DEGRADO E RESTAURO DEL MOSAICO DI PIETRE E MARMI
di Isotta Fiorentini Roncuzzi (con contributi di Claudio Guardigli ed Edi Teresa Guglielmi)
Fattori di degradazione
Per la degradazione di tessere musive, di pietre e marmi dobbiamo fare riferimento al processo che subiscono le rocce affioranti sulla superficie terrestre.
Ogni roccia in natura è sottoposta di continuo all'azione di numerosi fattori che tendono ad alterarla e a demolirla, è inevitabile quindi che il materiale litoide ridotto in tessere subisca nel tempo la stessa azione.
Tali degradazioni sono tributarie delle varie contaminazioni, in prevalenza delle acque e dell'aria, che in mancanza di adeguate prevenzioni o trattamenti, tendono sempre più ad espandersi aggravando il fenomeno di nocività. Di qui la necessità di un'analisi preventiva che, per essere efficace, deve essere eseguita con uno studio su più direttrici possibilmente da specialisti delle varie branche di interesse che vanno dalla biologia alla chimica, alla mineralogia.
Questo studio una volta concluso, potrà consigliare il metodo di intervento o fornire una o più soluzioni alternative.
Sono qui considerati, quali fattori di degradazione, il fattore biologico, il fattore chimico, il fattore chimico-mineralogico.
fattori biologici
L'attacco biologico primario è difficilmente visibile, le tessere non presentano uno strato colorato, ma sono completamente cariate, percorse da solchi.
Esami in situ e ricerche in laboratorio su una campionatura sufficientemente rappresentativa (i campioni sono prelevati con tamponi sterili o con bisturi sterile in zone delimitate da segni) mostrano che la roccia costituente le tessere è stata attaccata dalle forme più semplici di vita: microbi del genere Nitrobacter, i Nitrosomonas, i Thiobacillus.
In particolare i Thiobacillus captano l’anidride solforosa atmosferica presente nell’aria, producendo acido solforico mediante la loro attività metabolica.
2 SO2 + O2 + 2 H2O —» 2 H2SO4
L’acido attacca il carbonato di calcio costituente le pietre ed i marmi e lo trasforma in solfato di calcio. Il solfato di calcio è un sale parzialmente solubile e le tessere risultano cariate e fessurate.
H2SO4 + CaCO3 —» CaSO4 + H2O + CO2
Con analisi sui materiali depositati nei solchi e nelle fessure derivanti dall'attacco acido, si mettono in evidenza gli elementi riproduttori dei microrganismi che, uniti ad appendici cellulari e a grassi originatisi dai processi organici, formeranno un terreno di base sul quale troveranno facile attacco funghi, alghe, licheni e via via muschi, fino ad arivare alle specie organiche superiori. Non è difficile osservare tessere musive ricoperte da strati verdi dovuti alla presenza di alghe o muschi.
Parallelamente a queste indagini, in uno studio completo, è necessario rilevare i dati dell'aria-ambiente scegliendo le stagioni di maggiore attività biologica e, per una più completa e migliore lettura del fenomeno, occorre fare i prelievi ed analisi in più stagioni di attività.
Per la conservazione dei mosaici di pietra e marmi così attaccati si devono regolare adeguatamente i valori di temperatura ed umidità per sfavorire la vita microbica unitamente a trattamenti antibiotici che hanno un’attività bloccante sui fattori biologici. Gli antibiotici possono essere applicati a spruzzo col metodo dell'aereosol.
fattori fisici
Le acque di infiltrazione, le acque di pioggia e le acque che hanno origine dalla condensazione dell'umidità atmosferica, sono i mezzi più attivi che causano la degradazione di tipo chimico.
Le acque di infiltrazione trasportano sali solubili e giunge in superficie, evaporando, depositano i sali che sono la causa principale delle sbiancature, delle eruzioni biancastre, delle effluorescenze e delle alterazioni di colore. I sali depositati sulle tessere possono essere di colore diverso e di composizione chimica diversa; sono carbonati, solfati, nitrati. A volte compare anche la silice. Possono unirsi a sostanze carboniose e bituminose per dare macchie o per formare le tipiche patine delle pietre e dei marmi.
Le acque piovane, leggermente acide perché contenenti acido carbonico (pH 6), possono attaccare il carbonato di calcio e trasformarlo in bicarbonato solubile
H2CO3 + CaCO3 —» Ca(HCO3)2
che, trasportato nelle piccole cavità della pietra, si ritrasforma in carbonato di calcio e riprecipita.
Ca(HCO3)2 —» CaCO3 + H2O + CO2
Al microscopio si osservano formazioni di tipo stalattitico sulla superficie delle tessere.
Il nuovo carbonato di calcio è spesso unito con ossidi di ferro e produce macchie o più vaste zone colorate in rosso.
L'acqua formatasi dalla condensazione dell'umidità atmosferica in zone inquinate, contiene i gas residui delle combustioni e delle attività industriali. In presenza dic atalizzatori i gas si ritrasformano in acidi forti che attaccano il carbonato di calcio e lo trasformano in sale solubile. E' questa una delle più gravi cause di deterioramento delle rocce calcaree. La superficie degenera, si sfalda, si disgrega.
fattori chimici-mineralogici
I Romani prima ed i Bizantini poi, hanno usato nei mosaici per formare tessere o piastrelle pavimentali di colore nero, calcari carboniosi e più spesso rocce scistose. Queste ultime sono argilloscisti che si presentano in tessitura finemente foliata con piani paralleli molto vicini.
Ricerche petrografiche mettono in evidenza nuovi sali che, nel tempo, sono stati depositati dalle acque fra i piani paralleli della roccia, questi sali costituiscono i primi germi cristallini che accrescendosi, costringono le lamine e glis trati ad allontanarsi ed a staccarsi definitivamente.
Le osservazioni mineralogiche ed il riconoscimento dei cristalli ci spiegano il fenomeno.
restauro
Alla luce delle indagini sull'ambiente e sui numerosi fattori che causano la degradazione, verranno formulate ipotesi di restauro.
Nei diversi paesi si evidenziano concetti, formule di intervento ed applicazioni differenti, ma sempre si verifica che l'esperienza, la preparazione e la sensibilità del restauratore, incidono definitivamente sulle scelte dell'operazione.
Per confermare quento detto presento due procedimenti significativi applicati a materiali litoidi che mostravano lo stesso tipo di deterioramento o comunque un deterioramento causato da fenomeni chimici simili.
Nella superficie dei due mosaici si era formata, per solfatazione (reazione tra un ossido di ferro o di calcio e l’anidride solforosa in ambiente ossidante) una patina colorata, friabile facilmente asportabile anche con lieve pressione.
Fe2O3 + 3 SO2 + 3/2 O2 —» Fe2(SO4)3
Primo tipo di intervento
La superficie delle tessere è stata sottoposta a lavaggi con getti d'acqua a bassa pressione e con getti di vapore acqueo pure a bassa pressione. I lavaggi avevano il compito di dissociare i sali solubili. Le tessere private dello strato superficiale, formatosi nel tempo, erano così portate ad uno stato ideale per ricevere una resina sintetica e per facilitarne l'operazione. Il lavaggio è stato eseguito con una macchina che sprigionava un largo getto di vapore ad una temperatura regolabile tra i 20° ed i 30°C e ad una pressione dal 10 ai 60 Kg/cm2.
La macchina era munita di un dispositivo atto a regolare il getto che poteva assumere forme diverse: da un getto diretto a un getto di grande ampiezza conica.
Il lavaggio aveva così asportato lo strato pigmentato di colore scuro depositato sulle tessere, la cui presenza era chiaramente legata ai processi di alterazioni della pietra e che appariva come una pellicola intergranulare che utilizzava i vuoti formatisi al momento della degradazione.
Questa patina scura, compatta, spessa, formava una specie di crosta sotto la quale la pietra era rovinata fino a diverse profondità a causa delle reazioni di solfatazione.
Il lavaggio aveva permesso di arrivare allo strato naturale della pietra in seguito allo scioglimento dei cristalli superficiali. Alcune tessere erano erose oltre che incrostate e si poteva osservare un fenomeno di sfaldamento della superficie. Al microscopio altre presentavano solchi di erosione. Prima di iniziare l'intervento di applicazione della resina al silicone, diluita con appropriati solventi, erano state eseguite prove sui campioni prestando particolare attenzione alla variazione di colore.
Visto che il colore originale non veniva alterato, la resina è stata applicata secondo le istruzioni date dalla ditta produttrice, variando la proporzione nel miscuglio resina/solvente a seconda della porosità del materiale.
La resina non ha modificato il colore della pietra e del marmo, le tessere hanno mantenuto la loro permeabilità al vapore acqueo e quindi all'umidità atmosferica indispensabile alla loro respirazione.
Resina usata: AC3O Saprochimica Milano.
Secondo tipo di intervento
Il secondo tipo di intervento è iniziato con l'applicazione di consolidanti che avevano fissato il compito di salvare la superficie sgretolata e sollevata e di fissare le parti sfaldate.
Il materiale quindi, ancor prima di essere liberato dalla crosta nbera che lo consumava, veniva consolidato in modo che nessuna parte venisse perduta. Venivano applicate resine sulle parti instabili e poi ancora resine distese a pennello.
La resina diffondentesi per capillarità, fissava le parti che tendevano a staccarsi.
Con la resina e dopo questa veniva applicato un solvente che impregnava la pietra e facilitava l'entrata della resina in ogni parte.
Consolidato il materiale, iniziava la pulitura con impacchi.
Concludendo, le operazioni di restauro nel primo tipo di intervento sono nell'ordine:
1) pulizia, se così si vuol chiamare, l'asportazione della crosta superficiale e dellos trato di solfato di calcio.
2) impregnazione di resine.
Nel secondo tipo di intervento, preoccupati di non asportare meteriale, si è eseguita come prima operazione il:
1) consolidamento
e solo in un secondo tempo l'asportazione dei detriti;
2) pulizia.
La descrizione dei due metodi mette in luce che la scelta delle operazioni di restauro, pure precedute dalla conoscenza scientifica delle cause del deterioramento, dipenderà oltre che dalla abilità manuale, dalla esperienza di lavoro del restauratore e dalla sua sensibilità profesionale.
Bibliografia
Isotta Fiorentini Roncuzzi e Elisabetta Fiorentini "Mosaico" MWeV editore 2001
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