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a cura di Vincenzo de Simone

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Sciabica

 

 

 

Palazzo Sciabica - vicoli Adelperga, 23 e Grimoaldo, 11 

 

Questo palazzo non presenta facciate appariscenti, né portali imponenti sormontati da insegne, anzi: non lo si noterebbe nemmeno se non fosse per i fantastici giochi di archi che crea su vicolo Adelperga. Si tratta della più antica residenza della famiglia Sciabica (o Issapica, o Isciapica) in città, ove godette del patriziato nel sedile del Campo.

Al 1524 è citato come la casa grande degli Isciapica, dei figli di Giovanni Tommaso, con diversi membri terranei, mezzani e superiori coperti con imbrici, in parrocchia di Santa Maria di Capo Piazza. Un secolo dopo, il 6 dicembre 1627, un notaio accede alle case di Pietro Francesco Sciabica, pronipote di Giovanni Tommaso, a Casa Sciabica, in parrocchia di Santa Maria dei Barbuti (la parrocchia si Santa Maria di Capo Piazza era stata soppressa il 4 febbraio 1566 e il suo territorio annesso a Santa Maria dei Barbuti) per l'apertura del suo testamento, rogato il precedente giorno 2. Non avendo figli, aveva istituita erede usufruttuaria vita natural durante la moglie Anna Longo ed erede proprietario un altro ramo degli Sciabica nelle persone di Andrea e del figlio Aloisio. In realtà, Anna riscatterà dai due Sciabica i diritti proprietari e potrà nominare erede il secondo marito, Francesco Merlino, che a sua volta, nel 1650, lascerà erede sua sorella Isabella e il marito Giovanni Maria Calà. Erede della coppia sarà Carlo Calà, nel 1652 presidente della Camera della Sommaria, marchese di Ramonte e di Belmonte per eredità della madre e duca di Diano. Carlo, dalla moglie Giovanna Osorio, non ebbe figli, per cui lasciò erede sul suo  patrimonio e sui titoli feudali il fratello Geronimo, che l'11 gennaio 1684 prese possesso di Palazzo Sciabica, ove aveva sede la regia Percettoria di Principato Citra, ossia quella cassa che da lì trasferita aveva valso a Palazzo Capograsso l'appellativo di Cassa Vecchia.

Naturalmente, i Merlino e i Calà, che risiedevano a Napoli, non abitarono mai Palazzo Sciabica, che fu suddiviso in tanti lotti da concedersi in fitto. Inoltre, anche Geronimo non ebbe figli, per cui nominò erede universale Adriano Lanzyna y Ulloa, a condizione che mutasse il proprio cognome in Calà Ulloa; Adriano morirà nel 1743.

Nell'Apprezzo del Catasto onciario (foglio 497, particella 2), il 19 febbraio 1754, troviamo il palazzo venduto al dottor Angelo Alfano, descritto come sito nella parrocchia di Santa Maria dei Barbuti, consistente in quattro bassi per uso di forno per il pubblico e altri nove bassi nella strada e nel cortile, con quarantotto stanze superiori.  

 

 

 

 

 
 

 

l'immagine in alto a destra, ripresa da un terrazzo dell'Antica Corte, raffigura la facciata meridionale di Palazzo Sciabica e vi si intravede, sotto il tetto, un accenno di archi intrecciati (proprietà immagine Gruppo Archeologico Salernitano);

l'immagine in basso a destra è una ricostruzione grafica del probabile aspetto degli stessi archi realizzata da Massimo La Rocca.