5 febbraio
La mattina
del 5 febbraio è caratterizzata dal Pontificale celebrato
dall'Arcivescovo
della città o da altro prelato invitato dalla Diocesi. Vi
partecipano, oltre al popolo dei fedeli, le massime autorità
cittadine.
Il busto reliquiario nel tempietto dell'altare centrale del
Duomo, resta esposto alla venerazione.
Il giro interno
Il giro interno ha inizio intorno alle 18.15 del pomeriggio.
L’uscita della Santa è uno momento più suggestivi di tutta la
festa.
La piazza del
Duomo è gremita all’inverosimile di gente; nel Palazzo degli
Elefanti le autorità cittadine attendono l’uscita e i palazzi di
via Etnea, tutti illuminati, traboccano di gente ai balconi.
All'uscita del busto reliquiario, ricominciano a suonare le
campane, rimbombano per l'aria i fuochi d'artificio,
i devoti alzano
commossi e festanti i loro fazzoletti bianchi segno di tripudio;
alla fine si ode il liberatorio:
“Citatini... Citatini... Evviva S.Aita".
Si parte.S. Agata si avvia ad affrontare l'ultima serata dei
festeggiamenti: via Etnea, vista da piazza Duomo, col poderoso
gioco di luce prodotto delle luminarie, appare un lungo infinito
tunnel.
Davanti al
Municipio, il fercolo viene fatto sostare per raccogliere
l'offerta cera da parte delle autorità politiche cittadine. Poi
tra due ali di folla procede lentamente. Si ferma davanti alla
Collegiata per l'omaggio del Capitolo della Basilica.
Il lungo corteo è preceduto dalle candelore e da devoti che
portano grossi ceri, in segno di riconoscenza alla Santa, per
tutto il percorso.
Giunto alla Villa Bellini, il fercolo imbocca la via
Caronda per arrivare a piazza Cavour, dove si trova
la chiesa di S. Agata al Borgo, costruita in occasione
dell'eruzione del 1669. Al borgo, per tradizione, la sosta si fa
più lunga e la gente aspetta con gli occhi rivolti al cielo,
l'inizio dello spettacolo pirotecnico che è molto intenso e
suggestivo. Poi ci si avvia per il ritorno lungo la discesa
di via Etnea.
All'incrocio con la via di Sangiuliano altra lunga sosta.
Si è in attesa di affrontare "a' 'nchianata di Sangiuliano"
che è il momento più suggestivo ma anche il più faticoso di
tutto il percorso. Qui le candelore arrivano con abbondante
anticipo rispetto al resto del corteo e danno vita ad
un'appassionante duello fra loro. Vince chi resiste di più nella
"nnacata" del cero.
Come per la "salita dei Cappuccini" che avviene nel pomeriggio
del 4 febbraio, anche per "la salita di Sangiuliano" vale
l'avvertenza che i più anziani danno agli inesperti ragazzi che
per le prime volte affrontano questa fatica. Per evitare di
inciampare l'uno con l'altro, infatti, oltre a tenere una
velocità costante, occorre tenere i propri piedi in posizione
diversa da quella degli altri. Inoltre, al centro si piazzano a
distanza relativamente breve, coppie di devoti che, a braccia
allargate, impediscono che i due cordoni vengano a contatto.
Cosi organizzati, si parte.
Il fercolo vola tra due ali di folla, ma i devoti quasi non si
accorgono della fatica.Quando il fercolo giunge all'incrocio con
via Crociferi, si conclude a 'nchianata.
L'applauso della folla si leva spontaneo e con esso il grido di
"Cittadini ... Evviva Sant'Aita”.
In via Crociferi inizia una lunga fase di riflessione e
di preghiera. La via Crociferi era, ed in parte è ancora, sede
di monasteri e di chiese: una vera e propria "via Sacra". Per
tale motivo dal settecento in poi, è tappa obbligatoria nella
processione agatina. La '”Vara" lungo la via Crociferi
attraversa l'arco di S. Benedetto. Qui riceve l'omaggio delle
monache benedettine che dalle grate delle finestre dell'antico
monastero cantano inni alla Santa.
La processione
attraversa piazza S. Francesco, via della Lettera ed arriva
infine in via Garibaldi. Da qui il trionfale rientro in
Cattedrale.
Ci si predispone per il rientro. Questa volta il percorso non è
più in salita, ma pianeggiante. Poche centinaia di metri
separano S. Agata dalla sua "Cammaredda” dove verrà deposta.
Il fercolo, a folle corsa lungo la via Garibaldi, entra a piazza
Duomo, dove si arresterà davanti la banchina. L'esercito dei
devoti entrerà, invece, con tutto il Cordone fino ai piedi
dell'altare maggiore della Cattedrale.
È il momento della chiusura, ma anche delle grida quasi
disperate dei devoti più fervidi, poiché è arrivato il momento
di separarsi dalla "Santuzza".
Le forze dell'ordine faticano non poco a tenere a bada i tanti
devoti che accompagnano il busto reliquiario fino all'ultimo.
Fanatismo e stanchezza, talvolta sono la causa di episodi di
intemperanza tra i devoti. Ma questa è stata nei secoli, la
festa di S. Agata, e così sarà anche con le nuove generazioni
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