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a cura di Vincenzo de Simone

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de Stellatis

Capograsso

 

 

Palazzo Morese - vicolo Cassavecchia, 4

 

L'immobile è comunemente detto Morese, ma quella famiglia si limitò ad abitarlo, mentre la struttura architettonica la dobbiamo ai Capograsso e l'impronta nell'area ai de Stellatis.

Casa de Stellatis compare indirettamente nella documentazione giunta fino a noi nel maggio 1242, quando è citata la chiesa di San Fortunato, sita nei pressi dell'Archiepiscopio, ad essa annessa. Il 17 maggio 1549, un atto amministrativo dell'arcivescovo Ludovico de Torres è datato come redatto nel palazzo anticamente detto Casa Stellatis, nell'attualità dell'atto dei Capograsso. Nel 1557 il palazzo, proprietà di Giacomo Capograsso, risulta fittato quale sede della Regia udienza di Principato Citra e della Basilicata. Lo stesso Giacomo, interrogato nel corso della visita pastorale del 1567, dichiara che la cappella di San Fortunato de Stellatis compresa nella sua casa pervenne alla sua famiglia con l'acquisto che il reverendo d. Sigismondo Capograsso fece del palazzo dai de Stellatis. Nel 1602, il palazzo risulta sede della Percettoria della provincia di Principato Citra, ossia della Regia Cascia. Nel 1625, trasferita la Percettoria altrove (forse già a Palazzo Sciabica, oggi civico 11 di vicolo Grimoaldo, ove l'avremo operante al 1679 e al 1684), il palazzo è citato come la Cassa Vecchia.   

Il 4 marzo 1638, in un atto di fitto, il palazzo, in possesso di Paolo Emilio Capograsso, è descritto in più membri e appartamenti, con cortile in parte coperto e in parte scoperto, confinante con beni di Giovanni Nicola de Vicariis anticamente Casa de Ruggiero (si veda Palazzo de Ruggiero), con via pubblica e altri confini. Il 6 giugno 1679, un mastro muratore si impegna a recintare con un muro il giardino di Casa Stellato, alla Cascia Vecchia, del signor Antonio Capograsso, facendo un muro intorno al giardino e alla cappella.

Nell'Apprezzo del Catasto onciario (foglio 469, particella 2), il 31 gennaio 1754, il palazzo è in possesso dell'abate d. Matteo Capograsso, patrizio salernitano, ed è descritto come sito in parrocchia di San Gregorio, nel luogo detto Casa Capograsso, consistente in due botteghe, tre bassi, stalla, rimessa, fontana perenne, giardino, pozzo e diciotto stanze sopra, confinante da levante e mezzogiorno con strade pubbliche, da tramontana con il signor d. Francesco de Vicariis Valva, da ponente con altri confini.