George Harrison

Brainwashed - EMI 2002



A rispettosa distanza, vale la pena di tornare un attimo sull'ultimo lavoro di George Harrison, senza scomodare parole impegnative tipo eredità spirituale o testamento, ma anche evitando di partire col pregiudizio dell'ex grande, "bollito", "stanco" e minato irrimediabilmente dal male nel fisico e nello spirito che fa un disco inutile, patetico e noioso.

Quando Giulia mi passò il cd, qualche mese fa, rimasi favorevolmente colpito dalle solite cose tipiche dell'ex-beatle: freschezza di suono, scorrevolezza e chitarra gently weeps, con l'abituale contorno negativo di una delicatezza che rasentava la fragilità dei menestrelli albionici: da Donovan, appunto, allo stesso George Harrison, per non dire di Nick Drake e così via.
Mi sembrava, in sostanza, un buon disco, ovviamente indispensabile per un fan dei Beatles, ma anche adatto ad un pubblico più vasto alla ricerca di buone vibrazioni e di qualcosa di più profondo che un coro da stadio.
Nella prospettiva attuale, le cose sono persino migliorate. Disponendo di qualche testo e di qualche informazione in più sull'ultimo scorcio di vita di George, posso, in tutta tranquillità, affermare che Brainwashed è un lavoro che avrebbe avuto una sua specifica valenza anche con il nostro vivo ed in salute.
Non solo: una tourneé mondiale non avrebbe riempito stadi ed anfiteatri, ma non sarebbe certamente stata un fiasco. Un album da 7, o se si vuole, un tre stelle pulite pulite.
Mi sarebbe piaciuto vederlo assieme a Tom Petty e Bob Dylan, ad esempio, sia da solo che nel contesto dei Traveling Wilburys.
Perchè, in fondo, non si può vivere di solo blues e soul. Ci vuole anche un po' di canzone d'autore, occorrono suoni e testi che siano attuali, in sintonia con i tempi, che si sforzino di dire i propri pensieri su quanto succede, ovviamente alla luce di qualcosa, di un principio che il religioso potrebbe trovare nell'amore e che il laico preferisce trovare nella ragione.

Il pallino dell'ultimo Harrison era costituito dalla preoccupazione per l'incertezza, il disagio che ognuno prova rispetto al fatto che il mondo manchi di stabilità, precisi punti di riferimento, ed una vera autorità (in senso morale). Invocando il brainwashed, cioè un accurato lavaggio del cervello da parte dell'unico in grado di farlo (Dio), Harrison affida ad un percorso di preghiera e di fede, ciò che io auspicherei altrimenti come un ritorno della ragione, che in fondo è il logos di chi ha letto e capito il Vangelo di Giovanni, e potrebbe essere la scoperta che credenti e noncredenti di buona famiglia vorrebbero la stessa cosa e potrebbero capirsi meglio, se ragionassero e dialogassero un po' di più.

Alieno dall'usare slogan, o dal farsi usare come uno slogan, Harrison ha messo nei suoi testi e nei suoi suoni la visione di una società malata, al di là dei facili ottimismi, una società che non da più alcuna sicurezza perchè in troppi hanno perso la bussola.

Com'è noto, Harrison aveva dell'esistenza una visione orientale, maturata con i guru indiani, e coltivava nel profondo dell'anima un sentire delicato, un amore profondo per tutte le creature, un fortissimo istinto di armonia e pace che faceva della tolleranza la sua bandiera e la sua trave maestra.
I suoi testi potrebbero essere a buona ragione la colonna sonora degli studenti iraniani che attualmente si battono per le libertà politiche e religiose nell'Iran degli ayatollah.
Non già perchè essi stiano dalla parte di Bush e dell'America (quale idiozia sarebbe!) ma perchè essi sono contro l'oppressione dell'integralismo di ogni tipo, sia quello islamico sia quello cristiano, che Bush incarna con particolare evidenza calvinista ed una dose di fanatismo che stento a credere come sincera, senza peraltro cadere nell'errore di vederla semplicisticamente come una comoda maschera al neo imperialismo.
Questi signori, è questo il dramma, credono al loro fottuto manicheismo. In passato non hanno avuto scrupoli nell'armare il diavolo per combatterne un altro. Le conseguenze di questo atteggiamento a metà tra il folle ed il criminale le stiamo pagando tutti, ma le hanno pagate soprattutto gli americani.
Ai teologi da strapazzo che influenzano Bush, sedicenti conoscitori del Vangelo, evidentemente non è mai passata per la testa la necessità di una riflessione su parole autenticamente cristiche quali: Questo mondo è in potere del maligno. Ovvero di chi detiene il monopolio della violenza, della sopraffazione e dell'inganno sistematico.
E che, in questa luce, il mito calvinista della ricchezza, quale testimonianza del favore divino, diventa bestemmia inenarrabile almeno quanto la teoria del karma degli induisti più retrivi, quando essa viene strumentalizzata per giustificare le ingiustizie del mondo, la divisione in caste e la condizione bestiale dei poveri.

Ecco, scusate la divagazione, ma è evidente che la poetica di Harrison pesca a piene mani in questa stessa ispirazione, per denunciare come una forma di sporcaggio del cervello possa consistere in un'apparentemente buona educazione religiosa.
Se la prende soprattutto con il Vaticano, con un testo datato e quindi vecchiotto, ma il senso della critica è certamente estendibile a pensatori e teorici di area protestante, oggi sicuramente più colpevoli dei papisti.

Ciò che colpisce favorevolmente nell'ascolto di George è l'ammirevole atteggiamento di un uomo semplice nei confronti della vita, del male e della morte.
Lookin' In My Life è certamente la chiave per capire l'ultimo Harrison.
A leggere preventivamente il testo, uno si aspetterebbe un suono intimista e ripiegato, dolente. Invece, ecco una ballata piacevolmente mossa in tempo medio, pastellata, nella quale George si rivolge direttamente a Dio con la consapevolezza del proprio male:
" Oh Signore, vuoi ascoltarmi adesso?
Oh Amore
In qualche modo devo ritornare a te
Non avevo capito che la vita era ormai colma
E perdevo tempo con le cose futili
Non sapevo che stesse per esplodere
L'ho scoperto soltanto
Quando ero ormai in ginocchio
in cerca della mia vita, in cerca della mia vita
Ragazzi
Non avete idea di ciò che ho passato
Oh Signore mi sento talmente male
Che non riesco a raggiungerti
Non avevo idea di ciò che mi aspettava."

Eppure tra musica e parole non c'è il contrasto che sembrerebbe. Ciò è dannatamente coerente col carattere e la tempra di George, più un angelo del cielo inviato in missione speciale sulla terra che una persona come tutti gli altri.
Baciato tra l'altro da una fortuna straordinaria, non poteva dar sfogo a rancori o risentimenti. Piuttosto sentiva il dovere di porgere un'estrema delucidazione del proprio credo e del proprio atteggiamento critico nei confronti della società.
E così abbiamo una preghiera di straordinaria modernità, qualcosa che se la senti ti entra in testa e non ti lascia più, insieme alla speranza che finalmente sto Dio apra le orecchie e la porta a chi bussa, e dia pane e comprensione, non calci in faccia, a chi chiede.

Altri pezzi forti dell'album sono soprattutto i primi tre brani: Any Road, Last Saturday Night (Vatican P2 Blues) e Pisces Fish, con il bel finale di Brainwashed.

Il testo di Any Road lo trovi cliccando sul link, con una riga non tradotta perchè Giulia non si sentiva di appiccicare qualcosa di posticcio ad un'espressione come but the skin of my teeth by the breadth of a hair (tranne la pelle dei miei denti entro l'ampiezza di un capello, o qualcosa del genere, che certo significa qualcosa d'altro).
E' un bel pezzo orecchiabile, scorrevole, che si impara a memoria, ma il testo risulta davvero impegnato ed impegnativo.

Last Saturday Night (Vatican P2 Blues) sembrerebbe un bluesetto annacquato, se non fosse che il testo picchia dove il dente duole, cioè la superficialità religiosa di tanti cattolici che la stessa chiesa sembra incoraggiare anzichè osteggiare.

Brainwashed è un pezzo rock con in coda un "canto" religioso indiano che il figlio di George, Dhani Harrison, ha voluto inserire alla fine, ma che sembra un po' fuori posto, dato il significato complessivo dal vago riferimento heideggeriano ("solo un dio ci può salvare", brontolava il venerabile filosofo crucco). La title track è infatti una lunga sequela di incertezze che il mondo ci propina e reclama a gran voce, forse più con rabbia che con "fede": l'unica certezza è il Dio che si invoca affinchè ci faccia un vero lavaggio del cervello (in senso positivo, pulizia totale dalle stronzate).
Eccellente pezzo, a mio avviso che nobilita questo disco con un totale di credits molto superiore alla media degli altri brani, i quali, comunque non sono male.

Carina, ad esempio, la versione di The Devil and the Deep Blue Sea di Arlen-Koehler, mentre anche Run So Far (incisa a suo tempo da Eric Clapton in Journeyman) non è poi così malvagia come si disse.

All'album hanno lavorato soprattutto l'amico batterista Jim Keltner, il figlio Dhani ed il produttore, membro dei Traveling Wilburys, Jeff Lynne, il quale ha cercato di seguire le indicazioni di George, non sovraccaricando di suono le incisioni, salvo che in un caso facilmente individuabile.



chairman - 18 giugno 2003

La track list:

1 Any Road

2. Vatican Blues (Last Saturday Night)

3. Pisces Fish

4. Looking for My Life

5. Rising Sun

6. Marwa Blues

7. Stuck Inside a Cloud

8. Run So Far

9. Never Get Over You

10. Between the Devil and the Deep Blue Sea

11. Rocking Chair in Hawaii

12. Brainwashed


L'intervista di
Red Ronnie

Sito con i testi in inglese


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