ESTREMO

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Era uno sballo pazzesco!
Code di auto strombazzanti procedevano lentamente, premendo davanti ai cancelli del Quartiere del Sesso, oltre i quali si snodavano viali alberati illuminati a giorno da lunghe file di lampioni e da insegne luminose che reclamizzavano questo o quel locale. Alcuni schermi installati in oasi fiorite trasmettevano filmati hardcore no stop.
Immerse nel verde, circondate da fontane e gazebo, si innalzavano casette dipinte con colori pastello e locali risplendenti di luci colorate. Cinema a luci rosse, bordelli, pub con strip e lap dance, sexy shop, nulla veniva risparmiato al cliente che oltrepassava la sbarra colorata di bianco e rosso, manovrata da una seducente ragazza inguainata in un abito di pelle che faceva fatica a contenerne il fisico siliconato. Il rombo dei motori delle auto che procedevano come una variopinta processione tra i viali faceva da colonna sonora alla fauna che attendeva i visitatori. Il colpo d’occhio era bizzarro: c’erano prosperose ragazze in costume da bagno che danzavano sopra cubi trasparenti, dark ladies borchiate e tatuate, in equilibrio su vertiginosi tacchi a spillo, davano il benvenuto agli automobilisti facendo schioccare le loro fruste, giovanotti nerboruti con il fisico scolpito dalla palestra garantivano la sorveglianza e indicavano la via verso il megaparcheggio.
Anche Lele e Valdo erano in fila ormai da quasi mezzora, a bordo di un Vitara inscatolato tra decine di altre vetture cariche di allupati, sudati e smaniosi di godersi la loro dose di trasgressione. Era un’afosa notte d’estate, ma c’era da scommetterci che la temperatura si sarebbe alzata non appena avessero messo piede a terra per gettarsi in quel mondo.
-Guarda!- disse Valdo, sporgendosi dal finestrino per indicare una ragazza sui pattini, con indosso una maglietta bianca bagnata, che sfilava accanto alle auto consegnando volantini.
-Prendine uno- disse Lele, che stava contando mentalmente le vetture che li separavano dall’ingresso. Solamente cinque, e finalmente avrebbero oltrepassato la sbarra che separava il mondo reale dal più grande bordello a cielo aperto mai concepito. Il Quartiere del Sesso era stato realizzato grazie ad una geniale intuizione di un onorevole che aveva pensato di risolvere il problema della prostituzione che infestava le strade della città, legalizzandola e riversandola in una sorta di riserva di periferia. A neanche due mesi dall’inaugurazione, il Quartiere del Sesso si era dimostrato una fonte inesauribile di guadagno anche per il governo.
La ragazza sui pattini passò accanto a Valdo che fu lesto a prendere un volantino. Lo mostrò a Lele con aria trionfante e iniziò a leggerlo con gli occhi che brillavano di bramosia.
-Allora, che cos’è?
-Una piantina del Quartiere con tutte le attrazioni. Wao! Roba da non credere! Senti, locali con live show, telefoni erotici , possibilità di fotografare ragazze nude, sesso virtuale...
-Non mi interessano queste stronzate- replicò Lele con una smorfia - Siamo venuti qua per scopare, ricordi? Dobbiamo trovare due belle gnocche e darci dentro a più non posso. Cazzo ce ne frega di fotografare.
Valdo scoppiò a ridere -Due belle ragazze che assecondino tutti i nostri desideri, già.
-Proprio così- Lele frenò a un metro dalla sbarra. Erano vicinissimi, ormai. Il cuore aveva iniziato a pulsargli più rapidamente e trasalì quando la ragazza si affacciò al finestrino con il seno che trasbordava dalla zip maliziosamente lasciata a metà, trillando -Biglietti!
-Quant’è?- domandò Valdo, senza staccare gli occhi dalla scollatura. Il profumo della ragazza invadeva l’abitacolo, appiccicandosi al loro sudore.
La ragazza sospirò, mettendo a dura prova la tenuta dell’abito e accarezzò Lele sotto il mento, procurandogli uno sbalzo di pressione -Cinquantamila, belli, e avete diritto all’ingresso di un locale a vostra scelta ed a una consumazione. Tutto il resto lo pagate extra- Concluse con un sorriso e una mossetta che fece ribollire il sangue ai due amici.
Rapidamente, due pezzi da cinquantamila passarono di mano in cambio di due tagliandi gialli sbarrati trasversalmente da una linea blu e finalmente la sbarra venne alzata consentendo al Vitara di passare.
-Al parcheggio!- gridò la ragazza, sculettando e indicando il prossimo incrocio.

Il canto dei grilli li colse quando mancava poco alle tre di notte, seduti sopra una panchina in un viale periferico del Quartiere, lontani dalla bolgia del centro.
Avevano girovagato alla ricerca del locale perfetto, stando bene attenti a non sprecare i biglietti in qualche ritrovo di casalinghe sfatte e insoddisfatte, sbirciando le ragazze attraverso le vetrine, attirati dalla musica e dagli imbonitori, guardando questa e quella insegna, ma rinunciando sempre all’ultimo momento, desiderosi di trovare qualcosa di meglio Qualcosa che li carburasse al punto giusto prima di unirsi nell’agognato amplesso con due statuarie bellezze in un tripudio di carne e silicone ma la ricerca non aveva dato il risultato sperato ed ora, stremati e accaldati, affondavano la stanchezza nel tabacco, ascoltando lo zampillare di una delle tante fontane che abbellivano i viali.
-Cazzo, Lele, non posso pensare che abbiamo speso cinquanta carte e non siamo neppure entrati in un salone per massaggi!- sbottò Valdo. Aspirò una lunga boccata di fumo che gli andò di traverso e scoppiò in una serie di singulti. -E sai cosa ti dico? Che mi è pure venuta sete e non uscirò da questo fottuto Quartiere se prima non usufruirò della mia consumazione. Che cazzo di serata!
Lele gettò il mozzicone della sigaretta e seguì la parabola della brace che si perdeva nella notte, poi deviò lo sguardo e indicò all’amico una luce blu intermittente che correva a una cinquantina di metri da loro -Lampeggianti- disse e si alzò per seguirli.
Era un’auto civetta della polizia. La trovarono con i fari accesi poco distante da alcuni alberi che delimitavano una radura. Lele si avvicinò alla portiera lasciata aperta dal lato del guidatore e infilò la testa nell’abitacolo. Dentro c’era odore di sigaro e dalla radio giungevano scariche elettrostatiche.
-Andiamo via- disse Valdo -Dai, lascia perdere, non è bello curiosare nell’auto di un poliziotto.
Lele riemerse dalla vettura guardandosi intorno, incurante delle preghiere dell’amico. Si grattò il mento e strizzò gli occhi in direzione del boschetto, cercando di cogliere un movimento qualsiasi. -Chissà cosa ci fa da queste parti...- mormorò mentre si avviava verso gli alberi.
Fatti pochi passi, si trovarono in mezzo alla radura, lontano dalle pozze di luce disegnate dai lampioni. Nel buio denso come la pece, anche i grilli avevano smesso di cantare -Fermo!- sibilò Lele, trattenendo l’amico per un braccio -Mi è sembrato di sentire qualcosa...
Valdo si guardò d’istinto alle spalle -Ho un brutto presentim...ouch!-
L’impressione fu quella di essere andato a sbattere contro una lastra di granito, sentì il terreno mancargli sotto i piedi e per un breve istante credette di librarsi in volo, salvo poi ricadere pesantemente a terra. Quando riaprì gli occhi, una luce scaturita dal nulla lo colpì al viso, abbagliandolo.
-Chi cazzo siete voi due!- Una voce fredda, tagliente. Una voce abituata a comandare e che non ammetteva repliche. La luce ruotò a illuminare Lele e finalmente Valdo vide che cosa l’aveva colpito. Era un uomo corpulento in jeans e camicia hawaiana. In una mano reggeva una torcia elettrica e nell’altra una pistola con la quale teneva Lele sotto mira.
-Allora, chi cazzo siete!- sbraitò l’omone. La luce tornò a illuminare Valdo che si schernì con una mano -Siamo due visitatori del Quartiere...- disse in un soffio
-Lei chi è..?
-Visitatori, eh? Due coglioncelli in cerca di avventure piccanti - L’uomo sghignazzò e infilò la pistola nella cintola dei calzoni, nascondendola sotto la camicia -Io sono il commissario Jimmy Drago della squadra omicidi. E adesso ditemi perché mi stavate seguendo.
-Commissario Jimmy cosa..?- L’espressione incredula di Lele durò solamente un attimo, il tempo di venir cancellata da un nuovo pugno scaturito dal poliziotto. Volò a gambe levate addosso a Valdo ed entrambi rotolarono scompostamente.
-Ehi, teste di cazzo, non lo ripeterò un’altra volta!- abbaiò Drago incombendo come un’orco su di loro -Perché mi seguivate?
Lele si tastò il labbro gonfio e sanguinante e con una smorfia disse -Abbiamo visto i lampeggianti e ci siamo incuriositi, ecco tutto.
-Ah... è così, eh?- Il poliziotto li squadrò con aria severa e li aiutò a rialzarsi
-C’è stata una serie di omicidi da quando il Quartiere è stato aperto e l’ultimo cadavere è stato ritrovato proprio in questa zona. Tutte le notti percorro i viali più periferici e mi inoltro nella boscaglia e aspetto... perché prima o poi li beccherò quei bastardi-
Drago manovrò la torcia illuminando il terreno circostante -Non dovreste stare qui, voialtri, è molto pericoloso.
-Ma la televisione non ne ha mai parlato- disse Valdo e l’attimo successivo si trovò con il viso schiacciato contro quello di Drago. Valdo notò la cicatrice a mezzaluna che gli segnava il naso e il distintivo appuntato al taschino della camicia. Il poliziotto lo aveva afferrato per il bavero sollevandolo di peso e scuotendolo come uno straccio.
-Stammi bene a sentire, idiota, la televisione non ne ha parlato perché è manovrata dal governo- gli alitò addosso Drago -Sai quanto ci guadagna il governo con questo bordello? Lo sai cosa succederebbe se la notizia diventasse di dominio pubblico?- Con una spinta allontano Valdo e gli puntò contro il dito.
-Nessuno verrebbe più qui a spassarsela e tante persone perderebbero tanti quattrini. Capisci ora perché la notizia deve rimanere segreta? Lo capisci o no, stronzetto!
-Sì... credo di sì- farfugliò Valdo, ancora scosso.
-Abbiamo afferrato il concetto, signore- aggiunse Lele.
-Bravi. E adesso andatevene, ho del lavoro da svolgere.
L’acqua fresca della fontana servì a procurargli un pò sollievo alla guancia tumefatta. Rinfrancato dall’effetto ottenuto, Valdo immerse nuovamente le mani a coppa e si sciacquò il viso. Rovistò nella tasca dei calzoni alla ricerca di un cleenex e le dita incontrarono il biglietto d’ingresso, stropicciato ma ancora integro e improvvisamente il suo cervello materializzò l’immagine di una bibita ghiacciata con fetta di limone infilata sul bordo del bicchiere e bandierine di guarnizione.
-Lele, mi è venuta sete. Che ne diresti di...
-Ah, no, Valdo, ne ho abbastanza per stasera- Lele si indicò il labbro gonfio -E poi l’hai sentito quel poliziotto... questo luogo è pericoloso. Omicidi, Valdo, mica niente.
-Naahh, Lele!- Valdo schiaffeggiò l’aria con la mano -Dì, ma l’hai visto? Sembrava uscito dal telefilm Miami Vice, la brutta copia di Don Johnson. Io non ci credo alla storia degli omicidi, e tu?
Lele alzò le spalle -Bè, in effetti...- borbottò -La tele non ne ha mai parlato.
-Appunto. E se la televisione non ne ha parlato, allora non è mai accaduto. Quel poliziotto, quel Drago, ci ha raccontato un sacco di palle
-Che bastardo- ringhiò Lele - Ci ha pure picchiati. Ma perché l’ha fatto, secondo te? -Secondo me è un maniaco che spia le coppiette e quando siamo arrivati noi, gli abbiamo rovinato il programma.
-Già, sicuro!- Gli occhi di Lele si illuminarono come fari abbaglianti -E per mandarci via si è inventato la storia degli omicidi.
-Bene, allora ascoltami- mostrò all’amico il volantino ricevuto all’ingresso e ci puntò sopra il dito -Noi siamo qua, in Viale Delizia. Poco distante c’è questo locale, si chiama l’Estremo Piacere, il nome è una garanzia. Beviamo qualcosa, rimorchiamo due ragazze e finalmente diamo un senso alla serata, eh?
Lele tirò una pacca sulla schiena di Valdo -Aggiudicato, amico. Voglio proprio farmi una scopata alla faccia di quello stronzo di Drago!

Jimmy Drago era un commissario d’assalto, uno della vecchia scuola, non uno di quei fighetti abituati a svolgere le indagini col computer. Il suo archivio non era costituito da dischetti ma da faldoni ripieni di verbali, le fotografie dei ricercati non erano digitalizzate sui cd-rom ma appese alle pareti del suo ufficio. Era capace di dormire in macchina per giorni durante un pedinamento e tutte quelle cazzate sulla privacy non lo toccavano minimamente. Quando c’era da fare un’irruzione, buttava giù una porta a spallate senza chiedere permesso e se doveva sparare c’era da giurare che lo avrebbe fatto per primo. Il suo attaccamento al lavoro era maniacale, arrivava ad immedesimarsi nel criminale al quale dava la caccia, a pensare come lui, ad agire come lui. Non esisteva la pausa per il caffè, quando si combatteva il crimine.
Adesso gli avevano affidato questo caso: cinque efferati omicidi avvenuti all’interno del Quartiere del Sesso. Una storia da sbrigare in fretta senza clamore per non distogliere la popolazione dal nuovo giocattolo fornito dal governo e lui si era già fatto un’idea in proposito. Gli omicidi erano stati commessi da qualche banda del cazzo che effettuava rituali cannibalistici e qualche altra fesseria del genere. Giochi sessuali finiti a puttane, tanto per intenderci. Da qualche parte, nel Quartiere, qualcuno si divertiva ad attirare dei poveri stronzi col pisello ritto ed a massacrarli alla fine di scorribande erotiche molto particolari. Le vittime erano state ritrovate mutilate e con i segni di bruciature su tutto il corpo. Le autopsie avevano anche evidenziato che dai corpi erano stati asportati alcuni brani di carne a forza di morsi. Roba da far rizzare i capelli solo a pensarci, ma Drago non vedeva l’ora di incontrare i responsabili di questi delitti per somministrargli la sua purga personale fatta di confetti di piombo calibro 45.
Salì in auto e rovistò nel vano portaoggetti alla ricerca di un sigaro. Aveva bisogno di fumare quando doveva riflettere. Trovò una barretta di cioccolato, un mazzo di cartine stradali, una lettera dell’avvocato della sua ex moglie, un pacchetto di cracker e finalmente le dita incontrarono quello che cercava. Con un morso staccò l’estremità del sigaro e la sputò attraverso il finestrino. Aspirò una boccata e si lasciò scivolare sul sedile.
-Cristo...- sospirò. Da due mesi trascorreva tutte le notti al Quartiere, passando da un locale all’altro, accompagnandosi sempre con donne diverse, alla ricerca di informazioni utili per l’indagine. Aveva assistito ad ogni tipo di sperimentazione sessuale, spesso vi aveva anche partecipato, a volte traendone piacere, altre volte solo disgusto. Qualcosa aveva scoperto tra un’orgia e l’altra, confidenze di sadomasochisti e feticiste amanti degli stivali, qualcosa che si sussurrava nei locali dove si praticava il sesso più estremo. C’era qualcuno che pagava per avere filmini amatoriali dove la gente veniva torturava e uccisa per davvero e c’era qualcun’altro che procurava le vittime e le macellava. Niente nomi, nessuna certezza, forse solamente una leggenda metropolitana per attirare i cultori delle depravazioni più turpi, ma per Drago era un indizio, un appiglio al quale attaccarsi con le unghie. Dal taschino della camicia estrasse la cartina spiegazzata del Quartiere e la osservò masticando la cicca del sigaro.
Era zeppa di crocette che indicavano i locali che aveva già visitato, ma molti altri erano ancora da spuntare.
-Uhm...- borbottò mentre avviava la macchina -Proviamo questo- Accartocciò la mappa e la lanciò sul sedile posteriore. Sperava di non capitare in un ritrovo di travestiti.

Appoggiati al banco del bar, Lele e Valdo osservavano sconsolati le rispettive bibite. L’Estremo Piacere non era poi questo gran che di locale, solamente un ritrovo per gli amanti dell’abbigliamento in pelle e degli stivali. Sopra un palco, avvinghiate ad una pertica d’acciaio, due ragazze nude si scambiavano effusioni tra i fischi del pubblico. Lele le guardava annoiato, lanciando ogni tanto lo sguardo verso il gruppo di cinesi ubriachi, sprofondati nei divanetti e attorniati da ragazze armate di fruste. La serata era stata un fallimento completo e tutti i sogni erotici si erano infranti definitivamente appena avevano messo piede nel locale. Per non parlare di quel poliziotto che li aveva picchiati... già, proprio una serata di merda.
-Mi fai accendere?- gli alitò qualcuno nell’orecchio. Mentre si girava sentì un profumo intenso penetrargli nelle narici e rivitalizzargli gli ormoni assopiti.
-Prego..?- disse e quasi rimbalzò contro il più bel paio di tette che avesse mai visto. Appoggiata al banco, una mora con reggiseno e minigonna in pelle, lo fissava con occhi languidi reggendo tra le dita una sigaretta. Una bionda infilata in una guepiere nera che faticava a contenere le forme prorompenti ,con stivali alti fino alle ginocchia e con un cappello da motociclista, si insinuò tra Lele e Valdo, abbracciandoli e stringendoli a sé -Allora, avete da accendere per la mia amica?-
Valdo fu lesto ad afferrare la scatola dei cerini appoggiata sul banco e avvicinò la fiammella al viso della mora -Io mi chiamo Valdo. Lui è il mio amico Lele. Bella serata, vero?
La mora soffiò il fumo in faccia a Lele, mentre la bionda aveva iniziato a massaggiare la nuca di Valdo, strusciandoglisi contro e alitandogli sulle orecchie -Io e la mia amica stavamo giusto cercando compagnia. Io mi chiamo Dorina.
-E io Fatima- sussurrò la bionda -Vi andrebbe di unirvi a noi in qualche... gioco?
I due amici si scambiarono un’occhiata d’intesa. Neppure nei sogni erotici più sfrenati avevano immaginato di accompagnarsi a due creature come quelle.
-Che genere di gioco?- domandò Lele.
Dorina gli si avvicinò col viso fino a sfiorargli le labbra -Non lo immagini? Vi faremo provare sensazioni indescrivibili. Ogni vostra terminazione nervosa urlerà dal piacere.
-Seguiteci- disse Fatima e la sua voce conteneva un invito impossibile da rifiutare.
Sfilarono accanto al palco fino a raggiungere una porta con l’insegna Privato. Dorina girò la maniglia e invitò i ragazzi a precederle. L’ingresso dava su uno stretto corridoio, illuminato da una tenue luce rossa, sul quale si affacciavano diverse porte ed accanto ad ognuna di esse si apriva una nicchia che permetteva di vedere nella stanza. Da qualche parte giungevano lamenti, ronzii e schiocchi di frusta.
-Ma che razza di posto è questo?- disse Valdo. Lele si era fermato davanti alla prima nicchia; dall’altra parte, in una stanzetta con le pareti di mattoni, un grassone armeggiava con delle pinze intorno ad una ragazza nuda incatenata al letto. Più avanti, nella stanza successiva, una donna agghindata con borchie e catene, stava frustando un uomo legato ad una croce di legno.
-Venite- disse Fatima, indicando l’ultima porta. Un urlo straziante, seguito da un ronzio simile a quello di una motosega, fece sussultare Lele -Forse... forse è meglio rinunciare- balbettò. Si girò e si scontrò contro il petto di Dorina -Vuoi andartene proprio adesso? Ora che stai per conoscere quello che a molti altri sarà negato per sempre?
Fatima aveva già aperto la porta. Sulla soglia li attendeva un uomo a torso nudo e con il viso coperto da una maschera di pelle con una cerniera lampo al posto della bocca. In una mano reggeva una fiamma ossidrica, nell’altra un punteruolo.
-Oddio!- esclamò Lele e dovette appoggiarsi alla parete colto da un improvviso senso di vertigine. La mano dell’uomo si abbattè come un maglio sulla spalla di Valdo, lo afferrò di peso e lo gettò contro il muro. L’impatto fu violento e il ragazzo scivolò a terra privo di sensi.
-Siete dei pazzi- urlò Lele -Aiuto!- gridò più forte. La risata di Dorina fu una risposta fin troppo eloquente -Nessuno vi può sentire. Tra poco Igor si occuperà di voi.
-Chi..?- Lele si voltò verso l’uomo giusto in tempo per vedere arrivare il pugno diretto al suo mento. Udì un rumore poco gradevole di denti frantumati e tutto diventò buio.
Quando riprese i sensi si ritrovò incatenato con delle manette all’inferriata di un letto. I pensieri gli giravano ancora lenti per la testa e attraverso la vista annebbiata vide che qualcuno gli aveva lacerato la maglietta in tante sottili striscioline di stoffa.
-Ma che cazzo...- girò la testa a destra, attirato da un odore pestilenziale e cacciò un urlo possente con tutta l’aria che aveva nei polmoni. Accanto a lui c’era il cadavere di una donna in avanzato stato di putrefazione ricoperto di vermi brulicanti. Il fetore era insopportabile. In preda al panico, prese a calci il cadavere facendo volare vermi dappertutto e strattonò le manette con tutta la forza che aveva col solo risultato di scorticarsi i polsi.
-Lele...- Un gemito. Si voltò e vide la testa e le mani di Valdo sporgere da una gogna. L’amico era inginocchiato a terra, imprigionato dall’attrezzo di tortura in una posizione molto dolorosa.
-Valdo, mio Dio, dove siamo capitati...sono dei pazzi maniaci...- Fu allora che vide la cinepresa piazzata in un angolo della stanza. Ma le sorprese non erano finite: un’intera parete era ricoperta da strumenti di tortura, uno scintillante campionario di pinze, tenaglie, fruste, mazze ferrate, coltelli, punteruoli, asce.
Lele si sentì mancare il respiro e deglutì a vuoto prima di trovare le parole
-Valdo, hai mai sentito parlare degli snuff?
-No, Lele, che roba è?
-Sono filmati girati per gente malata, filmati dove le persone vengono torturate e uccise veramente- Agitò le gambe per scrollarsi di dosso i vermi -Sai, temo che noi saremo i protagonisti del prossimo film...
In quel momento entrarono Dorina e Igor. Un sorriso radioso illuminò il volto della donna. Nella mano stringeva un rasoio -Guarda, si sono svegliati, possiamo cominciare.
Igor passò in rassegna gli strumenti. Accarezzò asce e roncole e infine raccolse un trapano elettrico. Infilò la spina nella presa e osservò affascinato la punta ruotare a velocità vertiginosa -Da quale cominciamo?
Dorina si chinò su Lele. Afferrò una manciata di vermi e li lasciò cadere sul viso del ragazzo, incurante delle sue urla di ribrezzo. Sollevò il rasoio e cominciò a tagliare una dopo l’altra le strisce della maglietta, fino a lasciarlo col torace nudo. Fece saettare la lingua da un angolo all’altro delle labbra e iniziò a leccargli il petto. Lele gridò di dolore quando Dorina affondò i denti in un morso profondo. La donna sollevò la testa di scatto e con le dita si toccò la bocca sporca di sangue -Cominciamo da lui- disse indicando Valdo con il rasoio.
Igor si avvicinò alla gogna reggendo il trapano -Inizierò bucandogli le guance da parte a parte, poi gli amputerò le dita con la roncola e cicatrizzerò le ferite con il saldatore. Questo per cominciare- La voce di Igor giungeva ovattata a causa della maschera che indossava. Sotto la cerniera un piccolo cratere si gonfiava e si restringeva ad ogni parola -Dorina, vai alla cinepresa.

Appena messo piede all’Estremo Piacere, Jimmy Drago si era reso conto di essere capitato in un ritrovo per sadomasochisti. C’era un sacco di gente che girava vestita come ufficiali nazisti, con piercing in ogni parte del corpo e armata di frustini. Per un po’ si era divertito a guardare il gruppo di cinesi ubriachi e seminudi venir frustati a sangue da tre puttane, poi il suo sesto senso di sbirro aveva fatto un doppio salto mortale e si era messo sull’attenti. Quando era entrato nel locale aveva subito adocchiato la biondina intubata nella guepiere nera con il cappello da motociclista, un fisico come quello non passava di certo inosservato, ma quando l’aveva vista entrare e uscire diverse volte da una porta a lato del palco, si era staccato dal banco del bar lasciandosi guidare dall’istinto.
Giunto davanti alla porta con la targhetta Privato si sentì pervadere da un senso di eccitazione. Non c’era attrazione più forte che aprire una porta che doveva rimanere chiusa. Girò la maniglia e quando vide il corridoio immerso nella luce soffusa e udì i lamenti provenire dalle stanze, stirò le labbra in un sorriso tagliente come una lama perché ancora una volta il suo fiuto non lo aveva ingannato.
Richiuse la porta e da sotto la camicia sfilò la pistola. Sbirciò attraverso la prima nicchia e sebbene nella sua carriera si fosse trovato molte volte sulla scena di delitti mostruosi, non potè fare a meno di rabbrividire. Sul letto c’era una ragazza con il torace aperto e gli organi ordinatamente riposti sul cuscino e un grassone completamente ricoperto di sangue era inginocchiato a terra, impegnato ad autoinfliggersi delle ferite con le tenaglie.
-Porci bastardi!- imprecò Drago mentre sentiva una rabbia feroce montare dentro di lui ed impadronirsi del suo corpo. Aveva trovato il covo, ora avrebbe eliminato le belve. Il governo lo aveva incaricato di risolvere il caso senza troppo rumore ma c’era da giurare che quando avrebbe finito, dell’Estremo Piacere sarebbe rimasta solamente cenere.
Infilò la mano che impugnava la pistola nella nicchia ed esplose tre colpi all’indirizzo del grassone. Due alla testa e uno al petto. L’uomo stramazzò a terra con un tonfo. La porta della seconda stanza si aprì di colpo e una donna con uno scudiscio in mano gli si avventò addosso con un urlo. Un sibilo, uno schiocco e una riga rossa affiorò sulla guancia del poliziotto. Blam! -Puttana schifosa...- Drago si toccò il viso e si guardò le dita sporche di sangue mentre scavalcava il corpo della donna. Si affacciò alla stanza e vide un uomo appeso a una croce con la schiena scorticata e i tendini delle braccia in bella vista. Era come giocare a Doom, spingevi una parete e una porta segreta si apriva... ed a proposito di porte, chissà cosa nascondeva l’ultima. Con la tensione a mille ed allo stesso tempo invaso dall’eccitazione della caccia, Drago avanzò nel corridoio come un animale che braccava la preda. Con una pedata spalancò l’ultima porta e scatenò l’inferno.
Quando Igor udì i colpi di pistola provenire dal corridoio, arrestò la mano che impugnava il trapano nel momento in cui la punta stava per infilarsi nell’orecchio di Valdo. Il tempo di scambiare un’occhiata con Dorina ed ecco un nuovo urlo ed un altro sparo. Qualcosa non andava; i clienti dell’Estremo Piacere non usavano armi da fuoco perché toglievano loro il piacere della tortura e della sofferenza della vittima.
Posò a terra il trapano e raccolse dalla rastrelliera appesa alla parete una mazza di ferro irta di chiodi e quando si voltò per dirigersi alla porta si trovò faccia a faccia con Drago.
-Questa, poi...- disse il poliziotto contemplando la scena in tutto il suo orrendo splendore L’attimo successivo la sua visuale venne coperta da una massa urlante con la testa infagottata che brandiva una mazza e solamente grazie a un riflesso riuscì a schivare il colpo che gli avrebbe sfracellato la spalla.
-Capperi!- esclamò Drago.
-Uccidilo!- gridò Dorina.
Igor tornò all’attacco brandendo la mazza con entrambe le mani ben alta sopra la testa ma prima di riuscire a calarla, si arrestò di colpo con due fori nel petto. Lasciò cadere la mazza e si guardò il sangue che colava copioso dalle ferite.
-Dorina...- balbettò e cadde addosso a Lele sfondando il cadavere putrefatto e sollevando una nuvola di vermi.
-Ehi, tu. Ferma!- intimò Drago alla donna che ancora impugnava il rasoio -Sei in arresto.
-Vaffanculo!- ringhiò Dorina. Digrignò i denti come un animale feroce e balzò all’attacco brandendo il rasoio e affettando l’aria come una furia. Scansò il primo proiettile, barcollò all’indietro quando il secondo la colpì al braccio e con un urlo aghiacciante calò l’ultimo fendente prima di cadere a terra con mezza faccia spappolata. Finalmente Drago abbassò la pistola e si guardò la camicia lacerata sul petto. Sollevò un lembo di stoffa e scosse la testa nel vedere il rivolo di sangue che gli colava da un taglio superficiale sul torace -Cazzo, una camicia da ottantamila lire!- disse tirando una pedata a Dorina per sincerarsi che fosse defunta. Rovistò nella tasca dei calzoni ed estrasse la cicca di un sigaro che si infilo in bocca con espressione beata -Però, che casino...- mormorò, poi guardò i ragazzi e scoppiò in una risata roca -Ci siamo già visti o sbaglio?- Sollevò il corpo di Igor per il collo e lo scaraventò a terra -Ma sicuro, siete quei due coglioni che volevano...oh, cazzo!- esclamò quando realizzò che il fagotto puzzolente accanto a Lele era un cadavere -Ma Cristo, in che razza di storia vi siete ficcati?
-Signor Drago, ci liberi per favore- ansimò Valdo -Questa maledetta gogna mi sta rompendo la schiena.
-Volevano filmarci mentre ci uccidevano- aggiunse Lele -Faccia presto, la prego.
-Meritereste che vi lasciassi qua- sbraitò Drago. Raccolse un’ascia dalla rastrelliera e fece saltare il lucchetto della gogna e altrettanto fece con le manette di Lele -Cosa vi avevo detto, prima? Vi avevo detto di andarvene, no? Ma voi no, non mi avete creduto, e poco ci è mancato che ci lasciaste la pelle. E per cosa, poi? Per una scopata. Che stronzi.
-Signor Drago, noi...- cominciò Lele, ma il poliziotto lo zittì con un gesto -Adesso basta, c’è ancora del lavoro da fare. Manca la puttana bionda.
Uscirono dal locale senza incontrare resistenza. L’insonorizzazione delle stanze di tortura aveva impedito agli avventori di udire il fragore degli spari e comunque nulla li avrebbe smossi dallo spettacolo delle due ragazze sul palco. Drago si guardò intorno alla ricerca di Fatima ma con un moto di disappunto constatò che non vi era traccia della donna.
Giunti all’auto del poliziotto, Drago afferrò i due ragazzi per il bavero e gli disse con tono deciso -Statemi bene a sentire, voi due. Adesso ve ne andate senza voltarvi e vi dimenticate dell’intera faccenda. Sono stato chiaro?
Lele e Valdo annuirono, felici di essere malconci ma ancora vivi. Drago li scrollò un’ultima volta e si disinteressò di loro, aprì il cofano ed estrasse un fucile a pompa e una scatola di cartucce -È l’ora della medicina- disse avviandosi a rientrare nel locale.
I ragazzi si scambiarono un’occhiata d’intesa e corsero lungo il viale, cercando rifugio nella notte, mentre alle loro spalle riecheggiavano i primi spari.