la storia
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 Le origini della Festa di S.Agata

Le origini del culto agatino risalgono all'anno successivo al martirio di Lei, al 252. La conversione collettiva del popolo alla fede si ebbe col primo miracolo compiuto dal Velo agatino che immediatamente arrestò il fiume di lava che si dirigeva verso la città.

Diversa è invece l'origine della festa. Si perderebbe nella notte dei tempi. Alcuni studiosi del sei-settecento, tra cui Pietro Carrera e Francesco Privitera, accennano che già molti secoli prima della nascita della Santa, per predizione o veggenze di sibille e profeti nella Catania pagana, il popolo recava in giro per le piazze e le strade la statua di una Vergine col bambino simboleggiante la futura madre del Redentore; "giro", affermano gli studiosi, "che fu un abbozzo della festa della Vergine e Martire Agata sua figlia e discepola, qual come erede della materna condotta verso la città di Catania" .

 
 Il culto di Iside e la Festa di S. Agata

A ciò va riferita un'altra antica tradizione frequentemente accostata ad alcuni riti e usanze ancora oggi in uso nella festa di S. Agata, cioè il culto di Iside. Secondo quanto riferisce lo studioso Emanuele Ciaceri che cita la descrizione lasciata dal filosofo Apuleio nella celebre Metamorfosi, l'antica festa di Iside in Corinto avrebbe parecchi punti in comune con la festa di S. Agata. Vediamo perché:
1) La festa dedicata a Iside era una festa marinara, poichè il rito imponeva la processione verso il mare laddove veniva consacrata alla dea la nave che poi sarebbe stata slanciata nel mare. E d'indole marinara all'origine, spiega Ciaceri, pare fosse la festa di S. Agata. La processione dal tempio scendeva alla marina, come avveniva in Corinto, non per lanciare in mare la nave, ma perché là era approdata la barca recante le Sacre Reliquie della Santa.

2) L'origine del sacco bianco. Alla processione gli adepti della dea Iside recavano sugli abiti una tunica di lino bianco simile all'attuale sacco agatino. Ma sull'argomento altre ipotesi sembrano più convincenti.

3) Alla festa, grande ruolo svolgevano le donne. Non mancava infatti il ricorso alla mascherata come avveniva nella festa celebrata a Corinto. Il riferimento è al rito delle "ntuppateddi" in voga fino allo scorso secolo, quando le donne usavano mascherarsi. Si sarebbero offerte per quel giorno alle galanterie degli uomini pur non facendosi riconoscere.

4) La dea Iside era, tra l'altro, il simbolo di sposa e madre che rappresentava la forza produttrice della natura. Sicché durante il rito, un ministro del culto portava in mano un vasetto d'oro a forma di mammella e alla presenza del popolo faceva libazione di latte. Il riferimento alla festa di S. Agata consiste nel seno strappato alla Santa, in forza del quale durante la festa agatina le donne sofferenti offrono oggi mammelle di cera quale riconoscenza per la guarigione ottenuta.

5) Al velo di Iside, si sarebbe sostituito il miracoloso Velo agatino.


 L'inizio ufficiale dei festeggiamenti agatini

Le origini del festeggiamenti in onore della Santa Patrona di Catania, si fanno risalire al 17 agosto del 1126. Fu l'allora Vescovo benedettino Maurizio che, per accogliere festosamente le Reliquie agatine di ritorno da Costantinopoli, coinvolse autorità e maestranze della città affinchè non restassero fredde di fronte al fausto evento.

Per tutto il tempo in cui il sacro corpo agatino fu assente dalla sua terra (86 anni), continuò però, testimoniata con la preghiera, la devozione indelebile del popolo verso la sfortunata eroina cristiana. Ecco perché quella notte di agosto le campane di tutte le chiese della città, si racconta, cominciarono a suonare a distesa e i cittadini dì Catania si precipitarono per le strade per festeggiare l'avvenimento.

Tuttavia, non essendo esistito un simulacro con le Reliquie anteriore all'attuale dei 1376, si può dire che negli anni che precedettero questa data, fatta eccezione per l'episodio sopra citato, le Reliquie si venerarono in chiesa con poche manifestazioni festaiole.


 Il primo giro esterno della "Vara" di legno

Si dà per certo che a partire dal 1376 S. Agata per la prima volta, tra gli omaggi del Vescovo, del Senato e del popolo, venne condotta in giro per le vie interne praticabili.

Il fercolo di legno scolpito e finemente decorato, portato a spalla dagli "ignudi" o "scalzi" (così soprannominati perché per atto penitenziale durante la processione si presentavano a petto nudo e senza calzari), s'avviava alla Porta del Ferro. Da lì cominciava il giro esterno delle mura per poi rientrare, la sera, per la Porta dei Canali. 
La cornice anche allora dovette essere molto suggestiva se si immagina che quel busto reliquiarlo nuovo di zecca, sfavillante nel volto e prezioso nel contenuto, recato a spalla tra gli omaggi del Vescovo, del Senato e del popolo si avviasse in mezzo al fedeli. Anche allora, come oggi, i fedeli recavano addosso grossi torcioni accesi per voto.

Tale usanza, seppur con molte variazioni nel corso dei secoli, durò fino al 1519 anno in cui venne inaugurato il nuovo percolo -l'attuale- di ben altra forgia.

 
 Il "Liber cerimoniarum"

Col passare dei secoli, alle solenni cerimonie religiose si affiancarono motivi di puro folclore.

Il Senato volle festeggiamenti più fastosi, il popolo dal canto suo, intendeva vivere nella completa esaltazione la fede verso la Santa Patrona: ad un dato momento si rese necessaria una regolamentazione. 

Nel 1522 il nobile catanese, don Alvaro Paternò, legato di Catania presso la regia corte, redasse il "Liber cerimoniarum" che possiamo considerare il primo cerimoniale per i festeggiamenti agatini. Furono istituite giostre, organizzati cortei e corse di cavalli, cavalcate nobiliari, spari di mortaretti e addobbi vari per tutto il percorso della processione.

 

 La folla radunata nel piazzale della loggia seguiva con interesse le varie manifestazioni. Furono fissate anche le pene da comminare ai trasgressori dell'ordine pubblico. I palii e le gare che in un primo tempo si svolgevano nella zona della marina, a causa della folla assai numerosa vennero dirottati nella zona del corso, nell'attuale strada che dal Duomo prosegue lungo la Via Vittorio Emanuele.

Gli stendardi e i drappi, tutti di notevole valore, ai vincitori venivano consegnati direttamente dalle autorità cittadine che a quel tempo erano i Giurati, il Capitano di Giustizia, il Patrizio, il Mastro Notaro del Senato.

 
Il 4 e 5 febbraio

Il giro di S. Agata non era lo stesso di oggi. Si svolgeva in un solo giorno, il 4 di febbraio. Il 5, il popolo rendeva alla Patrona omaggio in Cattedrale. Un particolare di questo giro fu che S. Agata, quando ancora il "fercolo" era di legno, passava dal Castello Ursino e vi entrava.

Nel 1712, fu stabilita in due giorni (il 4 e 5 febbraio) la durata del festeggiamenti e la divisione in "giro interno" e "giro esterno" della processione che allora toccò tutti i quartieri della città.

 
Le interruzioni del 1669 e 1693

Le interruzioni delle uscite di S. Agata per pubbliche calamità subirono soste più o meno lunghe. 

Le più durature risalgono al 1669 per l'eruzione e al 1693 per il terremoto. In entrambi i casi l'itinerario subì, com'è ovvio, notevoli variazioni.

Nel 1669 le lave modificarono la riva del mare e la topografia cittadina. Sul terreno asperrimo della colata lavica che lambì il Castello Ursino venne tracciata la "Strada del Gallazzo" che poi assunse il toponimo di "via della Vittoria" e in epoca modema "via Plebiscito". Col terremoto del 1693, l'assetto urbanistico della città cambiò profondarnente: poco o nulla rimase della vecchia "Urbe" originaria. E’ certo comunque che nelle intenzioni del duca di Camastra che tracciò per primo le linee per la ricostruzione, molto dovette incidere l'esigenza di creare un comodo percorso per la processione agatina così com'era stato qualche secolo prima, in occasione della edificazione delle mura cittadine. 


Nei secoli successivi, molte delle usanze stabilite dal "liber cerimoniarum" caddero in disuso; molte altre vennero istituite al posto di esse. Anche la festa, si osserva, subisce l'incedere lento del tempo, acquisendo caratteristiche sempre più lontane da quelle originali.

Solo la devozione dei cittadini verso la invitta Vergine e Martire, quella sì che è rimasta e rimarrà sempre saldamente intatta nei secoli.

 
 

Le `ntuppateddi

Erano signore o popolane, maritate o nubili le quali nei pomeriggi del 4 e 5 febbraio potevano uscire da sole, mescolarsi alla folla, ricevere dolciumi o altro dai cavalieri incontrati lungo le strade. La parola 'ntuppatedda', ha la sua radice etimologica, secondo la Naselli, nella voce "tuppa" del dialetto siciliano, ovvero quella membrana che chiude il guscio di talune chiocciole . Tre erano gli elementi che caratterizzavano l'usanza: travestimento, richiesta di doni, la inconsueta libertà di cui le donne in quei due pomeriggi potevano godere. 

Il travestimento, ai tempi del cerimoniale di Alvaro Paternò avveniva mediante l'uso degli "occhiali", cioè un velo che ricopriva totalmente il volto lasciando solo due fori per poter vedere. Dopo il 1693, gli "occhiali' furono severamente proibiti e, quindi, sostituiti da mantelli con lunghi cappucci che mantenevano il volto "velato". L'usanza venne abbandonata dopo il 1868, allorquando passò totalmente di moda.
 

 La strisciata

Introdotta nel '700, la strisciata consisteva nella manifestazione di saluto dei seminaristi. Dai balconi del seminario, infatti, partiva una miriade di lunghi nastri di leggerissima carta colorata che, sparsi per l'aria, creava un'atmosfera di giuliva esultanza. La tradizionale "strisciata", tuttavia, ancora oggi resiste ed i nastrini di sottilissima carta sono stati ora sostituiti da "bigliettini" colorati con la scritta "W S.Agata". Non vengono più lanciati dai seminaristi, assenti da quella struttura da molto tempo, ma dai comuni fedeli che affollano i vicini palazzi nobiliari.

Quando al "borgo" S. Agata si festeggiava autonomamente

In passato il quartiere del "borgo" veniva considerato una frazione autonoma. Lo stesso dicasi per gli altri quartieri che ricadevano abbondantemente fuori il perimetro del centro storico. Sicché gli abitanti di queste contrade, allorquando si spostavano per andare in centro dicevano: "Quannu scinnu a Catania". Gli abitanti del borgo, che erano tanto devoti quando quelli del centro storico, decisero di festeggiare S.Agata per proprio conto. Fecero costruire un fercolo di legno simile a quello conosciuto e nei giorni della festa presero a farlo circolare per le vie del quartiere. Quando dopo l'ultimo conflitto mondiale anche questo quartiere venne assimilato alla città, il comitato della festa si decise ad estendere il giro fino a piazza Cavour. Fu così che i devoti del borgo soddisfatti del provvedimento, fecero parte dei festeggiamenti ufficiali.
 

Agosto 1799: le "5 giornate" della festa agatina

Dal settecento fino alla recente guerra del Golfo del 1990, diverse sono state le occasioni che hanno condizionato il normale svolgersi della festa di S. Agata. Da ciò si desume come gli eventi dovuti alla storia ed alla natura, hanno, tra le altre cose, condizionato il rituale sancito dalla tradizione ed è molto lungo l'elenco di tutte queste variazioni che ci sono state.
L'ultima, quella che la nostra generazione ricorda, è legata alla guerra dei Golfo: nel febbraio del 1991, il busto reliquiario limitò il suo percorso, (trasportato a spalla) ad un solo tratto della via Etnea, dalla Cattedrale a piazza Stesicoro.
Nell'agosto del 1799, invece, appena soffocata nel sangue la rivoluzione partenopea che aveva insidiato il regno di Ferdinando III e della regina Maria Carolina, tanto cari ai Catanesi, la festa di mezz'agosto fu celebrata in pompa magna e con ben 5 giornate di festeggiamenti. Era diffusa convinzione che S. Agata, lungamente supplicata dai catanesi, avesse compiuto l'ennesimo miracolo: quello di salvare il regno. La macchina organizzativa perciò programmò solenni momenti religiosi ed allestì sontuose scenografie in tutte le piazze della città e, naturalmente, nelle chiese e nei monasteri.
Venne concessa la libertà ad alcuni detenuti e attribuiti premi molto consistenti ai vincitori della tradizionale "corsa dei barbari". Il tutto fu giocosamente coronato dal mastodontico "Carro trionfale" in giro per le strade, dal rimbombo dei cannoni che spararono contemporaneamente da tutte le fortezze all'uscita della "Santa" e dal vastissimo fuoco artificiale rappresentante scene della vittoria delle truppe del regno sui ribelli assediati nel castello Sant'Elmo di Napoli. Quest'ultima grandiosa manifestazione si svolse nella piazza S. Filippo, l'odierna piazza Mazzini.

 
Carro Trionfale

Era un carro artistico di dimensioni notevoli trainato da sei buoi. Su questo carro prendevano posto l'orchestra ed i cantanti. Nell'ultima parte dei suoi ordini si erigeva un'altra colonna nella quale, attorniata da figure angeliche, svettava un simulacro di S. Agata. L'usanza di utilizzare il "Carro trionfale" nella festa di mezz'agosto, durò fino al 17 agosto del 1872.

 

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LE CANDELORE
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 FOTOCRONACA DI UNA FESTA

SPECIALE   S. AGATA