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-Dai, apri questa porta. Svelta!
Ginevra infilò le chiavi nella toppa con le mani che tremavano -Ecco, solo un momento…
-Presto!- sibilò Ferro -Questo aggeggio pesa come un maiale- Con una spallata spalancò la porta dello scantinato e depositò il pesante fardello sul tavolo. Dietro di lui, Oscar dette una rapida occhiata al cortile e richiuse la porta.
-É fatta- disse Ferro. Trasse un profondo respiro e agitò le braccia intorpidite per far confluire il sangue -Tutto a posto là fuori?
Oscar annuì. Guardò attraverso la finestrella che dava sul cortile -Tutto a posto, non ci ha visto nessuno.
Ferro sentì l'agitazione scemare per lasciare posto a una piacevole sensazione di esaltazione. Guardò l'oggetto ricoperto da un telo verde -Ginevra, la televisione. Accendila.
Le immagini dei programmi mattutini irruppero dallo schermo in una serie di soap opere, aste televisive e ricette per casalinghe. -Forse è troppo presto…non hanno ancora dato la notizia- disse Oscar con un gesto di stizza.
-Ma si, ma sì che l'hanno data. Sintonizzati su MilanoSei, sono sempre aggiornati.
Con un tocco del telecomando, Ginevra cambiò canale. Le immagini di un furgone circondato dalla polizia riempirono lo schermo.
-Eccolo!- esclamò Ferro.
-Questa mattina in Corso Buenos Aires si è verificato un nuovo attacco degli hacker a un furgone della RaduCom, - annunciò la voce del telecronista, mentre sfilava il filmato -che trasportava materiale informatico. I pirati hanno imbrattato di vernice il furgone e lasciato dei volantini di rivendicazione. Pare anche che abbiano trafugato dei computer.
-Guardate, si vede il nostro logo sulla fiancata- disse Ginevra.
-L'attacco si configura nella lotta intrapresa dagli hacker contro la RaduCom- proseguì il telecronista -accusata di aver monopolizzato Internet impedendo il libero scambio dell'informazione. La polizia…
Ginevra spense il televisore -Ci siamo guadagnati l'attenzione dei media, adesso vediamo se ne è valsa la pena- Afferrò un lembo del telo che ricopriva l'oggetto sul tavolo e con un gesto da prestigiatore scoprì una scatola di robusto cartone. Oscar strappò il nastro adesivo dell'imballaggio e da sotto uno strato di polistirolo estrasse uno schermo ultrapiatto incellofanato, una tastiera e un case con il logo della RaduCom.
-Avevo giusto bisogno di un computer nuovo- ridacchiò Ferro -Portiamolo sul banco.
Monitor e stampanti vennero spostati per creare spazio al nuovo arrivato. Ferro armeggiò con i cavi di collegamento e inserì la spina nell'alimentazione. Prima di accendere il computer, si soffermò a guardarlo attentamente. Tecnologia wireless, nessun filo tra tastiera e video, mouse agli infrarossi, altoparlanti e webcam incorporati, schermo al plasma. Un vero gioiellino tecnologico di padron Olinka Raduciov, boss in gonnella della RaduCom, l'azienda leader che aveva soppiantato la Microsoft lanciando l'era di Internet a pagamento. Tutti i portali facevano capo alla RaduCom, la Rete era diventata un mare di password e accessi autorizzati, il libero scambio di opinione che aveva caratterizzato Internet negli anni 90 non esisteva più. L'unica informazione era quella elargita dietro pagamento dalla RaduCom.
Con le dita sfiorò l'incisione in rilievo che spiccava accanto al lettore dvd. BIO.
-Accendilo- disse Ginevra.
Ferro schiacciò il tasto On/Off e l'occhio della webcam si illuminò.

Mentre l'ascensore saliva verso il livello presidenziale del Raduciov Palace, Brizzi deglutì pensando al magazziniere che per errore aveva destinato un computer da cento miliardi alla catena di negozi RaduCom invece che al Centro Informatica Spinta dove lo attendevano per essere testato. Se poi si considerava che il furgone con a bordo il prototipo era stato assalito dagli hacker e il computer era stato rubato, non c'era affatto da stupirsi se in quel momento il povero magazziniere era rinchiuso in un sotterraneo del Raduciov Palace, incatenato a una sedia con intorno cinque mastini in giacca e cravatta esperti nel maneggiare pinze e saldatori.
Oddio… pensò Brizzi, sentendosi mancare. Guadagnava 300 milioni all'anno per garantire la sicurezza della Sezione BioTech ma in quel momento, quando mancavano tre piani al livello presidenziale, avrebbe preferito essere in fila all'ufficio di collocamento piuttosto che incontrare Olinka Raduciov.
Con un sibilo le porte dell'ascensore si aprirono, scaricando un sudato Brizzi in un ampio corridoio col pavimento ricoperto di moquette bianca come la neve. Essenze profumate venivano emanate nell'aria attraverso piccole griglie incastonate nel soffitto. Appese alle pareti una gallerie di stampe che ritraevano Olinka Raduciov sulle copertine delle riviste di tutto il globo. E poi teche piene di targhe, premi e modelli di computer ormai superati, ma tappe fondamentali dell'inarrestabile scalata della Raduciov nel mondo dell'informatica.
Col cuore in tumulto si fermò davanti alla massiccia porta dove campeggiava una targa in oro zecchino con l'incisione Ufficio Presidenziale. Una telecamera ronzò alla sua sinistra e attraverso un piccolo altoparlante giunse la voce distorta della Raduciov.
-Avanti.
Il salone era un'esplosione di luce che feriva gli occhi. Moquette bianca, pareti bianche, una monumentale lastra di marmo dietro alla quale sedeva Olinka Raduciov, attorniata da una decina di uomini in completo grigio e occhiali scuri. La luce del sole entrava dalla vetrata che circondava l'ufficio ed esplodeva in auree cangianti che avvolgevano persone e oggetti.
-Si sieda- ordinò seccamente la donna, indicando una soffice poltrona bianca.
Brizzi obbedì. La presenza degli energumeni alle spalle della Raduciov non aiutava a tranquillizzarlo. Chiacchiere di corridoio asserivano che fosse una consuetudine dell'azienda quella di far eliminare i dipendenti divenuti scomodi da una squadra di killer assoldati direttamente dalla mafia russa. Olinka Raduciov si alzò dallo scranno e girò intorno alla scrivania, soffermandosi davanti a Brizzi. Volto spigoloso, occhi azzurri, i capelli biondi raccolti in una treccia. Indossava giacca e gonna di pelle, tra le dita ornate di anelli tratteneva una sigaretta. Sedette sul bordo della lastra di marmo e accavallò le gambe in un fruscio di seta -Questa mattina è stato rubato un computer da cento miliardi, un sofisticato modello con un microprocessore cromosomico dotato di filamenti di DNA- Tipico accento russo da spia appena uscita da un film di James Bond. Guardò il soffitto, bianco, e soffiò il fumo con aria distratta. -Ci sono voluti anni per costruire un biocomputer che ricalcasse il funzionamento del cervello umano. Un computer pensante, capace di azioni proprie senza l'ausilio dei programmatori, un computer che se collegato alla nostra rete neurale ci consentirebbe un enorme vantaggio sui nostri avversari. Bene, signor Brizzi, questo computer è stato rubato e io lo rivoglio. Al più presto. I resti del magazziniere che ha commesso l'errore se li stanno disputando i miei cani, lei ha tempo tre giorni… scaduto il termine, se non riavrò il mio computer, i miei ragazzi si occuperanno di lei in maniera definitiva e io dovrò cercarmi un nuovo responsabile della sicurezza.
Una stretta allo stomaco fece contorcere Brizzi sulla poltrona. Occhi pallati, la camicia costosa intrisa di sudore, il sapore acre della bile nella gola. Le immagini di terribili torture medievali gli riempivano la testa. Olinka toccò un punto della lastra di marmo e uno schermo emerse dalla scrivania -Queste sono le immagini del servizio andato in onda stamattina. Guardi attentamente il furgone. Vede quel disegno fatto con la vernice sulla fiancata? E' il marchio che hanno usato gli hacker per firmare la loro impresa. Può cominciare da lì.

-Aiutoo!! Soccorso! Mi hanno rapiiitooo!!
Ferro si scagliò verso il computer brandendo un cacciavite -Fatelo stare zitto! Spegnetelo, disattivate le casse! Non lo reggo più.
Ginevra fissava inebetita il desktop dove capeggiava un enorme occhio. Da quando lo avevano acceso non aveva fatto altro che enunciare articoli del codice penale, promettendo severe punizioni corporali con una voce terribilmente umana.
-Un computer che parla…sicuramente c'è il trucco- disse Oscar, grattandosi pensosamente il pizzetto che gli ornava il mento -Voglio dire, si tratta di un programma di routine che sfrutta frasi precedentemente campionate.
-Dov'è il mio programmatore? Perché non sono nel mio laboratorio? Dov'è Olinka?- L'immagine sul desktop cambiò in una ghigliottina -Voi tre farete una brutta fine se non mi consegnerete immediatamente ai miei proprietari. La mia webcam ha digitalizzato le vostre immagini che invierò al server della RaduCom e voi sarete spacciati.
-Cazzo, non ci posso credere! Sono minacciato da un computer- Ferro tornò all'attacco col cacciavite -Va bene, mister sotuttoio, se non la smetti di blaterare ti acceco la webcam!
-Diamoci una calmata, va bene?- Ginevra si frappose tra il monitor e Ferro -É solamente un computer, ok? Forse tecnologicamente avanzato, ma pur sempre una scatola di plastica. Sono sicura che c'è una spiegazione logica a tutto.
-Non un computer qualunque, cocchina, ma un biocomputer- Le casse emisero un sibilo che assomigliava a un sospiro umano -Mi chiamo Bio, sono il prototipo di un computer con processore cromosomico costituito da filamenti di DNA innestati in un microchip neurale. I miei algoritmi sono in grado di sviluppare un flusso di informazioni che ricalca il pensiero umano. Il mio database è immenso, posso comparare qualsiasi evento a quelli archiviati in memoria e trarre nuove istruzioni. Sono autogenerante, con un margine di errore ristrettissimo. Adesso connettetemi a Internet, in modo che io possa inviare un'email di soccorso alla RaduCom e forse saranno clementi nei vostri confronti.
Ginevra sentì il bisogno di sedersi, le gambe improvvisamente diventate di gelatina. I volti di Ferro e Oscar esprimevano tutto lo sgomento possibile. Bianchi come lenzuoli, guardavano il grande occhio inquisitore di Bio che li scrutava attraverso il monitor.
É solamente computer grafica… si disse Ginevra, distogliendo lo sguardo. Molto realistica, ma solamente un'animazione.
-Vi rendete conto di quello che abbiamo per le mani?
Gli sguardi interrogativi di Ferro e Oscar si posarono su di lei -Non so come e non so perché, ma ci è capitata un'occasione unica per chiedere alla RaduCom quello che vogliamo.
Oscar schioccò le dita -Un riscatto!
-Già. Potremmo chiedere dei soldi, la liberalizzazione di Internet, tutto quello che vogliamo. Se rivogliono il loro giocattolo dovranno accontentarci.
Ferro scrollò la testa. Si avvicinò al computer e posò una mano sul monitor
-Non dobbiamo dimenticare che dentro questo affare ci sono le nostro foto. Se lo consegniamo, ci beccherebbero subito. Magari ci stanno già cercando e scommetto che sono pronti a tutti pur di riaverlo. Prima di tutto dobbiamo cancellare i file…
-Illusi- Sul monitor di Bio era apparsa una lingua spernacchiante -Ho attivato la modalità undelete. Non avete nessuna possibilità di accedere ai miei dati dall'esterno. Siete fregati.
-Merda!- Ferro agitò il pugno nell'aria -Ci ha fottuti. Sapete cosa vi dico? Distruggiamolo.
-Ho un'idea migliore- disse Ginevra. Un sorriso radioso gli illuminò il viso -C'è una sola persona in grado di intervenire sul suo sistema operativo. Il Chirurgo.


Quartiere Brera. Una volta ritrovo di artisti, pittori e cartomanti che intrattenevano il pubblico dalle loro bancarelle piene di bigiotteria, statuette portafortuna e pezzi d'antiquariato, soppiantati poi dall'arrivo dei cybercafè e dei centri multimediali dove la gente si incontrava per chattare tra un aperitivo e un salatino. Il popolo dei netsurfer si riuniva alla sera per dialogare del portale all'ultimo grido reperito sulla Rete, di new economy, del javascript che prometteva miracoli in fatto di animazioni tridimensionali, del videogame dove si diventava protagonisti grazie alla realtà virtuale. Un fiorire di pub, club, scantinati dove si praticavano pratiche di hackeraggio, tutto spazzato via dalla privatizzazione di Internet effettuata dalla RaduCom che aveva comperato i maggiori provider dando il via all'era dell'informazione a pagamento.
Ora i vicoli del quartiere, una volta animati dal chiacchiericcio della gente e dalle luci dei locali, erano una desolante fila di saracinesche abbassate. Pochi i passanti che si attardavano in qualche locale deserto. Quando Ferro giunse davanti all'Hacher Zone, tre ragazzi agghindati come writers erano gli unici avventori del locale. Dietro al banco, un tizio con le braccia tatuate e la bandana si stava versando due dita di rum.
-Flag, come te la passi?
Il barista ingollò in un fiato il rum. Prese un bicchiere e lo fece scivolare davanti a Ferro -Bevi con me, amico. È parecchio che non ti fai vedere.
-I tempi sono cambiati, Flag- Prese la bottiglia e si versò del rum -Ti ricordi quando abbiamo oscurato quei server pedofili? Ne parlarono anche i giornali.
Un sorriso sdentato illuminò il viso cisposo di Flag -Brindiamo ai vecchi tempi!- Riempì i bicchieri di entrambi e in un sorso mandò giù il liquore -Guardati intorno, amico. Non ci viene più nessuno all'Hacker Zone, pensare che qualche anno fa dovevo buttare fuori la gente a calci. Maledetta Olinka! Impadronendosi di Internet ha di fatto censurato l'informazione via web. I maggiori provider sono al suo servizio, non ci sono più siti gratuiti, per ordinare una pizza via modem devi pagare la RaduCom. E gli hacker, quelli che una volta si battevano con noi per la libertà della Rete, si sono fatti tutti comperare ed ora stanno dall’altra parte della barricata... brutti bastardi!- Raccolse lo straccio e si allontanò borbottando per servire i tre ragazzi. Ferro si versò dell’altro rum e si lasciò cullare dai ricordi del passato. All’Hacker Zone erano passati i pirati informatici più abili che la storia di Internet ricordasse. Dalla cantina di Flag erano partiti vari attacchi ai server web propagandando la controinformazione.
-Tira una brutta aria- Flag era tornato e stava appoggiato con i gomiti sul banco, il viso proteso in avanti in un atteggiamento confidenziale, la voce ridotta a un sussurro -È successo qualcosa che deve aver sconvolto i vertici della RaduCom. Girano strane voci e ci sono tizi dell’Est che vanno in giro a fare un sacco di domande.
-Ho bisogno di trovare il Chirurgo- disse Ferro.
Flag storse la bocca -È parecchio che non bazzica il locale.
-Se lo vedi, digli che lo sto cercando- Ferro si congedò. Giunto davanti all’uscita, fu colto dall’avvertimento di Flag -Stai attento, amico.

Una sensazione di gelo totale avvolse Brizzi quando il tizio con l’impermeabile scuro aprì la portiera dell’auto e gli si sedette accanto. Nell’ambiente informatico era conosciuto come uno spietato cacciatore di hacker, un killer al soldo di provider privi di scrupoli nello stroncare gli attacchi ai propri server web.
-Il signor Asmodeo? - disse Brizzi, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia.
L’uomo si girò di tre quarti, mettendo in bella mostra la cicatrice serpeggiante che gli partiva dalla tempia e arrivava fino al mento -Lei è Brizzi, vero? Ora che abbiamo fatto le presentazioni, parliamo di affari. Il mio tempo è prezioso e costa molto caro. Perché mi ha contattato?
Dalla tasca della giacca, Brizzi prese un foglio che consegnò ad Asmodeo. Sopra c’era raffigurato un ghirigoro difficilmente decifrabile -Alcune persone hanno commesso un furto ai danni dell’azienda che rappresento. Quel disegno è una specie di firma, di tag, degli autori del colpo.
-Che cosa hanno rubato e come mi devo comportare quando li trovo?
-Un computer- Brizzi si asciugò il sudore che gli ricopriva come una patina gelida la fronte -Gli autori del furto vanno... vanno ucc... eliminati.
-Lei vuole ammazzare delle persone perchè hanno rubato un computer?- Asmodeo afferrò Brizzi per il bavero, scuotendolo con forza -Ehi, ometto, mi stai prendendo per il culo?
Dalla tasca della giacca, Brizzi pescò una busta gonfia di soldi -Mi creda, è una faccenda molto seria. Questo è un acconto. Il computer mi deve essere riconsegnato integro.
Asmodeo lasciò andare la cravatta di Brizzi e con una rapida occhiata controllò il contenuto della busta prima di farla sparire tra le pieghe dell’impermeabile
-Riavrà il suo computer. Mi farò vivo io.
Brizzi emise un lungo sospiro di sollievo quando udì chiudersi la portiera e vide l’impermeabile allontanarsi. Con la mano che tremava, girò la chiavetta e mise in moto.

Ginevra spalancò gli occhi sulla penombra del laboratorio. Con un senso di inquietudine nel cuore, cercò i compagni con lo sguardo. Ferro dormiva sulla poltrona, le gambe distese sopra una sedia. Oscar si era addormentato con la testa reclinata sul tavolo. Dal banco giungeva la tenue luce emessa dal monitor di Bio, silenzioso da diverse ore. Avevano deciso di passare la notte al laboratorio, in attesa della venuta di Chirurgo, poi, una volta cancellati i file immagine residenti nella memoria del computer, avrebbero deciso cosa fare. Ginevra si massaggiò il collo anchilosato e si alzò dal divano per sgranchirsi le gambe. Dalle finestrelle filtrava la luce del mattino. Si versò una tazza di caffè e sedette davanti a Bio. Il desktop era occupato da un filmato che mostrava l’infrangersi delle onde su una spiaggia. Dalle casse giungeva debole il suono della risacca. Per un istante, Ginevra ebbe la sensazione di sentire anche l’odore della salsedine. Toccò il monitor e per incanto il mare svanì per lasciare spazio al solito occhio -Ehi, mi senti?
Il led rosso che segnalava il funzionamento dell’hard disk si accese -Tra poco verranno a liberarmi e tu finirai in prigione.
-Non credo che tu sia in grado di pensare veramente, sai? Esegui solamente un programma che ti consente di comparare ad altissima velocità tutte le informazioni in tuo possesso e in base a quelle dare una risposta basata su schemi già preordinati. Non sei nulla di più di un bancomat.
-Io sono l’esempio più avanzato nel campo dell'intelligenza artificiale. I miei algoritmi simulano il processo del pensiero umano, ho una capacità di risposta superiore a qualunque altro computer oggi esistente, ho uno sterminato vocabolario interno basato sul riconoscimento vocale che mi permette di interagire con gli esseri umani. Io sono il biocomputer per eccellenza.
-Io sono..? Tu sei una macchina, per quanto sofisticata, ma sempre una macchina creata dall'uomo che non ha la percezione di sè stessa né della realtà che la circonda. Non sei in grado di provare emozioni… la tua umanità consiste nell'applicare parametri che ti sono stati impostati dall'uomo. Se io ti ponessi una domanda che non è stata campionata nella tua memoria, potresti cercare all'infinito nel tuo database ma non troveresti mai la risposta, mentre l'uomo può avvalersi delle proprie esperienze passate per cercare la soluzione. Tu procedi per schemi, mentre l'uomo utilizza la teoria del caos.
-Sfidami- disse Bio -Ti dimostrerò quanto sono umano.
La figura ciondolante di Ferro oscurò il monitor -È rimasto del caffè?- Agitò il polso con l’orologio e lo avvicinò all’orecchio -Ma che ore sono?
-Quasi le otto. Ti verso il caffè- Ginevra si diresse verso il piccolo fornellino a gas -Il nostro amico soffre di disturbi della personalità, crede di essere umano.
Ferro girò intorno al computer, strofinandosi gli occhi -Ah...un po’ difficile da sostenere.
-Eppure ne è convinto. Mi ha sfidato a provare il contrario.
Ferro sorrise -Quando lo avremo aperto e gli avremo mostrato di che cosa è fatto, forse cambierà id...- Di colpo si irrigidì, lo sguardo puntato sulla porta. Qualcuno aveva bussato.
-Sveglia Oscar- disse mentre andava ad aprire.
-Ferro...
Fece un gesto vago con la mano e girò la chiave nella toppa. Socchiuse la porta e il respiro gli uscì con un sibilo. Un uomo con camicia hawaiana, bretelle rosse e valigetta ventiquattrore in mano attendeva sulla soglia.
-Chirurgo!- disse Ferro -Ti aspettavamo.


Asmodeo arrivò davanti all'Hacker Zone a passo svelto e con le mani sprofondate nelle tasche dell'impermeabile. In una stringeva il foglio che gli aveva dato Brizzi, nell'altra una pistola con silenziatore. Con una rapida occhiata controllò che non vi fossero curiosi in giro, quindi abbassò la schiena e passò sotto la saracinesca tirata a metà. All'interno, Flag stava passando uno straccio umido sul pavimento. Quando vide Asmodeo impallidì di colpo e lo scopettone gli scivolò dalle mani.
-Cosa c'è, Flag, sei sorpreso di vedermi? Eppure una volta eravamo amici.
-Prima che tu passassi dalla parte dei provider e cominciassi a dare la caccia agli hacker.
-Ah, già… molti di voi non hanno apprezzato la mia scelta di vita- Posò il foglio sopra il bancone e prese una bottiglia di Martini -Tu permetti, vero? Per brindare ai vecchi tempi.
-Cosa vuoi? Io sono fuori dal giro da parecchio tempo.
Il volto patibolare di Asmodeo si stirò in un sorriso che fece risaltare la cicatrice -Giusto, giusto. Eppure sono convinto che conosci chi ha fatto questo disegno. Guardalo bene.
Flag osservò il foglio e scrollò la testa -No, mi dispiace.
-Ah, Flag, così non va bene- Dalla tasca estrasse la pistola e la puntò contro il barista -Devo rinfrescarti la memoria- Nell'aria si udì il flop dello sparo attutito dal silenziatore e Flag cadde a terra premendosi le mani sulla coscia insanguinata -Maledetto bastardo! Ti ho detto che…
Il viso di Asmodeo si irrigidì in una smorfia di furore. Si chinò su Flag appoggiandogli la canna della pistola contro la fronte -Per l'ultima volta, chi ha fatto il disegno.


Chirurgo guardò il flusso di dati scorrere sullo sfondo azzurro del monitor ed esalò un lungo sospiro. A scopo precauzionale, la webcam era stata oscurata con del nastro adesivo -Non riesco ad accedere al suo registro, non mi permette neppure di sapere in quale settore dell'hard disk ha memorizzato le vostre immagini.
-E allora?- L'apprensione di Ferro era palpabile. Scambiò un'occhiata con i compagni -Cosa suggerisci?
-Intanto di spegnerlo- Chirurgo schiacciò il tasto On/Off e con sua grande sorpresa il computer continuò a rimanere acceso -Com'è possibile?
Per incanto, sul desktop si visualizzò una grotta infernale ribollente di lava con diavoli armati di forconi che svolazzavano tutt'intorno. La voce di Bio sentenziò -L'alimentatore di soccorso al mio interno mi permette un'autonomia praticamente infinita. Vi conviene arrendervi.
Chirurgo si lasciò cadere esausto sul divano. Con aria afflitta si massaggiò le tempie -Da parecchio tempo girano strane voci sulla RaduCom… pare che abbiano progettato la prima rete interamente neurale, basata sulla configurazione del cervello umano. Una rete capace di vagliare milioni di dati e ottenere soluzioni con un margine di errore infinitesimale. Immaginate una tale rete collegata al biocomputer e otterrete l'infallibilità assoluta. Chi controllerà la rete neurale potrà conoscere in anticipo gli sviluppi di qualunque scenario su scala mondiale… guerre, economia, politica, e intervenire per modificarli a proprio piacimento. Credetemi, è meglio distruggerlo se ci tenete a quel poco di libertà che vi è rimasta.
Quattro leggeri tonfi provenirono dalla porta. Intorno alla serratura erano comparsi dei piccoli circoletti attraverso i quali filtrava la luce dall'esterno. Un secondo dopo, la porta si spalancò di colpo con uno schianto e Asmodeo fece la sua entrata trionfale, come un pistolero in un saloon.
-Spero di non avervi interrotto- disse sarcastico, sventagliando l'aria con la pistola -ma temo che abbiate qualcosa che non vi appartiene- Un sorriso tagliente gli piegò le labbra.
-Chirurgo…- Con la mano si toccò il viso e seguì l'andamento della cicatrice
-porto ancora i segni del nostro ultimo incontro.
-Mi spiace non aver potuto terminare il lav…- Una macchia rossa sbocciò sulla camicia hawaiana dell'uomo. Chirurgo stramazzò al suolo.
-Voi tre, sul divano- ordinò Asmodeo. Scavalcò il corpo di Chirurgo e sedette sul bancone, accanto al computer. Compose un numero sul cellulare e sospirò nell'attesa.
-L'hai ucciso- disse Ferro.
-Sì, era un fatto personale. Se vi può consolare, con voi invece si tratta di lavoro- Avvicinò il cellulare all'orecchio -Ho recuperato il computer. Corso Lodi all'undici. Va bene, passo alla disinfestazione.
Con un piccolo balzo scese dal banco e si avvicinò al divano fischiettando. Era di buon umore e già pregustava gli attimi di lussuria sfrenata che la ricompensa di Brizzi gli avrebbe permesso di comperarsi. C'era giusto un salone per massaggi clandestino gestito da asiatici, dove con una somma adeguata era possibile avere una minorenne. Improvvisamente sentì un dolore lancinante propagarsi dalla gamba e inondargli il cervello. Abbassò lo sguardo e vide l'impugnatura di un bisturi spuntargli dalla coscia. Più sotto, il viso di Chirurgo lo fissava con aria trionfante. Con un grugnito estrasse il bisturi dalla gamba di Asmodeo e glielo piantò nello stomaco, agitando la mano con forza. Asmodeo emise un buffo gorgoglio e lasciò cadere la pistola per comprimersi lo stomaco squarciato. Risucchiò aria e scivolò a terra, dove fu preda di Chirurgo che lo afferrò per i capelli trascinandolo a sé -Guardami, stronzo- disse con un soffio -Questa volta il lavoro l'ho finito…
Lottarono brevemente, poi restarono immobili sul pavimento, gli occhi vitrei dell'uno a specchiarsi in quelli dell'altro.
-Sono morti tutti e due- disse Oscar. Si passò le mani tra i capelli e li sentì bagnati di sudore -Che casino…
Quando Brizzi giunse nel laboratorio e vide i corpi stesi, sentì le budella scivolare come serpi e annodarsi tra loro. Facendosi forza sulle gambe malferme, si avvicinò al bancone alla ricerca del computer. Quando lo vide, abbracciò il monitor come fosse un amico che non vedeva da tempo. Una gioia immensa gli sgorgò dal cuore, Olinka non lo avrebbe dato in pasto ai cani, anzi probabilmente gli avrebbe aumentato lo stipendio. Le sue mani incontrarono il cavo del modem e una sensazione di disagio, fredda come una lama, gli attraversò la mente quando realizzò che il computer era stato connesso alla Rete. E poi cos'era quell'odore… da dove veniva? Annusò il monitor. Era profumo. Sempre più incredulo vide la boccetta di profumo femminile posata accanto alla tastiera. In preda al panico, sfiorò i tasti e sul desktop lampeggiò una scritta rossa, enorme. VIRUS ALERT.
Boccheggiò alla ricerca di aria, mentre un crampo muscolare gli stringeva lo stomaco, irradiandosi verso la gola. Scivolò in ginocchio, portandosi le mani verso la faccia, il corpo squassato dai singhiozzi.
VIRUS ALERT.
E pianse.

Il furgone correva veloce lungo l'autostrada a tre corsie costeggiata dai campi dove si ergevano le balle di fieno lasciate ad essiccare sotto il sole. L'autoradio aveva appena trasmesso il radiogiornale e una notizia, in particolare, aveva scatenato le risate dei tre hacker in fuga. Incredibile a dirsi, ma i titoli azionari della RaduCom erano crollati a picco gettando nel panico migliaia di new-economisti. Olinka Raduciov era attesa dalla stampa per una comunicazione ufficiale.
Ginevra sorrise, il naso premuto contro il finestrino a osservare il panorama che sfilava veloce. Era bastato spruzzare un po’ di profumo addosso al biocomputer e chiedergli se fosse in grado di riconoscerne l'odore per mettere in crisi il sofisticato microchip cromosomico. A quel punto Bio doveva essersi reso conto nel più profondo dei suoi collegamenti neurali che non poteva ancora interagire con la realtà esterna e che pertanto era lontano dal potersi considerare umano. Riconosciuta la superiorità umana, era tornato alla condizione di macchina, sbloccando il sistema operativo, pronto a ricevere ordini. Poi Ferro gli aveva caricato una decina di virus belli cattivi e lo aveva collegato alla Rete, infestando i server della RaduCom uno dopo l'altro, come un cancro inarrestabile, oscurando siti e crakkando password, liberando l'informazione.
-Dove andiamo?- disse Ferro.
Ginevra guardò i compagni, piccoli eroi di una grande guerra giocata nella vastità di Internet. Olinka si sarebbe ripresa, non c'erano dubbi, avrebbe ripulito il proprio impero dai virus innalzando nuovi scudi più impenetrabili, ma per quella volta avevano vinto loro. Le avevano assestato un bel calcio nel didietro lasciandole il segno della scarpa.
-Conosco una società che gestisce gli account della posta per conto della RaduCom- Sorridendo, tornò a guardare dal finestrino.