengono infiammati gli animi ad "egregie cose" quando mancano i capitali necessari per le relative attuazioni, segno inequivocabile dell’enorme divario tra teorizzazione e realizzazione.

Nell’anno scolastico appena concluso in tutte le scuole si è lavorato a pieno ritmo e senza respiro per la progettazione dei primi frammenti di autonomia, elaborando i progetti più adeguati alla propria utenza, auspicando di poter finalmente offrire ai propri alunni quanto necessario alle loro esigenze per scoprire poi, che i fondi assegnati coprivano appena il dieci per cento della somma occorrente.

E neanche sulla razionalizzazione delle Scuole che dovrebbe rispondere a ben precise richieste del territorio, ci si trova d’accordo, laddove, in alcuni casi, ed in alcune province siciliane, il contenimento, l’ampliamento o la verticalizzazione degli Istituti scolastici sfuggono alla comprensione generale forse perché rispondono a Principi di una politica generale più che di una vera e propria "politica" della Scuola.

E per accrescere il disagio diffuso, non dobbiamo dimenticare la fase di transizione che stanno vivendo i Provveditorati, nelle more della completa attuazione della riforma che vedrà affermare le direzioni regionali in luogo degli uffici provinciali, dopo il periodo di sperimentazione in atto in alcune regioni tra cui la nostra.

Un’altra considerazione si desidera affidare alla riflessione di chi legge, soprattutto perché riguarda l’attività educativa della Scuola volta alla formazione di una coscienza civile e democratica, portata avanti dall’"Associazione Scuola e Cultura Antimafia" sin dall’ormai lontano 1983. Come abbiamo pubblicato noi stessi nell’ultimo numero del Bollettino, la L.R. 51/80 è stata sostituita dall’art. 14 della L.R. 13/9/99 n. 20. La prima legge nata all’indomani dell’uccisione del Presidente della regione P.S. Mattarella e che era stata da stimolo e da sollecitazione all’attività dell’Associazione e che anzi ne era stata il principio ispiratore è stata sostituita da un articolo inserito in una legge regionale d’ordine generale. La Legge 51, è vero, doveva essere modificata ed aggiornata e molte proposte erano state avanzate e presentate dalla nostra Associazione, nel corso degli anni ai diversi assessori regionali alla Pubblica Istruzione. Dopo anni di silenzio ecco emergere l’articolo 14 summenzionato che sicuramente presenta minor forza e minor significatività della legge precedente. Si ha l’impressione che si voglia rendere ‘soft’ e quasi marginale un tema che avrebbe dovuto, invece, essere ribadito con maggiore incisività. Un articolo inserito tra i tanti di un’anonima legge regionale, si comprende bene, si impone molto meno di una legge ‘speciale’. Forse anche questo è un segno dei tempi ed anche questo rientra in quel ‘calo di tensione’ di cui si parla negli ultimi tempi e che si avverte nel celebrare i diversi tristissimi anniversari. È come se l’anima siciliana impulsiva e generosa ma non costante nel suo impegno, si fosse assopita perché fiaccata dalle tensioni sostenute, dalle energie impegnate e soprattutto dalle difficoltà incontrate. Ma non è questo il momento di cedere o di abbassare la guardia, anche perché quello che è stato fatto nelle scuole siciliane e soprattutto palermitane non è sfuggito a chi sta molto aldilà dei confini del nostro Paese. Ci si riferisce a quella parte di ‘Intellighentia’ georgiana che nella persona di docenti, studiosi, rettori d’università ed un sacerdote ortodosso a fine Maggio è stata ospitata dal comune di Palermo per alcune giornate di studio e riflessione sull’attività per la legalità portata avanti dalla nostra città. E ehi scrive ha avuto l’onore ed il piacere di rappresentare le scuole di Palermo evidenziando l’impegno dei docenti nella formazione degli alunni e fornendo materiale metodologico e di ricerca. Si è voluto in quell’occasione lanciare un messaggio: il cammino che la Scuola palermitana e siciliana ha iniziato negli anni Ottanta, prendendo spunto dalla Legge 51, non potrà interrompersi anche perché perfettamente in linea con i principi fondamentali della Scuola italiana che, come ben sappiamo, mirano alla formazione dell’uomo e del cittadino. Ed uomo e cittadino non significa martire o eroe, ma vuol dire ‘individuo’ che ha avuto la libertà di affermare i suoi diritti e di proclamare la sua dignità.

Anna Maria Ajovalasit

 

 

(Pubblicato sul n°1/2 Anno 17  Gennaio - Agosto 2000)
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