Savona
nei secoli XII e XVIII
Evoluzione di Savona dalla fine del Medioevo fino alla prefettura di Chabrol.
Savona
tra il secolo XII e XIII
ha avuto un grande
sviluppo economico e
demografico che è il
segnale di una condizione
di vita certamente
migliore rispetto al 1000
- 1100, dove c’erano
lotte intestine, mentre
il dato certo di questo
beneficio economico, di
questa crescita, lo
vediamo dal rapido
evolversi della
popolazione residente,
per cui diventa necessario
che la città si allarghi
oltre le mura ed aprire
nuovi orizzonti
urbanistici.
Nella
cinta muraria, che era
quella più prossima alla
rocca del Priamar,
dov’era il cuore della
città, già dal 1000 -
1100, c’erano insediamenti religiosi,
confraternite, e così, nel corso del
‘200, primi decenni del
‘300,
si rende
necessario sfondare
questo limite fisico
della cinta
muraria, per
l’espansione
demografica della
popolazione. Tutto questo
dura circa 100 anni,
tutto il secolo XII.
All’inizio del secolo
XIII ci sarà una crisi
economica legata alla gravissima
carestia del 1246 che sarà
peggiorata nelle sue
conseguenze economiche,
da una terribile epidemia
di peste nel 1248, che
colpisce una
popolazione già sfibrata
dalla mancanza di cibo. Questo provoca un
abbattimento del vigore
economico e culturale.
Secondo gli antichi
cronisti, come Agostino
Abate e il Verzellino,
fra il natale del 1347 e
il marzo del 1348, 8000
persone su un totale di
25.000 unità, perderanno
la vita. Ci sarà un
periodo di stasi
economica e politicamente
stagnante perché le
dominazioni straniere si
susseguiranno su questo
territorio, che non ha la
forza di reagire
all’una e all’altra,
ma tutta la Liguria è
soggetta a questi nuovi
fatti politici. In questo
periodo abbiamo la
dominazione milanese dei
Visconti dal 1352 al
1356, dopo i Visconti
arrivano i genovesi, dal
1356 al 1367, ritornano i
Visconti dal 1367 al
1372, quindi c’è un
alternarsi di varie
posizioni politiche, di
dominatori, fino a che si
arriva alla dominazione
francese fino al 1409 con
Teodoro e Paleologo di
Monferrato. I Visconti
ritornano tra il 1421 e
il 1435, poi nuovamente i
genovesi fino al 1458, i
francesi dal 1458 al
1465, gli Sforza dal 1465
al 1478, la Francia dal
1499 al 1528 e dal 1528
in poi ritornano i
Genovesi. Tutte queste
date ci indicano come
possa essere stato
difficile avere una
stabilità economica, una
stabilità di qualità
della vita e della città,
perché ogni pochi anni
si cambiava
amministrazione. Poi a un
certo punto si innesta la
guerra con gli aragonesi,
perché la Liguria, entra
di prepotenza in quella
lotta politica fra gli
stati italiani, la
Spagna e gli stati che si
affacciano sul
Mediterraneo per avere un
passaggio di preferenza
per i commerci. Anche
questo, soprattutto le
città con un porto, come
Savona, si fa sentire nel
contesto di vita politica
e cittadina.
Ci sono poi le pressioni fiscali imposte dal dominio genovese. Ogni volta che subentravano, i genovesi si caratterizzavano per la pressione fiscale e di questo gli ambasciatori di Savona nel 1464 si lamentano presso il governo del duca di Milano e praticamente dicono ‘se voi milanesi ci toglierete le tasse che non possiamo più pagare, noi ci libereremo dei genovesi e ci farebbe piacere la vostra presenza politica ’.
Queste gabelle limitavano moltissimo l’artigianato, il commercio e la vita del porto. Per ogni attività si doveva pagare un tributo, sempre più oneroso, ai politici genovesi. Quindi è stata una delle molle se non la principale, che verso la fine del ‘400 ha messo in cattiva luce Savona con il regime politico di Genova, perché il porto era sempre più grande, aveva sempre più commerci con Cipro, con l’Africa e attraverso le nostre navi si esportava vino, olio, ceramiche, quindi un movimento di merci che faceva si che tutti quanti, nella città, vivessero del porto, della ricchezza che esso dava e questo non piacque assolutamente a Genova e soprattutto non piaceva che le famiglie della città, di nobile origine, grazie ai proventi dei loro commerci e traffici con l’estero potessero diventare molto potenti, come i Gavotti, i Nella, i Pozzobonello, famiglie che vivevano sul porto e davano fastidio ai genovesi e così per calmierare la sempre più forte ingerenza genovese, si cerca di fare delle convenzioni.
Già dal 1100, Savona cominciò a fare delle convenzioni con Genova e sono datate 1153 al 1260, quindi è più di 100 anni che Savona tenta di trovare una soluzione pacifica, contrattata fra le parti, con delle convenzioni per i commerci e mestieri. Soprattutto quello che dava fastidio a Genova erano i commerci che Savona aveva con Barcellona, Spagna e Sardegna. Abbiamo molti documenti dove troviamo querele, discussioni, arbitrati con i tribunali del tempo, perché Genova aveva nelle sue mire espansionistiche di grande città potente, quella di andare in Spagna e colonizzare, soprattutto dal punto di vista economico, la penisola Iberica, per poi espandersi in Francia, Belgio e Fiandre. Uno dei canali era l’approdo a Barcellona ma qui si erano già organizzati i Savonesi e non era accettato. I commerci genovesi e quelli di Savona potevano essere complementari gli uni con gli altri e in qualche caso anche interdipendenti perché c’erano dei capitali con partecipazioni private e pubbliche, quindi queste compartecipazioni non si limitavano a Genova nella costruzioni di cantieri e imbarcazioni ma queste compartecipazioni arrivavano anche da noi per la costruzioni di imbarcazioni o di vere e proprie agenzie di commercio, la stessa cosa avveniva a Savona con quei genovesi che venivano a Savona ed aprivano agenzie come fossero agenzie di spedizionieri.
Un’altra cosa che dava fastidio a Genova è che Savona nel 1300, diventa il porto preferito da certi spedizionieri per merci dirette in oriente, nelle Fiandre, nel nord Africa e dava fastidio perché si aprivano dei canali, nuove conoscenze, nuove vie di guadagno ed ecco che Savona si fa forte con contratti notarili, con persone che abitavano in quei posti e manda dei suoi intermediari in Spagna, a Barcellona, in oriente, nel nord Africa, nelle Fiandre a Bruges, dove ancora oggi ci sono presenze di famiglie liguri e vengono firmati centinaia di contratti notarili per scambio di merci e questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso della sopportazione della politica genovese.
Ed ecco che dal 1413 Genova comincia a impugnare questi atti e contestarli e c’è un certo Battista Cigala, nel 1440, che diventa un portabandiera di questa politica genovese, ma è un portabandiera non positivo perché commette degli atti contro il patrimonio comunale savonese; è una persona pagata da Genova che cerca di mettere in crisi il comune di Savona con dei danni che venivano inferti alle finanze comunali e compie questa sua azione voluta da Genova per circa un decennio.
Quindi lui intraprende liti legali con i tribunali di vari altri paesi, dove lui rappresentava se stesso, ma era il prestanome di altri e qui ecco che questo curioso personaggio, il faccendiere di oggi, impunemente compie queste azioni per mettere in crisi il cuore politico della città.
Allora Savona visto che i suoi commerci per mare sono impediti, cerca di svilupparli per terra poiché, bisogna in qualche maniera, trovare contromisure per resistere. Intorno a questa fioritura comunale del ‘400, c’è un grande periodo positivo per le libertà comunali, per gli statuti del comune, vengono fatte le regole scritte per le varie corporazione artigianali della città, si sviluppano vicino a quello marittimo una o più vie terrestri e questo è un percorso politico che va avanti fino a tutto l ‘800, almeno fino ai primi decenni del secolo XIX.
Nell’ultimo decennio, che va dal XIII secolo a metà del XIV, abbiamo un vuoto di atti leggibili, riscontrabili negli archivi di stato, un momento di 80 anni per i quali non abbiamo dei canali scientifici validi per far dei raffronti con il passato e poi col futuro. In questa età comunale del secondo ‘400, sappiamo, da archivi personali di famiglie, che c’è un’importante crescita nella vitalità economica della città, per via terrestre.
Gli storici considerano il ‘200 un’età eroica per Savona, per tutto il commercio con l’oriente, perché abbiamo una ricca documentazione, ci sono moltissimi fatti riferiti alle colonie che Genova riesce a impiantare sul territorio dove Savona è presente, con atti papalini, questo rileviamo da atti redatti a Famagosta, da Lamberto di san Luceto, un savonese, tra il luglio 1300 e ottobre 1301, presso dei notai, atti pubblici per i suoi affari, sappiamo che a Cipro ci sono 104 savonesi, che commerciano e da alcuni documenti, conservati nell’archivio di stato, alcune famiglie importanti hanno schiave Cipriote e sono schiave che nelle famiglie fanno i lavori domestici, abbiamo significative presenze di commerci savonesi a Chio, nelle colonie del mar Nero, quindi un’espansione notevolissima dal ‘200 al ‘400. Abbiamo presenze nei mercati del Nord Africa, Libia, a Gibilterra e presenze di savonesi nelle Fiandre, soprattutto per quanto riguarda le registrazioni portuali, l’ingresso delle navi nei porti. Da questo possiamo trovare tracce di Savona.
I commerci tra Savona e Genova nel Mediterraneo sono stati studiati da uno storico che ad un certo punto scrive ‘chi seguisse le tracce di questi mercanti potrebbe ricostruire una trama di relazioni e commerci più fitta di quanto si possa supporre. Il conflitto plurisecolare con Genova è indice di una vitalità vigorosa di Savona e non sarebbe stato possibile, come non fu possibile per altri luoghi della riviera di Ponente, se Savona non fosse stata anch’essa al centro di un impero marittimo e se non si fosse appoggiata ad una propria rete di economia e commerci a grande raggio. I genovesi non fanno guerra a Finale, Ventimiglia, ma a Savona che aveva una vitalità e un’importanza notevole.
In tutto questo prende avvio anche una vivace ricchezza nella cultura savonese, che ha un canale privilegiato nelle arti letterarie e figurative. Quindi in questo periodo, ‘300 e ‘400, di arti figurative possiamo avere certezze attraverso la visione di alcune lapidi di cui Savona è ricchissima, sebbene si sia perso il 70% della sua ricchezza, lapidi conservate nell’arco della Campanassa, che parlano di contratti di navigazione, lapidi che si possono visionare nel palazzo Pozzobonello, in via Quarda si può notare una pietra tombale, in marmo sbalzato, relativa al cardinale Riario, una scultura del fine ‘300, fra le più significative che la Liguria abbia. Si può vedere con quale bellezza è raffigurata la Madonna e tutta la scena e di li si ritrova quella plasticità, quella morbidezza, quelle aperture alle sculture francesi, ma soprattutto del nord, del Belgio, che poi renderanno un grande momento importantissimo che in Savona è rappresentato dal Mausoleo dei fratelli D’Aria collocato nella cappella Sistina. Questo monumento funebre per i genitori di Sisto IV è veramente la pagina nuova di quella che sarà la scultura del rinascimento, la prima annotazione di novità che troviamo in quel gruppo marmoreo in Savona. La tomba di palazzo Pozzobonello, che era una tomba maestosa, così come quella conservata nella cappella Sistina, oggi è dispersa. Il saccello dove riposava il corpo del cardinale è sul Priamar, abbandonata, e la cappa tombale che ricorda il cardinale è stato murato nell’atrio del palazzo. In origine, era collocata presso il convento di S. Giacomo, che nasce nel 1200 e fa parte di questa cultura così avanzata che sente gli influssi di tutta Europa.
S. Giacomo era il
Pantheon delle famiglie
più importanti della
città, anch’esso in
buona parte perduto,
ancora oggi territorio
militare. La
ricomposizione della
tomba ci darebbe l’idea
di come una così alta
economia dava importanza
ad uno sviluppo delle arti
figurative. Un’altra
importanza economica del
tempo è la fabbricazione
dei panni, quindi non
solo commerci ma anche
manifatture che danno
molto lavoro. Queste
manifatture occupavano il
40% della popolazione
urbana e un’altra
produzione significativa
erano le concerie delle
pelli, che davano lavoro
al 26% della popolazione,
il resto era impiegata in
attività marinaresce.
Quindi manifattura di
panni e di conceria di
pelli, altre piccole
attività che sono
documentate erano quelle
dei bottai,
cantieristica,
fabbricazione delle
candele che arriva fino
all‘800, ceramisti,
fabbri ferrai, berettieri,
cassari o falegnami.
C’era un artigianato,
nel ‘400, molto
consistente che aveva
capacità di attrazione,
portava gente da fuori e
molte persone venivano
per comperare, sia dalla
riviera di levante che di
ponente e dal Piemonte ed
inoltre c’era un
apprendistato che il
comune di Savona, su
quelle basi di liberalità
comunale, diede
l’avvio, quindi
c’erano molte scuole di
apprendistato frequentate
da molti giovani del
circondario. Anche qui,
dalle carte notarili, ci
sono delle statistiche;
da Vado, Varazze, Stella,
Sassello arrivavano il
49,2 % degli apprendisti,
dalla riviera il 23%,
dalla val Bormida 6%, dal
Piemonte il 16%. Mettere
su una scuola di
apprendistato vuol dire
avere dei maestri, per
poter insegnare a fare
cose. In queste scuole,
c’era una parte teorica
e una pratica. Prima si
faceva la teoria, poi si
andava presso la bottega
e li materialmente, si
imparava il mestiere.
Questi maestri erano
oltre che savonesi,
provenzali, belgi,
lombardi. Questo è
interessante perché sarà
fondamentale per lo
sviluppo delle arti. A
Savona sono sempre venuti
grandi maestri, lombardi,
pavesi, ticinesi e
provenzali e hanno
lasciato il loro segno e
fatto si che la nostra
cultura si evolvesse
nella modernità del
tempo; per esempio
fra i maestri provenienti dalla
Provenza ricordiamo nelle
arti Ludovico Brea, che
nel 1400 fonda ad Arma di
Taggia, presso il
convento dei frati
cappuccini
francescani, un
cenacolo di artisti ed
arrivano maestri dalle Fiandre,
e così
c’è modo di dialogare
con gli artisti locali. A
Savona ci sono opere del
Brea molto importanti
come il polittico di N.
S. di Castello, voluto e
pagato dal cardinale
Giuliano della Rovere.
Il
Brea ha certamente
segnato la svolta di far
pittura nella cultura
figurativa del nostro
tempo.
Sul
piano politico Savona
svolge un ruolo
significativo, perché
nel 1489, Ludovico il
Moro pensa alla
possibilità di dividere
la Liguria in due parti,
dando Savona e il ponente
ai Quadorno e i Fregoso al governo
a Genova. Questo lo
dobbiamo certamente alla
presenza dei due papi
savonesi, Sisto IV e
Giulio II, che hanno
coinvolto la città in un
rinascimento nelle arti,
nell’economia, nello
sviluppo urbanistico.
Nel 1507, Savona diventa sede di un importantissimo convegno, voluto e con la presenza di Luigi XII re di Francia e Fernando II d'Aragona, il Cattolico. Un convegno fondamentale perché saranno poste le basi della linea di Cambrais. Due importanti re, scendono a Savona, per una loro riunione politica e ciò è veramente significativo, perché dopo di allora non si è più verificato un evento di questo tipo.
Nel campo della cultura, i Della Rovere occupano uno spazio molto importante. La cappella Sistina è un unicum nella sua ideazione quattrocentesca voluta da Sisto IV, per attività architettonica e decorativa del suo interno. Quello che vediamo oggi è un rococò genovese, barocco di stupenda bellezza e fattura. L’idea di Sisto IV era un’idea teologica della cappella funeraria che oggi è una sala da musica, perché così volle Francesco della Rovere nel 1740, quando la fece restaurare e ha perso la sua funzione di cappella funeraria, tanto è vero che il sepolcro non è più al centro ma sul lato sinistro. L’importanza dei della Rovere, nella cultura locale è importante. Fecero aprire strade, hanno fatto venire degli umanisti come Giovanni Aurispa, che è stato maestro di scuola dal 1414 al 1419 e ha dato un’implementazione all’istruzione poiché la stragrande maggioranza della popolazione era analfabeta e vogliono accrescere la possibilità di conoscere quindi chiamano umanisti per fare ciò, Gian Mario Fidelco, Venturino de Prioribus, vengono attivati cenacoli letterari, con Marco Vegerio, che diventerà cardinale, lo stesso Francesco della Rovere, poi papa Sisto IV, Lorenzo Guglielmo Traversagni.
Altri importanti personaggi, furono il frate agostiniano Giovan Battista Forte e fra Giovanni Bono che nel 1472 - 73 danno inizio alla prima tipografia.
Dal punto di vista della pittura, arriva a Savona, Donato de Palmi, il più grande, la pietra miliare della pittura dell’Italia padana del tempo. È presente a Genova col fratello, importantissimo orafo argentiere, che lavora per i Medici e le grandi famiglie genovesi, viene a Savona e dipinge la crocifissione del duomo, una tela grandissima che sembra possa considerarsi un drappo di una confraternita da portarsi in processione e soprattutto fa si che, insieme al Foppa, la nostra pinacoteca sia una delle più importanti d’Italia. Questa opera è firmata e in tutto il mondo esistono solo quattro opere di Donato de Palmi, una è conservata Genova non firmate, una a Savona, firmata e altre due sono negli Stati Uniti in collezioni private, non firmate.
Nel ‘400 c’è quindi questo risveglio di innovazioni, ci apriamo alle Fiandre, alla pittura padana, abbiamo anche dei pittori che arrivano per delle famiglie savonesi affinché affreschino le loro cappelle nelle chiese della città, in san Giacomo, sul Priamar, un vero periodo aureo per la città. Nella prima metà del ‘500 Savona è conosciuta da tutti come una città di grandissima importanza per il nord Italia del tempo, perché ci sono degli artisti e delle opere che ci fanno vedere gli aggiornamenti della scultura e dell’arte. I portali in ardesia, le cappelle gentilizie, il patrimonio degli oratori, il coro ligneo del Cristo Risorto del sec. XV, le statue di santi e dottori della chiesa, del ‘400, che sono nel chiostro della cappella Sistina e sono di origine di scuola irlandese, ci sono quindi dei contatti, delle conoscenze, che fanno si che Savona sia un centro aureo della cultura del tempo, sia letteraria, sia tipografica, sia delle arti figurative.
Panorama che va di pari passo con il commercio, con l’artigianato, con le scuole, la città è in movimento e tutto questo finisce il 29 ottobre 1528, quando Savona viene occupata dalle truppe genovesi. Genova voleva fare una convenzione per la quale Savona doveva sottomettersi, Savona non la firmò e così le truppe genovesi occuparono la città agli ordini del generale Casoni e il porto viene interrato. Ovviamente è significativo notare, che il 1528 per Genova, significa la salita al potere della famiglia Doria che può influenzare il senato della città e convincerlo alla guerra contro Savona. Gli storici scrivono: interrato il porto, fonte effettiva della prosperità savonese, la città schiacciata da inasprimenti fiscali sempre più pesanti, vede accentuare una emigrazione verso altri lidi. È una realtà che tutte le guerre portano e questo succede fino alla capitolazione finale, fino all’esaurimento della sua forza. Sono interessanti alcuni dati: Savona rimarrà ferma, fossilizzata per tre secoli, questo colpo è talmente mortale, profondo, radicato in tutte le parti della città, dal commercio, alla cultura, all’artigianato, alle libertà individuali, all’istruzione che per tre secoli Savona subirà questo danno e in parallelo ci sarà un decremento demografico e si passa dai 18.000-20.000 abitanti, all’inizio del ‘500, a 14.000 nel 1569, 6.000 nel 1660 e questi dati si riferiscono al centro urbano, a tutto quello che era connotato dentro le mura. In cento anni la popolazione è diminuita di circa 13.000 unità, cifra veramente enorme per quell’epoca.
Ciò in netto contrasto con l’andamento demografico del successivo dominio francese che cresce dal 1535 al 1608 del 30%. Quindi una sottrazione di forze savonesi a fronte di un arrivo in città di genovesi. Quindi una forza di invasione morale, politica ed economica notevole. È un quadro veramente drammatico, famiglie importanti se ne vanno, i Gavotti, i della Rovere, Pozzobonello, commercianti e banchieri. Tutti questi dati sono forniti da Agostino Abate che ci scrive una storia terribile e ci dice che nel 1540-50 sono presenti a Savona solo 8-10 famiglie mercantili che si occupano del commercio via mare e circa 25 artigiani attivi contro il 26 % di anni prima.
Poi ci sono altre guerre, la guerra franco spagnola 1535 1544, ove Savona si allea con la Francia. Un fatto che apre nuove speranze e vita alla città è l’apparizione della Madonna del 1536, al contadino Botta. Questo fatto celeste e di fede, è importante dal punto di vista culturale ed economico e porta un rilancio, una nuova speranza, per la città tutta, porta l’attenzione non verso il centro urbano che è asfittico, ma verso il contado, verso il mondo agricolo, verso i contadini e non è un caso che l’apparizione sia a un uomo anziano, che diventa ambasciatore di un messaggio, di una possibilità nuova di vita. Si apre la strada che porta al Santuario, che prima si faceva a piedi passando da Marmorassi, porta alla costruzione del Santuario, spettacolo d’arte e di cultura. La madonna appare nel 1536, nel 1538 c’è già una cappella a ricordo sul luogo e nel 1580 c’è già il Santuario fatto, quindi quale attività, quale cantiere è stato messo su al Santuario, che diventa in questo secolo l’unico palo di luce. Ci andrà il Carlone che fa la facciata con altri importanti architetti, che disegnano questa basilica straordinaria, che riprende quella antica del Priamar a tre navate con la cripta sotterranea.
Questa è l’unica nota positiva, di quel periodo, di grande interesse che darà nuove aspirazioni e possibilità alla comunità savonese. ‘Misericordia e non giustizia’, questo il motto che la Madonna ci porta e che andrebbe profondamente analizzato nel suo significato, profondo senso, non solo religioso, ma sociale, etico religioso e il Botta diventa ambasciatore della città presso le corti, i comuni, ed ecco che Savona, seppur soffocata dai genovesi, riesce a far parlare di se e avere orizzonti futuri nuovi e si apre tutto quello che è il mondo della solidarietà, il grande aiuto laico religioso, che parte dalle confraternite e che viene cementificato a nuova linfa dall’apparizione.
Ricordiamo ad esempio la costruzione dell’ospizio, del 1600, fatto da Orazio Grassi, quindi nuova voglia di aiutare i deboli. Tanti sono i deboli a Savona, causa guerre e capiscono, i maggiorenti della città, che bisogna lavorare su quella realtà per emergere, per avere nuova forza, per andare avanti, per darsi un futuro sul futuro. Questa è la grande lezione che dalla Madonna di Misericordia la città ha tratto. Quindi novità culturali legate alla pittura, alla scultura, nel ‘600 arriva Bernardo Castello e dipinge con le storie di Maria la cattedrale mariana, arrivano importanti opere da Roma, da Bologna, Caravaggio per cui abbiamo degli elementi altissimi di cultura italiana del tempo. Da ricordare le cappelle votive lungo la strada del Santuario che è un segno tangibile di come la città sia legata alla tradizione ma come voglia anche valorizzare questa strada che passa in un contesto povero, di boschi e costeggia il Letimbro che ha sempre procurato danni, alluvioni e morti, una serie di cerimonie e attenzioni che fino a quella data non c’erano mai state.
In questo insieme, nel ‘600, il Santuario con quello che è il suo bosco, di cui parlava già Strabone, in quanto i romani per costruire le loro navi da guerra venivano a prendere il legname nei boschi di Savona, diventa una risorsa che Savona vuole rendere positiva, fare diventare un capitale di attività economiche. Il bosco che arriva a 700 m. diventerà un progetto di studio e interessamento per legname, nuove attività artigianali che prendono di li le materie prime. Si arriva nel ‘600 con questa economia e artigianato asfittico, e si cercano in casa propria l’energie per risollevarsi ed ecco che il bosco diventa una risorsa. La città nel 600 è piccola quindi non ha molte esigenze e come dicono gli storici è un anonimo centro provinciale con una popolazione di 6.000 abitanti, è una città confinata ed ha un ruolo secondario. Il porto dopo l’interramento, dopo la capitolazione Genovese, può ospitare solo navi di piccolo cabotaggio, non più navi grandi, quindi abbiamo un piccolo porto, con piccole imbarcazioni commerciali di piccolo cabotaggio, si da incremento alla pesca e si sopravvive di commercio costiero con le riviere di levante e ponente, con la Sardegna, con Livorno, Roma e Napoli, sono le uniche strade commerciali che conosciamo nel 600.
L’attività artigianale risente di questa condizione generale, sono scomparse certe attività artigianali trainanti, quelle dei tessuti e delle pelli è completamente sparita, rimane qualcosa legato ai prodotti mercantili, ci sono ancora dei calafati, vengono ancora fatte imbarcazioni di cabotaggio minimo, si vanno a rifinire prodotti fatti da altri, nel ‘600 il nostro artigianato deve essere riconvertito, per dirla con termini moderni, e bisogna guardare il territorio per cercare le materie prime. Domina la lavorazione del legno, che il bosco alle spalle della città riesce a dare, alle corporazioni degli artigiani, cassari, bottai, marmittari, che sono le tre corporazioni di artigianato che ancora hanno interesse. Nel ‘600 abbiamo come nuova linfa l’arte figurina della ceramica, che in questo secolo avrà un forte incremento e questa arte non si limiterà alla confezione delle stoviglie per cui si era noti da molti secoli, ma si arriverà ad una produzione più significativa e più importante, attraverso le fabbriche alle Fornaci di Savona ma anche coinvolgendo le zone vicine, come Albisola. Quella dei ceramisti, che è una corporazione che nasce in questo periodo, è una corrente di lavoro artigianale che poi diventerà artistica e trova una sua possibilità di espandersi in questo periodo di crisi generale dell’artigianato. Questo artigianato va di pari passo sia con la possibilità di reperire la materia prima, le terre del Sansobbia e delle Fornaci che sono adatte alla preparazione per dare le stoviglie, poi abbiamo il sorgere di piccole aziende familiari che hanno un costo limitato e danno lavoro e sostentamento, seppur modesto, e con poche risorse, ma con tanta dignità, si riesce a dare vita all’attività della ceramica. È un prodotto che si può vendere, esportare e quindi con le piccole navi che possono ancora attraccare nel nostro porto si fanno contenitori e c’è attraverso questa piccola attività artigianale, la possibilità di dare lavoro a più persone. Nel ‘600 la ceramica acquista una nuova vita, i ceramisti vanno anche in altri paesi, in Francia, Provenza, conoscono le ceramiche portate dai crociati e quindi vengono a contatto con nuove tipologie, come i vasi da farmacia, ed ecco che una corrente che darà tanto lavoro a queste fabbriche è proprio per la farmacopeca di quel tempo. I vasi di farmacia che vengono fatti per l’ospedale S. Paolo e gli ospedali di Genova e vengono anche portati a Gerusalemme dai crociati e poi la nobiltà locale sia savonese che genovese, i Gavotti, i Siri, sono di nuovo impegnati in attività finanziaria soprattutto perché sono in contatto con l’ambiente romano, abbelliscono le loro case, con tutta una serie di manufatti ceramici, li regalano, li portano a Roma, circola di nuovo la cultura locale attraverso la ceramica.
Questa piccola nicchia di artigianato sarà quella che apre le porte al risveglio economico nel ‘600. Il ‘600 vede un’espansione di certe famiglie anche in Sicilia ed assistiamo ad uno scambio culturale molto significativo. I Ferrero hanno delle baronie nel regno di Sicilia, i Bertolotto sono baroni, marchesi e principi del regno di Napoli, i Pavese sono nel regno di Napoli. Un cronista del tempo dice ‘Nicolò Pavese muore nel 1600, avrà tali ricchezze superiori a qualunque cittadino savonese dei suoi tempi che furono calcolati i suoi effetti adeguati a un milione di ducati’. Ci sono in Sicilia feudi dove sono presenti dei savonesi, i Boccalandro, i Bocconi, i Conte, nel regno di Napoli ci sono i Raimondi, i Nano, i Grasso, in Spagna i Crema, che si espandono moltissimo, gli Spinola hanno una grande espansione nell’entroterra ligure piemontese. In questo ‘600, si può notare come sia importante il latifondo terriero anche per le famiglie savonesi, che emigrano, che hanno qualcuno della loro casata fuori di Savona e li certamente maturano ricchezze notevoli. Qualcuno pensa di ritornare alla terra natia, c’è questa possibilità per queste persone, ma dopo il 1528 tutti i savonesi che vanno via da Savona e aprono nuove attività, si dimenticano di tornare alla sede natale perché era stato talmente forte il colpo mortale, il disagio e le disavventure, nei quasi tre secoli di patimenti, di pena e sofferenza non si cancella in breve tempo anche perché non era subentrata una rinascita e ricchezza notevole. L’unica cosa che apre un orizzonte e da possibilità di incrementare le ricchezze è legata al bosco che con la ceramica sono i due canali che suscitano interesse e provocano ricchezza.
Nel ‘700 la terra di Liguria è un passaggio obbligato per gli eserciti francesi, austriaci, savoiardi quindi non è più una terra di sicurezza e tranquillità. Savona ebbe un bombardamento navale inglese il 17 luglio1749. Nel 1746, Savona è conquistata dai piemontesi, che rimarranno dominatori per tre anni, fino al 1749 e dopo la pace di Acquisgrana nel 1748, la repubblica di Genova rientra nuovamente in possesso del suo territorio e quindi di Savona. La città anche in questo periodo ha un ruolo minore, anche il suo centro urbano, storico, così grande sotto i della Rovere, ha subito danno, le case sono fatiscenti. Ci sono annotazioni storiche del ‘700 dove si dice che Savona è una città morta, con strade maleodoranti, puzza proveniente dalle case tutte fatiscenti, carenza di rete fognaria. La città ha questo ruolo subordinato e siamo nel 1770 ed il porto è ancora insabbiato. Nel 1781 Nicolò De Mari scrive ‘Savona è uno scheletro’, dieci anni più tardi, nel 1791, dice ancora, ‘è una città vuota spenta, con molte case disabitate benché le peggiori siano di una modicità che non è nemmeno immaginabile, è una città mortificata come centro commerciale ’ e questo ci dice come la qualità della vita fosse miseranda. Questa popolazione è andata via dal centro storico e va nella zone agricole vicine, la popolazione urbana ormai si occupa di agricoltura e vive nel circondario della città. La popolazione rurale a metà del ‘ 500 non raggiungeva un terzo della popolazione dell’intera giurisdizione, oggi alla fine del ‘700, ne rappresenta oltre la metà e così possiamo vedere come è cambiato il modo di vivere. Si è passati da essere residenti nel centro urbano e avere attività manifatturiere, commerciali, mercantili, artigianali e ci si occupa della terra. Nel 1728 il Montesqieu scrive ‘il vecchio porto è stato distrutto da Genova, così quell’antico porto è oggi terra ferma e sembra essere una parte della città, il luogo in cui era il porto è pieno di case, a destra, verso sud ovest era la parte migliore della città, i genovesi hanno distrutto tutto e vi hanno costruito una grande fortezza, c’è ancora una specie di porticciolo solo per le pirote (imbarcazioni di piccolo cabotaggio) laddove erano un tempo le galee. Savona contava un tempo 40.000 anime, oggi ne conta 8.000, a quanto dicono e stento persino a credere, dice Montesqieu, il commercio è completamente finito tranne un potorio. È un’annotazione di mano del 1728.
Poi
le truppe francesi,
attraversano la città,
fino a che 11 aprile
1796, Napoleone fissa il
suo quartiere generale a
Savona, dopo le battaglie
di Montenotte, Millesimo,
Dego, Cosseria, Mondovì. Questo periodo
della repubblica
francese, per certi
aspetti tristissimo,
portatore di rovine,
morte, sollevazioni
interne, porta a un
risorgimento culturale,
economico della città,
grazie alla presenza del
conte Chabrol, che
diventa prefetto del
dipartimento di
Montenotte, un primo
tempo chiamato del
Letimbro. Il territorio
era molto ampio,
comprendeva Sassello,
Spotorno, Cogoleto, Porto
Maurizio, arrivava fino
Ceva, Mondovì, era
compreso tra Liguria e
Piemonte. Chabrol
incomincia a studiare
molto bene la storia e la
realtà di questi posti.
Chabrol
rimane a Savona dalla
fine 1700 fino al 1812 e si
da molto da fare per porre
mano ad un risorgimento
civile ed economico di
Savona. Porta una nuova politica
delle comunicazioni
attivando
i criteri di uno
stato moderno, realizza
la strada Savona
Alessandria, asse
portante dei collegamenti
tra l’entroterra e la
costa. Poi vuole fare e
progetta un’apertura di
un grandioso canale
navigabile tra Savona,
Alessandria e il mare
Adriatico, progetto
rimasto nel cassetto e da
mano a un riassetto della
via Aurelia, fra il 1806
1807, parte da La Spezia e
arriva a Ventimiglia e
rimette a nuovo la via
Aurelia dando i connotati
di una strada moderna e
apre il tratto da Noli a
Varigotti. Pensa al porto
e incomincia a far
svuotare dalla sabbia e
dalla terra l’antico
porto, riprende le
antiche mappe, rilegge
tutta la storia del
porto, ridà forza ai
moli e finalmente le
grandi navi possono
attraccare e riprendono i
grandi commerci.
L’impegno del prefetto
Chabrol nei lavori
pubblici è enorme e
dalla sua statistica
emerge che, dal 1806 al
1813, ha speso nei lavori
pubblici stradali e
portuali ben 4.750.000
franchi, una cifra
veramente enorme. Più
del 57% delle spese
sostenute globalmente in
questi settori nei tre
dipartimenti della
regione.
La regione Liguria fu divisa in 4 dipartimenti e lui spese molto di più rispetto agli altri dipartimenti per una cifra astronomica, perché pensava, essendo lungimirante, che le vie di comunicazione erano la vita, la linfa non solo di Savona ma connesso a Savona di tutto il dipartimento.
Si dedica all’economia, creando un’apposita società di agricoltura e commercio scienza e arte, fondata nel 1809 che raccoglie famosi studiosi locali e non, intensifica l’economia estrattiva (miniera di lignite di Cadibona), razionalizza e incrementa alcune attività delle manifatture e da nuova protezione e vigore allo scalo marittimo savonese. I movimenti del porto di Savona, sotto Chabrol, hanno un’impennata alle stelle, lui diede un grande incremento, una prodigiosa rinascita con un movimento complessivo di 1910 bastimenti nel 1807, arrivano un anno dopo 3923, nel 1809 a 3009, nel 1810 a 4300. La popolazione passa da 10.000 nel 1801, a 16.000 nel 1812, c’è quella rinascita che lui voleva e per la quale ha lavorato intensamente con tutte le sue forze.
Studiando tutto, dalla coltivazione delle olive per l’olio, ha fatto implementare la coltivazione della barbabietola da zucchero, la coltivazione del baco da seta e ha cercato di dare lavoro a tutti questi settori studiando la meteorologia, la geologia e lasciando trattati interessantissimi. Uno studio interessante, intrapreso dallo Chabrol, è stato lo studio del mare, dell’erosione delle coste. Fece studiare da matematici, fisici, le maree, i venti, le correnti marine di tutto il mar ligure, le confrontò, mettendole in parallelo con le alluvioni, con tutti i dati che aveva a disposizione con le piogge sul territorio, sulle esondazioni dei corsi d’acqua per vedere quando il flusso delle acque dolci arriva in mare cosa succede, studi enormi anche perché attraverso detti studi diede avvio alla pesca, a nuovi traffici e fece costruire nuovi moli. Importantissimo conoscere qual è la forza del mare nel tempo, faceva studi in prospettiva attraverso proiezione e fece fare calcoli dai suoi matematici e studiosi per avere un quadro il più ampio e scientifico possibile. Ancora oggi certi studi sono veramente preziosi
Dopo di lui Savona si riprende in attività commerciali, artigianali, arti.
Il teatro Sacco vive la presenza delle più importanti attrici e compagnie teatrali di tutta l’Italia e della Francia, fece fare feste per il carnevale di cui le cronache del tempo sono piene, fece lavorare i nostri grandi artisti, dal Ratti al Brusco, per i grandi palazzi del tempo. Brusco affrescò l’apoteosi di Napoleone Bonaparte nel palazzo della Rovere, palazzo S. Chiara, diede un grandissimo impulso parallelamente alla sua idea di risorgimento della città, anche alle arti visive e letterarie e si aprirono a Savona delle accademie. L’accademia degli Accesi e dei Padri Scolopi, dove grandissimi scrittori drammaturghi, latinisti, che potevano essere anche oppositori del regime, hanno scritto anche a favore dello Chabrol, che fra l’altro fece soffrire anche molto, ma per quanto riguarda la rinascita sociale, economica e artistica della comunità è stato certamente l’unico che ha dato questi impulsi.